lunedì, settembre 29, 2008

MELVINS + Big Business + Porn @ Musicdrome



Milano 25/09/2008

E' difficile, per me, scrivere un giudizio oggettivo su questo concerto. Direi pure che mi risulta difficile scrivere semplicemente un giudizio; è difficile rapportarsi ad un simile evento, affrontare con lucidità ciò che è avvenuto sul palco del Musicdrome (Milano) il 25 settembre 2008.
Si intuisce dalla folla ferma davanti ai cancelli che sono in molti ad aspettare questa data (visti i diversi tour annullati precedentemente), un' attesa ripagata con uno dei live più emozionanti, vissuti e divertenti degli ultimi anni. Ma partiamo con ordine.
Aprono i californiani Porn, capitanati dall'ormai stra-conosciuto Billy Anderson (rinfresco: produttore di band come Eyehategod, Neurosis, Sleep, Swans e Brutal Truth oltre che chitarrista dei Blessing the Hogs e Asva) alla chitarra/effetti, Dale Crover alla batteria e Tim Moss ad altri ''effetti'' (si aggiungerà dopo pochi minuti dall'inizio Coady Willis alla seconda batteria). Il set è composto da un unico pezzo, noise, drone, stoner, un mix di suoni distorti, echi, feedback impastati tra di loro, con le batterie che partono e si fermano a singhiozzo, quasi andassero per conto proprio. Dale sembra in gran forma, ma è il giovane Coady ad attirare la mia attenzione: preciso, attento, potente, pulito.



E' il momento dei Big Business (formati dal già sopra citato Coady e dal bassista Jared Warren), duo potentissimo su disco, un po' meno deciso sul palco (soprattutto la voce). Il set si apre con una Hands Up sparata a mille, poi seguono tutti gli altri da i loro due album (Head for the Shallow del 2005 e Here Come the Waterworks del 2007, entrambi usciti dall'onnipotente Hydra Head Records). Il pubblico sembra proprio divertirsi ed apprezzare, ma il bello deve ancora arrivare: da dietro sbuca una chitarra imbracciata dal nostro Dale (Crover, si, il batterista). Il sound sembra farsi più compatto, i pezzi sembrano prendere corpo e il nuovo arrivato sembra proprio stare a suo agio (ricordo infatti l'ep Dale Crover -Boner Records, 1992- dove incide tutto da solo tranne che il basso).



Sembra andare tutto a gonfie vele, i due gruppi ''spalla'' se la sono cavata egregiamente ed i suoni sembrano proprio rasentare la professionalità. Strano? Bè, dipende. Dipende soprattutto dal fonico. E chi è in grado di fare un lavoro del genere? Solo lui: Giulio ''Ragno'' Favero (bassista dei Teatro Degli Orrori e batterista dei Putiferio per dirne due, nonché grande produttore a livello nazionale). E' proprio grazie a lui che siamo a riusciti a goderci al massimo una delle band più impressionanti degli ultimi 25 anni: i Melvins.
Riecco salire per la terza volta sul palco Coady (protagonista di questa serata, il migliore), poi a ruota tutti gli altri: King Buzzo indossa la sua classica veste nera lunga fin sotto il ginocchio, con lo spacco lacerato. Aprono con The Kicking Machine: la band sembra essere proprio in forma, non sbaglia una nota e le due batterie regalano emozioni mai viste. Una parola: degenero. Si susseguono Civilized Worm, Nude With Boots, Eye Flys, Honey Bucket, You've Never Been Right, quasi tutti pezzi degli ultimi due album. Buzz non si ferma un attimo, tanto che si lascia andare in un monologo con il pubblico, pubblico scalmanato che salta, balla e urla tutte le note che escono dalle casse. Boris (tratta dal fantastico Bullhead, 1991) chiude la serata in modo fantastico. Se avessero toccato altri brani da Houdini, The Maggot, Ozma o Stag sarebbe venuto letteralmente giù il locale.
Non resta che abbassare il capo davanti ad una band che non si è mai chinata nei suoi 25 anni di carriera, che non ha mai perso il tiro e soprattutto non è mai invecchiata.
Lunga vita ai Melvins.





James "Sawyer" Ford.

sabato, settembre 27, 2008

ONE STARVING DAY - Broken Wings Lead Arms to The Sun



Line-up:
Pasquale Foresti : vocals, samples and bass
Marco Milucci : guitar
Andrea Bocchetti : guitar
Francesco Gregoretti : drums
Dario Foresti : synths, samples and vocals

Tracklist:
1. Black Star Aeon
2. Secret Heart
3. Fate Drainer
4. Leave
5. Silver Star Domain


Il cammino degli One Starving Day comincia più di dieci anni fa, nel 1997, da un’idea di Pasquale Foresti, che dopo la militanza in alcune band hardcore decise di seguire nuove strade che portassero nuova linfa alla sua primigenia passione. Solo dopo anni di gavetta però, con una line-up completa e di spessore arrivarono i primi veri risultati, come la partecipazione alla compilation Emo Diaries 7, pubblicata per la Deep Elm Records, alla quale seguì nel 2006 il primo album della band, Black Star Aeon.
Un disco che già sul lato visuale si presenta ricercato e leggendo i titoli delle canzoni questa convinzione non può che aumentare; la musica ovviamente fa il resto.
La band stessa afferma di essere influenzata da band come Neurosis e Godspeed You!Black Emperor, ma il loro caleidoscopio sonoro non si chiude certo qua, proponendo soluzioni fresche, frutto di una ricerca sonora invidiabile. La titletrack è la dimostrazione di quanto appena detto, aperta da un tappeto di loops elettronici e suoni di violino che vanno crescendo, burrascosi e cupi, salvo poi aquitarsi e deflagrare con chitarre e voce sofferta. Le due anime della canzone si alternano e guerreggiano fino alla fine, senza risparmiare i colpi, come le textures sfilacciate che si propagano nel finale rincorse dalla batteria.
Secret Heart apre le braccia ad atmosfere orientali, rilette sotto un’ottica apocalittica, una speranza che non decolla e non necessita di parole, solo le chitarre fanno capolino con arpeggi solitari, che con il passare dei minuti prendono fiato e gonfiano il petto, finchè non vengono portati via dagli ultimi rintocchi di synth.
Fate Drainer si mostra sicuramente più ottimista rispetto alle precedenti due canzoni, con vocals lontane e narrate per manifestare questa differente direzione, e con il passare dei minuti il componimento muta la pelle, trasformandosi in una rivisitazione estrema di un certo suono settantiano, riportato dalle tastiere e da certi giri di chitarra di matrice kraut/space.
Se non era chiaro l’alternarsi di stati d’animo all’interno dell’album, ci pensa Leave a ricordarlo, mostrandosi in tutta la sua solitudine, rimandando alla mente le brulle lande di Away dei Neurosis, battute ancora una volta dalla voce di Pasquale; otto minuti sempre in bilico tra folk e psichedelia, che sono negli ultimi secondi alzano i toni e graffiano con le chitarre.
L’album si chiude con Silver Star Domain, pacata e raffinata, costruita unicamente su piano e samples, che filtrano la poce luce rimasta.
Un disco sicuramente di spessore, per una band che ha grandi potenzialità per crescere ancora, con una maturità già elevata, come si nota anche dai testi sempre ispirati e legati alla musica proposta.
Non rimane altro che aspettare il prossimo album che potrebbe lanciarli tra i migliori nel genere in Italia.

Neuros

One Starving Day @Myspace

mercoledì, settembre 24, 2008

LUCERTULAS - Tragol de Rova


Line-up:
Christian Zandonella : chitarra
Federico Aggio : basso
Daniele De Vecchi : batteria


Tracklist:
1. Roulette
2. Partum
3. On Rough Sea
4. Miss Ratched
5. Tintinnio
6. 06
7. 07
8. Ops!


Per rendere onore al nome che portano, anche i Lucertulas hanno cambiato pelle nel corso degli anni; partiti nel 2003 sotto il monicker di Superlucertulas, pubblicarono l’anno successivo il primo full “Homo Volans” uscito sotto 8mm Records. Un lavoro sicuramente di valore, riassumibile con tre aggettivi : spigoloso, crudo, dilatato; album che ha permesso alla band di girovagare per due tour europei (Francia e Germania). Con il passare del tempo cambia la line-up e cambia anche il monicker, portando il suffisso “super” in soffitta; così con l’ingresso di Federico Aggio si arriva al secondo lavoro : Tragol De Rova.
Focalizzando quanto di buono fatto in Homo Volans e migliorandolo, il power-trio è riuscito a sfornare un album avvincente e allo stesso tempo ostico, una sfida non solo per loro, ma anche per l’ascoltatore; e il risultato è stato ottimo.
Roulette e Partum sono due schegge impazzite che la band propone in apertura per mettere subito le carte in tavola, nessun compromesso quindi, un suono tagliente, vivo, che ricorda i furenti esordi dei Polvo o le scorriband albiniane dei Rapeman. Ritmi quadrati e ossessivi, che vanno a martellare sempre sulle ferite musicali inferte in precedenza, un suono che sanguina, figlio dell’hardcore.
On Rough Sea è una perla schizofrenica, parte silenziosa, in punta di piedi, con atmosfere in ambient utili per tirare il fiato dopo la doppietta iniziale, ma è una pausa ingannevole, perché d’un tratto è il rock più rumorista a fare da padrone, chiudendo la canzone con divagazioni noise pure.
Miss Ratched e 7 sono sicuramente le meno tirate del lotto, ma non per questo le meno cariche, anzi, assestandosi su mid-tempos scavezzacollo che fanno il loro compito : disturbare, far male.
Tintinnio di distingue per il suo basso ancor più in evidenza, vero protagonista della canzone, conferendole un groove potente, d’impatto, giusto preludio prima della parentesi stridente di 6 : sette minuti di noise, come solo gli Skullflower saprebbero fare, e i Lucertulas di dimostranno all’altezza della band inglese.
A chiudere le (brevi) danze ci pensa Ops!, che da titolo pare scusarsi per le efferatezze commesse in questi intensi ventisei minuti del disco, e invece no, con la costanza e la pesantezza di un fabbro la band continua a menare fendenti fino alla fine, con le chitarre sature di Christian e il drumming furioso di Daniele.
Registrato e mixato da Giulio Favero, è un disco ostico sicuramente, ma dal valore indiscutibile, e da ogni nota traspare la fatica, il sudore e la passione della band, e questo non può che farle onore. Se nel sempre più (nuovamente) florido panorama noise-rock il Teatro Degli Orrori rappresentano il lato cantautoriale, i Dead Elephant quello psichedelico e i Putiferio quello più sperimentale, i Lucertulas ne incarnano il lato più sbilenco e ubriaco, e noi possiamo solo sperare che l’ebbrezza continui.

Neuros


Lucertulas @Myspace

martedì, settembre 16, 2008

MELVINS LIVE IN ITALIA

VIBRATACORE




Siamo stati tra i primi a recensire Behind this Rapture, debut sulla lunga distanza degli abruzzesi Vibratacore, è giunta quindi l'ora di sentire cosa hanno da dirci....



Ciao ragazzi, innanzitutto fateci un veloce riepilogo della storia della band, dagli esordi fino ad arrivare alla pubblicazione di “Behind this Rapture”…..

In realtà il progetto VIBRATACORE non è nato da un giorno all'altro ma ha preso forma pian piano a partire da “germinali” e occasionali jam sassion tra il Kote (Danilo -batteria-), Fango (Alessandro -chitarra-) e StefanoLelii (-basso-). La prima ed embrionale line -up prese vita con l'ingresso di Davis al basso , Mimmo all'altra chitarra e Luka (nel gruppo fino al demo Empty box) alla voce e sinth. Con questa formazione venne registrato il primo demo “Trust away”(2002).
Di fatto però l'identità dei VIBRATACORE prende forma solo nel 2004 (Kote -batteria- ,Fango -chitarra- ,Ivano-basso- ,Luka -voce e sitnth-) anno nel quale viene prodotto Empty Box ,che rappresenta una sorta di transizione nel nostro percorso musicale e nel quale sono gia presenti quegli spunti che più avanti diverrano i temi compositivi portanti.
Nel 2005 il progetto VIBRATACORE prende le sembianze definitive con l'arrivo di Andrea alla voce (a sostituire Luka). E si può dire che questo processo di stabilizzazione influisca in maniera determinante sia sugli obiettivi che sulla ricerca stilistico-compositiva. Risultato ne è la realizzazione nel 2008 di “Behind This Rapture” , debut-album e punto di svolta del nostro percorso creativo.


Rispetto ai due demo precedenti i nuovi pezzi sono, stilisticamente parlando, piuttosto diversi, ed in particolare decisamente più compatti e potenti; cosa vi ha spinto a tale svolta sonora?

Di sicuro consideriamo “Behind this Rapture” il nostro lavoro più maturo e completo, ma la ricerca musicale dei VIBRATACORE non si è mai concentrata su un genere particolare e definito.
Tanto per intendersi il progetto nacque da jam-sassion di stampo funky in cui non usavamo neanche il distorto sulla chitarra….. e ora siamo arrivati a “behind”. Non è detto che il prossimo lavoro sia ancora catalogabile dentro parametri musicali “estremi”….. per ora ci divertiamo cosi. …..quali altre “svolte sonore” ci aspettano non lo sappiamo.


A tal proposito credo che i suoni che siete riusciti ad ottenere in studio, in particolare per quanto riguarda le chitarre, abbiano giocato un ruolo fondamentale per la riuscita del disco, rendendo tremendamente efficaci i brani….

Beh diciamo che abbiamo passato molto tempo in studio a curare mix e suoni in generale.
Avevamo un’idea precisa di come dovessero “suonare” i pezzi…. ed è stato fondamentale l’aiuto tecnico di Stefano Lelii ( il fonico che ha registrato i pezzi). Il resto lo hanno fatto gli ampli e gli strumenti…. ah ah ah ah ah .


Il cantato in italiano era una delle vostre peculiarità, la scelta di privilegiare ora la lingua inglese è stata una conseguenza resasi necessaria dal nuovo approccio sonoro oppure semplicemente ora vi sentite più a vostro agio in queste vesti?

A dire il vero è una cosa che è venuta quasi naturale con l’ arrivo di Andrea, con il senno di poi direi che è stata una scelta stilistica; Il cantato in inglese offre sicuramente più impatto al sound generale delle canzoni. Comunque non abbiamo certo accantonato l'italiano, ne è la prova “Urlo la mia rabbia”.


Per quanto riguarda i testi, qualcosa è cambiato? In particolare quali sono ora le tematiche su cui vi focalizzate e da cui traete spunti di riflessione?

Sostanzialmente i testi abbracciano sia tematiche sociali che aspetti più introspettivi e personali ed in generale hanno come filo conduttore l’invito a guardare oltre, ad analizzare lo stato di fatto delle cose e dei fatti per comprenderne la vera natura (“Behind this Rapture” significa proprio questo). Tanto per fare un’ esempio “Rosaries to the Civilization” ha come tema portante quello della religione ed in particolare quella cattolica….. la “multinazionale più antica del mondo” che grazie all’abuso della credulità popolare e da dietro “l’effige caritatevole” del Cristo-salvatore ha fondato il suo potere e la sua ricchezza sul sangue di genocidi, torture, assassini, razzismo, intolleranza, superstizione, oscurantismo, prevaricazione dei diritti umani.
“Historia doquit quantum nos juvasse illa de Cristo fabula” (“la storia ci insegna quanto ci abbia fruttato quella favola di Cristo”)-Leone X.


Certamente la vostra proposta, la vostra identità sonora. ha solide radici nell’hardcore ma non solo e sebbene abbiate abbandonato gli influssi nu metal, sono ben presenti tracce di chiara estrazione alternative e soprattutto post-thrash. Tutto ciò aiuta a rendere i vostri pezzi carichi di groove, piacevoli e mai banali all’ascolto; siete soddisfatti del risultato raggiunto o nelle vostre intenzioni c’era anche altro che non siete riusciti a mettere a fuoco?

Diciamo che i risultati hanno superato le aspettative , quindi siamo molto soddisfatti del lavoro fatto. Ripeto…. non ci siamo mai concentrati su un genere musicale preciso e di conseguenza è difficile avere la totale consapevolezza di ciò che si sta facendo….ci sembra che le composizioni funzionino… era ciò che volevamo fare… ma è tutto frutto di sperimentazioni.


Parlando del background musicale, siete tutti sulla stessa lunghezza d’onda o avete gusti anche molto diversi tra di loro? Quali sono i punti di riferimento principali da cui traete influenza e che costituiscono le radici base della vostra musica?

Per nostra fortuna veniamo tutti da un background musicale diverso. Danilo( batteria) ad esempio viene dall’ hip hop, avendo militato per anni nella crew di LouX “Costa Nostra” . Alessandro (chitarra) è un’amante del death-metal svedese e di sonorità estreme in generale (e nonostante questo le sue precedenti esperienze musicali vertevano sulla psichedelia).
Dal canto suo Ivano (basso) proviene, per ascolti, attitudine e progetti musicali, da generi quali l’hardcore, il punk e il grind.
Infine Andrea (voce) preferisce ascolti più “contemporanei”… dal post-core al math-core fino al crossover di ultima generazione ed in definitiva è anche ciò che ha “suonato” prima di entrare nel gruppo.


Le parti etniche, con l’utilizzo di strumenti tradizionali come il Didjeridoo fanno ancora parte del vostro sound, ma sbaglio o si avverte la tendenza ad andare oltre e sperimentare atmosfere più industrial, come nel caso dell’outro “Ready to Fight”?

Sia “Sennoun” che “Ready to Fight” rappresentano il volto più sperimentale dei VIBRATACORE…di fatto è ciò che spesso facciamo in sala prove ma che per forza di cose non riusciamo a “portare” ai live. È un aspetto del nostro modo di fare le cose che ci sta molto a cuore e che cerchiamo sempre di “raccontare” nei nostri lavori. E non è molto importante se in un caso utilizziamo strumenti etnici e nell’altro ci avvaliamo dell’elettronica …. ci interessa solo sperimentare strade diverse.


Il cd è autoprodotto ed esce sotto AudioZero, vostra etichetta personale, insomma un lavoro in pieno stile DIY; scelta obbligata oppure vi sentite pienamente convinti e coinvolti in tale filosofia?

La scelta non è stata propriamente obbligata e a dire la verità non è che abbiamo abbracciato con questo la filosofia DIY….. di fatto non ci siamo mai messi alla ricerca di un’etichetta che ci producesse perché da una parte avevamo voglia di avere pieno controllo sul nostro lavoro e dall’altra ci piaceva l’idea di poter produrre un giorno altri gruppi come il nostro. E comunque DIY è bello…. ah ah ah ah


Non vi chiedo che riscontro sta ottenendo a livello mediatico il disco visto che molto probabilmente è presto per fare anche solo un primo bilancio; è interessante invece sapere come stanno venendo accolti i nuovi pezzi in sede live?

La risposta del pubblico ai concerti di promozione di “Behind this Rapture” fino ad ora direi che è stata estremamente buona…..i pezzi sono apprezzati…e a dire la verità ciò che ci fa più piacere è che il pubblico in generale apprezza soprattutto la nuova direzione stilistica intrapresa.


Soffermandoci appunto sull’aspetto live, come vivete tale esperienza? Cosa può aspettarsi chi viene a vedervi e sentirvi suonare?

Quella dei live è la parte del nostro “lavoro” che più ci piace. Lo consideriamo un momento “catartico” nel quale oltre alla musica riusciamo ad esprimerci anche in maniera “fisica”…è una sensazione eccitante e credo che ai nostri concerti questa cosa sia più che percepibile…ah ah ah


Riuscirete a promuovere a dovere l’album supportandolo con una costante attività live entro la fine dell’anno ed in particolare quest’estate?

Abbiamo promosso il nuovo album quest’estate un po’ in tutta Italia ma ora abbiamo voglia di starcene un po’ in sala prove per curare cose nuove. Con i live di supporto all’album ripartiremo intorno al periodo di dicembre.


Come e da chi è nata l’idea per l’artwork di “Behind This Rapture”? Parlateci un po’ del significato di tale immagine ed in che modo si relaziona con le liriche dei brani….

In realtà l’immagine di copertina non ha tanto a che fare con i testi delle canzoni quanto all’idea VIBRATACORE in generale. L’omino raffigurato è la metafora del progetto: un’ unica entità fatta da quattro individui, che è tutto e niente, che è istinto e pensiero (vedi la “simbologia” delle braccia). La maschera anti-gas è poi è un’ elemento”iconografico” che ci portiamo dietro dalla copertina di “Empty Box” e che rappresenta una sorta di volontà di isolamento dal resto oltre che di annullamento dell’individualità rispetto alla priorità del progetto complessivo.
Infine il Cuore che rimanda al significato del nome VIBRATACORE : cuore della vibrata (il nostro luogo di origine).
Il progetto grafico è stato “partorito” da Fango grazie alla preziosissima collaborazione di Alessandro Vitali e Andrea che lo hanno realizzato.


Come è la scena musicale nella vostra regione, vi è una fiorente attività underground?
Con quali bands (non necessariamente della vostra zona) invece condividete particolare amicizia e per le quali nutrite rispetto?


Tutto sommato non è che vada molto male, ci sono diverse band della nostra regione ( Abruzzo) che si danno da fare nella scena underground italiana e europea, il problema rimane quello dei locali, pochi disponibili a far suonare gruppi di sconosciuti “un po’ troppo rumorosi” e pochissimi spazi autogestiti dove potersi esprimere senza tanti vincoli.
Per quanto riguarda la scena Abruzzese siamo particolarmente legati agli STRAIGHT OPPOSITION e AFFLUENTE (di fatto ascolani ma praticamente vicini di casa) , e nutriamo rispetto e amicizia per band come ZIPPO, JULIETTE MASSACRE, KEEP-OUT tanto per citarne alcuni.
Nel panorama nazionale sicuramente gli INCOMING CEREBRAL OVERDRIVE (grandi amici, persone spettacolari nonchè musicisti della madonna) con cui spesso suoniamo in giro e collaboriamo. Ma anche SLAIVER, ORANGE MAN THEORY, LOCKED-IN, CAST THY EYES, KERNEL ZERO, FOMENTO, INFERNO….. ma sono solo alcuni dei gruppi con cui abbiamo legami di amicizia e con cui abbiamo avuto il piacere di condividere palco ed esperienze musicali.


Avete realizzato un video per la title-track del platter, siete soddisfatti del risultato finale? Pensate a questo tipo di esperienza come un semplice esperimento oppure siete interessati a questa forma di veicolo espressivo?

Soddisfattissimi… era quello che volevamo fare: un piccolo “racconto” della nostra attitudine live “condito” da sequenze deliranti. Doveroso il ringraziamento ad Ercole Coruzzi che ha realizzato il lavoro sulla base di un progetto di Ivano. Sicuramente ci saranno altre produzioni in questo senso… ma, per ora , sono “progetti nel cassetto”.


Ok ragazzi è tutto, grazie per averci fatto conoscere meglio la band ed in bocca al lupo per tutti i vostri prossimi programmi!

Grazie a voi ! è stato un vero piacere!

-Edvard-

sabato, settembre 13, 2008

BRUTAL TRUTH + Cripple Bastards @ CSA Dordoni, Cremona




07/09/2008

Mi sono sempre promesso di rivedere i cinque newyorkesi dopo la prova al Frozen Rock Fest (Venezia) dell'anno scorso. Il ricordo è offuscato dal caldo, dalle tante persone e dalle dimensioni del palco, davvero eccessive per un band grind. E' per questo che appena leggo il tour europeo di quest'anno mi precipito al Dordoni (Cremona), centro sociale rispettabile per essere chiamato tale, sperando che l'atmosfera questa volta vada a loro favore.
Aprono gli italiani Cripple Bastards, presentando il loro nuovo album ''Variante alla Morte'' (uscito sotto l'inglese Feto Records di Shane Embury, bassista dei Napalm Death). Si aprono le danze con una mostruosa Being Ripped Off sparata a mille e da subito i suoni sembrano combaciare (devo essere sincero, non mi aspettavo tutta questa professionalità). Segue Variante alla Morte, Misantropo A Senso Unico, I Hate Her, Bomb ABC No Rio, 1974, Gli Anni Che Non Ritornano, un set con oltre 20 brani, pezzi nuovi e pezzi vecchi. Il gruppo è caricatissimo ed il pubblico sembra ricambiare benissimo, soprattutto nella prima parte di concerto. Le note di merito andrebbero date a tutti i membri, ma voglio spezzare una lancia verso Giulio The Bastard (criticato dai più per il suo atteggiamento): tiene il palco benissimo, regge tranquillamente tutto il set e soprattutto la voce rispecchia davvero il disco. Bisogna anche fare i complimenti a Schintu the Wretched per il suono del basso (merito anche della Sunn 300T).





E' il momento della verità brutale.
Quando i Brutal Truth partono con Dementia il centro sociale è strapieno (c'è gente anche fuori che segue) e questo fa già capire che la band non è una qualunque ma una di quelle band che ha influenzato tutto il panorama metal degli ultimi 10 anni; e si capisce anche da come tiene il palco, con quale professionalità i 4 suonano tutto il loro set e con che carica saltano da una parte all'altra senza (apparente) fatica. Si capisce subito anche che si divertono di più del pubblico, con un Kevin Sharp a tratti ridicolo (vestito da contadino scalzo) ma che non perde un colpo, neanche una parola. L'attrazione di questo gruppo però è il batterista Rich Hoak, veloce quanto buffo, grazie alle sue smorfie dovute (forse) allo sforzo. Nella scaletta si vedono alternarsi pezzi vecchi (estratti da Need To Control, Sounds Of The Animal Kingdom e Extreme Conditions Demand Extreme Responses) a roba nuova (sia materiale inedito sia materiale della compilation This Comp Kills Fascists). Nota dolente? I suoni di questa seconda parte di concerto. La chitarra rimane impastata (infatti si fatica a riconoscere le canzoni nei primi secondi) ed il basso rimane quasi inesistente, problema tra l'altro che avevano anche l'anno scorso a Venezia.
Me ne torno a dormire in stazione contento, fiero di aver visto suonare persone che non hanno perso di vista la strada e le loro radici (cosa che molti gruppi oggi hanno drasticamente dimenticato).

James "Sawyer" Ford.