lunedì, febbraio 22, 2010

ULVER @ Teatro Espace (Torino)




18-02-2010

Chi c'era c'era, e chi non c'era dovrà esserci la prossima volta. Come me, tutti gli ascoltatori di lunga data degli Ulver (mai vista una fanbase così eterogenea: ascoltatori sperimentali a tutti i costi, blacksters, metallari d'avanguardia della prima ora, distinti trentenni cresciuti a pane e massive attack, freakettoni schizoidi e chi più ne ha ne metta) sapevano a cosa andavano incontro con l'evento di giovedì all'espace di Torino: l'irripetibile live di una band che siamo stati abituati per oltre dieci anni a seguire nel chiuso (e spesso nel buio) delle nostre camere e negli angoli meno frequentati dei negozi di dischi, e che invece ora ritroviamo in una formazione allargata e predisposta all'esibizione live, supportata da un apparato visuale di altissimo livello e con una selezioni di brani che devastante è dire poco e va a pescare da tutto il repertorio degli Ulver dal 98 ad oggi.


Ad aprire è Void Ov Voices, ovvero Attila Csihar, storica voce dei Mayhem, già supporter e collaboratore dei Sunn O))). Abbondanti candele, tunica nera (facepainting 2.0? Chissà), un microfono e molti looper/riverberi per un'esibizione di sola voce, scurissima, ripetitiva e rituale. Agli amanti di certe seriose atmosfere sacrali (Sunn per l'appunto) sarà piaciuto da matti, anche se per me l'impressione è stata non tanto negativa quanto blanda. Mentre trovandosi nell'ottica giusta sicuramente il trasporto e il 'trip' mentale sono assicurati, da un punto di vista smaliziato ci si trova di fronte al compitino fin troppo facile di assemblare vocalmente due droni reiterati fino allo straniamento (gli stessi brani eseguiti allo stesso modo ma condensati in pochi minuti mi avrebbero fatto tutto un altro effetto), esprimendo oscuri sentimenti intimi gridando a più non posso. For fans only.




A seguire, dopo l'immancabile "WE COME AS THIEVES" proiettato sul fondo palco ed un'attesa stranamente breve, salgono gli Ulver sul palco. La formazione prevede Krystoffer Rygg (voce, laptop e percussioni), Tore Ylwizaker (laptop), Jørn Sværen (chitarra, basso, tastiere), Daniel O'Sullivan (tastiere), insieme a due session - un batterista e un fonico-operatore di laptop - reclutati ad hoc.

Fin dalle prime note di Eos il silenzio cala sovrano mentre il pubblico è rapito tanto dall'atmosfera sonora quanto da quella visiva: l'incredibile lavoro di sincronia A/V realizzato dalla band (non stupisce che non ci sia stato un bis: è molto probabile che nessun altro pezzo sia stato preparato con tanta meticolosa cura) restituisce un effetto di immersione e partecipazione incredibile, con il pubblico letteralmente estasiato e muto durante i brani, che si scatena successivamente (lunghissimo l'applauso per i due brani da Perdition City). Parlare di Colonna Visiva non sembra fuorviante (d'altronde molte sequenze sono state appositamente filmate).



La scaletta non privilegia alcun disco, riservando anche brani da lavori 'minori', tra cui stupisce una devastante Rock Massif, presa di peso dall'ottima OST di Svidd Neger e riplasmata per il piacere delle nostre orecchie. I brani da Blood Inside vedono la band impegnatissima a destreggiarsi tra sampling e strumenti vari, stupisce la colonna visiva di Operator, in contrasto con la successiva calma che è solo il prologo alla strepitosa chiusura del concerto, affidata a due selezioni da Perdition City (accolte dal giubilo popolare) e alle note cullanti di Like Music e Not Saved, che vedono la band quasi spegnersi lentamente, come lentamente i suoni si interrompono e il palco si svuota, mentre il pubblico si devasta mani ed ugole richiamando a gran voce la band per un bis che però non ci sarà: ok, spocchia come piovesse, ma bisogna ammettere che il lavoro necessario a portare live i loro brani, unito al sistema visivo allegato, non dev'essere un gioco da ragazzi; ed in ogni caso la scaletta è stata corposa e 'democratica', quindi in fondo non li abbiamo troppo odiati.

In sintesi: live imprescindibile. L'abbastanza inattesa conferma di una creatura sonora che ha sempre saputo mutar forma e che ce lo dimostra per l'ennesima volta, ma in una veste totalmente inedita. Da ripetere quando possibile per chi c'era, e da non mancare per chi non è potuto esserci.

Scaletta:
Eos
Let the Children Go
Little Blue Bird
Rock Massif
For the Love of God
In The Red
Operator
Funebre
Plates 16-17
Hallways of Always
Porn Piece or the Scars of Cold Kisses
Like Music
Not Saved


Andrea de Franco

Nessun commento: