martedì, gennaio 29, 2008

STORM{O} - s/t (ep)



Line-up:
Luca: Screams, Voice
Beatrice: Bass
Giacomo: Guitars, Voice
Simone: Drums

Tracklist:
Disfonia
Inconsiderata Putrefazione
Abbandono La Mia Volontà
Quando Non Ci Sei
Al Punto Di Non Ritorno


Ormai è assodato : l’underground italiano pullula di giovani band che sanno il fatto loro, non aspettano che farlo sapere a tutti.
Gli Storm{o} sono tra questi. Dopo due anni pieni di gavetta fatta di concerti e fatica, la giovanissima band di Feltre arriva finalmente al primo lavoro in studio. Registrato e mixato da Rizoma Produzioni nell'inverno del 2007, l’ep omonimo è una sorpresa da non perdere per tutti gli amanti della musica pe(n)sante e sperimentale.
Disfonia è un intro composto da Enrico, chitarrista degli Amia Venera Landscape, quasi due minuti di ambient da incubo, cesellato da piccoli interventi che paiono di carillon, un carillon apocalittico, preludio per la furia che di lì a poco arriva : Inconsiderata putrefazione. Quattro colpi arrivano dalla batteria di Simone e la band si lancia in una corsa feroce che pare quella di una belva che insegue la preda, con la bava alla bocca, con gli occhi iniettati di sangue. Nervosa, altalenante, con stacchi jazzati, una potenza inaudita sbattuta in faccia all’ascoltatore. Si stenta a credere che questi ragazzi siano giovanissimi.

“In un inesorabile declino tutto finisce in te, tutto è dentro te”

Son queste le parole che Luca sbraita con tutto il fiato in corpo, e poi giù, verso l’abisso, una breve pausa atmosferica e l’ultima zampata, quella che permette di arrivare alla giugulare, con i denti.
Abbandono La Mia Volontà rallenta per un attimo la follia che salta, introdotta dal basso di Beatrice, tramutandosi però in una nevrosi musicale ossessiva che prima rimanda ai Botch, per l’incedere martellante, sempre sullo stesso punto, chirurgicamente, poi chiama in causa i Converge, quelli Petitiong The Empty Sky, richiamati anche dalle melodie vocali improvvisate da Luca.
Quando Non Ci Sei è un twister, sì meglio chiamarlo in lingua originale, perché tornado non renderebbe giustizia al pezzo, un vortice impetoso che travolge ogni cosa, memore della lezione dei Dillinger Escare Plan, ma in chiave tutta italica, sentire lo stacco a metà canzone. Twister e poi che…a sì, roller coaster, sempre per rimanere dall’altra parte dell’oceano. Spettacolare.
Al Punto Di Non Ritorno riprende le sonorità della seconda track, risultando ancora più massiccia, un golem che viene addosso con tutta la sua potenza e ferocia, dove la chitarra di Giacomo fende l’aria come lame, mentre la disperazione vocale di Luca raggiunge i picchi massimi, la scelta dell'italiano si rivela arma vincente. Un passaggio in spoken supportato da arpeggi delicati, breve, intenso, fine. Perché l’esplosione che avviene di lì a poco serve solo a spazzare via qualche (poco possibile) dubbio. Siamo di fronte a una realtà emergente tra le migliori del panorama italico. Con quel pizzico di follia tipico dei giovani.
Consigliatissimo.

Neuros

Storm{O} @Myspace

sabato, gennaio 26, 2008

VISCERA/// - Cyclops



Tracklist
1.Focus: The First Eye (02:18)
2.Keep On Bluesing Through The Stars (12:20)
3.Iris Overburden (09:51)
4.Shape Of God (03:38)
5.Few Years To Live (07:13)
6.White Flies Might Rule The World (07:53)
7.Titan (07:51)


Sette anni di vita, due ep, due split, tour di supporto a band assai quotate su scala italiana e non, come ABORTED (Bel), BASTARD SAINTS (Ita), CRIPPLE BASTARDS (Ita), DEMONCY (U.S.A.), DISMEMBER (Swe), FORGOTTEN TOMB (Ita), INFERNAL POETRY (Ita), KRIEG (U.S.A.), NEFAS (Ita), PSYCHOFAGIST (Ita), RAW POWER (Ita) e tante altre.
Una gavetta tipica delle band underground, inconvenienti di ogni genere, finchè la label russa APOCALYPSE NOW MUSIC / SOULFLESH COLLECTOR non decide di mettere la band cremonese sotto contratto, impressionata dall’ep Manifestaciòn de Exacrable Violencia, dove i Viscera si allontanano dal primordiale sound brutalcore, inglobando i primi germogli di “psychedelic and drone-rock experiment”.
Nel 2007 esce così lo split con i Self Human Combustion, e a fine anno, il primo full lenght : CYCLOPS.
Le sperimentazioni precedenti trovano più ampio respiro nelle composizioni, il sound si fa più fluido, una macchina che passa sopra ogni cosa, ma sa prendersi le sue pause, e rallentare la corsa.
Una citazione : “Poi cosa è la nostra realtà se non la percezione della nostra realtà? Niente altro questo, vi farà paura forse.” E parte Focus, The First Eye. Un macigno che cade sulla testa dell’ascoltatore, un mid-tempo granitico che si trasforma in una sfuriata di grind evoluto dove le chitarre tagliano l’aria, velocissime, arrivano al primo highlight dell’album Keep On Bluesing Through The Stars. Un titolo evocativo, che va a braccetto con la musica. Si riprende il finale della prima traccia, riff impazziti, stacco di basso, nuovi riff che rimbalzano, che colpiscono imperterriti come un martello, senza cedere di un millimetro, frammentati da interventi più dilatati di chitarra. Un’altalena di suoni ed emozioni. Un pezzo stupefacente, che incanta per tutti i suoi dodici minuti di durata, e non annoia mai, anzi, cresce ogni secondo, incollando l’ascoltatore alla canzone.
Le chitarre si fanno più ariose, la voce si fa sussurrata, un solo e già verso gli inferi nel frenetico finale. La nervosa corsa continua con Iris Overburden, ma dopo questa track, l’album non sarà più lo stesso, perché nelle rimanenti quattro canzoni, i Viscera dimostrano di non temere il confronto con le più quotate band internazionali, le spazza via. Come se le precedenti tre song fossero state un semplice riscaldamento, la band si lancia nella sperimentazione più selvaggia. Shape of God è una fantastica strumentale che all’inizio e nel finale mostra il lato più delicato della band, tra arpeggi e distorsioni, mentre nel mezzo mostra i muscoli.
Few Years To Live e White Flies Might Rule The Earth hanno il compito di mostrare una band in forma smagliante, che non si appoggia sugli allori di quanto già fatto, che sa osare, con tenacia e perseveranza, dimostra che quanto fatto in precedenza non era un semplice fuoco di paglia, nella seconda soprattutto, sono evidenti i richiami dei Pelican, riletti in maniera spettacolare.
E il finale, affidato alla strabordante Titan, chiude un disco magnifico, aperta da psichedelici giri di chitarra, arpeggi soffusi, che paiono sempre sul punto di esplodere, ma ciò non avviene, e un senso di beatitudine avvolge tutto, memore poi del fragore iniziale, è un toccasana per la mente.
Siamo di fronte quindi a una nuova, eccellente realtà, che con questo primo album ha già scalato una parte dell’irto terreno dell’underground italico, sperando che non si fermi qua.
I Pelican hanno avuto i Tusk, noi abbiamo i Viscera.

Neuros

Viscera/// @Myspace

I Am Legend



REGIA: Francis Lawrence

Alla notizia che la parte di Robert Neville, protagonista di quell'indiscusso capolavoro letterario che è "Io sono leggenda" di Richard Matheson, fosse stata affidata a Will Smith, un brivido di disappunto mi ha attraversato la schiena. "Come può un figaccione glamorous come il buon principe di Bel Air interpetare la figura dimessa, solitaria e triste di Neville?" era la domanda che attanagliava la mia curiosità. Eppure, Will Smith riesce a rendere credibile il suo personaggio, tanto da essere nettamente - a mio parere - la cosa migliore di un film decisamente mediocre. In una città devastata ma dai colori pastello, i vampiri brutti, sporchi e cattivi di Matheson diventano pupazzetti che sembrano usciti dalle prime rudimentali versioni del videogioco "Blood"; tutto il rapporto decisamente pratico e antieroico di Neville con il popolo dei vampiri viene quasi completamente a mancare; e - cosa che considero la più grave di tutte - lo splendido finale del libro, mirabile lezione di relativismo esistenziale, viene trasfigurato in una maniera orribile, in una di quelle cialtronate che solo gli sceneggiatori statunitensi possono creare.
Che fosse difficile rendere appieno la grandezza del romanzo di Matheson è cosa assodata, così come assodato è il fatto che il confronto con illustri predecessori ("La notte dei morti viventi" di Romero in primis, ma anche "L'ultimo uomo sulla terra" di Ragona) poteva essere complicato: ma "Io sono leggenda" alla fine risulta un film "sbagliato", ancor più brutto perchè modifica e banalizza l'eccezzionalità del romanzo da cui è tratto.

Vortex Surfer

venerdì, gennaio 04, 2008

2007 NeuroStaff Toplist

Enoch

Neurosis - Given to the Rising
PJ Harvey - White Chalk
Crippled Black Phoenix - A Love of Shared Disasters
Radiohead - In Rainbows
Minsk - The Ritual Fires of Abandonment
The Ocean - Precambrian
Martin Grech - March of the Lonely
Il Teatro degli Orrori - Dell'Impero delle Tenebre
Porcupine Tree - Fear of a Blank Planet
Oceansize - Frames


Edvard

Neurosis - Given to the Rising
Jesu - Conqueror
Oceansize - Frames
Down - III: Over the Under
Minsk - The Ritual Fires of Abandonment
Martin Grech - March of the lonely
PJ Harvey - White Chalk
Today Is The Day - Axis of Eden
Ulver - Shadows of the Sun
Il Teatro Degli Orrori - Dell'impero delle Tenebre


Eclipze

Porcupine Tree - Fear of a Blank Planet
Martin Grech - March of the Lonely
Neurosis - Given to the Rising
Ulver - Shadows of the Sun
Deathspell Omega - Fas, Ite Maledicti in Igem Aeternum
Minsk - The Ritual Fires of Abandonment
Radiohead - In Rainbows
Blackfield - Blackfield II
Down III: Over the Under
Fu Manchu - We Must Obey


Neuros

The Angelic Process - Weighing Souls With Sand
Neurosis - Given To The Rising
Today Is The Day - Axis Of Eden
Rosetta - Wake/Lift
Minsk - The Ritual Fires Of Abandonement
Ulver - Shadows Of The Sun
Il Teatro Degli Orrori - Dell’Impero Delle Tenebre
Souvenir's Young America - An Ocean Without Water
The Dillinger Escape Plan - Ire Works
Jesu - Conqueror


LocustStar

Neurosis - Given To The Rising
The Ocean - Precambrian
Minsk - The Ritual Fires Of Abandonment
Battles - Mirrored
Il Teatro Degli Orrori - Dell'Impero Delle Tenebre
High On Fire - Death Is This Communion
Martin Grech - March Of The Lonely
Hanne Hukkelberg - Rykestrasse 68
Porcupine Tree - Fear Of A Blank Planet
Baroness - Red Album


King of Nothing

Arcade Fire - Neon Bible
Martin Grech - March of the Lonely
Jesu - Conqueror
Radiohead - In Rainbows
Throbbing Gristle - Part Two: The Endless Not
Ulver - Shadows of the Sun
Patrick Wolf - The Magic Position
Neurosis - Given to the Rising
Oceansize - Frames
PJ Harvey - White Chalk


Vortex Surfer

Ulver - Shadows of the Sun
Einstürzende Neubauten - Alles wieder offen
Neurosis - Given to the Rising
Minsk - The Ritual Fires of Abandonment
Gravenhurst - The western lands
Jesu - Conqueror
Porcupine Tree - Fear Of A Blank Planet
Nine Inch Nails - Year Zero
Today Is the Day - Axis of Eden
Patrick Wolf - The Magic Position


Damar

Radiohead - In Rainbows
Ulver - Shadows of the Sun
Martin Grech - March of the Lonely
Porcupine Tree - Fear of a Blank Planet
Neurosis - Given to the Rising
Anekdoten - A Time of Day
UNKLE - War Stories
Oceansize - Frames
Manes - How the World Came to an End
Amiina - Kurr

2007 Relapse Top Releases

Per chi ama le sonorità dure e contaminate questo 2007 che volge oramai al termine non può non essere ricordato come l'anno della Relapse. La label statunitense, da febbraio a novembre ha immesso sul mercato una considerevole mole di album di livello medio-alto, marchiando probabilmente il suo periodo più prolifico. della macchina da guerra gestita dalla premiata ditta Yurkiewicz/Jacobson. In un anno poverissimo di dischi di rilievo in ambito Metal (con la M maiuscola), la perseveranza, l'attenzione e lo "stile" dell'etichetta guidata dal binomio Yurkiewicz/Jacobson sono davvero una delle pochissime note intonate dell'attuale (e sempre più spompato) panorama metallaro. Peccato solo che Neurosis e Nile si siano congedati dal parco delle (mostruose) meraviglie Relapse, altrimenti la concorrenza sarebbe stata seriamente rasa al suolo.

Gli album menzionati sono ordinati in ordine cronologico in base alle date di pubblicazione ufficiali.


06.02 : CAR BOMB Centralia

Discendenti di gente come Dillinger Escape Plan e Today Is The Day, aspettarsi docili carezze felpate dai Car Bomb sarebbe utopistico. La band picchia con fare nevrastenico e convulsivo anche se ogni tanto si avverte una certa inesperienza nel songwriting. Il loro math-core è ben costruito e mette in rilievo certe doti personali, nonostante le evidenti ascendenze. Da tenere sott'occhio, nome che promette scintille future.




06.02 : THE END Elementary

Le luciferine visioni di un caotico albo come "Within Dividia" non parrebbero nemmeno appartenere alla stessa formazione che forgia questo Elementary. Con un nuovo vocalist, i The End ripartono (quasi) da zero, tenendosi la claustrofobia del passato, ma guardando adesso a lidi sonori differenti, come il thrash evoluto di Meshuggah e SikTh ed il progressive moderno di marca Tool. E' un disco non semplice da assimilare, nonostante vi siano non rare aperture melodiche ed alcune songs accessibili come The Never Aftermarth e Throwing Stones. Album cupo che è un vero e proprio bivio per i canadesi ma che dimostra che sotto la ferraglia dell'esordio vi era ben più che un'iconoclasta voglia di radere al suolo tutto.



20.02 : MINSK The Ritual Fires Of Abandonment

La psichedelia del nuovo millennio passa inevitabilmente da qui. Il rituale dei Minsk espianta l'anima dal corpo e la dissolve in un pulviscolare nirvana che chiude definitivamente l'opprimente samsara che ci lega a questo mondo e alle sue sofferenze, ai suoi dolori. Ma prima bisogna sciogliere i legami e abbandonare tutto, il sangue e la carne compresi. Onde che si alzano e si abbassano lente, magmatiche, nel cerimoniale in cui Tool, Neurosis e Dead Can Dance si fondono in un tutt'uno. Il picco più alto del 2007 targato Relapse.





20.02 : RWAKE Voices Of Omens

Malvagi e sporchi come pochi in giro, i Rwake si confermano tra i migliori esponenti del doom/sludge. Andature rallentate che fanno largo ad improvvisi colpi d'acceleratore, tetri intarsi acustici, una voce psicopatica e malefica a rendere ancora più lercio un sound venuto direttamente dal fango. Ci si immagini i Mastodon dediti al doom, ma sempre disposti a rifilare stilettate di un certo calibro. Classe cristallina da un mefitico acquitrino e Voices Of Omens un disco da ricordare. I compagni di label Unearthly Trance sono avvisati.





06.03 : ALABAMA THUNDERPUSSY Open Fire

La sola title-track sintetizza perfettamente l'essenza di un disco che pesca direttamente negli stilemi classici dell'heavy-metal. Ad incendiare il microfono c'è Kyle Thomas, ex-vocalist dei dimenticati Floodgate, e la band tira fuori una prestazione maiuscola carica di potenza e compattezza. Un pò più lontani dall'hard-sludge dei dischi precedenti ma non meno muscolari, i Thunderpussy aprono il fuoco e accade il finimondo. Album tosto e conferma per un gruppo che si tende spesso a mettere in secondo piano, sbagliando.





06.03 : DYING FETUS War Of Attrition

Ad onor del vero, uno dei lavori migliori usciti in questo anno di vacche anoressiche in ambito metal tradizionale. Ed è tutto dire, perché i Dying Fetus non fanno altro che riprendere ciò che han sempre fatto, ma magari con una punta di hardcore in più che certifica una lieve apertura nella rinomata ortodossia dei newyorkesi. I quali sparano fuori un lavoro denso ed efferato che non lascia scampo, come da tradizione.




12.03 : LENG TCH'E Marasmus

Forse un'evoluzione del genere era anche prevedibile, ma i belgi Leng Tch'e vanno oltre. Dal furibondo e "nasumiano" grind-core di "The Process Of Elimination" si giunge ora ad un (brutal)death metal evoluto, venato di sludge e stoner, aperture un pò più rock del solito ed una complessità, figlia di una certa maturità, ed un affrancamento dai prodromi di base non indifferenti. Segno che oramai l'impermeabilità di un linguaggio sonoro tanto scandagliato come quello del grind-core non fa più parte della nuova generazione di mutanti della musica pesante.


15.05 : ANTIGAMA Resonance

Invero uno dei punti più bassi di quest'annata per l'etichetta. E dire che dagli Antigama, dopo il bel "Zeroland", ci aspettavamo di sicuro un album di tutto rispetto. I polacchi invece si limitano al minimo sindacale, ricusando le peculiari sortite semi-industriali dello sperimentale disco precedente ed accodandosi al trend del grind/death schizofrenico. Resonance non è un disco da buttar via, ma poco riesce a farsi ricordare in termini di freschezza di idee. Potevano decisamente far di meglio.



29.05 : CEPHALIC CARNAGE Xenosapien

Già di per sè condivido le "fantascientifiche" teorie evoluzioniste dei Cephalic Carnage, poi se tirano fuori una roba come Xenosapien, album violento cerebralmente ancor prima che fisicamente, finisce che questo va a piazzarsi come uno dei migliori lavori estremi dell'anno. Un pò meno sperimentale di "Anomalies", questa nuova prova ribadisce la caratura del five-piece di Denver, che si prende pure il lusso di infilare un sax inatteso in G.lobal O.verhaul D.evice, mentre tutt'attorno è un perenne stridere di ferraglia insanguinata. Da annoverarsi tra i nuovi maestri del metal estremo.



12.06 : PIG DESTROYER Phantom Limb

Ciò che è stato detto in chiusura del trafiletto sopra vale anche per i Pig Destroyer. Phantom Limb non ha riscosso unanimi consensi come accadde per il terrificante "Terrifyer". Probabilmente non tutti hanno colto il coraggio della band guidata da J.R. Hayes, intenta ad uscire dai reticoli del grind-core ultra-sparato e pronta ad aprirsi verso sonorità non ancora esplorate (almeno per loro) come lo stoner ad esempio. Le rasoiate thrasheggianti che i Pig Destroyer sanno infliggere farebbero impallidire persino i maestri Slayer tanto sono feroci e malefiche e non sto mica scherzando. Provare per credere, miei piccoli San Tommaso.










27.08 : COLISEUM No Salvation

La Relapse se li è accaparrati direttamente dall'interessante catalogo della Level Plane dpo un debutto eponimo di tutto rispetto. Affetta dal punk/crust, quella dei Coliseum è una perene scorribanda a metà tra High On Fire e Motorhead, ma plasmata con una decisa personalità che lascia intendere buoni sviluppi futuri. Ryan Patterson, mastermind della cricca, trascina i suoi come la motrice di un tir lasciato in discesa senza freni verso la distruzione del mondo. Alla fine non vi è nessuna salvezza, sia chiaro.




04.09 : BARONESS Red Album

Questo è uno degli album di esordio migliori che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tre, quattro anni. Dando un orecchio ai due Ep che segnarono gli esordi del gruppo, una virata verso un sound così vintage e settantiano non era poi tanto facile da pronosticare. I Nostri tengono a bada l'ascendenza Mastodon e mirano a dare fisionomia ad un hard-rock che si fonde col progressive di nuova concezione, aprendosi a levigate digressioni psichedeliche, accentuando la componente melodica delle linee vocali, pur sempre parecchio "grattate". Rays On Pinion, Isak, Wanderlust, The Birthing, O'Appalachia, Wailing Wintry Wind sono i picchi più alti di un disco senza nessun momento debole. Persino l'artwork, realizzato dal vocalist/chitarrista John Baizley (alle prese con la cover dell'ultimo Pig Destroyer), è uno dei migliori dell'anno. Una nuova grande promessa: teniamoceli stretti.



18.09 : HIGH ON FIRE Death Is This Communion

Ecco cosa vuol dire suonare heavy-metal legato alle radici in maniera fresca e senza cadere nei cliché del genere. Death Is This Communion è invero il capolavoro della creatura post-Sleep di Matt Pike, paladino di un sound arcano ma dannatamente moderno che spazza con un solo riff (quello dell'iniziale Fury Whip) porcherie ambulanti come Trivium ed Avenged Sevenfold dalla faccia del pianeta. Questo è il nuovo e vero Heavy Metal e gli High On Fire sono tra i migliori esponenti del genere. Un album grumoso e possente e devastante che non ci permette di rifiatare nemmeno quando i ritmi si fanno più blandi (Khanrad's Wall). Uno dei nuovi classici della musica pesante. Punto e basta.





02.10 : ALCHEMIST Tripsis

Sempre indefinibili e con più piedi in una sola scarpa, gli australiani Alchemist continuano a dar vita ad album degni del rispetto degli appassionati di musica intelligente e ricercata. Le loro songs non sono mai banali e le atmosfere spaziali si coniugano perfettamente con quel peculiare riffing tagliente che in più punti ammicca alle dure caratteristiche post-core. Sanno dosare forza e cervello senza che le due componenti si sleghino, magari sperimentando un pò di meno, ma dimostrandosi una delle formazioni più convincenti ed incatalogabili in circolazione.




12.11 : DILLINGER ESCAPE PLAN Ire Works

Lo hanno detto tutti: oramai i Dillinger hanno la pattonite. E mi sa tanto che ai tutti non si può dar di certo torto. Questo è il loro disco più coraggioso perché il più melodico, quello che attirerà più critiche ma nel contempo dimostrerà quanto i Nostri siano tanto duttili quanto intelligenti. Fa un pò uno strano effetto sentire il rockabilly malato di Milk Lizard o l'heavy-pop di Black Bubblegum provenire dagli ampli di un gruppo che ha codificato un genere tanto oltranzista come il math-core di estrazione grind. "Miss Machine" è il loro masterpiece, questo certifica la voglia di non rendersi schiavi degli schemi che essi stessi hanno creato. Gente con coraggio da vendere.


LocustStar