venerdì, ottobre 31, 2008

CUBRE - Sights Of Unstable Flows



Anno: 2006

Etichetta:
Massacro Records

Tracklist:
01. Wounded
02. Immobilism
03. Border Flows
04. Unstable For Need
05. Seeming Safe
06. Half Man
07. Worm
08. Sunrise Decline
09. Expired Through Normality
10. Numb(er)s


I milanesi Cubre sono stati tra i primi in Italia a proporre una miscela di hardcore, grind e metal, ciò che oggi viene comunemente fatto rientrare sotto l’etichetta di post-hardcore; nascono nel 1998 come un quintetto e con l’intento di creare musica estrema ma distaccandosi dai clichè imperanti, traendo linfa vitale dal sound di bands quali Napalm Death, Neurosis, Slayer, Brutal Truth, Botch, Rorschach, Turmoil, giusto per citare le principali influenze.
Un suono intenso, violento, ma mai impatto fine a sé stesso, l’obbiettivo è la ricerca di un’espressione viscerale e dall’attitudine decisamente hardcore, con trame spesso complesse ma sempre senza perdere di vista l’amalgama ed una certa melodia di base.
“Sights Of Unstable Flows" arriva ben 5 anni dopo il promettente debut “Our Tangled Soul”, causa vari problemi personali all’interno della band, tra cui l’abbandono del vocalist Danilo in favore dell’attuale (ed ottimo) Berto; registrato sempre agli Alpha-Omega Studio con la collaborazione di Alex Azzali, divenuto nel corso degli anni elemento sempre più importante nell’economia del rinnovato sound della band, quest’ ultimo (per ora) parto vede ampliare notevolmente la gamma di sonorità coinvolte, aperture e stacchi più psicotici e sperimentali, accostabili anche al lavoro di una band come i Voivod.
La prima cosa che immediatamente si nota è l’enorme salto di qualità sia nella cura della resa sonora, che dal punto di vista tecnico-compositivo, permettendo alla band, ora nel pieno della maturità, di non porre alcun limite alla propria fantasia ed ambizione, regalandoci dieci perle per oltre 40 monumentali minuti (non contando l’infinita coda finale).
Wounded apre le danze mettendo subito in chiaro che dal debut di acqua sotto i ponti ne è passata, un incidere ritmico alieno, sei minuti assolutamente strepitosi e sbalorditivi con continui stop e ripartenze, un saliscendi emozionale di rara potenza ed intensità espressiva.
Unstable For Need si pone sugli stessi altissimi standard, sebbene praticamente non vi sia nessuna caduta di tono lungo tutta la tracklist; stacchi ad alto tasso tecnico caratterizzano l’andamento sincopato di un brano in cui fa capolino, dopo un epica apertura, una imperiosa accelerazione grind.
Border Flows inaugura invece una serie di tracce tra le più complesse in assoluto, ove accanto a vorticose trame ritmiche, sfuriate hardcore e grind, si intrecciano ipnotici rallentamenti (Seeming Safe) contraddistinti da aperture influenzate anche dal jazz, oppure da un finale percussivo tribale come in Half Man.
Immobilism e Worm sono due schegge impazzite, dove velocità, impatto, groove e ritmiche intricate si fondono mirabilmente, lasciando comunque spazio ad una costante vena melodica di sottofondo. Si prosegue su questa linea con Sunrise Decline ed Expired Through Normality, in cui l’attitudine ed il lirismo più legati all’hardcore prendono il sopravvento e dove la denuncia di una società in declino, arida e che ci vuole tutti omologati nella mediocrità, sfocia magistralmente nella conclusiva Numb(er)s, episodio criptico, soffuso e di grande pathos, (accompagnato da una chitarra acustica) che sconfina negli oltre 30 minuti dell’apocalittica coda finale.
Se ancora non l’avete capito ci troviamo di fronte ad un’opera di rara portata, soprattutto per quel che riguarda il panorama italiano, un disco senza alcun dubbio accostabile alle miglior uscire del 2006 a livello mondiale e per cui la parola capolavoro non cade certo a sproposito.
Ora non resta che sperare in un seguito all’altezza nel futuro prossimo (si parla del 2009/2010), per il quale è lecito nutrire aspettative altissime, contando magari su un’ulteriore evoluzione e perfezionamento dell’incredibile sound di cui la band si fa portatrice.

-Edvard-

Cubre @Myspace

mercoledì, ottobre 29, 2008

SHANK - Create/Devour


Line-up:
Andrea Litti : guitars and vocals
Gianni Nicolì : guitars and samples
Max Nocco : drums
Piernicola Mele : bass guitar

Tracklist:
-Longing For the Dawn
1.At War With the Self
2.Create/Devour
3.A Turn for the Worst
4.The Fallen
5.Interlude

-Frail Memories Fading
6.Through Sour Tears
7.Frail
8.Tragedies and Pointed Fingers
9.Words on Sandpaper


La pubblicazione di due soli album in dieci anni di carriera non rende giustizia all’importanza degli Shank , veri portabandiera dell’underground salentino dal lontano 1998. Anni di gavetta e tour alle spalle, che hanno visto la band affiancare in sede live act importanti quali Sepultura, Propagandhi, One Dimensional Man ed Extrema tra gli altri, in più la partecipazione alle finali regionali dell’Arezzo Wave.
Create/Devour può rappresentare proprio il ponte che collega tutti questi anni, una linea rossa che unisce presente e passato, e può essere intesa sotto molteplici significati. In primis infatti la divisione presente nella tracklist del disco pone l’accento sul nuovo corso della band (Longing For the Dawn) e getta un occhio su quanto fatto in precedenza, donando una testimonianza degli Shank che furono (Frail Memories Fading). Un'ulteriore interpretazione la si può evincere dalla musica, difatti il suono della band unisce con intelligenza le derive dell’hardcore udibili negli ultimi quindici anni.
At War With the Self è manifesto di quanto detto appena detto, tirata fino allo spasmo sin dalle prime note, forte di richiami ai Coalesce, riottosa come da titolo; fanno poi capolino brevi momenti di distensione che portano alla mente i Fugazi, sino ad esplodere in un finale metallico e pungente.
La titletrack riprende musicalmente il finale della canzone precedente, mostrando muscoli di chiara matrice death statunitense, mixata con i semi piantati a inizio ’90 dai Quicksand, un suono secco e viscerale capace di togliere il fiato.
All’interno della loro proposta convivono diverse anime, ed ecco infatti venir fuori una vena drammatica in A Turn For the Worst, ben rappresentanta dalle vocals pulite di Andrea, che non riescono a celare una vena di malinconia e momentanea rassegnazione spazzate via dall’arrivo di The Fallen, sorretta da chitarre possenti e quadrate che hanno imparato la lezione degli Helmet; non è però presente alcun copia/incolla nella musica degli Shank, un suono che ha i suoi punti di riferimento ma sicuramente rielaborati con maestrìa secondo le proprie esigenze.
Un breve interludio elettronico introduce alla seconda parte dell’album contenente materiale più datato, e qualche differenza a livello compositivo è udibile; le canzoni sono più snelle, fattore che va lievemente ad inficiare l’impatto sonoro della band, riconducibile a certe soluzioni dei Poison the Well come in Tragedies and Pointed Fingers, oppure influenzato da un certo hardcore melodico nella coppia Through Sour Tears-Frail.
La chiusura del disco è affidata a Words on Sandpaper, sicuramente tra le migliori del vecchio corso, con soluzioni avvincenti e riff che ricordano i Deftones.
Un disco sicuramente valido e un passo importante per gli sviluppi futuri per il sound della band, considerato che gli spunti capaci di rendere la proposta ancora migliore sono numerosi; consigliato sicuramente a chi apprezza sonorità “estreme” ma allo stesso tempo non convenzionali e, cosa più importante, suonate con passione.

Neuros

Shank @Myspace

venerdì, ottobre 24, 2008

LUCERTULAS



Dopo la recensione di "Tragol de Rova", abbiamo contattato i Lucertulas per fare il punto della situazione a qualche mese di distanza dall'uscita del loro secondo album.


Ciao ragazzi, innanzitutto presentate la band ai lettori di Neuroprison, come si è formata fino all’uscita di “Tragol de Rova”..

LUCERTULAS si forma nel 2003 da De Vecchi Daniele (batteria), Crisafi Sandro (basso e voce) e Zandonella Christian (chitarra). Nel 2004 esce - con lo pseudonimo di Superlucertulas il loro primo lavoro dal titolo “Homo Volans”, per l’etichetta indipendente 8mm records di Luca Massolin.
Il disco li porterà a suonare con gruppi come Oneida, Kid Commando, Hella (per citare i più
“internazionali”) e ad affrontare i loro primi tour esteri: in Francia nella primavera 2004 con i conterranei ed amici G.I. Joe, al quale ne seguirà uno in Germania nel settembre/ottobre 2005 con gli americani Wounded Head.
Ad inizio 2006 il bassista Crisafi Sandro lascia il gruppo per dedicarsi a progetti solisti
che si avvicinano alla musica contemporanea e performance artistiche, verrà sostituito da Aggio Federico.
Ad Aprile 2007 i Lucertulas incidono il loro secondo lavoro con l’aiuto di Giulio Favero (exOne Dimensional Man, ora Teatro degli Orrori e Putiferio), dal titolo “Tragol de Rova”
Dopo il lavoro fatto in studio il batterista De Vecchi Daniele viene sostituito da Cettolin Massimo.
Il disco è uscito ad ottobre 2007 per l'etichetta ROBOTRADIOrecords di Stefano Paternoster.

Parliamo un po’ dell’album..ascoltando il disco si nota subito una cura sonora davvero ottima. Come avete trovato il lavoro di Giulio (Favero nda) dietro il mixer?Come è stato lavorare con lui?


Innanzitutto bisogna dire che Giulio è una persona molto precisa e meticolosa; niente è lasciato al caso. E' stato molto costruttivo lavorare con lui. Ha subito intuito le nostre esigenze puntando sulll'impatto, valorizzando il nostro suono senza però snaturarlo.

Come si è evoluto secondo voi il suono dei Lucertulas da “Homo Volans” a questo nuovo album?

Col cambio di line-up c'è stata un'evoluzione naturale che ci ha portato ad incanalare l'improvvisazione (che prima era prerogativa fondamentale della costruzione dei pezzi) in una struttura più compatta ed elaborata, portandoci ad una maggiore cura dei suoni e dell'uso dell'improvvisazione stessa.

Oltre alla capacità di creare un suono veramente potente e d’impatto vi distinguete per divagazioni sonore più dilatate e rumoriste; come riuscite a far convivere queste due anime nel vostro suono, e soprattutto come nascono le parentesi più “d’atmosfera”?

Come dicevamo prima i nostri pezzi nascono da improvvisazioni che poi ridimensioniamo fino ad arrivare a strutture più solide e compatte tendenti quasi ad una forma canzone, ci viene quindi spontaneo intrecciare queste due anime una più "matematica" e una più "eterea" e dilatata.

Nella vostra musica la parte strumentale ha il sopravvento su quella vocale, spesso rilegata a pochi momenti. Da dove nasce questa necessità?

La voce in "Tragol de Rova" ha la stessa importanza di tutti gli altri strumenti e come tale trova il suo posto laddove ci pare necessario senza assumere un ruolo primario.

Cosa cercate dal vostro suono e come lo ottenete? Potreste descriverci un po’ la vostra strumentazione?

La nostra strumentazione è abbastanza classica: chitarra, basso e batteria. Utilizziamo comunque effetti quali delay, octave ecc. che usiamo per manipolare il suono e renderlo più personale.

“Tragol de Rova” : quale è il significato che si cela dietro questo titolo, e da cosa nascono invece quelli per le canzoni?

"Tragol de Rova" è il nome della via ripida e piena di curve dispersa tra le colline che percorrevamo due volte a settimana per raggiungere la nostra sala prove; un termine dialettale che in italiano si può tradurre con "fascio di rovi". A posteriori ci sembrava che quel nome ben rispecchiasse il nostro modo di suonare: ruvido e spinoso ahah!!
I titoli delle canzoni invece sono legati al significato del testo: PARTUM ad esempio parla di una nascita (testo abbastanza profetico dato che ora il nostro ex batterista è padre!!!)

L’artwork è stato curato da Giovanni Donadini (ex-With Love, progetto grafico CaneDiCoda). Scusando il gioco di parole, ha avuto carta bianca o voi avete contribuito con qualche input?Come considerate il risultato finale?


Giovanni ci mise a disposizione alcuni dei suoi ultimi lavori, noi fummo attratti
subito da quei volti sinistri e intriganti... sembravano prestarsi bene al suono del disco.
Il suo aiuto è poi stato fondamentale per ciò che riguarda l'impaginazione dei testi e le altre scelte grafiche.

Il vostro monicker è alquanto curioso, da SuperLucertulas siete poi passati a Lucertulas. Potete dirci da dove deriva e il perché di questo cambiamento?


Col primo cambio di line-up abbiamo avuto un'evoluzione molto marcata e ci sembrava giusto ribattezzarla con un nome che non fosse proprio diverso ma... NUOVO!

Le vostre etichette sono state la 8mm Records e ora RobotRadio Records. Cosa ci dite di queste due realtà e in particolare del lavoro di Stefano Paternoster?

Prima di tutto ci teniamo a dire che oltre che etichette sono amici!! Questo ha facilitato di gran lunga lo svolgersi dei lavori soprattutto perchè sapevamo di poterci fidare ciecamente dei personaggi sempre disponibili e presenti!!
Il lavoro con Stefano è stato molto positivo: lui è una persona gentilissima e cara, si è fatto in quattro per assecondare le nostre esigenze grafiche ben sapendo ciò a cui andava in contro (soprattutto a livello di spese!!). Si è occupato della stampa del disco e della promozione sia a livello di stampa che di distribuzione e questo per noi ha contato un sacco; grazie ai suoi contatti siamo potuti approdare a riviste del calibro di RUMORE, IL MUCCHIO eccc... ha fatto un gran bel lavoro e per questo gli siamo grati!!

Nella recensione ho affermato che voi rappresentate “il lato più sbilenco e ubriaco” del nuovo panorama noise-rock italiano. Come considerate band quali Putiferio, Dead Elephant, il Teatro Degli Orrori, e secondo voi quanto la riscoperta di certe sonorità sia legata al grande riscontro mediatico avuto da questi ultimi?


La definizione di sbilenchi e ubriachi ci ha molto divertito, bravo!
A nostro avviso il panorama non è poi così nuovo visto che comunque all'interno delle band che citi ci sono amici che masticano da parecchio tempo sonorità di questo genere. Era anche ora che il pubblico italiano iniziasse a prestar attenzione a quel che succede tra le quattro mura di "casa nostra" invece che continuare ad osannare i soliti gruppi stranieri!

Come vedete il legame tra pubblico e gruppidi questi tempi? Pensate sia sempre più difficile attirare i giovani ai concerti?

L'interesse per la musica c'è e speriamo rimanga sempre alto, quel che ci balza agli occhi invece è il progressivo diminuire delle realtà che organizzano i concerti. I locali diventano sempre più proibitivi economicamente (sia per il pubblico che per i musicisti!) e purtroppo le realtà "alternative" che riescono a sopravvivere sono sempre meno, questo sicuramente influisce negativamente sulle possibilità di richiamo per i giovani che difficilmente hanno la possibilità di spostarsi e far chilometri per vedersi un concerto e che quindi sono costretti loro malgrado a limitare la loro sete con surrogati tipo youtube o che altro che sicuramente non rendono giustizia alla fatica che i singoli gruppi fanno per poter girare a suonare. Un gruppo va sicuramente visto dal vivo per poterne apprezzare l'effettiva validità! questo è per noi fondamentale.

Siamo quasi alla fine ragazzi, potete dirci quali sono i vostri progetti per l’immediato futuro?

Abbiamo in ballo per l'anno prossimo un tour italiano ed uno estero (belgio, olanda, germania) . Stiamo suonando tanto in sala prove per il prossimo disco che speriamo di poter incidere entro primavera. Abbiamo evoluto molto il nostro suono da "Tragol de Rova" cercando soluzioni via via sempre più compatte ed energiche grazie anche all'apporto del nostro nuovo batterista Massimo.... Ne sentirete delle belle!

E’ tutto ragazzi, grazie mille per la disponibilità. Speriamo ovviamente di sentirci presto. A voi la chiusura dell’intervista come preferite.

Inanzitutto grazie mille a voi per averci contattato!
A chi legge volevamo dire: Non puoi dire di conoscere veramente un gruppo se non l'hai mai visto suonare dal vivo... vi aspettiamo!
P.S. a chi non ci consce lasciamo qui il nostro indirizzo myspace così per farsi un'idea di ciò che facciamo:
www.myspace.com/lucertulas

Neuros

sabato, ottobre 11, 2008

LAST MINUTE TO JAFFNA - Volume I



Anno: 2008

Etichette:
Concubine Records, Swarm Of Nails, Hypershape Records, Consouling Sounds

Tracklist:
01. Chapter X
02. Chapter VI
03. Chapter VIII
04. Chapter V
05. Chapter XI


Attiva dal 2005, la formazione torinese dopo innumerevoli cambi di lineup, un demo di due tracce autoprodotto (2006) e due apparizioni su compilation nazionali (Desert Sounds vol.2, NeuroSounds vol.1), arriva finalmente al tanto atteso debut sulla lunga distanza, grazie alla caparbietà dei membri della band (ora ridotta a quattro elementi) e l’aiuto di piccole ma attente etichette nostrane (Concubine Records, Hypershape Records) ed estere (Swarm of Nails, Consouling Sounds).
Registrato da Roby Vitari ai Suoneria Studio di Torino come un quintetto, Volume I consta di 5 capitoli per un totale di 45 minuti che lasciano senza fiato causa l’intensità prodotta; siamo dalle parti dei Neurosis ultima fase, Earth e Cult of Luna, giusto per rendere un’idea di base, sebbene il sound della band splenda di luce propria contenendo influenze più vaste e per nulla votate ad un semplice revisionismo di nomi noti. Quattro brani dalla durata decisamente importante più un indovinato intermezzo ambientale, per certi versi accostabile al lavoro degli Isis; si parte con Chapter X, un lento e desolato incidere, a cavallo tra Earth e gli autori di “a sun that never sets”, con la calda ed avvolgente voce di Valerio pronta a condurci tra le trame di questi 13 minuti che rappresentano senza dubbio uno dei vertici del cd. Arrangiamenti semplici, apparentemente scarni, ma al tempo stesso tremendamente efficaci, mettono in luce una band pienamente consapevole delle proprie capacità e focalizzata nell’espressione sonora a lei più congeniale; l’utilizzo delle dinamiche, dei cambi di tensione ed atmosfera all’interno dei singoli brani è da formazione di caratura superiore, facente sfoggio di classe lungo tutto il platter, sia quando si tratta di dipingere fosche tinte ambientali, che nelle improvvise esplosioni di rara e deflagrante potenza. Chapter VI gioca con l’ascoltatore, mantenendolo in costante tensione per tutti i 9 minuti, sempre in attesa che arrivi l’onda d’urto finale, cosa che non avviene, con la band che controlla le nostre emozioni, ci tiene col fiato sospeso ed in perenne angoscia, e solo dopo ripetuti ascolti ci si rende conto che non vi era nulla da attendere, tutto quello che c’era da percepire era già lì sotto i nostri occhi…la tragicità e la fugacità delle nostre vite.
Chapter V, dopo pochi minuti di quiete ambientale assolutamente necessaria dopo la mazzata emotiva precedente, riapre ad atmosfere sempre ombrose ma decisamente più ariose e meno oppressive; di nuovo le clean vocals di Valerio accompagnano l’ascolto lungo un brano che più di tutti si avvicina a quel muro di suono misto a folk dalle tinte apocalittiche che solo i Neurosis nel corso degli anni sono riusciti a creare con effetti devastanti.
Chapter XI chiude le (macabre) danze, ed è forse il brano meglio strutturato e complesso, probabile indicatore di quella che sarà la via evolutiva della band in futuro; suggestivi paesaggi autunnali incastonati ad improvvise accelerazioni, con la band perfettamente a proprio agio nel dosare i vari elementi espressivi, pennellando di fino quando serve dare enfasi all’aspetto poetico del sound, ma picchiando duro e senza timori quando è necessario liberarsi e dare sfogo, alla stregua di un Jackson Pollock, a tutte le tensioni accumulate nel proprio subconscio.
In chiusura non resta che segnalare l’accattivante artwork che incornicia la confezione in digipack ed augurare ai Last Minute To Jaffna di riscuotere i consensi che meritano, del resto una band che suona così per lo meno in Italia non esiste...il resto sta a voi.

-Edvard-

Last Minute To Jaffna @Myspace