mercoledì, gennaio 06, 2010

JUGGERNAUT - ...Where Mountains Walk



Tracklist:
1. Of Snakes and Men
2. Flamingoes
3. Seven Companions and an Empty Chair
4. Ghostface
5. A Fish Called Atlantis
6. Nailscratched
7. Day of the Dances
8. Thank You for not Discussing the Outside World
9. The Bridge and the Shepherd
10. Diario



Li avevamo lasciati con un promo che lasciava intravedere ottime potenzialità, queste non sono state deluse. Il primo full dei Juggernaut ha radici ben salde in Ballads by the Fireplace, la fronda è comunque cresciuta fino a toccare cieli nuovi per il combo romano, tramutando una tavolozza di colori e suoni in un caleidoscopio dalle mille sfumature, un perenne gioco di luce che si infrange in ...Where Mountains Walk.
L’esordio della band, uscito per Subsound Records (Inferno, ToMyDeepestEgo e Zippo tra gli altri), è album difficilmente catalogabile, che può contare su alcuni punti focali poi deviati verso le più svariate direzioni. Provenienti da esperienze rincoducibili al panorama metal e hardcore, hanno filtrato il passato attraverso atmosfere doom e progressioni improvvise, avvalorando la dicitura “Neurosis meets Opeth” utilizzata dall’etichetta, lontana da proclami che spesso preferiscano spacciare una proposta per un’altra pur di portare a casa qualche surplus.
Il lavoro corale emerge dalla compattezza dei brani e dalla passione che traspare, una produzione curata dalla stessa band e valorizzata dal mixing dei “soliti” HombreLobo Studios; la cura per i particolari è quanto di più meticoloso si possa udire in questo periodo, senza necessariamente tracimare in un suono freddo e di plastica.
I Juggernaut ci narrano del mondo e dell’uomo, delle sue esperienze e dei suoi mille volti, un’attenzione che traspare da ogni componimento e trova linfa vitale nel quotidiano, nel Mediterraneo piuttosto che negli Isis o nei Cult of Luna, una ricerca che si fa concreta nello stacco acustico di Flamingoes e nei violini di A Fish Called Atlantis, un crescendo tanto orchestrale quanto gitano che deflagra come mare in tempesta.
Seven Companions and an Empty Chair è il sunto di ciò che sarebbero potuti essere i The Ocean senza lo smarrimento di un doppio disco, atmosfere plumbee e riffing tagliente, una drammaticità vischiosa e contagiosa, quasi si stesse assistendo a un film e ne fosse la colonna sonora.
Nonostante il minutaggio corposo di ogni traccia, non mancano le sorprese ristrette come Nailscratched e soprattutto Day of the Dances, una ghigliottina che cala rapida e si fa bella dei Death di Symbolic e dei Mastodon, morendo in un blast-beat inaspettato ma efficace.
La melodia sofferta che nasce nel finale di Thank You For Not Discussine the Outside World è un animo gentile nel corpo di un mostro, così come l’intro soffusa e la parentesi ambient di The Bridge and the Sheperd.
L’epitaffio del disco è affidato a Diario, un blocco di passione tinta di progressive non lontana dagli Intronaut, segnata da un cantato italiano inusuale per queste sonorità ma tremendamente coinvolgente e sofferto. Le parole recitano “cosa sono diventato”, nessuno può dirlo e probabilmente i Juggernaut stessi non hanno risposta a questa domanda: la fisicità del metal, la passione dell’hardcore, il nero del doom e i colori del progressive. Suoni di confine senza ulteriore pretesa, moderni nell’involucro e tradizionali nell’attitudine.
Parafrasando l’ultima traccia: “No, non potete ignorarlo”, non potete trascurare quest’opera dai Juggernaut, capace di mettere in riga manipoli di pretenziosi simili a gusci vuoti. E’ difficile imprigionare a parole un sentimento, i Juggernaut lo fanno con le note, l’anima è la chiave di volta, e qua potrete trovarne quanta ne cerchiate.

Neuros

Juggernaut@Myspace

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