giovedì, maggio 22, 2008

INFECTION CODE



Ad un anno dall'uscita della loro ultima prova in studio, l'eclettico e disturbante Intimacy abbiamo scambiato alcune impressioni con Gabriele, vocalist della band piemontese....


Ciao ragazzi, innanzitutto in cosa siete impegnati attualmente come band e come è stato accolto in generale il vostro ultimo album, “Intimacy”?

Ciao e grazie per averci dato l’opportunità di apparire su Neuroprison con questa chiacchierata.
“Intimacy” è usciti circa sei mesi fa ed in questo periodo ha avuto una grande esposizione mediatica grazie anche al lodevole lavoro della nostra label la Beyond prod che non si è risparmiata nel promuoverelo in modo capillare su tutti i principali magazines ed organi del settore.
L’album ha avuto responsi molto positivi a livello di critica ed anche dal punto di vista più prettamente commerciale sta avendo dei buoni riscontri di vendita. Considerando anche il momento non proprio roseo e favorevole che sta attraversando il mercato underground italiano.
A livello di band stiamo cercando degli spazi adeguati dove poter portare la nostra musica, cosa non sempre facile anzi. In parallelo stiamo pensando al prossimo passo, ovvero il nuovo album.
Abbiamo buttato le basi che vorremmo seguire , ma tra la teoria e la pratica c’è grande sacrificio di tempo, risorse, e la voglia di sperimentare ancora. Le premesse ci sono tutte . Vorremmo fare un album sulla falsariga di Intimacy sviluppando più la parte sperimentale e noise e mettendo un po’ in secondo piano la matrice prettamente metal, che ci contraddistingue e che sentiamo ancora nostra ma a cui vorremmo prendere le distanze. Vorremmo camminare da soli. Staccarci dalla generatrice estrema per fare esperienze in altri frangenti musicali.

Tra “Intimacy” appunto ed il precedente “Sterile” sono passati tre anni; ciò è dovuto ad una lunga gestazione compositiva oppure vi siete semplicemente presi una pausa di riflessione?

Semplicemente ne l’uno ne l’altro. Non è facile per una realtà underground fare dischi con cadenza regolare ogni due anni. Dal punto di vista squisitamente artistico , ci sentiamo di fare uscire un album quando abbiamo veramente focalizzato il punto. Quando abbiamo raggiunto lo scopo . Da Sterile a Intimacy ci sono voluti tre anni. Abbiamo cambiato molto. E’ stato un cambio radicale e radicato dentro le nostre convinzioni che sono maturate all’ interno di un contesto musicale che ci stava stretto. Una lunga riflessione, alcuni punti interrogativi che ci siamo posti per arrivar ad Intimacy. Tutto questo lasso di tempo ci sono stati anche numerosi concerti ed il tempo proprio materiale per comporre. Senza frenesia e senza correre. Un passo alla volta. Ma ben posato sulle nostre convinzioni artistiche e musicali.

Il nuovo album ha un sound davvero unico, con molto spazio lasciato all’elettronica e ad atmosfere malsane seppur di maggior respiro, senza per altro intaccare i trademark tipici della band; il risultato finale era proprio ciò che avevate in mente, oppure durante il processo creativo sono venuti fuori particolari che hanno contribuito a render il disco così fresco e distante dai clichè del genere?

Il nostro percorso sonoro si è sempre contraddistinto per la ricerca e la sperimentazione, dentro pochissimi parametri che abbiamo creato. Uno di questi forse il più spontaneo è quello di creare pezzi molto oscuri e malati. Poi il resto è venuto un po’ da se, mentre componevamo. Eravamo consapevoli che l’elettronica avrebbe avuto un ruolo fondamentale e non pi di contorno come è avvenuto nei precedenti album. A parte questo, come ti dicevo prima il resto è uscito così senza troppe paranoie e costrizioni. Ci sono state coordinate di base logicamente , come quella di cambiare e sperimentare. Mettersi alla prova. Riuscire a creare un album ancora malato ma un po’ lontano dalle stilistiche imperanti nel genere estremo come il metal. Penso che Intimacy a molti metallari conservatori non piaccia perché non viene capito. Non capiscono da dove arrivi, ma neanche da quali basi ed influenze parta.

Per quanto riguarda la produzione avete registrato sempre ai Nadir Studio, ma avvalendovi stavolta di Billy Anderson per quanto riguarda mixaggio e masterizzazione; quanto ciò ha influito sulla resa sonora, così disturbante e particolare?

Quando abbiamo avuto questa impedibile occasione non ci abbiamo pensato due volte. Billy Anderson ha prodotto album che hanno fatto la storia del noise rock e di un certo tipo di musica disturbante e pe(n)sante. Basti ricordare NEUROSIS, EYEHATEGOD SWANS tra le band che ha prodotto. Collaborare con un personaggio del genere è stato un sogno che diventava realtà. La particolarità del sound di Intimacy è dovuta alla sua grande esperienza e maestria nel rendere un gruppo personale senza snaturarlo troppo. Penso che con noi ci sia riuscito. Siamo molto soddisfatti di ciò che ha fatto e non escludo,se lui lo vorrà, che in un futuro la nostra collaborazione possa avere ulteriori sviluppi.

A mio avviso nei pezzi viene in mente il lavoro di Steve Austin con i suoi Today is the day, e questo sia per alcune caratteristiche stilistiche, sia per la scelta di una resa sonora ben diversa da quello che si ascolta solitamente in giro oggi…

Sarei un bugiardo ed un ipocrita se ti dicessi che abbiamo ascoltato molto le opere di Steve Austin e che magari ci abbiano anche un po’ influenzato, ma non vedo questa grande somiglianza sia a livello stilistico che sul piano sonoro. Molto più nelle atmosfere e nelle intenzioni. Su questo ci avviciniamo ai TITD. Mi viene comunque difficile , e non è spocchia o presunzione, accostare Intimacy a qualsiasi band od artista. Sicuramente nel mercato discografico è più un valore negativo ma dal punto di vista artistico è un enorme e non quantificabile soddisfazione , mai eguagliabile con mila e mila di copie vendute.

Sono rimasto sorpreso per la presenza di Heart-Shaped Box dei Nirvana, ma ho potuto constatare come non stoni affatto nel contesto della tracklist del platter; come mai la scelta è ricaduta proprio su questo pezzo?

Sono molto contento che ti sia piaciuta e come te molti altri ci hanno fatto i complimenti per questo pezzo. Siamo soddisfatti perché è stata una nostra scommessa ed un po’ un azzardo. Abbiamo scelto questo pezzo perché sapevamo che stravolgendola a nostro modo avrebbe acquisito quel mood malsano ed deviato presente un po’ su tutto il disco. E’ comunque una canzone che si presta molto. Ha già di per se un atmosfera molto particolare, non proprio allegra e spensierata. L’abbiamo provata alcune volte ed il risultato non ci ha deluso. Si lega anche a livello lirico. I testi di Intimay, sono basati principalmente sul dualismo e la trasformazione tra il binomio amore-odio. Visto, discusso ed enfatizzato in modo delicato, e intimistico. Heart Shaped box calzava a pennello, per le tematiche che ho affrontato a livello lirico.

Quale è invece, a vostro parere, il brano che rappresenta al meglio il sound ed il mood del disco?

Non è facile estrapolare una singola canzone, e poi è un fatto molto soggettivo. Sicuramente se faresti questa domanda anche agli altri ti direbbero tre titoli diversi. Questo perché anche se ha un ‘atmosfera oscura che pervade su tutte le canzoni, Intimacy è un opera cangiante e molto dinamica. Ci sono parti più elettriche ed aggressive, momenti raccolti intorno ad un unico suono o rumore più intimo e altre situazioni molto marcate e noise quasi apocalittiche. Senz’altro il nostro cammino futuro sarà segnato da pezzi come Sweet Taste of sickness” dove , senza volerlo,abbiamo raccolto quelle sensazioni che ti ho elencato prima. Sarà la prima pietra dove posare le altre per creare un ipotetico prossimo disco.

Di cosa trattano i testi di Intimacy? Vi è stata anche qui una evoluzione rispetto a Sterile?

Anche dal puinto di vista lirico abbiamo sempre amato sperimentare e cercare di non cadere nel banale e nell ‘ovvio.
I testi di Intimacy sono molto diversi da quelli dei nostri precedenti album. In Sterile parlavamo in modo molto artistico della diversità ed ambiguità di una malattia mentale generata dalla quotidianità nelle nostre vite. Le conseguenze che questa malattia puramente spirituale e non fisica ma neppure psicologica, hanno sull’ individuo , protagonista sconfitto e meramente inerme dinnanzi alla decadenza culturale e di valori che abbiamo sotto i nostri occhi, durante la nostra vita tutti i giorni. In Intimacy questa analisi si è andata a focalizzare su di un concetto molto più particolareggiato e più personale. Il dualismo che c’è tra l’amore e l’odio in un rapporto umano contestualizzato all’ interno appunto della nostra società, violenta, cinica, stressata e disillusa. Un binomio che esiste, è esistito ed esisterà sempre e che è il carburante di questo sporco mondo. Un bilanciamento ed assestamento continuo. L’uomo fa la guerra, e manda aiuti umanitari, l’uomo uccide, ma da anche la vita, l’uomo perdona , ma si vendica spietatamente.
Un scontro che è dentro ognuno di noi. Ed io da ultimo uomo della strada mi sono fermato un attimo ad analizzare la mia personale ed intima dualità. Da queste analisi sono nati i testi.

Le liriche sono influenzate esclusivamente da esperienze di vita o cinema e libri hanno rivestito un certo ruolo?

Chi fa arte ed ha la pulsione di creare, non può essere non influenzato. L’artista od artigiano ha bisogno di un continuo confronto con altri artisti ed artigiani. Uno scambio di idee, vedute. Questa è conoscenza. Può nascere consciamente o inconsciamente, ma se fai arte non puoi fare finta di quello che ti sta intorno. Saresti una pietra. Non avresti una tua identità artistica. Questa si forma con la voglia di confronto, e con la conoscenza. Noi ascoltiamo , leggiamo, guardiamo, osserviamo. Può essere un libro, un film un disco, il rumore di una turbina nucleare, il crepitio sussurato che c’è in un bosco o il violento urlo del traffico. Siamo influenzati da tutto . Sarebbe autorefenziale e molto disonesto intellettualmente affermare il contrario.Mi fanno sorridere quelle bands che dicono di non avere influenze o derivazioni. Poi ascolti le loro proposte e sono uguali a migliaia di altre. Secondo me è impossibile non essere influenzati. E’ una catena. Bisogna lavorare ed essere bravi a personalizzare queste influenze. Non si inventa nulla. Adesso.
Trenta quaranta anni fa forse.

Per il futuro cosa ci possiamo aspettare, ulteriori sorprese stilistiche oppure semplicemente una evoluzione del vostro sound attuale?

Già quando abbiamo finito le sessioni di Intimacy, ci siamo confrontati e ci siamo posti delle domande ben precise. Dove vogliamo andare? Quale sarà il prossimo passo per rendere più radicale il nostro sound? Non abbiamo le risposte definitive perché nel corso di un esistenza tutto può cambiare repentinamente e tutto può finire ma ci piacerebbe continuare con quanto fatto in modo forse un po’ embrionale ed acerbo con Intimacy, lasciando più spazio all’ elettronica, sperimentando molto di più con la chitarra e usando la voce quasi come fosse uno strumento, non musicale ma atto a generare rumore.
Sicuramente non sarà un disco metal o post qualcosa.

Cosa vi piace ascoltare attualmente? Quali erano le bands di cui eravate fan agli esordi e quali sono quelle che oggi stimate particolarmente?

Ascoltiamo un po’ di tutto. Anche se il tutto è praticamente impossibile da ascoltare in modo attento e personale perché veramente si è sommersi da tonnellate di dischi anche qualitativamente molto validi e purtroppo non si ha il tempo di assimilare. Per farti qualche nome tra roba vecchia e nuova in questo periodo seguiamo i Black Mountain, Genghis Tron, Portishead, CSI, l’ultimo album di Jarboe e Justin Broadrick,Neurosis, Meganoidi,Muse, Eyehategod, Moogwai, Hellacopters, Leviathan, Om, ed altri artisti.

Avete partecipato alla nostra compilation Neurosounds Vol.1 con il brano Sweet Taste Of Sickness; siete soddisfatti dell’esperienza e a tal proposto come giudicate il progetto e la scena italiana attuale?

Siamo estremamente soddisfatti di aver fatto parte di quella compilation. Non tanto per prendere parte alla compilation in sé, che è sempre e comunque un buon veicolo promozionale fatta intelligentemente come avete fatto voi, ma soprattutto per essere anche riconosciuti all’ interno di una scena e fare parte in larga misura e con le dovute differenze stilistiche di questa scena che in modo sapiente e con passione avete creato intorno al forum di Neuroprison. Un iniziativa molto valida dove ci si può confrontare, discutere e conoscere. Da fans quali siamo . Quando entro in Neuroprison a me non sembra di fare parte di un gruppo, ma ho la piacevole impressione che all’ interno prima si sia fans di musica e poi dopo si fa parte di una band. Questo è l’aspetto più bello ed interessante.

Per quanto riguarda l’aspetto live come vanno le cose? Si sta muovendo qualcosa in particolare per il futuro?

Come è normale e tristemente reale ottenere delle buone date, in un contesto artistico valido, corredato da professionalità e serietà è puramente un’ utopia ed una chimera. Suoniamo e come presumo suoneremo un po’ dove ci capita .Dove ci chiameranno o dove con infinità pazienza e stoica passione chiameremo allo sfinimento locali, centri sociali, festivals, agenzie e promoters.
Poi se ne avremo le forze ed ancora un briciolo di ispirazione ci piacerebbe dare un seguito ad Intimacy. Ma questa è un’ altra storia.

Ok abbiamo concluso, grazie per queste delucidazioni ed in bocca al lupo per tutto!

E’ stato un piacere.
Grazie a voi per lo spazio.

-Edvard-

mercoledì, maggio 21, 2008

INFECTION CODE - Intimacy



Anno: 2007
Etichetta:
Beyond Productions/Masterpiece Distribution

Tracklist:
01. (E)motionless
02. Sweet Taste Of Sickness
03. Bleeding
04. A Perfect Failure
05. The Man And His Silence
06. Heart Shaped Box (Nirvana Cover)
07. Cold Surface
08. Slumber


Gli Infection Code sono sempre stati una delle formazioni più originali ed interessanti dell’underground italiano, arrivando con il secondo lavoro del 2004, “Sterile”, a raggiungere una certa fama a livello internazionale proponendo una miscela di death metal, industrial e noise.
Il feeling malsano e disturbante tipico della band piemontese raggiunge il picco massimo proprio con “Intimacy”, ultimo (sofferto) parto sulla lunga distanza, sotto etichetta Beyond Productions.
I Nadir Studio di Tommy Talamanca (Sadist) vengono di nuovo scelti per queste registrazioni, ma stavolta in fase di mixaggio e mastering vi è lo zampino di Billy Anderson, già al lavoro con Neurosis, Swans, Brutal Truth, tra gli altri; opportunità direi perfettamente sfruttata, in quanto in grado di dare maggior risalto e qualità al nuovo amalgama sonoro, così disturbante, soffocante e ricco di sfumature.
Già dall’opener (E)motionless pare subito chiaro che l’uso dell’elettronica andrà a segnare indelebilmente tutta la tracklist del nuovo disco; atmosfere ampie, moderne ma terribilmente sporche, acide e freddamente cupe.
Sweet Taste Of Sickness non dà scampo, puntando su un impatto tendenzialmente vicino ai nomi grossi del post-hardcore moderno, su tutti vengono in mente i seminali Today Is The Day di Steve Austin.
Bleeding è forse il pezzo più facile a cui approcciarsi, perfetto simbolo del mood e di quello che è il contenuto lirico del disco: amore e odio, un dualismo sempre più sotto gli occhi di tutti, visto e filtrato attraverso tutte le relazioni interpersonali dell’uomo nella società moderna.
"Intimacy" è molto eterogeneo e nulla concede ad un ascolto poco smaliziato ed attento, ma alllo stesso tempo risulta incredibilmente coeso negli intenti, opera cangiante ed estrema (Slumber, Cold Surface), claustrofobica (The Man and his Silence), ineluttabile nel riversare impietosamente sull’ascoltatore le proprie psicosi e contraddizioni (A Perfect Failure).
Da rimarcare è la cover, davvero sorprendente, di Heart Shaped Box dei Nirvana, rivista e riletta secondo le coordinate sonore ed umorali proprie della band; un grido di dolore sparato in faccia senza porsi problemi e carico di effettistica noise.
Un platter di valore internazionale quindi, che nonostante anzi, proprio perché così lontano dai cliché imperanti, merita l’attenzione di chiunque voglia sperimentare ed assorbire la musica, che come pulsione artistica non deve essere solo passivamente fruita.

-Edvard-

Infection Code@Myspace

lunedì, maggio 19, 2008

BORIS live @ Bronson, Ravenna



16 Maggio 2008

I motivi per cui mi sono deciso ad andare a vedere la band giapponese fino a Ravenna (partendo in macchina da Pisa) sono davvero troppi, ma le due Sunn e il doppio manico del cantante/chitarrista/bassista Takeshi, il gong del batterista Atsuo, la presenza del chitarrista Michio Kurihara e Wata stessa mi hanno convinto su tutto.
Arriviamo al Bronson alle 22.15 circa (siamo partiti alle 18.30!) e ci infiltriamo subito dentro dove sentiamo da fuori suonare i Growing; il duo americano tiene il palco per una mezzoretta, forse meno, con un set composto da una sola ''canzone'' noise/drone/ambient creata da due chitarre con mille pedali (più di quattro pedalboard sul palco). Forse un po' noiosetti, ripetitivi, nulla di nuovo (la mancanza di vere e proprie botte di suono fa si che l'ascoltatore venga preso anche dal sonno); tutti sappiamo di essere venuti per i Boris perciò non ce la meniamo, ascoltiamo in un religioso silenzio rispettosi di quei due ragazzi, che alla fine altrettanto rispettosi salutano e se ne vanno.
Passano pochi minuti dall'uscita di scena del gruppo di spalla che salgono 3/4 dei Boris per il soundcheck degli strumenti, dove già si capisce di che pasta son fatti: le distorsioni e i delay iniziano a rombare. Alle 23 circa inizia il vedo spettacolo: le luci si spengono, il nuvolone pirotecnico esce da sotto la batteria (Sunn O))) rulez) che intanto si dimena contro il gong e i feedback escono allo scoperto cacciati fuori dai 40 coni davanti a noi (eh già, ben 9 casse!). Una sola parola: paura!
Il primo pezzo è Flower Sun Rain, traccia che apre anche il loro ultimo lavoro Smile, un aumentando di suoni e melodia dove non riesci a vedere la fine. L'unico difetto, che se lo porteranno dietro per tutta la serata rimane la voce, quasi completamente assente. Seguono BUZZ-IN, Laser Beam, Pink e Statement, pezzi stoner carichi di distorsione saturissima divertentissimi da sentir suonare, veloci al punto giusto, tanto che Atsuo inizia a scioglersi proprio adesso (sull'inizio sembrava un po' legnoso).
Da qua parte la seconda parte del set, dove si lasciano alle spalle lo stoner (ma non del tutto eh!) ed abbracciano il drone e la psichedelia, coi i pezzi Floor Shakern, My Neighbor Satan, Ka Re Ha Te Ta Sa Ki -- No Ones Grieve e You Were Holding an Umbrella. Questa seconda parte sembra migliore per lo spessore dei suoni, per l'atmosfera che si instaura e anche la band sembra più a suo agio.
Lo spettacolo si conclude con la classica ondata drone (Atsuo si lancia anche in una parte hardcore velocissima, con un Michio agitatissimo che si lascia andare troppo finendo giù dal palco). Alle 24.30 gli amplificatori si spengono e le ''corna'', fatte con la mano destra del pubblico, restano in alto ancora per molto. Eccezionali.

James "Sawyer" Ford.

http://loudanddissonance.blogspot.com

venerdì, maggio 16, 2008

NEUROSIS LIVE IN ITALY 2008




Ora è Ufficiale:

23 Agosto 2008
Neurosis Live @ "Mamamia", Senigallia, Ancona, Italy.

news sull'evento, organizzazione e info generali le trovate naturalmente su NeuroPrison:
www.neuroprison.forumfree.net

l'attesa è finita, andiamo al concerto in pace.

Stay Core!

Enoch.

martedì, maggio 13, 2008

THE SECRET



Dopo un disco di ritorno del calibro di Disintoxication non potevamo non approfondire l'argomento The Secret; la parola a Marco Coslovich (voce) e Mike Bertoldini (chitarra)...


Ciao ragazzi, "Disintoxication" esce dopo ben 4 anni dal debut "Luce"; ciò è da imputare ad una lunga gestazione compositiva o più che altro vi sono state diverse vicissitudini che hanno condizionato l’attività della band?

Effettivamente quattro anni non sono pochi ma posso dirti che da “Luce” ci è successo di tutto. Per iniziare abbiamo cambiato sette membri del gruppo, poi alcuni di noi per motivi personali sono caduti in depressione, per uscirne abbiamo cominciato a fare uso di psicofarmaci ma non ottenendo l'effetto descritto nel foglio illustrativo, abbiamo provato a mixarli con altro, raggiungendo risultati discutibili. Atti vandalici, arresti, tentati suicidi. Ad un certo punto abbiamo pensato che sarebbe stato interessante provare a chiuderci in sala prove per un po', per vedere cosa poteva uscirne. Diciamo che scrivere i pezzi di “Disintoxication” è stata la cosa più naturale che abbiamo affrontato da quando è uscito “Luce”.

La formazione ad una sola chitarra è stata una scelta ben precisa oppure vi siete forzatamente ritrovati a dover modificare il vostro sound?

Quando Daniele, ha inaspettattamente deciso di lasciare il gruppo, abbiamo voluto provare a suonare per un po' con una sola chitarra per vedere cosa potevamo fare, non avevamo escluso comunque di trovare un sostituto ma dopo poco ci siamo resi conto che dover inserire un altra persona avrebbe potuto danneggiare ancora di più il già precario equilibrio che avevamo.

(mike) Suonare con una chitarra è diverso e di sicuro ti preclude alcune soluzioni di interessanti ma per quanto mi riguarda mi da più soddisfazione. Essere in 4 velocizza molto la comunicazione e la scrittura dei pezzi oltre ad essere più stimolante a livello artistico.

La nuova line-up, con l’ingresso di Giacomo al basso e Christian alla batteria, sembra molto compatta e già ben affiatata; siete soddisfatti dell’equilibrio raggiunto?

Sembra la solita frase fatta, ma questa line up è la migliore di sempre. Sia io che Mike conoscevamo Chris già da parecchi anni quindi non abbiamo avuto problemi, ne per lo scrivere i pezzi ne sul lato umano. Lo stesso vale per Jaq, che abbiamo conosciuto un paio di anni fa ma ci siamo trovati bene da subito anche perchè condividiamo gli stessi interessi e non parlo solo di tatuaggi come qualche malalingua può affermare.

A giudicare dall’album non si avverte la mancanza di una seconda chitarra anzi, dal vivo siete riusciti a colmare questo vuoto? Mi riferisco in particolare al materiale più vecchio, dove il songwriting era fortemente incentrato sull’uso di due chitarre….

(Mike) Quando Daniele ha deciso di andarsene ho comprato una seconda testata e una seconda cassa appunto per cercare di di non perdere troppo a livello di impatto live. Con un po’ di lavoro penso di poter dire che almeno a livello di suono non si avverta la mancanza di un’altra chitarra. Parlando dei pezzi vecchi invece il discorso diventa più complesso perché appunto non è possibile riprodurli così come sono stati registrati. Inizialmente abbiamo provato a riarrangiare del materiale con una sola chitarra ma i risultati non ci hanno soddisfatto quindi ora come ora stiamo suonando solo pezzi nuovi. Non escludo di suonare di nuovo vecchio materiale in futuro, ma purtroppo non abbiamo ancora avuto il tempo di provare davvero a farlo suonare come i pezzi del nuovo album quindi se mai ricominceremo a suonare vecchie canzoni come minimo ci sarà da aspettare un po’.
Nel disco ho comunque cercato di limitare il più possibile le sovraincisioni per fare in modo che le canzoni suonassero il più simili possibili alle cassettine che registravamo in sala prove. Niente grossi lavori creativi in studio per quanto riguarda l’arrangiamento e la struttura vera e proprio dei pezzi.


Come è stato recepito per ora l’album a livello mediatico? Siete soddisfatti del lavoro svolto dalla Goodfellow?

Sinceramente non possiamo criticare il lavoro fatto dalla Goodfellow, sono persone oneste che lavorano per i loro gruppi e conoscendoli personalmente posso dirti che sono al 100% dentro a quello che fanno e questo fa di loro una mosca bianca in questo campo. Purtroppo noi stiamo dall'altra parte del mondo rispetto a loro, quindi a volte facciamo difficoltà a vedere i risultati reali. La Goodfellow è un ottima etichetta e siamo sicuri che se abitassimo in USA sarebbe molto diverso per noi ma attualmente abbiamo bisogno di un aiuto più concreto qui in Europa, purtroppo non siamo ancora riusciti a trovare qualcuno che non ci faccia offerte ridicole o redditizie solo per le loro tasche.
Comunque il disco sta andando bene, ci sono parecchie reviews in giro e tutti sembrano molto entusiasti del lavoro.


La produzione a cura di Magnus Lindberg mi è piaciuta davvero molto, ottenere dei suoni del genere non è facile; per altro la resa sonora è uno dei punti di forza del disco, riesce a valorizzare perfettamente l’atmosfera dei pezzi, siete d’accordo?

Assolutamente, infatti lavorare con una persona così talentuosa come Magnus è stata un esperienza entusiasmante. Non so come ma lui sapeva già quello che volevamo ottenere prima ancora che arrivassimo ad Umea, infatti non abbiamo discusso molto su suoni e cose del genere, noi volevamo solamente che il disco fosse oscuro, che suonasse come noi suoniamo dal vivo e soprattutto che non fosse catalogabile nel metal e su questo punto non ci sono stati problemi dato che la parola “metal” non rientra nel suo vocabolario.

Umea è il brano più atipico del lotto, dove il ritmo rallenta e si prende fiato, l’atmosfera rimane cupa ma meno ferale e più criptica rispetto al resto dell’album; come è nata l’idea di far suonare la batteria proprio a Magnus?

Mike aveva un riff di chitarra che non avevamo usato in nessun pezzo e ci dispiaceva non utilizzarlo quindi abbiamo chiesto a Magnus di staccarsi dal mixer e sedersi dietro la batteria, inaspettatamente ha accettato dicendoci “Figo. Let's do it, but guys, I dont play fast stuff”.


Sono variati i vostri ascolti musicali in questi ultimi anni e, in tal caso, quanto hanno influito sulle nuove composizioni? La prima cosa che si nota è un incremento della velocità e dell’impatto, oltre che un maggior uso di sonorità noise ed un’atmosfera generale molto più oscura che in passato, non troppo distante da un certo black metal scandinavo…

(Mike) Quando abbiamo cominciato a provare con Christian è stato un po’ come ripartire da zero. Dopo un paio di prove abbiamo visto che ci divertivamo a suonare cose più veloci e in poco tempo abbiamo composto il primo pezzo insieme che è stato Funeral Monolith. Di sicuro I nostri ascolti sono cambiati rispetto a quelli che avevamo mentre scrivavamo l’album precedente ma posso dire che non abbiamo voluto prendere modelli di riferimento e seguirne le orme. Per quanto mi riguarda, sono cresciuto ascoltando Black Sabbath e Led Zeppelin fin da piccolissimo poichè I miei genitori sono sempre sempre stati grandi fans dei due gruppi britannici, come lo sono io del resto. Alle scuole medie mi sono fatto prendere dalla prima ondata di black metal scandinavo (mayhem, immortal, burzum etc etc) e quell tipo di atmosfere mi sono sempre piaciute e probabilmente qualcosa traspare anche nei nostri pezzi.
Ognuno di noi ha comunque ascolti differenti anche se su tante cose ci troviamo daccordo.
Senza cominciare con la solita sfilza di nomi di bands che ci piacciono o non ci piacciono, posso dire con sicurezza che ci siamo tutti staccati da sonorità “artificiali”. Spero di aver reso l’idea.


L’artwork, a cura di Seldon Hunt, rispecchia alla perfezione l’atmosfera che traspira dai pezzi; avete dato delle indicazioni in base alle tematiche trattare o avete lasciato a lui carta bianca riguardo il tipo di concept visuale da eseguire?

Premettendo che la vendita di dischi è diminuita drasticamente negli ultimi anni abbiamo voluto offrire un disco che fosse anche visivamente interessante. Già da tempo pensavamo di chedergli di lavorare al nostro artwork, collaborando con il fotografo Rik Garrett e si è dimostrato da subito disponibilissimo. Le uniche indicazioni che gli abbiamo dato erano oscuro e cupo e a quanto pare ci ha preso alla lettera.


So che c’è stato un piccolo problema riguardo il logo, nel senso che più di una band ha usufruito dello stesso carattere grafico; immagino che la cosa vi abbia dato un po’ fastidio…

Sinceramente zero. E' un dettaglio che non ci ha creato problemi.


Quanto ai testi, anche qui si nota un’evoluzione rispetto a Luce: liriche forse meno “spirituali” e decisamente più mature e crude; sono il risultato di esperienze personali oppure vi sono stati anche input esterni?

C’è stato un periodo in cui ho scritto molto, ho cominciato ad accumulare testi da metà del 2005, senza rendermene conto “Disintoxication” stava già nascendo, pur essendo stato un periodo abbastanza decente. Con il peggiorare delle cose ho continuato a scrivere pur non avendone voglia ma probabilmente l’ho fatto per necessità. I testi parlano esclusivamente di frustrazioni, disprezzo, rancore, rifiuto, ansia, disperazione, sofferenza, solitudine, morte. Sono frutto di quello che ho incontrato nel periodo da metà 2005 a metà 2007, tutto quello che è venuto fuori dopo è fuga dalla realtà ma è ancora presto per parlarne.


Dal punto di vista della srtrumentazione utilizzata, avete cambiato qualcosa rispetto al passato?

(Mike) Si, sono cambiate un po’ di cose anche a livello di suoni rispetto al disco precedente. In studio abbiamo usato un po’ di tutto. Il Tonteknik disponeva di un sacco di vecchi amplificatori e non abbiamo perso l’occasione di sperimentare un po’anche da quel punto di vista. Magnus è stato molto bravo nel capire cosa usare nelle diverse canzoni per ottenere l’effetto che volevamo. Per i nerds: per le chitarre ho usato una testata Traynor, una vecchia Marshall JMP, una testata Orange e un Hiwatt. Tutto suonato con la mia Les Paul Custom. Per registrare il basso abbiamo usato una vecchissima testata Vox e una Sovtek per chitarra con casse Vox e Ampeg e il Fender di Jaq. Per gli effetti e pedali abbiamo usato alcuni echi a nastro Roland, dei delay digitali Line 6 e dei distorsori The Blues.Dal vivo al momento sto suonando con una Orange e una vecchia Marshall JCM 800 e Giacomo con una testata e cassa Ampeg. Di base abbiamo cercato di asciugare un po’ i suoni di chitarra ed enfatizzare un po’ il basso e soprattutto alzare i volumi il più possibile. Ora suonare live è un po’ più difficile perché con dei suoni meno gonfi ogni errore e sbavatura è più percettibile ma dopo un po’ il tutto diventa anche più divertente.


Come stanno andando le prime date del nuovo tour? L’audience sta rispondendo positivamente ai nuovi pezzi?

(mike) Siamo molto felici di come stanno andando le prime date dopo l’uscita del disco. La cosa che mi fa più piacere è che comunque le nuove cose sembrano piacere a persone diverse e con background e gusti musicali diversi. Rispetto al passato ci sentiamo tutti più a nostro agio sul palco e penso questo sia molto importante.


Avete in programma di suonare anche nel Nord America oltre che in Europa? Dove pensate la vostra proposta possa essere maggiormente apprezzata?

(mike) Ci stiamo organizzando per andare oltreoceano ad ottobre. Conosciamo alcune ottime bands con le quali sarebbe davvero fantastico andare in tour. Una band è già praticamente confermata mentre sulla seconda band la questione è ancora aperta. Teniamo le dita incrociate perchè potrebbe essere il tour dei nostri sogni.


Qual è la vosrtra opinione sulla scena italiana….ci sino delle bands che vi hanno favorevolmente impressionato in questi ultimi anni?

(mike) Penso ci siano delle ottime bands in Italia al momento. Il Teatro degli Orrori, Amia Venera Landscape, Slomotion Apocalypse, Vanessa Van Basten sono quelle che mi hanno impressionato di più live indipendentemente dal genere o dal tipo di proposta musicale. Penso ci sia ancora molta strada da fare per raggiungere I livelli di Stati Uniti e Regno unito ma non è un problema che si limita al nostro giro ma bensì all’intero panorama musicale italiano. Leggendo le riviste di settore però mi sento di poter essere positivo. Sarà la solita frase fatta ma ho l’impressione che alcune cose si stiano muovendo, spero il pubblico se ne accorga.


In conclusione, dopo il tour di Disintoxication inizierete subito a lavorare su del nuovo materiale? Spero non passino altri 4 anni per poter ascoltare un vostro nuovo disco…alla prossima ragazzi!

(mike) In realtà abbiamo già cominciato a lavorare su del nuovo materiale anche se tutto è molto work in progress e mi sta bene che sia così perchè vorrei evitare di fare un secondo Disintoxication e lasciar passare del tempo di sicuro può aiutarci. Lavorare con questa line up è molto più semplice perchè ognuno di noi sa esattamente cosa vuole fare e le distanze molto ridotte rispetto a quelle che avevamo in passato ci permettono di provare molto più di una volta.
Ti ringraziamo per l’interesse, spero di vedere un po’ delle persone che frequentano il vostro forum ai nostri concerti e magari farci due chiacchiere. Non importa se per dirci che siamo dei fighi o per dirci che siamo I figli di Bud Spencer. Basta comprino merch.

-Edvard-

mercoledì, maggio 07, 2008

UFOMAMMUT - Idolum



Anno: 2008
Etichetta: Supernatural Cat

Tracklist:
1. Stigma
2. Stardog
3. Hellectric
4. Ammonia
5. Nero
6. Destroyer
7. Void/Elephantom


Sono passati due anni dall’ultimo Lucifer Songs, ma ecco finalmente arrivare il nuovo capitolo discografico per gli Ufomammut : Idolum. Una parola latina, dai mille significati, ma “specchio” e “immagine mentale” sono sicuramente i più incisivi. “Specchio” perché mai come in quest’album la musica pare legata al monicker di Ufomammut, un pachiderma proveniente dallo spazio più lontano, una mole impressionante di suoni cosmici che riescono a portare alla mente dell’ascoltare “immagini” sempre nuove, dai contorni non distinti, sfumati, un viaggio stellare.
Idolum è un album ingannevole, è esagerato nei suoni, resi ottimali da Lorenzer dei Lento, che è riuscito ad ampliarli, a renderli deflagranti, da ascoltare obbligatoriamente a volume altissimo; allo stesso tempo emerge una qualità fondamentale come l’ordine nei particolari, che vanno a incastonarsi in maniera egregia, esaltandosi reciprocamente.
Stigma e Stardog sono i due monoliti sonori che aprono l’album, marziali e ossessivi, come se volessero aprire con la forza la nostra testa e guidarci per mano in nuove realtà; le chitarre di Poia sono corpose, sorrette dal basso deflagrante di Urlo, il volume contiua a crescere nel corso di entrambe le canzoni, smorzate unicamente dalle tessiture ambientali che lentamente fanno capolino, proponendo dei finali liquidi e lisergici, soprattutto nella prima traccia.
Una botta di suono del genere sfinirebbe chiunque, band e ascoltatore, ma i primi continuano imperterriti il loro depravato cammino, i secondi invece non si curano delle orecchie che già sanguinano.
Helletric è viscerale, un mantra condotto dalla batteria di Vita, un climax che cresce in maniera esponenziale e poi si spegne di colpo, una piccola pausa di riflessione per poi deflagrare nuovamente, contagiando gli andamenti di Nero.
Destroyer già nel titolo è una dichiarazione di intenti, massiccia e instabile, nervosa negli andamenti; la chitarra graffia come non mai, prodigandosi anche in un breve ma efficace solo e con il passare dei minuti le note si allontanano, lasciando emergere gli effetti di sottofondo che sgorano in superficie. E’ curioso come tra le due tracce più roboanti dell’album faccia capolino Ammonia, barlume di pace in tale marasma sonoro. I ritmi si fanno pacati, chitarra e basso appaiono lontane, formano un tappeto liquido sul quale si adagia Rose Kemp, soave cantautrice britannica, che dona carattere etereo alla canzone, che si perde nel tempo e nello spazio.
La chiusura infine, affidata a Void/Elephantom dove l’ospite è Lorenzer stesso, complice così nell’erigere un muro sonoro di cinica portata, incurante di ogni cosa, mosso unicamente dal desiderio di libertà mentale, raggiungibile unicamente con la musica.
Idolum è la sintesi di tutto ciò che la band ha proposto in precedenza, dalla psichedelica di Snaikling alla ridondanza di Lucifer Songs, dove le parti vocali che si fondono con la musica stessa.
L’ascolto dell’album non è qualcosa di materiale, è un’esperienza da vivere interiormente, è l’Odissea Nello Spazio 2008 diretta dagli Ufomammut.

Neuros.

Ufomammut@Myspace

sabato, maggio 03, 2008

JUGGERNAUT




Dopo la recensione di "Facial Sacrilege | Ballads By The Fireplace" abbiamo contattato Luigi, chitarrista dei Juggernaut, per fare il punto della situazione. Ecco cosa ci dice a nome della band:



Ciao ragazzi, grazie mille per la disponibilità. Incominciamo con il presentare la band, e cosa si nasconde dietro il monicker Juggernaut...

La band nasce come un esperimento pensato e concepito quando si sciolse la band in cui militavano tre di noi (Secondbreath), anche se in verita' non eravamo affatto sicuri di quello che stavamo creando e, tanto meno, avevamo un'idea prefissata di quello che ci sarebbe aspettato. Per completare la sezione ritmica ci affidammo a Guydo che ci venne presentato da un amico in comune e alla voce venne naturale inserire Sasa' che conoscevamo da tempo sia come cantante che come persona.

Il vostro è un suono potente ma capace di aprirsi a momenti più d’atmosfera. Come avviene generalmente il processo compositivo?

Le canzoni vengono scritte svilluppando in sala prove delle idee gia partorite da uno o piu' d'uno...quindi sarebbe meglio dire che nascono in camera, cominciano a camminare in sala prove e poi vengono vestite e agghindate di tutto punto in fase di arrangiamento. Raramente "scriviamo" in fase di improvvisazione. Insomma come avrai ben potuto capire i pezzi che scriviamo sono alquanto pensati e rispecchiano in pieno quello che siamo...delle persone cervellotiche.

“Ballads By The Fireplace”, il vostro promo-cd è stato registrato in presa diretta agli Hombre Lobo Studios. Siete soddisfatti del suono finale, ripeterete l’esperienza?

Non c'e' stata alcuna scelta stilistica nel registrare "Ballads by the fireplace" in presa diretta...solo che in quel periodo volevamo risentirci velocemente per capire cosa stavamo combinando e optammo per una soluzione rapida ed economica. All'inizio era stata pensata come una cosa che non sarebbe dovuta uscire dal cassetto e invece suonammo bene, i suoni ci piacquero e decidemmo di farlo ascoltare pubblicamente.
Ripeteremo questo tipo di esperienza solo e unicamente per incidere altri provini che funzionino da cartina torna-sole perche' prima di fare la registrazione in giacca e cravatta vogliamo essere sicuri che esca un prodotto che ci convinca e rappresenti in pieno.

Nella vostra pagina myspace definite la vostra musica come metal/hardcore/gothic. In quale di questi generi vi rispecchiate di più e quali sono state le band che vi hanno più influenzato?

Quando creammo il profilo mi trovai davvero imbarazzato al momento di scegliere una o piu' possibili definizioni e ne scegliemmo tre che, forse, racchiudevano un pò le cose che ci abbiamo sentito riascoltando o parlando della band ad esterni. Penso che tutte e tre le etichette che abbiamo tentato goffamente di darci siano proporzionalmente presenti all'interno della band e, in funzione del risultato finale, tutte importanti.
Sicuramente l'immaginario del gotico ci e' molto familiare e gradito ma nella sua accezione piu' grottesca e visuale...forse e' quella parte di noi che vorrebbe rimanere nell'ombra per non essere costretto a dare spiegazioni su se stesso...e poi che dire...ci piace moltissimo l'hardcore e tutte le sue mille sfaccettature e ognuno di noi, ahime', e' un fottuto metallaro...che lo voglia nascondere o meno...

Un vostro punto di forza è sicuramente la versatilità vocale di Sasà. Come è arrivato a simili prestazioni?

Sasa' e' sicuramente una persona che conosce a menadito ogni sua mucosa e parete interna. Canta da moltissimo tempo e conosce il modo di modulare la voce e tecnicamente di ottenere quel particolare timbro che sta cercando. Ho tentato mille volte di farmi spiegare come ci riesce...ma lui non sa dirmelo...ci piace pensare che sia merito dei kebab giganti che riesce a mangiare.

Da cosa deriva il titolo “Facial Sacrilege | Ballads By The Fireplace”? A cosa si ispirano i testi delle vostre canzoni?

Il titolo "Facial Sacrilege/Ballads by the fireplace" ci venne un pò per gioco e un pò no. Ci faceva ridere l'idea che ogni volta che un nuovo testo viene scritto ci sediamo a braccia conserte davanti all'autore di turno e lo ascoltiamo nella lettura e nella parafrasi delle sue parti...un pò come dei nipotini che ascoltano il nonno raccontare una storia. Nei testi e' racchiusa sicuramente la rabbia, l'insicurezza, la paura e la disillusione ed altre sensazioni che rappresentano spunti di riflessione, il tutto romanzato in una sorta di racconti senza morale. Un decamerone che sia il dipinto di uno scenario, ma senza alcun insegnamento.

I lettori del Neuroprison sono molto attenti alla strumentazione delle band, potete illustrarci la vostra?

L'assetto del gruppo e' sicuramente di estrazione metal e moderna e non abbondiamo di strumenti molto ricercati o di molta effettistica...senza starti ad elencare tutte le scatoline che usiamo ti riporto quella principale di ognuno:
Fernandez Monterey + Peavey triple X + Marshall 4x12 1960 vintage
ESP LTD viper + Mesa boogie quad preamp con finale Advance 70/70 + Marshall 4x12 1960
Musicman Sting Ray + Mark bass Head + Mark bass 1x18 + Hartke 410XL

Avete partecipato anche voi alla compilation “NeuroSound Vol.1”, la prima in Italia riguardante il panorama post-core e dintorni. Qual’è il vostro giudizio al riguardo e sulle band coinvolte? Come vedete la scena italiana?

La compilation e' incredibile e svariati gruppi che non conoscevo sono stati una piacevolissima scoperta mentre altri solo delle conferme. I dischi si fanno davvero ascoltare tutti, dall'inizio alla fine, ritengo che abbraccino davvero tutte le sfumature del post-core e di conseguenza vadano incontro ai gusti e preferenze di moltissime persone. Preferisco lasciare alla parola "scena" il suo buffo significato. Esistono gruppi che si piacciono, si stimano e decidono di darsi una mano, d'incontrarsi, di parlare e di suonare assieme. Io ho sempre considerato realta' come quella di Neuroprison non il manifesto di una scena ma una comunita' di persone, che gestiscono delle informazioni e tentano di espanderle nel modo piu' puro e nitido possibile. A me piace vederla cosi' la "scena".

Di recente avete suonato di spalla agli Ephel Duath, come è stata l’esperienza?

Il concerto e' andato benissimo e ci siamo divertiti davvero molto. Suonavamo in casa e in un locale che conosciamo benissimo...ma stavolta il pubblico era davvero variegato e abbiamo avuto la possibilita' di farci ascoltare da persone sicuramente nuove e che difficilmente frequentano i lidi dell'hardcore. Con gli Ephel Duath non siamo riusciti a stringere nessun dialogo apparte le formalita' e le presentazioni classiche del caso e a dire il vero non si sono resi molto disponibili nel farlo. In ogni caso ci siamo sentiti orgoliosi di aver diviso il palco con loro...

Ho saputo che state ultimando nuovi pezzi, potete darci delle anticipazioni? Quali sono i progetti per il futuro?

Abbiamo ultimato diverse nuove operette, piu' pericolose idee ci frullano con insistenza questo periodo che siamo in totale fase di scrittura. Siamo un gruppo molto esigente e ogni nuova canzone e' un vero e proprio parto doloroso...in ogni caso siamo contenti del fatto che non ci siamo stancati di sperimentare e di continuare a cercare, forse invano, la nostra formula vincente e il nostro suono rappresentativo. I progetti per il futuro sono sicuramente quello di uscire con un full lenght per una buona etichetta e comunque continuare a promuoverci in veste live. Come ogni buon gruppo che si rispetti stiamo vagliando su entrambi i fronti le proposte piu' allettanti. Siamo orgogliosi del responso del pubblico e ci stiamo impegnando per essere ancor piu' belli e bravi!

Per concludere, uno spazio personale da utilizzare a vostro piacimento: a voi la parola ragazzi!

Volevo ringraziare tutti i fruitori e lo staff del Neuroprison per il mega-sbattimento e il contributo che hanno dato e stanno dando a tutti noi. Poi volevo dire che la saga di Monkey Island e' uno dei piu' bei giochi mai realizzati al mondo...che spero che ognuno di noi nella penombra della propria cabina elettorale abbia fatto la scelta giusta...che non sono ancora riuscito a capire se nella carbonara ci va l'aglio o la cipolla(...e vivo a Roma...) e che in finale ognuno se la faccia come gli piace di piu'...ma potevo utilizzarlo anche in questo modo?!...troppo tardi...
Lascio infine il link al nostro profilo per chiunque voglia ascoltarci o contattarci: www.myspace.com/thejuggernautband


Neuros.

Recensione