lunedì, luglio 19, 2010
VOID - S/t
Tracklist:
1. Outward Calm, Hidden Truth
2. Black Skies
3. Just Another Illusion Before The Deep
Un elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela e considerando la cosa interessante andarono a chiamare un altro elefante.
Nessuno ha mai dubitato che nelle filastrocche per bambini risieda un humus di verità, differente è se il messaggio comunicato lo si applichi a una cornice di feedback e urla belluine, sicuramente una scelta da insani di mente ma ci piace così.
L’elefante che risponde al nome di VØID dondola per tre canzoni, componimenti paragonabili a placche terrestri per quanto riguarda la mole, ingombranti e lavici, capaci comunque di mantenere un equilibrio strutturale che li mantiene in bilico e non li fa sprofondare in acque di perdizione sempre più affollate.
Un minutaggio medio che supera i sedici minuti e non farlo pesare, questa è la grande vittoria del trio, in un periodo dove molti sembrano rifuggire dal cliché della cavalcata strumentale che non porta da alcuna parte, loro si smarcano e riescono comunque ad avere ragione. Questo detto, la strada è spianata dall’assenza di momenti postrock ormai rivisitati in tutte le maniere possibili, puntando invece sulla distorsione, sul feedback, e quando questi paiono abbastanza, i ragazzi continuano a calcare la mano imperterriti.
Le tre tracce si muovono nel solco originario tracciato in passato dagli Sleep con il monolite di Jerusalem (poi Dopesmoker), arricchito da spunti che sono figli degli eredi contemporanei di Cisneros&Co., quei Buried at Sea che hanno dato nuova linfa a territori loud comunque in perenne movimento.
E se le note trasudano generalmente pesantezza, non mancano escamotage che abbelliscono il risultato, capacità di donare melodia a componimenti bui e saturi, dai riflessi noise -Skullflower- addirittura come nel finale di Just Another Illusion Before The Deep, questo grazie alla prova vocale di Rubens, ricca di sfumature e pathos come in Black Skies, probabilmente quanto di meglio udibile di questi tempi in territori a cavallo tra il doom, lo sludge e le catarsi più fisiche del drone; i rintocchi di piano giungono inaspettati, singhiozzi acustici spianano la strada verso lidi più tranquilli ma senza illuminare il buio di sottofondo.
Un disco che riesce a inserirsi con personalità tra elite che negli ultimi tempi arrancano, doveroso per tutti coloro che fanno della monoliticità una caratteristica imprescindibile in musica -e la foto sopra dovrebbe essere un aggravante che invogli all'acquisto-, una sorpresa anche per chi solitamente si spaventa al solo nominare certi suoni memori delle vuvuzelas: no, qua c’è ben di più, il flusso si muove, non arranca, non ama stare feremo, muta e travolge.
Neuros
www.myspace.com/voiddrone
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