domenica, giugno 28, 2009

NEUROSOUNDS VOL.2

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Clouds From The Earth is the second volume of the NeuroSounds compilation, a project started by the staff of NeuroPrison (Official Italian Neurosis Forum) with the purpose to promote and to show more attention for the Italian underground music scene.
Special thanks to all the bands involved in this project and to all the relative record labels for giving us their permission.


Cd A: [click here to download]

The Orange Man Theory “On The Dartboard” (3:36)
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Incoming Cerebral Overdrive “Magic” (6:32)
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Bleed Someone Dry “Subject” (3:59)
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Beyond The Storm “Dark Sun Dawn” (4:39)
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Inferno “The Year Of The Dingo” (3:07)
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Slaiver “Lover Tell Me It’s Over” (4:34)
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Vibratacore “Behind This Rapture” (4:38)
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Cubre “Half Man” (4:07)
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Psychofagist “Nouvelle De Spasticitè & èpilepsie” (3:15)
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Tears|Before “Thousand Dog Days” (3:32)
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Hungry Like Rakovitz “Why?” (1:00)
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Slowdown “People’s Widespread Grief” (2:27)
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Bleeding Eyes “33 Papers Left” (2:41)
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Stalker “Pollyanna” (7:16)
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Last Minute To Jaffna “Chapter X” (12:07)
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Amia Venera Landscape “Nicholas” (8:45)
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A Cold Dead Body “Loss” (3:03)
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Cd B: [click here to download]

Three Steps To The Ocean “Remember Lynne Cox” (8:57)
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One Starving Day “An Evil Light” (7:10)
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Marnero “Trebisonda” (6:59)
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Lucertulas “Roulette” (1:50)
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Putiferio “Aristocatastrophism” (2:08)
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Lleroy “Debbie Suicide” (3:02)
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Donkey Breeder “Five Quarter Collapse” (5:16)
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L’Alba di Morrigan “Snowstorm” (4:28)
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Zippo “Ask Yourself A Question” (5:31)
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At The Soundawn “Slight Variations” (4:46)
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Mondrian Oak “Monolith” (5:29)
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Dyskinesia “Dalla Nascita” (7:10)
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Up There: The Clouds “The Last Glimpse Of Hope In My Eyes" (6:00)
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A New Silent Corporation “Wotgg” (9:50)
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Artwork: [click here to download]


Enjoy!


Creative Commons License
NeuroSounds Vol.2 : Clouds From The Earth by NeuroPrison is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 3.0 Unported License.

sabato, giugno 27, 2009

TEARS|BEFORE - Reversal



Tracklist:
01. Zero
02. Thousand Dog Days
03. Portland
04. Acid
05. From Vegas
06. Naked Lunch


Con l’Ep "Reversal" debuttano ufficialmente i Tears|Before, quintetto bellunese nato nel 2005 ma che solo dopo due anni trova una lineup definitiva, iniziando l’attività live e condividendo il palco con bands quali Knut, Ringworm, Monno, The Secret, Abel Is Dying. "Reversal", le cui registrazioni risalgono al 2008, esce grazie ad una coproduzione tra un quartetto di piccole ma attente labels quali le nostrane Cynic Lab e Weirdo Records, e le francesi The Left Hand e Swarm Of Nails. L’aspetto grafico del cd è molto curato, con un digipack condito dal visionario artwork ad opera della band stessa (ed in particolare dal chitarrista Alessandro Brun ed il cantante Alessandro Zanin), detto questo anche se l’occhio vuole la sua parte una volta premuto il tasto "play" ciò che colpisce maggiormente sono i suoni (registrazioni e mix presso la Rizoma Produzioni di Quero, mastering eseguito al Forseco Studio di Bologna): spessi, ben definiti e potenti come raramente capita di sentire, soprattutto se si parla di produzioni underground.

L’apertura è affidata a Zero, intro dalle chiare movenze meshuggahiane (influenza che si farà per altro sentire lungo tutta la tracklist) che prepara adeguatamente il terreno per l’esplosiva Thousand Dog Days, micidiale incrocio tra Converge e Coalesce condensato in poco più di tre frenetici minuti. Si prosegue con Portland, ovvero il brano più lungo ed articolato dell’ep, dove tra echi di Will Haven e Norma Jean dei bei tempi si alternano furiosi assalti, possenti rallentamenti, ripartenze ed intricati intrecci, il tutto intervallato da brevi momenti di quiete. Acid segue a ruota, altri tre minuti che non lasciano respiro in bilico tra Botch e Meshuggah conditi da un finale estremamente intricato e convulso, ove non è difficile scorgere l’ombra dei Dillinger Escape Plan. From Vegas, episodio davvero atipico ma degno di nota, mette in mostra un lavoro chitarristico che pur non perdendo affatto mordente ed impatto è indelebilmente permeato da striscianti ed evocative linee melodiche. La conclusione è affidata a Naked Lunch, perfetta sintesi di tutto ciò che la band ha proposto in precedenza, sublimata da un’imperiosa e dissonante coda che non ammette repliche.

Non resta che sottolineare l’inattaccabile prova strumentale di tutti i componenti della band, esaltata come precedentemente detto dall’enorme resa sonora di ogni singolo strumento, nonché l’assolutamente convincente ed intensa prova vocale del frontman Alessandro Zanin, accompagnato in “From Vegas” dal chitarrista Alessandro Brun (già voce nei veneti Amia Venera Landscape).
L’acquisto come avrete capito è più che mai obbligatorio del resto non è affatto facile imbattersi in lavori di questo livello, sia in Italia che all’estero, quindi massimo supporto per una band che saprà sicuramente dare grosse soddisfazioni in futuro.

-Edvard-


Tears|Before @Myspace

sabato, giugno 20, 2009

BLUE DEERS - A Little Low Dry Garret

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Tracklist:
1. Etyope
2. ...and red and black mud
3. Sha naqba Imuru
4. Diane
5. Genista
6. Les rats d'Oran (l'été)
7. H



L’esterofilia dei Blue Deers è un fattore già riscontrabile alla nascita del gruppo, nato infatti in una sessione di registrazione dei componenti dei Cervix (Andrea Nencini ed Enrico Marrucci) nella città di Praga, un inizio già di per sé intrigante.
Se il demo d’esordio “Special Rough Version” lasciava trapelare il rapporto del duo con la città boema, questo nuovo capitolo (coproduzione Cuckold Pruduction e Trazeroeuno) allarga notevolmente gli orizzonti geografici nei quali collocare la loro musica, e la partecipazione di Matteo Mariottini e Alessio Balsini non fa che confermare questa tendenza all’estensione.
Forte del mixaggio da parte di Sanford Parker (Minsk, Buried at Sea), A Little Low Dry Garret è un disco che ammalia nonostante la sua imponente presenza, mostrando come l’assonanza tra il nome del quartetto e i Blue Cheers sia più che una semplice coincidenza, perché musicalmente le origini si possono riscontrare nel trio di San Francisco, nonostante il suono primigenio sia nascosto da riff dal peso specifico maggiore e sottoposto all’incessante erosione da parte di sibilline trame ambient.
I gioco tra pieni e vuoti di Etyope si fa sfumato proprio per i synth che si accavallano e sgomitano per emergere in superficie, prima seppelliti da possenti chitarre sludge/doom, un attacco che differisce nella forma da ...and red and black mud, rabbiosa e austera, con rimandi al suoni dei 5ive nella capacità di fondere polverose sfumature stoner a un’indole notevolmente più estrema e sperimentale.
Con la prima traccia del disco si poteva già fiutare l’abbattimento di ogni confine naturale precedentemente citato, e Sha naqba Imuru ne è la conferma, prendendo spunto dal primo verso dell’Epopea di Gilgamesh, portando i componimenti a sorvolare la sponda sud del Mediterraneo e forgiarsi nel suo entroterra infuocato, in questo caso con un mantra che si tinge di drone, come se Dylan Carlson rivolgesse le sue attenzioni non più all’America profonda ma a luoghi ben più lontani. La tensione è palpabile ed evocatrice, riportando alla mente paesaggi che ben si intonano con i toni solari dell’artwork (semplice ma davvero ottimo nel packaging), chitarra solenne e invocazioni lontane, arpeggi come miraggi e il fantasma dei dervisci sempre dietro l’angolo.
Diane e Genista rappresentano la scissione delle due anime che convivono nel gruppo, la prima punta sulla forza d’urto mentre la seconda si abbandona ad atmosfere liquide ed esotiche, dove ogni nota pare stare in piedi per inerzia.
L’amalgama sonoro è coinvolgente, all’unisono con l’aspetto visuale e concettuale del disco, riuscendo laddove spesso falliscono molti album strumentali, ovvero non cadere nella monotonia, stuzzicando costantemente la mente dell’ascoltatore, un paragone che li accomuna sicuramente a una band come gli Omega Massif.
In Le Rats D’Oran (L’été) sono i suoni di basso a fare collante, spesso vicini a suonare come una chitarra, tessendo trame di spessore e affascinanti, che fanno il paio alla conclusiva H, impreziosita da una digressione elettronica destabilizzante, di quelle che si possono udire nei Minsk, anche se i paesaggi evocati son di tutt’altra natura, non c’è polvere cosmica o spazi siderali, ma è tutto legato alla terra, la vastità del deserto e il turbinìo di miriadi di granelli di sabbia che danzano in armonia, non disturbati dal selvaggio finale.
Se si cerca un disco in cui perdersi, A Little Low Dry Garret giunge all’occorrenza, sicuramente tra le migliori uscite dell’anno e destinato a sedurre nel tempo.

Neuros

Blue Deers @Myspace

martedì, giugno 16, 2009

HUNGRY LIKE RAKOVITZ - HolymosH





Tracklist:
01. Heart Grinder
02. Faceless Fear
03. The Party Is Over
04. Asskicker
05. Full Control System
06. I'll Cut Your Head
07. And Then Your Hair
08. Panta Rei
09. Carpe Diem
10. Paint Me A Smile
11. The Better Thing That Could Have Ever Been
12. Why?
13. Rotten But Not Dead Yet



Esordio discografico per gli Hungry Like Rakovitz, formazione bergamasca formatasi nel 2004 ed autrice precedentemente di un demo con l'ex Ephel Duath Luciano Lorusso alla voce. "HolymosH" si presenta decisamente bene grazie al riuscito ed enigmatico artwork a cura del drummer Tiziano Riva (da segnalare anche il logo della band a firma Seldon Hunt) ed al mastering ad opera di Scott Hull. L’ep vede la luce grazie ad una coproduzione tra un nutrito gruppo di etichette underground in pieno spirito DIY, tra cui la Weirdo Records di Rubens Bertini, nuovo frontman della band. Stilisticamente ci troviamo di fronte ad un furioso mix di sonorità thrash, hardcore e grind, con soli 17 intensissimi minuti condensati in 13 brani. L’opener Heart Grinder mette subito in chiaro di essere al cospetto di una band che non fa prigionieri e così sarà anche con il passare dagli episodi seguenti, caratterizzati da minime ma ben studiate variazioni sul tema.
Le carte iniziano a mescolarsi in modo interessante grazie ai rallentamenti carichi di groove (e sorretti da monumentali riff di chitarra) di Panta Rei ed al passo cadenzato di The Better Thing That Could Have Ever Happened, brano che sublima un mood generale decisamente malato ed oscuro; detto questo l’ep è comunque da considerarsi come un blocco unico in quanto, nonostante la presenza degli episodi sopracitati e la devastante resa di pezzi quali The Party Is Over e Why?, è il perfetto fluire di ciascun brano nell'altro a fare la differenza.
La produzione grezza, senza compromessi, denota poi una certa chiarezza d'intenti: il mood ed il feeling dei pezzi vengono prima di tutto, seppur penalizzando un pelo l’impatto generale del sound.

Il quartetto bergamasco si rivela dunque realtà decisamente interessante e da tenere d’occhio per gli sviluppi futuri, per il momento fatevi pure violentare da “HolymosH”, non ve ne pentirete.


-Edvard-

Hungry Like Rakovitz @Myspace

mercoledì, giugno 10, 2009

TREEHORN - Amine


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Tracklist:
1. Monogamia
2. Mushrooms
3. 400 Mornings
4. Balls’ Breaker In Purgatory
5. Pisces, Not Fish
6. 06
7. Four Grey Walls
8. Amines



Nell’immaginario collettivo la montagna è sempre stata considerate luogo di tranquillità, dove ritrovare se stessi, immersi nella natura e vegliati da picchi solenni. La montagna e le langhe cuneesi fanno però eccezione, e se si è alla ricerca della propria pace interiore è sicuramente il caso di peregrinare verso altri cantucci eremitici. Nuova terra promessa per sonorità distorte e contorte, ci ha saputo deliziare con numerose uscite entusiasmanti come quelle di Fuh e Cani Sciorrì, e tanti altri giovani di belle speranze stanno muovendo i primi passi, sempre sotto l’occhio vigile della Canalese Noise Records.
L’imperativo dei Treehorn è l’aggressione sonora tout-court, eseguita però con attenzione certosina per i particolari degna del catalogo Touch&Go, un impatto capace di aprirsi a mille soluzioni, poliforme, che pare arrivare da ogni parte in cui l’orecchio si concentri. Merce rara se si considera il disco come l’esordio del gruppo.
Dal primo passo di Monogamia si può comprendere come la strada sarà costellata di tappe ostiche e sfibranti, i Jesus Lizard che si dimenano nello sludge, mantenendo comunque un riffing affilato a cui fa da contorno uno schizofrenico veleno vocale. Mushrooms e Balls’Breaker in Purgatory filano compatte e quadrate, con il basso in evidenza a sorreggere strutture pesanti, mentre le chitarre disegnano geometrie assassine di rimando ai Keelhaul.
I Treehorn sanno però plasmare l’arringa sonora, giocare con questa e deformarla, ecco allora l’intro dilatata di 400 Mornings che porta gli Amon Düül II tra le nebbie di Fossano e li spinge verso la più volenta depravazione noise-core, trainata da un drumming furibondo e serrato che difficilmente non esalterà gli amanti dello strumento. In venti minuti scarsi la band ha già dimostrato di avere le carte in regola per avere un ruolo di spicco nei menu degli ascoltatori più attenti a queste sonorità, e il sigillo arriva furente con Pisces, Not Fish, letteralmente a briglia sciolta, a dimostrare che si può sempre fare un passo oltre a quanto mostrato in precedenza, e uno dopo l’altro i passi divengono un percorso dove si sperimenta e ci si mette in gioco, come la parentesi ambientale dell’anonima sesta traccia o l’intro desertica di Four Grey Walls, che pone definitivamente la band vicino alle migliori produzioni degli Akimbo.
Il congedo arriva con la titletrack, esagerata in ogni suo particolare, una marcia sofferente chiusa da un finale rumoroso fino all’esasperazione che d’improvviso si fa pacato, come un dito davanti alla bocca ad intimare silenzio, come una promessa, come se il bello debba ancora venire.
Chi ama i Dead Elephant non si lasci scappare questo disco, forme simili e allo stesso tempo complementari di comunicare la medesima urgenza, aspettando che il dito si sposti ancora una volta sugli strumenti e si sfoghi in un nuovo, entusiasmante capitolo in casa Treehorn.

Neuros

Treehorn @Myspace

mercoledì, giugno 03, 2009

MIODI 2009



Stanco dei pantaloni stretti?

Degli occhiali da sole colorati anche quando piove?

Delle magliette a righe orizzontali? Di quelle con gli slogan sarcastici?

Ma soprattutto: della musica innocua?


Abbiamo quello che fa per te: il MiOdi apre porte e bottiglie alle 18.00 del 10 Giugno al Magnolia, e d’ora in avanti non avrai altro festival al di fuori di esso.
Lo sappiamo che non aspettavi altro. Ti si legge in faccia.


Tre giorni dopo il MiAmi arrivano i gruppi del MiOdi a cambiare l’aria e far tremare la terra e i fusti di birra. Tre palchi e un’unica serata per gustare il meglio del meglio (del meglio, del meglio, del meglio) della scena noise/hardcore/post-metal/sperimentale italiana, con performance esclusive, banchetti, un concorso assolutamente unico –il Metathlon!- per vincere una chitarra Epiphone e molto altro ancora.


Il cast definitivo, diviso per palchi, al netto di sorprese e catastrofi:


Main Stage: Zu, The Secret, Morkobot, Zippo


OutFrog Stage: Cripple Bastards, Inferno, Gerda, The Infarto, Scheisse!, El Thule, Stoner Kebab, Cani Sciorrì


InFrog Stage: Ovo(con la sonorizzazione del Nosferatu di Murnau), Xabier Iriondo, Bastion (Reverberi + Cosi + Donadello), Bologna Violenta, Lucertolas, Goran D. Sanchez


A tenere insieme il tutto la musica di SoloMacello with a little help from their friends.


La traiettoria tracciata dal festival è chiara: dall’hardcore all’avanguardia passando solo attraverso suoni che fanno rumore, e parecchio. Chiamatele punte di diamante, centravanti di sfondamento, orgoglio nazionale – come volete. Al MiOdi potrete vedere, per un prezzo ridicolo (5 Euro prima delle 20.00, 10 Euro dopo – così venite a vedere anche i primi gruppi), l’Italia che fa musica rumorosa, adatta per lo stomaco e anche per il cervello. Musica senza menate. Musica senza codici. Musica e basta: con l’unico requisito che possa coprire il rumore di turbine che arriva da Linate.


Il MiOdi non è un manifesto, non è una dichiarazione d’intenti. Il MiOdi è una fotografia dell’Italia che suona con l’ampli a 11. Una fotografia dove TUTTI fanno le corna.


Ad accompagnare i diciassette concerti (ma anche diciotto... o diciannove) banchetti con effettistica/strumenti, distribuzioni ed etichette (fra i partecipanti già confermati Sound Metak e T-Pedals), merchandising esclusivo e soprattutto il concorso più rock’n’roll dell’Estate: Il Metathlon!


Il Metathlon è una gara che mette in palio una spettacolare chitarra Epiphone Prophecy EM-2 FX per il vincitore che sulla distanza di tre prove otterrà il punteggio più alto.
Le tre gare rappresentano le discipline che ogni metallaro (e dintorni) dovrebbe padroneggiare fin dalla tenera età. Ovvero:
1. Quantità di birra tracannata in un minuto

2. Potenza (misurata in decibel – siamo gente seria) del rutto che ne consegue

3. Indice di massa grassa – altrimenti detto più sei fuori dal tuo peso forma, più punti prendi.


Per aggiornamenti, notizie, video, audio e soprattutto le SORPRESE in arrivo:


www.miodi.blogspot.com

www.rockit.it/miodi

MIODI 2009 – Prima edizione

10 Giugno dalle 18.00
Ingresso: 5 Euro prima delle 20.00, 10 Euro dopo le 20.00

Circolo Magnolia - via Circonvallazione Idroscalo, 41 20090 - Segrate (MI)

Tel: 02 7561 046 | Infoline: 333 85 34 814
Mail:info@circolomagnolia.it / miodi666@gmail.com