mercoledì, dicembre 15, 2010

BARONE DEL MALE FEST 3

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La webzine Barone del Male ha deciso di porre fine alla sua esistenza, ma il festival non muore
mai, o si ripresenta come zombie, fate voi. Dopo le riuscitissime prime due edizioni, che hanno
portato sul palco del CSOA Ex Mattatoio band del calibro di Lento, Celeste, The Orange Man
Theory, At The Soundawn e tanti altri amici del Barone, la kermesse giunge al vol.III e ritorna
ad una line-up tutta italica. Siamo noi l'Italia del fare.

Edizione particolare che si svolgerà in tre tappe, e sbarcherà per la prima volta nel centro di
Perugia, precisamente al Loop cafè, che ospiterà il warm-up giovedì 13 con THE BLUES
AGAINST YOUTH
, progetto solista blues/rock/country di Gianni dei The Orange Man Theory
(almeno uno di loro ci doveva essere, è tradizione) e la defaticante scossa d'assestamento
domenica 16 con HABITANTIBUS IN TERRA, alias Adamennon, dark-ambient maledetto.

Il programma di sabato 15 al CSOA Ex Mattatoio è il seguente:

Come headliner della serata arriveranno da Roma a spaccarci i timpani i DOOMRAISER,
un'istituzione, band di punta del panorama doom nazionale ed internazionale, per una delle
ultime esibizioni prima di rinchiudersi di nuovo in studio. Per l'occasione presenteranno
anche il materiale estratto dal fresco split con gli Earthride. Garanzia di quantità e qualità, i
Doomraiser sono macigni etilici senza tanti fronzoli, lo sa bene chi ha già assistito ad un loro
live.

www.myspace.com/doomraiser

Con magno gaudio annunziamo che da Forlì arriveranno a strizzare con violenza i nostri
cuoricini gli intensissimi RAEIN, screamo-emoviolence a cavallo fra Saetia, La Quiete (con cui
condividono un membro), Orchid e tanto altro. Anch'essi una realtà riconosciuta e affermata
in Italia e all'estero, vedere ad esempio la performance al Fluff Fest per credere.
Dannatamente profondi.

www.myspace.com/raein

Sempre dall'Urbe capitolina ci allieterà la serata LILI REFRAIN, one woman band molto
particolare che ha con piacere accettato il nostro invito a sposare la causa del Male. Ci faremo
volentieri ipnotizzare dalla sua voce penetrante, che spicca in un tappeto sonoro tra folk, psy e
blues, ma al contempo metalloso, anzi, "shippinghead ". Cattiva e maledetta pure lei.

www.myspace.com/lilirefrain

Ma non mancherà nemmeno l'amato tupa tupa, perché dulcis in fundo saliranno sul palco i
CAYMAN THE ANIMAL e il loro punk'n'roll chirurgico e cazzone, con membri di Ingegno,
Ouzo, Mithra e Carnage. I morti soccorreranno i feriti. E no, non ce líhanno il maispeis perché
non gli frega un cazzo.

Da Pisa un'altra new entry del festival baronale, i GOTTESMORDER, granitico trio che si
aggira nellíoscuro territorio tra black metal e hardcore, con membri di Violent Breakfast (ora
Chambers) e Magdalene. L'uscita del loro EP d'esordio è prevista per la prima metà del 2011 e
farà male, malissimo.

www.myspace.com/gottesmorder

E previsto un ottimo pasto vegano del Male, e la cucina sarà aperta tutta la notte. Cenare a
casa no, è del bene, cacca.

Gli adepti che parteciperanno a tutti gli eventi fruiranno di uno sconto fedeltà per gli ingressi
e riceveranno in omaggio un paio di scaldamuscoli con la firma di Claudia Schiffer o un
elmetto prussiano.

Se avete problemi di trasporto da Perugia chiamateci , la navetta è viva e lotta insieme a noi.
Se non trovate il CSOA chiamateci lo stesso, vi indicheremo con piacere la via della perdizione.

Come sempre le distro sono molto ben accette, ma fatevi vivi prima così organizziamo per
bene i banchetti.

Al solito la situazione sarà caratterizzata da goliardia, biliardino del Male ed ettolitri di birra.
Al termine dei concerti serata danzante con DJ set a cura dello staff baronale: brutal-polka,
black-mazurka, funeral-disco, grind-valzer , samba patè, soul-crust (da struscio). Il tutto si
chiuderà allíinsegna dello sport col lancio della Gelmini nel Tevere.

Sfiducia anche tu il Barone del Male!

Ringraziamo per la collaborazione Route 147, Neuroprison, Perkele, Audiodrome e Music
Exchange.

Info:

baronedelmale@hotmail.it
3206461081 Damiano
3294777425 Daniele
3271015880 Marco

giovedì, novembre 11, 2010

RUGGINE (Intervista)




Francesco Rossi (basso), Simone Rossi (chitarra e voce), Paolo Scalabrino (basso) e Davide Olivero (batteria) sono i Ruggine, vengono dalla provincia di Cuneo e sono autori di un disco-bomba dal titolo che è tutto un programma, Estrazione Matematica Di Cellule.
L’intervista che segue ci dà la possibilità di approfondire con tre di loro alcuni aspetti inerenti alla loro musica e al loro modo di intendere le cose…


Ciao ragazzi, benvenuti su Neuroprison. Per prima cosa vorrei sapere qualcosa di più sul monicker: perché proprio “Ruggine”?

Davide: Non ha un significato particolare…Anni fa ci siamo trovati a dover cercare urgentemente un nome al gruppo in vista di un concerto e "Ruggine" aveva un suono che ci piaceva. Sicuramente era migliore di altre soluzioni che avevamo trovato, con il tempo abbiamo iniziato a farci l'abitudine e non abbiamo più voluto cambiarlo. L'idea era venuta dal nome di un disco dei Gea (gruppo bergamasco), c'era la foto della copertina su un giornale di musica e ci piaceva la scritta "Ruggine", non so perchè ma ci aveva colpito.

Simone: Ruggine è stata una scelta dettata dall' esigenza di possedere un nome. Non ha un senso specifico ma ci piace per il "suono " che crea, oltre che alle sensazioni legate al tipo di musica che facciamo. Al giorno d' oggi non potrebbe esistre un altro nome per noi, RUGGINE e basta!


Estrazione Matematica Di Cellule è un debutto di una maturità e di una coesione notevoli. Siete riusciti ad ottenere un bilanciamento perfetto tra la complessità strumentale del rock matematico, la ferocia dell’hardcore e la spietatezza del noise-rock, senza mai perdere di vista le emozioni. Brani come "Cadillac", "Mangio Il Sole Con Gli Occhi", "Fujiko" e "Thallium III" sono ferite aperte che fanno male, chiodi conficcati nella pelle, il suono della provincia malata. Penso siate ampiamente soddisfatti del risultato ottenuto…

Davide: Ti ringraziamo, forse quello che hai detto non lo pensiamo neanche noi…
Quello che volevamo all'inizio era fare un bel disco tenendo conto anche dei tempi che avevamo a disposizione e della disponibilità economica che avevamo (poca). A lavoro finito possiamo dire di essere soddisfatti. Il risultato finale ci piace e quello che volevamo trasmettere penso si possa cogliere. E' la cosa più importante e non è affatto scontata.

Paolo: Siamo ampiamente soddisfatti del disco, e siamo ancora più soddisfatti di quello che siamo riusciti a creare in questi anni. Estrazione Matematica Di Cellule, il nostro primo disco a tutti gli effetti, è stato solo il culmine di un lavoro che racchiude in sè un bel pezzo della nostra storia. Penso sia come aver chiuso un cerchio dal quale eravamo partiti quasi per caso. L’aver registrato un disco è stato un “traguardo” che ci ha dato fiducia, ci ha fatto rendere conto delle nostre potenzialità.

Simone: Estrazione Matematca Di Cellule è stato il risultato di anni di ascolti, concerti ed esperienze che hanno forgiato una certa nostra personalità. Sono contento perchè, i nostri pezzi, hanno sempre avuto una linea ed una tematica costante nel corso degli anni. Quando riesci a crearti un suono ed una personalità musicale, crei un punto di riferimento in quell'ambito; in questo caso associabile ai Ruggine.


In sede di recensione ho scritto che la vostra musica è “costantemente in bilico tra rumore e melodia, tensione e raffinatezza, urgenza comunicativa e cerebralità”. Condividete questa analisi? Come nasce un brano dei Ruggine?

Davide: Il problema è che non lo sappiamo neanche noi di preciso. A volte i pezzi saltano fuori quasi per caso e li terminiamo in fretta. Nella maggior parte dei casi però il processo è piuttosto lungo, ci lavoriamo per molto tempo e facciamo diverse modifiche fino a trovare la soluzione che secondo noi è la migliore. Spesso l'afghano ci da una mano.

Simone: Un brano dei Ruggine nasce, il più delle volte, da situazioni inaspettate dove tutti e quattro riusciamo a creare un riff quasi immediato rispetto alla colonna portante del pezzo. Ci sono pezzi che nascono e terminano in un lasso di tempo relativamente breve, mentre invece per altri è già successo che ci andasse molto di più.

Paolo: Condivido la tua analisi, come condivido la risposta di Davide e Simone.
La stesura dei brani non è mai un processo “matematico”. Ci sono volte in cui sei alle prove e il tutto fila liscio come l’olio, i pezzi nascono in maniera naturale. Altre volte invece ci si dilunga e ci si perde dentro ad un riff senza riuscire a far quadrare il brano.


La produzione di Manuel Volpe presso il Redhouse Recordings di Senigallia è stata importantissima per la riuscita del disco. A livello strettamente sonoro, ad esempio, la differenza tra il full length e il precedente Ep omonimo (recensione) è notevole. Credo che Manuel abbia fotografato fedelmente ciò che sono i Ruggine oggi: una band potente, chirurgica e dall’ impatto tremendamente live. Com’è stato lavorare con lui? Vorreste rinnovare questo sodalizio in futuro?

Davide: E' stata sicuramente un'esperienza molto bella e formativa. Per l'aver lavorato con lui e per aver avuto la possibilità di farlo al Redhouse. Manuel è una persona che già avevamo conosciuto prima di registrare, avevamo fatto dei concerti con il gruppo con cui suona, i Bhava, e quindi era stato più facile lavorare poi con lui in studio. Soprattutto per il discorso dell'impatto live: è una cosa a cui noi tenevamo molto e Manuel è stato bravissimo in questo.

Paolo: Penso che Manuel abbia vissuto molto intensamente e seriamente i giorni delle registrazioni, come i giorni che la precedevano. Il suo interesse nei nostri confronti è sempre stato forte, tanto da proporci di registrare con lui al Redhouse.
Tutto questo è stato solo un vantaggio per noi, visto che avevamo voglia di registrare i brani nuovi ed allo stesso tempo registrare nuovamente i brani a cui più tenevamo dell’Ep. Prima di pensare a una nuova collaborazione dobbiamo mettere insieme i pezzi che andranno a comporre un nuovo disco, cosa sulla quale ci stiamo concentrando maggiormente.

Simone: Stiamo parlando di uno studio di registrazione professionale, che valorizza tutto ciò che riguarda il gruppo. Siamo stati fortunati ed entusiasti di lavorare con Manuel, in quanto lui ha colto in pieno il senso e quello che volevamo ottenere. Sicuramente in futuro, se ci sarà la possibilità, saremo lieti di poter lavorare ancora con lui.


Ai più attenti osservatori dell’underground italico non sarà sfuggita la vostra provenienza, la zona di Cuneo. Sembra proprio che quella provincia sia diventata l’epicentro del nuovo “noise-rock made in Italy”. Cosa sta succedendo lì? A cosa di deve tutto questo fermento?

Davide: Non saprei dirti, ci conosciamo tutti ed in generale ciò che ci accomuna è che ci crediamo davvero, indipendentemente da quello che facciamo. E' vero, ci sono tanti gruppi validi nella provincia di Cuneo. Penso ai Fuh, il gruppo al quale più di ogni altro ci sentiamo legati, agli Io Monade Stanca, ai Treehorn, ai Dogs For Breakfast, ai Fagetz, ai Three Light Noise.
In ambito meno "rumoroso" e più cantautoriale ci sono La Moncada e Matteo Castellano (una delle cose più belle che mi sia capitata di ascoltare in assoluto). Presto si faranno conoscere anche i La Malora e gli HuB.
Ed infine ci sono i Cani Sciorrì ed i Dead Elephant, i gruppi dai quali in provincia è partito un pò tutto. Sì, alla fine siamo giusto in due o tre.

Paolo: Questa domanda non può che farmi davvero piacere. A mio avviso è molto importante che al di fuori della “granda”ci sia gente davvero interessata a quello che succede qui, è davvero gratificante.
In realtà qui in provincia, a parte i gruppi, non c’è un gran fermento “musicale”. I locali dove suonare sono davvero pochi, ma in particolare è la gente il più grande assente di questo momento. Sembra quasi svanito l’interesse per la musica live, non per le cover band o le orchestre liscio ovviamente, ma per i gruppi che vanno avanti da anni cercando di lasciare qualcosa di proprio, un qualcosa che viene espresso tramite una canzone oppure ad un concerto per esempio.
Forse tutti questi gruppi sono nati anche in contrapposizione ai limiti della provincia, riuscire a farsi apprezzare da persone che vivono a centinaia di chilometri di distanza da noi non può essere che uno stimolo a fare sempre meglio.

Simone: Per quanto riguarda la scena di Cuneo, tutto è nato dall' avvento degli Elephant Man che hanno gettato il sassolino nello stagno dando il via a tante nuove situazioni e realtà. Qui se ne sentiva il bisogno; ed a oggi sono contento che si sia creato tutto questo. Ci tenevo a sottolineare che tra tutti vi è una grossa collaborazione, in quanto si è cresciuti insieme condividendo tante esperienze...


Siete nati come terzetto (chitarra, basso, batteria) ma successivamente avete ampliato la line-up con l’ingresso di un secondo bassista. Durante l’ascolto di Estrazione…mi sono reso conto che la presenza dei due bassi e le tessiture da essi create concorrono a dare un dinamismo ritmico e armonico molto particolare ai brani del disco…

Davide: E' un pò quello che volevamo ottenere. L'idea di avere due bassi è una cosa che a noi piace molto, che in qualche modo ti permette di avere un impatto particolare, soprattutto dal vivo. E' anche un modo per poterci distaccare da altri gruppi ed avere maggiori stimoli per rendere più personale ciò che facciamo. Non è sempre semplicissimo, ma è comunque sempre meglio che pulire il bagno di Camerana (chi vuole capire, capisca).

Paolo: La scelta dei due bassi è stata tanto fortuita quanto interessante.
Nel corso degli anni io e Francesco siamo riusciti ad ottenere ognuno il proprio suono, senza coprirsi l’uno con l’altro.
Abbiamo trovato la giusta “miscela” di suono per rendere tutto il meno banale possibile. Francesco ha un suono molto più impuntato sulle basse, io sulle frequenze medio alte mentre Simone ricopre tutta la parte di alte mancanti. In questo maniera riusciamo a coesistere molto bene. Anche se mi sento di dire che siamo la rovina di ogni fonico.

Simone: L' idea dei due bassi, per quanto fosse strana, ci ha subito intrigato e soddisfatto musicalmente. Volevamo fare qualcosa di nuovo, anche se all'inizio non è stato perchè si trattava di farli risaltare e fare in modo di creare due suoni ben differenziati con una ben definita personalità sonora. Tutto questo lavoro si sente, come sottolineavi tu, in Estrazione Matematica Di Cellule, ci piace!


Parliamo dell’aspetto puramente lirico della vostra musica. Chi si occupa della scrittura dei testi e cosa vi ispira maggiormente nella vita di tutti i giorni?

Paolo: I testi delle canzoni li scriviamo principalmente io e Simone.
Chi si sente più ispirato a scrivere un testo per un particolare pezzo lo fa, poi insieme ci troviamo per inserirlo nella canzone, oppure per valutare eventuali arrangiamenti. Credo sia un buon metodo lavorare a due in questa parte della composizione.
Per quel che riguarda il contenuto dei testi, si entra in un campo minato. Quando scrivo non penso mai particolarmente ad un tema, scrivo quello che sento, quello che vivo, domande e tutto quello che più mi colpisce nella vita di tutti i giorni. Tutto questo comprende momenti di spensieratezza a momenti di semplice voglia di gridare un qualcuno, un qualcosa. Penso che tutto ciò emerga platealmente nel disco, c'è un bisogno reale di smuovere qualcosa, e soprattutto il bisogno di poter raccontare le proprie sensazioni che crescono.


Fra le vostre influenze principali citerei band come Don Caballero, Dazzling Killmen, Uzeda, Sottopressione e Massimo Volume. Siete d’accordo? Avanti con i dieci dischi da isola deserta…

Questi sono sicuramente tutti gruppi che ci hanno dato tantissimo. Alcuni probabilmente sono tra i nostri gruppi preferiti e quindi è innegabile che ci abbiano influenzato. Chi più, chi meno. Sta roba dei dieci dischi è difficilissima.
Questa può andar bene:

ANGELI - Voglio Di Più
BURIAL - Untrue
DEFTONES - White Pony
DON CABALLERO - What Burns Never Returns
GONG - Angel's Egg
KING CRIMSON - Red
MASSIMO VOLUME - Lungo I Bordi
ISIS - Panopticon
SHELLAC - At Action Park
TORTOISE - Tnt


Estrazione Matematica Di Cellule è scaricabile gratuitamente dal sito della Escape From Today. Sarebbe interessante conoscere il vostro punto di vista sulle moderne pratiche di fruizione della musica (streaming, download, You Tube, MySpace, etc.)…

Simone: Per chi come noi, suona live e cerca di fare dischi, sicuramente è un grande appiglio il fatto di poter proporre i propri pezzi e molto altro. Mi fa piacere che, quando si è in giro a suonare, c'è qualcuno che ci dice che ha già scaricato i pezzi, ma vuole comunque comprarti il disco. Questa è la prova che se piaci a qualcuno, questo non si limita a scaricare i tuoi pezzi, cerca qualcosa di concreto ed è questo che ci fa amare questa avventura....

Davide: Come tutte le cose dipende sempre dall'uso che se ne fa. Per noi che i dischi li vendiamo principalmente durante i concerti, è una cosa positiva che qualche persona possa conoscerci in altri modi, magari anche attraverso internet. Se poi dopo si comprano anche il disco diventa come aggiungere la mozzarella al kebab. Fantastico.


Come procede la vostra attività live? Avete già intrapreso un tour per supportare il disco?

Davide: Qualcosa è uscito, poi nel frattempo c'è stata l'estate di mezzo e come sempre purtroppo siamo rimasti fermi un pò.
Abbiamo da poco suonato ad Arona, ora Saluzzo, Milano e poi sicuramente Torino. A breve speriamo di suonare in altre parti d'Italia e di fare un mini tour anche all'estero, assolutamente.

Paolo: Un tour vero e proprio non siamo riusciti a farlo, abbiamo fatto delle date sì, ma ci piacerebbe riuscire a presentare il disco in più parti d’Italia. Visto che cantiamo in italiano (e non sono molti i gruppi che lo fanno) dovremmo provare a sfruttare al massimo questa cosa cercando di muoverci il più possibile nel nostro paese. Poi logicamente se c’è da suonare all’estero ancora meglio, ma penso che questa possa essere un po’ la nostra strada.
La più grande difficoltà ora resta il tempo che si riesce a dedicare alla ricerca di posti dove suonare. Tutto ciò non è affatto facile dal mio punto di vista, il suonare non ci mantiene anzi, spesso ci si rimette pur di suonare fuori dalla nostra zona. Le cose sembrano andare così: o hai un’agenzia che si occupa interamente nella ricerca dei tuoi live, della promozione eccetera, oppure tutta quella parte rientra nell’autogestione della band che non sempre si riesce a seguire al meglio.


Viviamo in un’epoca di riciclaggi impietosi e revivalismi vari, in cui essere originali è un’impresa ardua e spesso ciò che più conta è l’hype che si è creato intorno a una band più che la qualità effettiva della sua proposta. Domanda da 100 milioni di dollari: quale pensate possa essere il futuro della musica?

Davide: Questa è una frase che qualcuno di noi ha messo sul MySpace della Canalese*Noise Records:
" I tecnici del suono sono scoraggiati. Hanno passato la maggior parte del ventesimo secolo a sviluppare splendidi suoni stereofonici e adesso si trovano a dover lavorare con un atroce sistema di compressione del suono chiamato "file". La convenienza è uno schifo."
Thurston Moore

Paolo: Credo che finche ci sarà la vita umana su questo pianeta ci sarà gente che avrà bisogno di esprimere le proprie idee attraverso ogni forma d‘arte, poi che ci sia qualcuno disposto a farle proprie è un’altra storia.
L’importante è non perdere mai i propri punti di vista, senza farsi addormentare.

Simone: Sicuramente il fatto che si stanno creando realtà come quella nostra di Cuneo, insieme a tante altre, si può associare al fatto che si è arrivati ad un punto in cui la gente ha ceduto ed ha bisogno di qualcosa di diverso. Nonostante questo, in Italia, sono sempre meno i posti che fanno suonare o che propongono qualcosa di interessante. Ci sono band bravissime ed originali che trovano spazio e consensi all'estero e non qui. Vedo questo cammino ancora lungo e tortuoso, ma penso che qualcosa cambierà perchè deve cambiare!


In passato avete condiviso il palco con Il Teatro Degli Orrori, una band che non ha certo bisogno di presentazioni. C’è chi sostiene che si siano ormai “venduti”, c’è chi invece continua ancora ad apprezzarli incondizionatamente. Fate parte anche voi di uno di questi due schieramenti?

Davide: Noi non siamo mai stati dei "fan" accaniti del Teatro Degli Orrori; alcuni di noi li ascoltano, altri meno.
E' secondo noi un gruppo che merita rispetto e sicuramente il termine "venduti" accostato ad un gruppo come il loro mi suona un pò fuori luogo.

Paolo: Quando abbiamo suonato insieme non mi hanno affatto dato l’impressione di essersi venduti. Ho visto una band che quando è salita sul palco ha fatto il suo show, ha proposto un live davvero “teatrale” e soprattutto con un impatto potente e compatto. Poi sono una band che viene da una cosa chiamata “One Dimensional Man”, penso sia gente che ha lasciato il segno, e sia stato e continua ad essere motivo di orgoglio, del panorama “rock” nazionale.


Siamo arrivati in dirittura d’arrivo, grazie mille per la disponibilità e per il tempo che ci avete concesso. Vi rinnovo i complimenti per il disco e…concludete come meglio preferite.

Grazie mille a te/voi per l'intervista e ancora grazie per i complimenti al disco.
A presto.


Marcello Semeraro

lunedì, novembre 08, 2010

SHRINEBUILDER CONTEST




SHRINEBUILDER + Guest

20/11/2010 @ Bloom (Mezzago)

Hard-Staff in collaborazione con Neuroprison mette in palio un biglietto per assistere all'evento, basta rispondere correttamente alla seguente domanda, inviandoci il tutto via mail, ed incrociare le dita : neuroprison@hotmail.com


Per quale etichetta è uscito il debut omonimo della band?


mercoledì, novembre 03, 2010

TORCHE CONTEST



Prendete i Black Sabbath e catapultateli nel 2010, fateli suonare contemporaneamente ai Queen of The Stone Age e avrete un’idea di cosa aspettarvi dai Torche!
Provare per credere: mettete un CD dei Torche nello stereo, anche la vostra fidanzata-fan-dei-Duran-Duran ne rimarrà estrefatta!


TORCHE
12 novembre @ Atlantide, Bologna
13 novembre @ Bloom, Mezzago


Neuroprison in collaborazione con Hard-Staff mette in palio un biglietto per una delle due date italiane, al solito basta rispondere alla seguente domanda inviando una mail al nostro indirizzo:
neuroprison@hotmail.com

Di quale città è originaria la band della Florida?

sabato, ottobre 30, 2010

MARNERO - Naufragio Universale





Tracklist

01. Il Diluvio Universale Secondo L'Ipotesi Ryan-Pitman
02. Zoster (La Parte Sbagliata / I Farmaci Giusti)
03. Tanto Ride Tanto Piagne
04. L'isola Dei Serpenti
05. Ovunque Naufragio


In una giornata di pioggia come questa non si può fare a meno di recensire un album il cui titolo invita proprio a guardare fuori dalla finestra e rendersi conto che i Marnero hanno perfettamente ragione.
“Naufragio Universale”, sta per crollare tutto quello che ancora non è crollato, sta per devastarsi anche l’ultima possibilità di sopravvivenza. Marnero, realtà musicale fra le più in forma in questa italica penisola nel primo freddo autunnale di questo 2010.
Dobbiamo star qui a presentarli i Marnero? credo di no, ormai chi già sapeva sa, chi non sa significa che non è poi così necessario che sappia.
Il primo full dei giovinastri di Bologna esce per una moltitudine di etichette indipendenti (Donna Bavosa, Sangue Dischi, Escape from Today, Trips und Traume, In Limine e Nojoy Records) DIY is the rule e non ci sono cazzi!
Cinque tracce che dichiarano la fine di questo mondo, cinque tracce che non ti lasciano un secondo, vena “neurosiana” inconfondibile, i Breach ascoltati e riascoltati fino al vomito, Botch e tutto l’Hardcore più puro che vi venga in mente è perfettamente rintracciabile nel disco che i Marnero ci regalano (in tutti i sensi visto che è scaricabile gratuitamente).
Riff veloci, irruenti, irriverenti, spezzati da una batteria che sa farsi cadenzata proprio quando meno te lo aspetti e ti toglie il fiato, non c’è tregua, ma sopratutto non c’è speranza, le parole hanno un peso per questi ragazzi e li si ringrazia di parecchio per questo perchè sono i testi di questo disco che ti parlano, ti spiegano, ti danno la direzione in questo mare dove solo l’isolamento e la desolazione sembrano essere protagonisti.
Grida acute di dolore, la stanchezza di sapere che le cose non sono come vogliono fartele vedere, parecchia frustrazione scivola via dai cinque pezzi del disco.
Cosa puoi dire di un gruppo che ti spiega in due strofe che è la vita stessa quell’eminenza grigia contro cui dover sbattere e contro cui combattere per poterne venirne fuori? Hanno ragione, hanno dannatamente ragione.
Hardcore spietato e sofferente, senza mezze misure, “solo il dolore conta” e te lo dicono loro prima che tu stesso possa capirlo da solo.
Poche volte ci si trova dinnanzi a dischi così pregni, ben ispirati e sopratutto così fuori tendenza ma tutto questo per i nostri fanciulli di Bologna è la normalità.
Poco altro vi resta da fare, se ancora non l’avete ascoltato questo disco scaricatelo (http://marnero.bandcamp.com) ma fidatevi che averlo originale questo bel vinile è una goduria, dall’artwork ai testi, dal vinile (che è sempre bello) al poster interno.


PostNero

martedì, ottobre 26, 2010

LUCERTULAS - The Brawl




Tracklist:
1. 8 hours
2. An old man
3. In this town
4. A wicked eel
5. Crowning
6. The boxer
7. The nun's pray
8. Carlo's nightmare
9. The widower




Tre anni non sono bastati per smaltire la sbornia di Tragol de Rova, e a questo giro i Lucertulas sono alle prese con i tragici postumi di quelle scorribande alcoliche, la sobrietà non è più un miraggio ma è ancora ben lontana dall’essere tangibile, il mal di testa è preponderante, e come in ogni fase di risacca che si rispetti, è difficile coniugare un’azione all’altra, pensare e agire contemporaneamente costa sforzi immani.
La sintesi di un dopo sbronza è anche la sintesi di the Brawl, che vede il trio nuovamente in azione, dopo mesi continui di esibizioni e collaborazioni (Christian dietro le pelli delle scorribande urbane dei Lago Morto) e il risultato è stato per i più inaspettato, spaccando in due le considerazioni di chi ripose più di una fiducia nel precedente disco.
In Tragol de Rova si poteva trovare la massima espressione dell’ebbrezza, suoni sregolati, slegati, scalmanati, tempi schizofrenici, grezzi, articolati, in una commistione letale tra caos e ordine se mai possa essercene una, dove le bordate noise andavano a braccetto con il blues e la psichedelica, con parentesi rumoriste ed efferatezze assortite, in the Brawl tutto questo non accade e pare che una cosa escluda l’altra, più che a braccetto si può dire che le componenti si diano la mano come a sostituirsi vicendevolmente. E’ questo il particolare che ha diviso, in un’analisi che proprio nella divisione dei compiti vede il suo fulcro.
Il suono dei Lucertulas si è fatto più fisico, più umano, è sceso da lande disperate e astratte per avvicinarsi a un approccio più umano, fatto di praticità e concretezza, aspetto che si può ben sentire con l’attacco isterico di 8 hours e continua a testa bassa fino a the Boxer, con un’attitudine nettamente più violenta rispetto al passato, dove le chitarre si fanno più ordinate e cercano meno l’arrotolarsi l’una sull’altra, dove ancora una volta il testamento portato è quello lasciato dai Cows.
Ma, come prima anticipato, è difficile nel dopo sbronza mettersi a fare due cose contemporaneamente, ed ecco che la parte più visionaria dei Lucertulas fa la sua comparsa all’improvviso e non molla la presa fino alla fine dell’album, the Boxer colpisce e colpisce duro, ma lo fa con una meccanicità che non era presente neanche in Tragol de Rova, cambia tempi e cambia metodica, ma ritorna a colpire sempre nello stesso punto con una serie di riff che divengono memorabili. The Nun’s Pray è il grido disperato di un’emicrania che stenta a diradarsi e si fa rumore sordo fino all’esplosione finale, sibilo nelle orecchie che prosegue fino alla pagina finale di the Widower, dove il suono quadrato e scarno fa venire in mente le parentesi più drammatiche degli Scratch Acid e l’alchimia dei Big Black, senza drum machine ma con la marcia in più del calore umano che si perde nel fondo del lavandino un finale conato.
The Brawl è un album che divide di per sé con la sua impostazione ed è questa una possibile chiave di approccio alla sua espressione musicale, ma il marchio Lucertulas continua a persistere grazie alla validità dei suoi contenuti e alle chitarre che fanno sempre sobbalzare dalla sedia; forse viene meno il carattere sorpresa, ma la qualità sopperisce anche questo. Non resta che vedere cosa faranno ora, se proseguire a mente lucida o accumulare nuovamente risacca. Intanto mandiamo giù un caffè e limone.

Neuros

domenica, ottobre 24, 2010

INFECTION CODE (Intervista)



Dopo la recensione di Fine abbiamo scambiato qualche impressione con il frontman Gabriele in modo da saperne di più sullo stato attuale degli Infection Code, eccone il risultato:


Ciao Gabriele e bentrovato su NeuroPrison. Sono passati tre anni da "Intimacy" e anche stavolta vi siete presi il giusto tempo per mettere a fuoco le idee, trovare la giusta via ed incanalare il tutto attraverso dei nuovi brani che vedono ulteriormente espandere il vostro spettro sonoro, parlaci un pò di quel che è avvenuto in questo lasso di tempo....

Grazie per aver ospitato ancora una volta , sulle pagine di Neuroprison la nostra bestia. Sono passati tre anni in cui abbiamo impiegato il nostro tempo per suonare un po’ in giro promuovendo “Intimacy” e poi per gettare le basi su un nuovo album. Non siamo stati troppo a pensare su come dovevamo evolvervi/involverci ma abbiamo risposto all’urlo disperato e straziante della nostra emotività artistica che ci chiedeva di creare nuove canzoni. Dopo circa un anno e mezzo di lavoro è uscito “Fine”.


Nel nuovo album a mio avviso l'elettronica riveste un ruolo ancor di più fondamentale per il risultato finale a cui siete giunti, le atmosfere sono sempre oscure ma senza cmq intaccare l'identità sonora della band si respira un aria diversa, oserei dire frutto della definitiva maturità raggiunta....

Penso che l’elettronica e la sperimentazione associata ad essa nel creare nuove atmosfere, abbia rivestito un ruolo decisivo, come pure l’uso della chitarra e della voce. Sono cambiate molte cose a livello sonoro in questi ultimi anni all’ interno della band. L’elettronica, se prima era solo un abbellimento finale ora fa parte della nostra identità stilistica e guida le sorti di una canzone. Insieme ad un nuovo utilizzo della chitarra vogliamo rendere le composizioni più oscure e malate e giocare molto su feedback,rumori, piuttosto che sul riff singolo.


Pensate con FINE di essere arrivati ad una sorta di svolta nella vostra carriera artistica, intendo dire se alla luce di questo disco ci potranno essere in futuro delle nuove vie espressive o anche scelte stilistiche piuttosto radicali?

In fase di composizione ci siamo prefissati solo un punto: che “Fine” doveva essere un punto di svolta artistico. Volevamo staccarci dalle cose fatte in precedenza in modo drastico, netto e deciso. Dare un taglio al passato per avventurarci in cose nuove che ci potessero regalare emozioni nuove. Siamo partiti come band Death-Thrash e ci siamo un po’ stancati di essere visti come un gruppo di metal estremo. Vogliamo continuare ad essere estremi, ostici e fastidiosi ma esprimendoci con altre sfumature sonore. Cercando comunque di mantenere la nostra identità , che, e non vorrei peccare di presunzione, è unica e sempre mutevole. Qualsiasi cosa faremo, saremo sempre noi.


Per quanto riguarda la produzione avete avuto modo di poter contare sull'aiuto di Eraldo Bernocchi, come vi siete trovati a lavorare con lui e quanto la sua visione ha influito sui suoni del disco?

Già da i tempi di “Intimacy” con Eraldo ci eravamo sentiti per una possibile collaborazione e quando abbiamo finito di comporre le canzoni di “Fine” non abbiamo esitato neppure un minuto. Ci siamo sentiti e gli abbiamo chiesto se voleva mixare e produrre il disco. Volevamo dare un tocco visionario e fastidioso ai suoni di “Fine” con un taglio molto poco metal/rock e più sperimentale. Volevamo avere una produzione distante dai classici dischi post hardcore/metal/industrial e penso che lui sia stata la persona giusta per creare questo magma sonoro. Lui è stato entusiasta di partecipare attivamente a questa avventura e si è dimostrato una persona molto eclettica con una cultura pazzesca ed una capacità artistica e musicale mostruosa. Non siamo noi di certo a scoprire le immense doti di Bernocchi. Ci siamo sentiti lusingati che abbia voluto essere della partita. E’ venuto fuori qualcosa di strano, unico, fastidioso e permettimi, stupendo. Un esperienza che ha lasciato li segno anche sui solchi del disco.


Sono rimasto molto sorpreso dalla cover di "Cupe Vampe" dei C.S.I., ti confesso che prima di prestarmi all'ascolto ero molto scettico sul possibile risultato ed invece mi sono dovuto ricredere alla grande. In passato ci avevi detto di apprezzare la band nostrana, perchè la scelta è ricaduta proprio su questo brano?

Buona parte della band ama ciò che hanno fatto questi personaggi, prima con CCCP e poi con CSI. Sono tra i nostri ascolti preferiti. Insieme a pochi altri gruppi mainstream sono riusciti a creare uno spazio enorme tra musica rock con un certo peso specifico e rock da intrattenimento. La loro è pura poesia. Che sia elettrica che sia acustica i CSI ci hanno regalato vere perle immortali di enorme ed incredibile espressività musicale. Giovanni Lindo Ferretti non un cantante nel senso stretto del termine. Ma è il migliore in assoluto. Le sue poesie, la sua interpretazione, il suo essere così poco frontman e così tanto icona lo rendono unico. Che si condivida ciò che scrive e ciò che pensa oppure no. Si esprime in un modo che non può non colpirti. Volevamo rendere omaggio ad una delle più grandi band italiane di tutti i tempi. Volevamo farlo a nostro modo. Scegliendo una delle canzoni più belle ed evocative che abbiano mai scritto. E’ stata una scommessa. Ma già prima di stravolgerla sapevamo che l’avremmo vinta. Perché lo abbiamo fatto con il cuore e l’anima in mano.


Tutti i pezzi dell'album hanno una spiccata personalità, ma in particolare sono rimasto affascinato da Grey, che come ho scritto in fase di recensione mi ha portato alla mente i grandiosi ed appunti grigi Neurosis di eye of every storm, e penso si possa forse considerare come la più grossa sfida da parte vostra dal punto di vista artistico fino ad ora, sei d'accordo?

“Grey” è nata forse per prima . E’ la prima figlia di questo nuovo matrimonio. “Grey” era acerba. All’ inizio un po’ inconcludente e poco rassicurante. Non ci convinceva. E non ci piaceva. Abbiamo provato ad allevarla, accudirla, proteggerla, educarla ad un suono più sperimentale con tonnellate di effetti, feedback e stravolgimenti stilistici. E’ il pezzo che ci ha fatto sbattere di più. Alla fine i nostri sforzi sono stati premiati. G”rey” è cresciuta. Forte, con personalità, carattere ed ora può camminare da sola. Farsi strada da sé. Superare ostacoli e problemi. Invecchiare in pace. Non abbiamo pensato ai Neurosis, ne tanto meno ad un album monumentale come “Eye of every storm”. Forse il nostro inconscio è intervenuto e ci ha giocato questo scherzo. I Neurosis sono stati i nostri padri e probabilmente questo ha esercitato una grande influenza anche su “Grey”.


Soffermandoci sui testi dell'album è facile notare quanto i riferimenti cromatici siano una costante metafora del mood che si respira nei vari brani...quali temi vengono trattati?

Ho voluto giocare con i colori raccontando delle storie che non sono collegate tra di loro. Potrebbe essere un concept sui colori ma non lo è in senso stretto. Ho voluto raccontare storie molto personali e pensieri trattandoli come se fossero colori. D’altronde la mia vita , se volessimo sintetizzarla e riassumerla giocando con la cromaticità del mondo si colorerebbe con il nero, il bianco, il grigio ,il rosso ed il viola che in “Varnish” rappresenta l’arte che prende vita ed uccide l’artista, oppure in “Painting my life” di un pittore che si fa beffe della morte raffigurandola con toni e colori allegri e sgargianti, oppure in “Collapse of the red side” dove l’ideale di un uomo affoga in un bagno di sangue e bugie.

Parlaci un pò del suggestivo artwork, chi ne è l'autore e cosa rappresenta?

L’artwork, come per tutti i nostri lavori, è stato creato, pensato ed eseguito da Enrico, bassista e creatore di rumori dietro tonnellate di aggeggi infernali. È una sua personale visione messa su tela di ciò che la musica di “Fine” gli ha suggerito. Le sue opere sono molto astratte e personali e racchiudono perfettamente la claustrofobia ed il senso di disagio che la musica degli infection code descrive e decanta.

In occasione di FINE avete anche un nuovo accordo discografico, con il ritorno alla NEW LM Records...

L’accordo con la NEW LM è cosa antica. Li conosciamo dai tempi del nostro secondo album, che produssero. Poi c’è stata la parentesi con la Beyond prod che ha fatto uscire “Intimacy” ed ora rieccoci qui , nuovamente con la NEW LM. Dopo la rottura con la Beyond (peraltro in modo amichevole) non ti nascondo che abbiamo cercato in giro un etichetta, anche e soprattutto estera che ci potesse supportare. Abbiamo fatto ascoltare l’album in giro a molte case discografiche ma nessuno se le sentita di scommettere su di noi. La NEW LM è stata ancora una volta, la nostra ancora di salvezza. Sono piccoli , ma appassionati e sanno ciò che vogliono. Ma soprattutto fanno ciò che dicono.


Per quanto riguarda l’aspetto live cosa avete in programma? C'è già un tour per la promozione del disco in arrivo?

Non parliamo di tour. Non usiamo paroloni. Sarà molto dura poter organizzare qualche data sporadica qua e là in Italia. Nel mentre continueremo a scrivere cose nuove e di qui a breve vorremmo fare uscire uno split, magari in vinile, un sette pollici con qualche altra band. Anzi, colgo l’occasione per lanciare un appello: chi volesse partecipare con noi a questo split ne è il benvenuto. Stiamo lavorando inoltre a degli abbozzi, ancora molto acerbi di canzoni e poi ci stiamo cimentando a stravolgere una altra canzone immortale, che ha fatto la storia del rock più visionario e lisergico. Ne uscirà una versione molto personale.



Ok abbiamo concluso, ti ringrazio per il tempo che ci hai concesso ed in bocca al lupo!

Grazie a voi di Neuroprison per lo spazio ed il supporto. Stay Noise!!


-Edvard-

martedì, ottobre 19, 2010

TO KILL - Antarctica



Tracklist:

1. I
2. The Flight of the Locust (feat. Greg Bennick)
3. Clouds
4. Paralysis
5. Legacy
6. Witness
7. Timeless
8. II
9. Antarctica
10. Sundown
11. Sparks
12. Heretic
13. III

Ascoltare “Antarctica” è come immergersi nelle gelide acque dell’Oceano del Sud... è li che Josh, il cantante dei romanissimi To Kill, si sta dirigendo insieme alla Steve Irwin, la nave nera di Sea Shepherd, per ora noi ci ritroviamo davanti all’ultimo capitolo di questo “ardecore” romano che più romano non si può.
Testamento, ultime volontà, chiamatele come volete, ma le 13 tracce di “Antarctica” sono il grido finale di una band che negli ultimi sei anni ha segnato e macinato le teste e le strade italiane, e non solo, urlando la disperazione e la rabbia più acuta.
Così ci lasciano i To Kill, chiudono baracca e burattini per poter seguire le loro ambizioni personali, e non se ne può fare una colpa a nessuno di loro, in fondo lo si sapeva da sempre che prima o poi questo sarebbe accaduto.
Andando a fondo di questo ultimo disco possiamo tranquillamente dire che non è un disco innovativo, ma che non voleva nemmeno esserlo, ma sicuramente è ispirato (i testi sono a dir poco sublimi e velenosamente schietti!!) un album veloce che corre via come una lama ghiacciata sulla faccia.
Tracce brevi, con pochissimo stacco una dall’altra pronte a spaccare la faccia dell’ascoltatore in appena due minuti.
Dolore, disperazione, rabbia e frustrazione, elementi tutti presenti da sempre nella storia dei To Kill ma che qui si fondono perfettamente rimanendo come incastrati nell’immenso iceberg che campeggia sulla copertina.
I temi cari ai nostri vengono proposti ancora una volta, l’ambientalismo e l’animalismo con particolare attenzione al fatto che se l’uomo non si da una scossa prima o poi renderà l’intera Terra un pianeta desolato e gelido come appunto l’Antartide.
La tristezza nel sapere che queste saranno le ultime parole scritte riguardo a questo gruppo non riesco a nasconderla, è anche grazie a loro che ho avuto modo di scoprire un mondo che ora è per chi vi scrive una vera e propria fede.
Rompiamo tutti gli schemi e ringraziamo di cuore i To Kill per quello che hanno fatto per l’hardcore italiano e per quello che faranno singolarmente a partire da qualche mese ad oggi. Mi permetto un ringraziamento e un incoraggiamento personale a Josh che si sta apprestando a partire con Sea Shepherd, rompetegli il culo ragazzi e grazie di cuore.

PostNero

www.myspace.com/tokill

mercoledì, ottobre 13, 2010

THE SECRET (Intervista)



Dopo la recensione di Solve Et Coagula abbiamo sentito Mike ed ecco qui una veloce intervista per saperne di più sulle novità e gli sviluppi in casa The Secret...



Solve Et Coagula è caratterizzato da brani decisamente più lineari, diretti ma allo stesso tempo si nota chiaramente la vostra maturazione in fase compositiva, maggiore attenzione ai dettagli ed in particolare l'obbiettivo di focalizzarsi sul farne risaltare ogni minima sfumatura. Quanto gli input esterni, che siano semplicemente nuovi ascolti musicali oppure stimoli legati alla vita di tutti i giorni, hanno influito sull'evoluzione del vostro sound?


Qualche tempo dopo la registrazione di "Disintoxication" ci siamo resi conto che molte cose nel disco che avevamo registrato a nostro avviso non funzionavamo e ci siamo messi subito al lavoro su nuovo materiale. Ascoltando il disco avevamo l'impressione che le canzoni avrebbero reso molto meglio usando meno elementi per ogni singolo pezzo. Questo è stata la riflessione di partenza che ci ha portato ad evolvere in nostro suono in questa direzione più "asciutta", ma anche suonare live con regolarità ci ha fatto capire che la semplicità ci avrebbe portato a migliorare molto sia sul palco che nella stesura dei pezzi. Gli ascolti non sono in realtà cambiati così tanto, forse si sono in un certo modo "ristretti". La gestazione del disco non è stata di sicuro una delle più tranquille di sempre e ci sono state molte tensioni all'interno del gruppo, sia personali che artistiche. Forse anche questo ci ha portato ad esprimerci in modo più diretto e primitivo e spesso a cercare di spendere meno tempo che in passato in sala prove ed essere più istintivi.


Disintoxication due anni orsono rappresentò un vero e proprio nuovo inizio per la band, sia dal punto di vista stilistico che di lineup; Solve Et Coagula può essere visto come il naturale passo successivo verso ciò a cui aspirate ad essere come band oppure va visto semplicemente come il vostro nuovo album, una testimonianza di ciò che siete allo stato attuale?


Penso che "Solve et Coagula" sia una sorta di "purificazione" di quelli che sono stati gli stessi elementi che sono alla base di "Disintoxication". Come accennavo prima, abbiamo essenzialmente tolto quello che non ci piaceva. La grossa differenza che sento ora, almeno a livello personale, è che questa volta non ho alcun rimpianto e non cambierei nulla del disco che abbiamo registrato. Non ho idea di quella che potrà essere la nostra musica nel prossimo disco ma credo che abbiamo trovato un certo equilibrio in questo momento.


Buona parte dell'album è un vero pugno nello stomaco, con sfuriate in successione di breve durata dalle tinte crust/grind ed ancor maggiori influenze black metal rispetto al recente passato; troviamo poi ad equilibrare le cose e rendere più interessante l'ascolto episodi più sperimentali ed atmosferici, su tutte la strumentale Bell of Urgency. Proprio quest'unione di stili ed influenze perfettamente inserite nel contesto di base è ciò rende distintivo il vostro sound attuale, obbiettivo sempre più difficile da raggiungere nel panorama musicale odierno.....sei d'accordo?


Spero di non essere frainteso ma essere "originali" mescolando influenze diverse non è assolutamente la nostra priorità, non è il nostro punto di partenza. Ovviamente non vogliamo suonare come altre bands ma stavolta abbiamo pensato al risultato finale meno che in passato, nessuna pianificazione o scopo predefinito. Abbiamo solo cercato di essere onesti e di fare le cose che ci piacevano di più senza pensarci troppo su. Sono contento se pensi che il nostro nuovo lavoro abbia una sua identità ma l'unica cosa che ci è interessata durante la creazione del disco è stato scrivere buoni pezzi. Almeno per quanto mi riguarda spesso preferisco ascoltare un buon pezzo rock classico piuttosto che l'ultimo disco di sperimentazione di Mike Patton. Non voglio argomentare sul fatto di cosa sia "migliore" ma semplicemente è quello che mi interessa maggiormente in questo momento.

Per quanto ci riguarda, soprattutto per i pezzi più diretti, a volte bastava avere un riff che ci piacesse e la canzone usciva fuori "da sola". Se suonava bene ci lavoravamo qualche giorno su e poi la registravano senza troppe domande. Altre volte è stato necessario lavorarci su per più tempo, sentivamo che c'era bisogno di andare un po'pià a fondo sotto la superficie per dare senso a quello che stavamo suonando ma la priorità è sempre stata la canzone.

Alla ricerca dell'originalità preferisco il carattere.


Dal punto di vista lirico è facile intuire che anche stavolta i vostri pezzi sono tutt'altro che pregni di ottimismo...


I testi del disco li ha scritti tutti Marco ma posso dirti che tutto quello che si può trovare nei testi gira sempre e comunque attorno alla perdita della fede/fiducia. Nella politica, nei media, nella religione, nei rapporti sociali. La situazione nel paese in cui viviamo è totalmente degenerata e sta peggiorando ogni giorno se possibile. Spero il fondo sia stato toccato ma temo che le cose possano peggiorare ancora. Tanta, troppa gente, non capisce che sta credendo a delle persone che sono la causa principale dei problemi che stiamo affrontando ora. Crede a politici palesemente bugiardi, cerca conforto in una religione falsa e ipocrita, guarda una TV che continua ad incoronare a modelli da seguire persone che mi fanno semplicemente schifo, pilotate da altre persone che fanno ancora più schifo.

Stiamo sprofondando nel baratro e la cosa che mi rattrista di più è vedere che è quello che la gente vuole.

Italiani brava gente.


Con quale lineup è stato registrato il disco? Pensate che la sezione ritmica attuale possa diventare stabile (non dico definitiva viste le improvvise defezioni giunte negli ultimi tempi, per scaramanzia) oppure va vista come un aiuto temporaneo per la promozione live del disco?

Il disco è stato registrato con Christian alla batteria, Enrico al basso, Marco alla voce e me alla chitarra. Christian è uscito dalla band poche settimane dopo le registrazioni e ora Tommaso Corte è il nostro nuovo batterista. La situazione è definitiva, siamo molto soddsfatti.


Come vi siete trovati a lavorare con un'icona della scena ed un grande professionista come Kurt Ballou? Quanto sono stati importanti il suo modo di vedere le cose e la sua esperienze alla luce dell'ottimo risultato finale?


Lavorare con Kurt è stata un'esperienza molto piacevole e rilassante nonostante lui sia senza dubbio uno degli assoluti protagonisti della musica pesante degli ultimi anni. Prima di entrare in studio abbiamo pre prodotto tutte le tracce del disco in sala prove, cercando di entrare al Godcity con le idee più chiare possibile. Il lavoro di Kurt è stato essenzialmente quello pensare a come ottenere i suoni che avevamo in mente, senza mettere troppo la voce sulla struttura e l'arrangiamento dei pezzi stessi. Penso che Kurt sia molto bravo nel riuscire a trovare il giusto "sound" per ogni band che registra, senza seguire formule o modus operandi standardizzati. Abbiamo speso tempo nel provare ad equilibrare i suoni di basso e chitarre, cercando comunque di mantenere la natura grezza e sporca dei pezzi che gli avevamo fatto sentire prima di partire. E'una persona di grande pazienza e esperienza e spero di avere di nuovo la fortuna di lavorare con lui in futuro.


Rispetto a Disintoxication vi sono stati importanti cambiamenti riguardo la strumentazione utilizzata vero?


Registrando a Salem abbiamo dovuto usare la strumentazione dello studio di Kurt. L'intero approccio ai suoni di questo disco è molto diverso da quello precedente, soprattutto per quanto riguarda le chitarre. Questa volta ho usato una Ampeg V4, una Orange OR e combo Marshall su casse Emperor 6x12. Per il basso Enrico ha usato una Orange su cassa Ampeg 8x10. Gibson Les Paul Custom e Gibson Grabber.


In occasione della scorsa nostra intervista ti eri detto ottimista sullo stato della scena musicale underground italiana, con la sensazione che qualcosa si stesse finalmente muovendo....sei ancora della stessa idea? E' aumentato il riscontro di pubblico ai vostri concerti?


Partendo dall'ultima parte della domanda, abbiamo la sensazione che adesso ci siano di sicuro più persone che ci seguono, il feedback del disco per il momento è davvero ottimo, anche per il buon lavoro di promozione che sta facendo la Southern Lord. Per quanto riguarda il fatto di essere ottimista o meno sulla scena italiana, ho smesso di interessarmi a questo interrogativo. Penso che in Italia ci sia una situazione molto strana, le persone con meno gusto e conoscenza musicale sono spesso quelle più attive e propositive. Ci è capitato di suonare in contesti davvero assurdi negli scorsi anni. Spesso i concerti dove le cose erano organizzate in maniera più professionale e che avevano creato in noi più aspettative si sono rivelati terribili mentre altre volte sono usciti fuori dei concerti ottimi dove meno ce lo aspettavamo. E'sempre un po'un terno al lotto. Ora ci interessa soprattutto suonare in contesti dove ci sentiamo più a nostro agio, avere più controllo, anche se a volte può voler dire anche rinunciare ad una fetta di pubblico. Siamo arrivati alla conclusione che spesso è meglio suonare davanti a 100 persone che sono li perchè interessati alla nostra musica che davanti a 300 che sono li per andare far serata.


Dopo la chiusura della Goodfellow vi siete ritrovati senza un contratto, avete fatto girare una preproduzione dell'album e Greg Anderson ne è rimasto colpito...questo in sintesi il percorso che vi ha portato ad entrare nel roster Southern Lord.Pensate di aver finalmente fatto il salto di qualità definitivo nell'ottica di essere band di riconosciuta levatura mondiale oppure c'è ancora molto lavoro da fare, in particolare sotto l'aspetto live e quindi aumentare intensamente tale attività?


Non so davvero come risponderti a questa domanda perchè non penso che stia a noi arrivare a questo tipo di conclusioni. Sicuramente abbiamo ancora tantissimo lavoro da fare e penso che abbiamo ancora grossi margini di miglioramento come band. Lavorare con Southern Lord ha un po'cambiato tante cose e non nego che ora capita che gente che prima non ci dedicava un secondo ora invece magari ci manda le interviste da fare. E'assurdo come spesso la gente abbia bisogno che qualcun'altro prima "approvi" quello che poi andrà ad ascoltare.

Comunque il disco è appena uscito quindi è davvero presto per arrivare a conclusioni. Speriamo bene.


Avete già un programma ben delineato di quella che sarà il vostro tour in Europa e poi oltreoceano per la fine di quest'anno ed il 2011?


Ne stiamo parlando in questi giorni. In questo momento avrei dovuto essere in tour negli USA con gli Early Graves ma come molti sapranno i nostri amici hanno avuto un terribile incidente ed il loro cantante Makh Daniels è morto. Dopo questa tragedia un po'tutti i piani del 2010 sono andati a finire in nulla e fino a fine anno suoneremo qui in Italia. Stiamo pianificando il 2011 ma per scaramanzia non voglio anticipare nulla. Ci sono delle cose molto interessanti in ballo. Speriamo bene anche qui.



Ok siamo alla fine , grazie per il tempo che ci hai dedicato...in bocca al lupo per tutto e alla prossima!


Grazie a te.


-Edvard-

sabato, ottobre 09, 2010

INFECTION CODE - Fine



Tracklist:

1. Varnish
2. All Colours
3. Grey
4. Collapse of the red side
5. Black Glue
6. Cupe Vampe
7. Painting My Life



Tornano a tre anni di distanza dal precedente "Intimacy" gli Infection Code, ed è decisamente un bentornato a giudicare dai sette pezzi di cui è composto "Fine".
Se con il precedente lavoro la band aveva puntato ad elevare il proprio sound al massimo effetto disturbante e soffocante possibile, sperimentando con suoni e produzione al fine di ottenere atmosfere acide e malsane, questa volta assistiamo ad una decisa seppur non radicale evoluzione, in quanto l'essenza artistica della band rimane comunque votata all'espressione di quel disagio esistenziale sempre più caratteristica dell'uomo moderno.
Quello che balza subito all'orecchio è la produzione curata in questo caso da Eraldo Bernocchi, noto musicista e produttore di caratura internazionale, mai un disco degli Infection Code aveva suonato così nitido, denso e potente. Un netto cambiamento se pensiamo ai suoni adottati per le produzioni precedenti e che si rivela scelta azzeccata nel far rendere al meglio le nuove composizioni, contraddistinte da atmosfere meno claustrofobiche ma quanto mai desolanti ed ombrose, caratterizzate da un sapiente uso dell'elettronica da una parte e da possenti muri/feedback di chitarra dall'altra.
Spetta a Varnish il compito d farci addentrare nelle poco confortanti tonalità dell'album, una sorta di ossessivo mantra industriale dai ritmi tribali, squarci di chitarra ed urla strazianti, incorniciato dall'effettistica di sottofondo, il cui pregevole uso sarà per altro caratteristica portante l'intera tracklist. All Colours è senza dubbio l'episodio maggiormente legato al passato, in bilico tra post-hardcore e noise rock, e si segnala quale perfetto singolo apripista data anche la durata contenuta.
Con Grey l'album inizia a rivelarsi in tutta la sua essenza, un lungo e desolante incidere, soundscapes e interpretazione vocale davvero suggestivi che rimandano alle psichedeliche e grigie trame dei Neurosis di The Eye of every storm.
Collpapse of the red side si apre con l'inquietanre incidere del basso e mette in luce una struttura assolutamente fantastica dal punto di vista dinamico, in bilico tra deflagrazioni, violenti substrati elettronici, possenti groove chitarristici e suggestivi rallentamenti.
In Black Glue torna a far capolino quel misto di noise e post-hardcore tipico della band, caratterizzato questa volta da continui stop e go, un feroce e pulsante basso distorto ed il granitico, dilaniante rifferama. C'è anche spazio per una nuova cover, esperimento a cui la band ci ha ormai abituato, ed in questa occasione il risultato ottenuto con Cupe Vampe dei nostrani C.S.I è realmente stupefacente; non era facile dare nuova linfa vitale al brano senza scadere nel ridicolo ma gli Infection Code con semplicità e passione superano l'esame a pieni voti.
Spetta a Painting My Life chiudere l'album, compito assolto nel modo migliore possibile grazie ad un incipit introspettivo e particolarmente suggestivo, suggerendo un'analisi interiore, ineluttabile e silenziosa riflessione sulla propria esistenza, una tensione pronta però ad esplodere dando libero sfogo a tutta la frustrazione accumulata...impossibile non rimanerne coinvolti e colpiti.
Fine rappresenta tutti i colori necessari per dipingere le nostre vite, sono gli Infection Code che al culmine delle proprie potenzialità hanno raggiunta la definitiva maturità, mostrando una rimarchevole consistenza espressiva ed artistica. Fatelo vostro, non ve ne pentirete.

-Edvard-

www.myspace.com/Infection Code

sabato, ottobre 02, 2010

THE SECRET - Solve Et Coagula



Tracklist:
1. Cross Builder
2. Death Alive
3. Double Slaughter
4. Where It Ends
5. Antitalian
6. Weatherman
7. Pleasure In Self Destruction
8. Eve Of The Last Day
9. Pursuit Of Discomfort
10. Bell Of Urgency
11. War Desire
12. 1968


Ci siamo finalmente, avevamo lasciato i triestini The Secret due anni orsono con l'ottimo "Disintoxication", album che segnò un vero e proprio nuovo inizio per la band. Successivamente i sempre maggiori consensi a livello internazionale portarono alla partecipazione ad importanti eventi live ed addirittura al loro primo ed intenso tour negli States.
A seguito di ciò la band non si è certo seduta anzi, questi risultati hanno spronato la band a tirar fuori il meglio di sè stessa gettandosi subito a capofitto nella scrittura di nuovo devastante materiale; in coincidenza di ciò dobbiamo segnalare la scomparsa dell'etichetta che rilasciò i due precedenti lavori, ovvero la Goodfellow Records, con la conseguente necessità per i The Secret di trovare un nuovo contratto.
Un promo contenente nuovo materiale venne fatto girare e fù così che un certo Greg Anderson notò il potenziale di quello che stava ascoltando mettendo senza tanti giri di parole sotto contratto la band per la Southern Lord Records. Nonostante la successiva ed improvvisa defezione dell'intera sezione ritmica i fondatori Marco Coslovich e Mike Bertoldini non si perdono d'anima e trovano due ottimi sostituti in Enrico Uliana (Amia Venera Landscape) al basso e Tommaso Corte (Slowmotion Apocalypse) alla batteria.

Ma veniano al disco in questione, registrato ai GodCity Studios di Kurt Balliou (Converge), "Solve Et Coagula" rivela subito una decisa evoluzione verso un sound più diretto ed ulteriormente estremizzato rispetto a "Disintoxication", senza tuttavia stravolgerlo. I pezzi non sono mai stati così potenti (merito ovviamente anche dell'impressionante resa sonora) ed efficaci, pochi fronzoli e tanta sostanza, ma anche grande maturità e cura negli arrangiamenti, si è lavorato di fino nel concentrarsi su strutture più semplici e lineari e nel farne risaltare ogni minima sfumatura.
Vi si ritrovano ancora maggiori influenze black metal rispetto al lavoro precedente, sia nelle vocals che nelle linee di chitarra e nelle atmosfere, rese ancor più marce e sulfuree; si notano anche influssi crust/grind e ritmiche meno contorte e spezzate, il tutto è votato al raggiungimento del massimo risultato attraverso un maggior flow e coesione tra i pezzi dell'album, creando un tutt'uno che dalla funerea opener Cross Builder sfocia nei successivi episodi fino alla conclusiva e terremotante 1968.
La prima parte dell'album è devastante, selvaggia e quantomai diretta, un vero pugno nello stomaco, ma forse il meglio a mio avviso lo si trova nella seconda, più varia e condita da interessanti rallentamenti pregni di oscure atmosfere, raggiungendo l'apice nella strumentale Bell of Urgency.

Al di là del fatto che i Converge, nonostante meno presenti che in passato. rimangano un punto fermo per il loro stile c'è da dire che i The Secret hanno ormai messo a punto un distintivo sound in perfetta sintesi tra diversi elementi, magari non innovativo in senso assoluto, ma decisamente riconoscibile e di caratura mondiale, il che non è affatto poco. "Solve et Coagula" non è solamente il loro miglior lavoro fino ad ora, ma anche e soprattutto una delle migliori uscite dell'annata in corso in senso assoluto.

-Edvard-

www.myapace.com/The Secret

mercoledì, settembre 29, 2010

RISE ABOVE DEAD - Human Disintegration



Tracklist:

01. Raven's Call Of Revenge
02. Persecuting The Samaritan
03. Existence
04. Scattered And Forgotten



"Human Disintegration", ep di 4 tracce disponibile nel solo formato vinile 12" (con digital download incluso) segna il debutto discografico di questa nuova e promettente realtà italiana in campo hardcore/metal.
Il quintetto dell'hinterland milanese viene da un anno di intensa attività live in tutta Europa accanto a svariate bands della scena hardcore/punk, e può contare inoltre sull'esperiemza maturata dai vari membri in passate incarnazioni musicali dalle influenze stilistiche più disparate, passando dall'hardcore più melodico al metalcore per arrivare al black e perfino all'indie.
Insomma pur trattandosi di un debut non si ha certo a che fare con musicisti alle prime armi, ed infatti l'ascolto di questi 4 brani mette in luce sin dai primi secondi una band dalle buone capacità tecniche ma soprattutto compositive.

Peculiarità dell'ep in questione sono trame sonore cupe, possenti ed incisive, valorizzate per altro dal buon lavoro in fase di produzione, in particolare per quanto riguarda le distorsioni di chitarra.
Hardcore vecchia scuola dalle tinte crust che si intreccia con tendenze più moderne (chiamiamole post) ed in cui non mancano stacchi sludge neri come la pece, a tal proposito citiamo in particolare "Persecuting The Samaritan", a mio avviso l'episodio più riuscito dell'intero ep insieme alla conclusiva "Scattered and Forgotten".

Da segnalare l'artwork a cura di Justin Bartlett (Sunn O))), Trap Them, Creature Skateboards) che incornicia il vinile e si sposa alla perfezione con il sound ed il mood della band.
Consigliamo dunque di prestare attenzione a questi ragazzi in quanto hanno certamente il potenziale per fare brillanti cose nel prossimo futuro.


-Edvard-

www.myspace.com/Rise Above Dead

sabato, agosto 07, 2010

CONVERGE @ Circolo Magnolia (Milano)



4 Agosto,


Il ritorno in Italia dei Converge per promuovere l'ultimo album Axe to Fall è stato un evento. La riprova è data dai numerosissimi spettatori (poco meno di un migliaio?) accorsi per la data milanese al Magnolia di Segrate e che Neuroprison è lieta di raccontarvi in queste righe.

Per chi scrive appena il tempo di accaparrarsi una copia del mini On my Shield (che per chi non lo sapesse la band di Bannon e compagni ha reso disponibile solo al banco del merch durante le date di questo tour) che sul palco è arrivato il momento dei Kvelertak, formazione norvegese pimpante ed eclettica: per rappresentarli a parole credo che la definizione death n' roll sia la più esauriente; di tanto infatti sono stati capaci, un mix ben assortito di Hellacopters ed Entombed, tutto rigorosamente in lingua madre. Insomma divertenti e sicuramente funzionali nell'avvicinare con curiosità i presenti (e probabilmente poco altro).

Quando arriva il momento dei Gaza la calca sotto lo stage si farà via via sempre più grande. Anche io li aspettavo al varco per capire le potenzialità di questa band americana e sono rimasto interdetto. La prima parte del set non mi ha colpito favorevolmente, il tutto sembrava strisciare sotto un dozzinale post-hardcore senza particolari soluzioni personali. La seconda parte invece, sul finire in particolar modo, ci ha regalato canzoni non male con un cantante che per movenze e anche per qualcosa nel suo registro vocale ha ricordato il Kidman meshughiano. A tutto ciò inevitabilmente hanno contribuito anche una sezione ritmica diventata “incontrollabile” e assassina. In sintesi , come già gli ascolti in cuffia avevano suggerito, meglio i pezzi tratti dall'esordio I Don't Care Where I Go When I Die che dall'ultimo album He Is Never Coming Back. Promossi a metà, mi piacerebbe rivederli per confutarne le capacità.

Capacità che anche per quanto riguarda i Kylesa destano ancora qualche dubbio. Quello che rimane sicuro è che con la formazione al completo il gruppo spicca un volo in sede live che più li avvicina alle espressioni rappresentate sui dischi (l'ultima volta visti da me, di spalle ai Coalesce mancava il chitarrista-cantante e lo show pur non essendo stato squallido non è stato certamente memorabile). Rimangono i dubbi e il divario sul risultato finale registrato e quello raggiunto in sede live. Divario “solcato” dalle batterie, con fraseggi probabilmente riarrangiati in maniera troppo semplice, e per le voci, non memorabili né tanto meno piacevoli. Nonostante pezzi come Unknowon Awarness e Where the Horizon Unfolds abbiano il loro fascino e il lavoro delle chitarre sia quello “giusto”, il quid che manca non rende l'amalgama vincente come accade invece in sede d'incisione.

In tarda serata, con un cielo che va annuvolandosi e che non promette altro che pioggia, i presenti ricevono quello per il quale sono venuti. I Converge ci assaltano e per un'ora intensa e infuocata non avremo neanche il tempo di respirare. Concubine è esattamente come te la sei immaginata se non li hai mai visti dal vivo oppure il grido di battaglia che non vedevi l'ora di riascoltare se Ballou e gli altri non sono una novità in sede live. Lo stage è tutto di un Bannon tarantolato, che gioca con il microfono lanciandolo per aria e in mezzo al pubblico, gesticola infuriato e osserva tutti, corre forsennatamente e quando parla tra una canzone e l'altra biascica e ci piace anche per quello. Si susseguono senza sosta pezzi tra i quali Lonewolves, No Heroes e Dark Horse , ma sono quelli tratti da Jane Doe a scatenare gli astanti (leggasi su tutte The Broken Vow e Homewrecker) Ben Koller alla batteria è preciso e voglioso di gloria almeno quanto Newton e gli altri, in palla, convinti e convincenti per tutta la durata (poca, il difetto immancabile) del concerto. Grande dimostrazione di affetto reciproca si evince quando Jacob a fine concerto scende dal palco per stringere le mani di chi è stato là sotto per tutto il tempo ringraziando per essere venuti. Un finale ottimo per una serata più che buona e che non lascia scampo: i Converge meritano più di un plauso. E in quel momento avrebbe potuto anche cominciare a piovere...

Sephi

venerdì, luglio 30, 2010

BARONESS @ Circolo Magnolia (Milano)




12 Luglio 2010


Ci sono concerti che non ti interessano. Ci sono concerti che ci pensi e poi tutto sommato non te ne frega niente. Ci sono anche concerti che aspetti da mesi, ti organizzi con gli amici, poi all'ultimo tirano tutti pacco e rimani da solo come un ebete poche ore prima. Al che ti attacchi al telefono, pensi a mille soluzioni di emergenza (mi faccio prestare il monopattino e ci vado lo stesso!) e alla fine come per magia si risolve tutto. Il concerto dei Baroness è stato uno di questi. Detto, fatto: Torino/Milano sono un paio d'ore di macchina, trascorse chiaccherando del più e del meno, e infine arriviamo al Magnolia. Parcheggio tattico per evitare lo strozzinaggio, passaggio in cassa, e voilà siamo dentro. Mentre le zanzare ci azzannano i polpacci, ci rendiamo subito conto che il palco allestito è quello piccolino, il Messicano, la cosa lascia un attimo perplessi, ci aspettavamo quello grande.. superato l'attimo di sorpresa mi rendo conto che in fondo è meglio così, visti i limiti di decibel del palco grande magari in uno spazio più raccolto si sentirà meglio. Il tempo di bere una birra, fare quattro chiacchere, vedere che anche se sei in un'altra città le facce ai concerti son sempre le stesse, dare un'occhiata alle stampe di John Dyer Baizley e comincia a suonare il gruppo spalla, gli Shinin Shade. Rock settantiano, ma da barbiturici.. C'è da dire che non sono minimamente aiutati dai suoni ma non è che facciano molto per sopperire all'inconveniente e farsi benvolere.

Vabbè, passato il loro set con l'aiuto di un'altra birra, giunge finalmente il turno dei Baroness. Premesso che l'ultimo Blue Record non mi ha entusiasmato quanto il precedente Red Album, ero curioso di vederli ma anche dubbioso sulla loro resa live. E in effetti quando il concerto comincia come prevedibile con Bullhead's Psalm i dubbi rimangono, alimentati soprattutto dai suoni sbilanciatissimi: cassa e voce molto in avanti, chitarre sotto, basso inesistente; per mezzo secondo mi balena in testa l'idea di aver buttato via dei soldi, ma poi per fortuna il concerto comincia a ingranare (nonostante qualche cappella), il pubblico si scalda, il palchetto basso contribuisce a fare l'atmosfera da piccolo club anche all'aperto, e quando parte Isak il Magnolia esplode. La gente canta i pezzi, canta pure gli assoli (manco suonassero gli Iron Maiden!), i quattro si gasano e da quel momento non ce n'è più per nessuno. I suoni migliorano, e i pezzi di Blue Record vengono uno dopo l'altro, intramezzati con qualche pezzo tratto dal Red Album, e devo dire che rendono decisamente meglio dal vivo che su disco. It's only rocknroll, but I like it! I Baroness suonano splendidamente, gli intrecci di chitarre sono sorretti da una splendida sezione ritmica e le facce della gente virano tra l'entusiasmo e l'incredulità per quanto sta succedendo. Non è metal, non è southern rock, non è sludge, non è progressive. Sono semplicemente i Baroness. Dopo praticamente un'ora e mezza ininterrotta di musica e stage divings i quattro fanno una pausa e poi tornano sul palco ringraziando il pubblico.. Baizley dice addirittura che è la data migliore del tour, che il pubblico gli ha toccato il cuore e che (ovviamente) torneranno presto in Italia. La gente apprezza, il gruppo ricomincia a suonare. Ancora ringraziamenti, e dopo quasi due ore il concerto finisce con due pezzi vecchissimi, tratti dai primi EP della band. E sono ancora applausi, meritatissimi. Uno dei concerti più belli della mia vita, e dire che non me l'aspettavo.

nitraus

martedì, luglio 27, 2010

UFOMAMMUT - Eve




Gli Ufomammut tornano dopo un disco enorme come “Idolum”, creando aspettative altissime e facendo sperare i fan nel nuovo disco italiano dell’anno ed invece? Invece ci si ritrova dinnanzi ad un lavoro poco chiaro.
“Eve” è un monotraccia di 45 minuti, diviso in cinque movimenti, che dovrebbe sviluppare un concept sulla donna, ma che alla fine non riesce a sfondare.
Soliti suoni granitici, curati in modo maniacale dai nostri piemontesi che, coadiuvati da Lorenzo Stecconi, registrano presso il Locomotore di Roma un disco che non ha idee.
Dispiace essere così critico nei confronti di una band che fino a quest’uscita è stata una delle preferite di chi sta scrivendo, però nel recensire un disco è doveroso andare oltre i gusti e le simpatie personali.
“Eve” è un'opera che non cammina, cinque movimenti che non si muovono, c’è della psichedelia, c’è del doom, del “post” ma tutto è già stato sentito e suonato, e purtroppo questa volta la band non è riuscita ad arrivare a soddisfare un palato esigente che chiede sempre una certa dose d’innovazione.
Sicuramente per chi non conosce la discografia del combo piemontese, “Eve” potrebbe rappresentare un gran bel disco, ma paragonandolo alle precedenti uscite ci si trova a dover riascoltare per 45 minuti sempre la solita idea di fondo, distorsioni devastanti, aperture schiacciasassi, suoni granitici, ma le idee dove sono finite?
C’è poco da fare, questa volta Urlo, Poia e Vita non riescono ad aggiungere qualcosa di nuovo alla loro opera, non c’è niente che suoni fresco in questo disco, è tutto già stato fatto; i più critici addirittura potrebbero arrivare a considerare “Eve” come una scusa per l'enorme e bellissimo lavoro di grafica che accompagna le varie edizioni, limitate e non, del disco.
Artwork ovviamente a firma Malleus, su cui obbiettivamente non possiamo dire nulla di male, e se la musica avesse solamente la metà del fascino che ha l’artwork forse questa recensione non sarebbe stata così critica ma purtroppo in questi 45 minuti di musica non c’è praticamente nulla di particolarmente accattivante.
Resta poi un mistero in quale modo questi cinque movimenti possano esprimere il concept che dietro l’album si cela, la donna.
Davvero un peccato, in quanto una delle uscite italiane più attese del 2010 si è invece rivelata come una delle più grosse delusioni dell'anno.


PostNero.

PS: recensione da integrare con Live-report

lunedì, luglio 19, 2010

VOID - S/t




Tracklist:
1. Outward Calm, Hidden Truth
2. Black Skies
3. Just Another Illusion Before The Deep


Un elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela e considerando la cosa interessante andarono a chiamare un altro elefante.
Nessuno ha mai dubitato che nelle filastrocche per bambini risieda un humus di verità, differente è se il messaggio comunicato lo si applichi a una cornice di feedback e urla belluine, sicuramente una scelta da insani di mente ma ci piace così.
L’elefante che risponde al nome di VØID dondola per tre canzoni, componimenti paragonabili a placche terrestri per quanto riguarda la mole, ingombranti e lavici, capaci comunque di mantenere un equilibrio strutturale che li mantiene in bilico e non li fa sprofondare in acque di perdizione sempre più affollate.
Un minutaggio medio che supera i sedici minuti e non farlo pesare, questa è la grande vittoria del trio, in un periodo dove molti sembrano rifuggire dal cliché della cavalcata strumentale che non porta da alcuna parte, loro si smarcano e riescono comunque ad avere ragione. Questo detto, la strada è spianata dall’assenza di momenti postrock ormai rivisitati in tutte le maniere possibili, puntando invece sulla distorsione, sul feedback, e quando questi paiono abbastanza, i ragazzi continuano a calcare la mano imperterriti.
Le tre tracce si muovono nel solco originario tracciato in passato dagli Sleep con il monolite di Jerusalem (poi Dopesmoker), arricchito da spunti che sono figli degli eredi contemporanei di Cisneros&Co., quei Buried at Sea che hanno dato nuova linfa a territori loud comunque in perenne movimento.
E se le note trasudano generalmente pesantezza, non mancano escamotage che abbelliscono il risultato, capacità di donare melodia a componimenti bui e saturi, dai riflessi noise -Skullflower- addirittura come nel finale di Just Another Illusion Before The Deep, questo grazie alla prova vocale di Rubens, ricca di sfumature e pathos come in Black Skies, probabilmente quanto di meglio udibile di questi tempi in territori a cavallo tra il doom, lo sludge e le catarsi più fisiche del drone; i rintocchi di piano giungono inaspettati, singhiozzi acustici spianano la strada verso lidi più tranquilli ma senza illuminare il buio di sottofondo.
Un disco che riesce a inserirsi con personalità tra elite che negli ultimi tempi arrancano, doveroso per tutti coloro che fanno della monoliticità una caratteristica imprescindibile in musica -e la foto sopra dovrebbe essere un aggravante che invogli all'acquisto-, una sorpresa anche per chi solitamente si spaventa al solo nominare certi suoni memori delle vuvuzelas: no, qua c’è ben di più, il flusso si muove, non arranca, non ama stare feremo, muta e travolge.

Neuros


www.myspace.com/voiddrone

martedì, luglio 13, 2010

CLUTCH CONTEST




Clutch nascono nel 1990 a Maryland, nello stesso anno esce il loro EP mentre per il primo full lenght Pitchfork bisogna aspettare fino al 1993. In breve tempo conquistano una discreta fama nei locali rock piu' alternative grazie ad un mix di stili incredibilmente originale: i Clutch si definiscono semplicemente hard rockers ma in realta' sfoderano chitarre metal e liriche blues, accenni hardcore e funk che si alternano a riff profondamente stoner. Un miscuglio di generi fluido, instabile… in continua evoluzione. Tutto cio' trova una delle sue migliori rappresentazioni con Strage Cousins From The West, il nono attesissimo inedito dei Clutch uscito lo scorso anno per la Weathermaker Music.
Erano anni che speravamo di vedere i Clutch in Italia: finalmente il tanto atteso momento e' arrivato, a luglio 2010 la band di Maryland sara' nel Belpaese per due imperdibili date!


22/07/2010 @ CIRCOLO MAGNOLIA, SEGRATE
23/07/2010 @ ROCK PLANET, PINARELLA DI CERVIA


Neuroprison in collaborazione con Hard-Staff mette in palio un ingresso, a scelta, per una delle due date....basta rispondere correttamente alla seguente domanda ed inviarci la risposta al nostro indirizzo mail: neuroprison@hotmail.com

Qual'è il titolo del loro ultimo album in studio?


Buona fortuna....il contest rimarrà aperto sino a Martedì 20 Luglio.




venerdì, luglio 09, 2010

RUGGINE - Estrazione Matematica Di Cellule



Label: Escape From Today/Canalese*Noise Records


Tracklist:

01. Estrazione Matematica Di Cellule
02. Cadillac
03. Mangio Il Sole Con Gli Occhi
04. Nautilus
05. Cosmospasmo Spasmodico, Cosmospasmo Ultrabionico
06. Fujiko
07. Gulasch
08. Thallium III




La zona di Cuneo sembra avere una particolare predisposizione per il rock più rumoroso e non allineato. Gruppi come Dead Elephant, Cani Sciorrì e Treehorn sono solo la punta dell’iceberg di una scena sotterranea vitale e validissima, documentata mirabilmente da piccole ma intraprendenti etichette quali la Escape From Today, la Canalese Noise e la RobotRadio. Da questa fabbrica di noisers a pieno regime provengono anche i Ruggine, già segnalati su queste pagine in occasione dell’uscita di un Ep omonimo (Ruggine Ep) che li vedeva alle prese con una miscela esplosiva a base di ruvido noise-rock, intricate partiture strumentali e urgenza hardcore. Forti di una registrazione decisamente più professionale rispetto al passato e, soprattutto, di un songwriting più maturo e variegato, i 4 ragazzi di Narzole (Cuneo) esordiscono ora sulla lunga distanza con un disco che è, a parere di chi scrive, uno dei migliori esempi di noise/math-rock partoriti nel nostro Paese (e non solo) negli ultimi anni.
Costantemente in bilico tra rumore e melodia, tensione e raffinatezza, urgenza comunicativa e cerebralità, Estrazione Matematica Di Cellule riesce a far convivere in 8 brani - di cui 3 già comparsi nel suddetto Ep, ma riregistrati per l’occasione - le isteriche geometrie dei Dazzling Killmen e dei Colossamite, le rasoiate dei Rapeman e la rabbia dei Sottopressione, ma va sottolineato che abbiamo a che fare con una formazione talmente ispirata e sicura dei propri mezzi da non temere paragoni impegnativi. Difficile scegliere un brano migliore: la forsennata Cadillac alterna le nevrosi ritmiche degli Uzeda di 4 a riff di chiara matrice hard-rock; Mangio Il Sole Con Gli Occhi viaggia spedita tra scariche epilettiche, cambi di tempo e dichiarazioni rabbiose (“non importa quello che vuoi, basta quello che sei); la strepitosa Fujiko è una confessione a cuore aperto che si sviluppa su un andamento zoppicante ed ipnotico, prima di esplodere in un finale tiratissimo. C’è spazio anche per episodi più pacati e Louisvilliani (Nautilus, in odore Rodan) dove fa capolino una calma apparente, ma poi basta poco perché venga nuovamente spazzata via dalla tempesta (Cosmospasmo Spasmodico, Cosmospasmo Ultrabionico, bizzarra sin da titolo, oppure la convulsa e funambolica doppietta finale Gulasch/Thallium III).

La musica dei Ruggine riflette la tipica condizione di chi, superata la fase propriamente hardcore, cerca di articolare la propria rabbia per renderla, possibilmente, ancora più intensa, ancora più distruttiva. Estrazione Matematica Di Cellule è un disco che trasuda passione e sudore da tutti i pori, lasciarselo sfuggire sarebbe un vero peccato.


Marcello Semeraro.

lunedì, giugno 28, 2010

BARONESS CONTEST



Quando si parla di metal progressivo o sperimentale non si puo' non nominare i Baroness, un combo attivo solo dal 2003 ma che in pochi anni e' diventato uno dei pilastri di questo genere. Forse si ispirano ai panorami rocciosi delle loro Blue Ridge Mountains, forse il loro nome e' un’azzeccatissima premonizione, o forse semplicemente i quattro Baroness sapevano fin dall’inizio quello che avrebbero voluto creare… A noi basta sapere che i Baroness ci sono, e che a breve passeranno anche per l’Italia con il loro impressionante muro sonoro!

BARONESS
11 luglio @ Rock Planet, Pinarella di Cervia
12 luglio @ Circolo Magnolia, Segrate


Neuroprison in collaborazione con Hard-Staff mette in palio un biglietto per la data del 12 Luglio al Circolo Magnolia, per partecipare al contest basta rispondere correttamente alla seguente domanda mandando una mail al nostro indirizzo: neuroprison@hotmail.com


Quali due colori vengono in mente pensando alla loro discografia?


Il contest rimarrà aperto sino a Venerdì 9 Luglio....buona fortuna!

giovedì, giugno 17, 2010

UFOMAMMUT @ Hey Sun Fest (Padova)



Padova 11 giugno 2010

Hey Sun Fest, un nuovo spazio in città dove finalmente si riescono ad organizzare live senza chiedere esborsi enormi alla cittadinanza, dove finalmente non ci vuole una tessera per entrare, dove finalmente non vengono sempre gli stessi gruppi.

Ore 21, arriviamo e ci accorgiamo che il luogo prescelto non è altro che un parco giochi per bambini, con scivoli gonfiabili, giostrine e mini golf.
Sorridiamo un po’ all’idea che gli Ufomammut possano suonare in una location simile, immaginadoci le facce divertite di Poia, Vita e Urlo nel vedere il palco montato accanto ad un enorme scivolo gonfiabile rosa.
La gente sembra non arrivare mai, e conseguentemente il concerto non ha inizio, oltretutto fino alle 22 i ragazzi stanno ancora montando il palco, pare ci siano problemi con il proiettore dei visual, e infatti a fine concerto Urlo mi confermerà che hanno perso quasi 4 ore per cercare un modo per montare il videoproiettore.

Intorno alle 22.30 i nostri salgono sul palco, accendono gli amplificatori e come una sorta di richiamo tribale, le vibrazioni dei Green Amp richiamano le persone fino a quel momento placidamente sedute al bar.
Non saremo stati più di 50 a farla grande, ma la cosa non sembra scoraggiare ne demoralizzare il trio piemontese che comincia a suonare l’intro della prima parte di “Eve”, il nuovo album da poche settimane uscito sul mercato.

Il concerto si snoda lungo i 45 minuti di “Eve”, che viene proposto interamente dando al pubblico una gran carica.
Personalmente scettico davanti a questo nuovo lavoro del mammut spaziale, mi son dovuto ricredere in sede live.
Il disco funziona, le vibrazioni entrano ed escono solcando nel profondo. “Eve” scatena emozioni dal vivo che su disco pensavo fossero impossibili.
Il terzetto è decisamente ispirato e da proprio l’idea di divertirsi a suonare.
45 minuti dopo siamo tutti e cinquanta sotto il palco a chiedere in ginocchio che il concerto non finisca qui, ma purtroppo i gestori minacciano di staccare la corrente qualora si vada oltre l’orario concordato.
Gli ufo sono amareggiati quanto noi, avevano in mente di suonare ancora, avevano anche preparato una sorta di scaletta post “Eve” ma niente, vengono bloccati.

La serata non finisce, i tre si lanciano al banchetto del merch accogliendoci e dimostrandosi veramente gentilissimi e disponibili.

Mi fermo a chiaccherare con Poia che mi spiega qualche variazione minima nel set-up strumentale rispetto all’anno scorso, poi gironzolando incontro Urlo con cui mi soffermo a chiaccherare parecchio di musica , di “Eve” e gli confesso che su disco non mi ha dato le stesse emozioni dei dischi precedenti, e lui mi confida, con mia sorpresa, che questo nuovo album è probabilmente l’unico lavoro degli Ufo che lui riesce ad ascoltare dopo la registrazione.
Parliamo moltissimo e mi rilascia qualche informazione riguardo al futuro degli Ufomammut che potrebbe vedere un evoluzione nettissima anche se, a detta sua, il prossimo disco non sarà facile.
Rimango molto stupito dalle sue informazioni, mi stranizza come riesca a parlare di quello che dovrà venire dopo “Eve” nonostante questo lavoro sia appena uscito, già sono proiettati oltre.
Altre informazioni mi vengono date sul roster supernatural, ma è ancora presto per svelare il tutto.
La serata finisce con autografi e birre, risate e bella musica.
Unica nota dolente la scarsa affluenza di pubblico, rimango basito da come la gente non riesca a cogliere questi eventi, preferendo magari spendere centinaia di euro per concerti evitabili, quando con 8€ si poteva tranquillamente gustare un ottimo spettacolo a pochi passi dal centro cittadino; complice nella poca affluenza di pubblico a mio avviso è la scarsa pubblicità che questo Hey Sun Fest sta facendo in città.
A fine mese suoneranno su questo stesso palco i Current 93, ma credo che siano veramente in pochi a saperlo.

Concludendo ringrazio gli amici accorsi ieri sera, e gli Ufomammut per lo spettacolo e per la bellissima chiaccherata post concerto.
Magari a Padova si vedessero più spesso eventi di questo tipo.


PostNero.