domenica, gennaio 31, 2010
SUNN O))) + Eagle Twin @ Paradiso (Amsterdam)
Sette mesi circa sono passati dal mio primo incontro con i SUNN O))) a Bologna, data che celebrava il decennio dal primo lavoro The GrimmRobe Demos (duo originario e soliti amplificatori, senza guest), ed unanime fu il giudizio a fine serata: il volume infernale che tutti ci aspettavamo non era da paragonare con i loro soliti canoni, quasi ridicolo. Per questo semplice motivo (quasi masochista) decido di prenotare un volo ad Amsterdam, andare a trovare un vecchio amico, ormai emigrato da diverso tempo, e di dare una seconda chanche alla band di Anderson e O’Malley, in una location tutta particolare: al Paradiso, una chiesa sconsacrata in pieno centro città adibita a sala concerti, un'intera mastodontica struttura riservata a concerti e svago notturno. Direi il posto più azzeccato per un concerto spirituale come il loro.
Arriviamo con circa 5 minuti di ritardo sull'orario indicato (20,30!) e troviamo già gli EAGLE TWIN sul palco che si dimenano e urlano senza fermarsi nemmeno un secondo, suonando tutti i pezzi del nuovo album attaccati, come un'unica canzone. La chitarra baritona, coperta da una montagna di distorsioni e con l'octave sempre acceso, percuote le nostre teste senza lasciare scampo, insieme ad un drumming melvinsiano preciso e potente. Quello che colpisce di più sono le frequenze basse che escono dagli ampli (scontato usando diverse testate Sunn, Orange e Ampeg), ondate che escono pure quando viene colpita la cassa della batteria.
Dopo un cambio di palco velocissimo (ovvero togliere la batteria), iniziano dei mantra di sottofondo insieme a deboli spruzzate di nebbia artificiale. Per descrivere meglio questa seconda parte del concerto bisogna immaginarsi il tutto come un rituale, una cerimonia, dove tutti stanno fermi in silenzio ed il ''predicatore'' recita la sua parte.
L'intensità del fumo è graduale come il passaggio di noi spettatori in una nuova dimensione, dimensione grigia, fredda e spettrale, e le preghiere alternate a suoni di campana (proprio come in una classica messa cristiana) aiutano ancora di più questa distorsione dal presente. I mantra vocali continuano ancora per svariati minuti (decine di minuti? Ore?) ma è difficile a definirsi, vista l'immediata perdita della concezione del tempo e della realtà. Quasi dal nulla spuntano i due predicatori incappucciati e neri, accompagnati da Steve Moore (degli Earth), pure lui ovviamente vestito come gli altri. Come un fulmine in pieno giorno veniamo svegliati da un'ondata di distorsione, la più nera e pesante che possiate immaginare, composta da due synth, una chitarra ed un basso, tutto attaccato alle solite decine di SUNN. Il mio viaggio in terra straniera è valso la pena: i volumi sono altissimi e il muro di suono fa tremare tutto, i vestiti si muovono ed il pavimento provoca un fastidioso solletico sotto ai piedi. Ci siamo, le famose ''porte della percezione'' si aprono.
I droni si susseguono, il fumo ormai ha invaso tutta la stanza e le luci, che si muovono lentamente, alternano colori freddi (azzurro, viola e verde) a colori caldi (arancione, rosso e giallo). Proprio quando ti aspetti un cambiamento ecco salire sul palco l'attesissimo Attila Csihar (Mahyem), incappucciato e terribilmente serio. Dopo qualche rituale la sua voce prende forma, una voce roca e bassa, ma estremamente distinguibile nella pesante nube di suoni. Adesso i timpani sono allo stremo, non potrei ricevere volumi poco più alti, ma desisto nel mettermi i tappi.
La cerimonia prosegue così per diverso tempo, fino a quando Attila (molto lentamente) si accascia al suolo, in seguito portato via da qualcuno del pubblico (si verrà a sapere che ha avuto un collasso, immaginatevi voi dovuto a cosa). Questa seconda parte del concerto prosegue molto eterogenea, alternando parti dilatate e pulite (quasi delicate) a parti classicamente drone. Il pubblico tace immobile in un religioso silenzio. Molto lentamente le chitarre (Anderson ha posato il basso, lasciato in feedback contro una cassa, per prendere la sua Les Paul) si alzano verticalmente sopra le loro teste, sbattono contro il muro di amplificatori, provocano vero dolore, violenza sonora. Come è iniziato tutto, tutto finisce in un istante, le testate si spengono all'unisono lasciandoci sentire per qualche secondo il vero silenzio. La messa è finita.
Una lunga standing ovation accompagna fuori i tre sacerdoti che ringraziano il pubblico. Il gelo esterno (minime che sfioravano i -10) ci porta tutti definitivamente alla realtà, congelando questi ricordi come una vera e propria esperienza estrema, come un lungo viaggio al confine della resistenza umana.
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James "Sawyer" Ford
martedì, gennaio 26, 2010
UP THERE: THE CLOUDS - S/t
Tracklist:
1. The last glimpse of hope in my eyes
2. -
3. Your words are meaningless
4. The compromise between acceptance
of reality and will of change
Nuova uscita per la sempre più attenta Frohike Records, che anche stavolta non perde tempo ed occasione per dare visibilità al meglio delle novità che l'underground italiano ci propone.
E così dopo la pubblicazione del debut sulla lunga distanza dei lombardi Three Steps To The Ocean, ci troviamo tra le mani l'ep d'esordio assoluto dei romagnoli Up There: The Clouds, quartetto dalla giovanissima età media ma già sorprendentemente maturo e dal notevole potenziale.
Iniziamo parlando del package, l'artwork a cura della band è stato confezionato in un digipack totalmente realizzato a mano con materiali riciclati e fatto in casa in un garage dai ragazzi della Frohike, per altro dimostrando oltre a gusto artistico anche ingegno e sensibilità ambientale.
Una volta inserito il cd di quattro tracce (ma tre veri brani) nel lettore veniamo immediatamente folgorati dall'opener The Last Glimpse of Hope in My Eyes, brano già edito e conosciuto in quanto facente parte della recente seconda edizione della nostra Neurosounds Compilation, ma che ogni volta stupisce per impatto melodico, urgenza delle dinamiche e forza espressiva, il tutto sorretto da una produzione davvero potente e pulita che da il giusto risalto ad ogni strumento, seppure sia la sezione ritmica ad ergersi in primo piano rendendosi protagonista nell'esaltare quest'autentico anthemico brano.
La successiva Your Words Are Meaningless sposta l'attenzione verso atmosfere di più ampio respiro, abbracciando maggiormente quel post-rock tout court che tanto ha affollato il mercato; detto questo la sensibilità artistica e la capacità melodica della band riescono a non annoiare e nel rendere avvincente questa progressione, tipica ricetta di act quali Explosions in the sky e This Will Destroy You, a cui quest'ultimi la giovane band nostrana ha fatto da apertura nella loro calata da queste parti.
L'ep si chiude tornando su ritmiche più sostenute, anzi pestando maggiormente l'acceleratore rispetto all'opener; The Comprimise Between Acceptance Of Reality And Will Of Change sconfina a tratti nel post-core, ed a tal proposito compaiono anche scream vocals che, se da una parte donano ulteriore urgenza al pezzo, dall'altra tendono a rendere più scontato il risultato finale.
A conti fatti, tenendo presente la giovanissima età della band, questi tre pezzi dall'invidiabile dinamicità e profondità espressiva mettono in luce capacità compositive, melodiche e strumentali di primordine, non certo da band agli esordi.
Scommettendo che alcuni dettagli non del tutto riusciti verranno limati, non è difficile segnalare questi ragazzi come un'autentica promessa su cui puntare ad occhi chiusi nei prossimi anni.
Edvard
Up There:The Clouds @Myspace
lunedì, gennaio 25, 2010
SCOTT KELLY @ Teatro Carignano (Genova)
22/01/2010
Prima data italiana per il progetto solista di Scott Kelly, un progetto intimo e malinconico: stessa sofferenza dei Neurosis ma con un animo più legato ad atmosfere decisamente minimali ed oscure. La location per questo attesissimo evento è di tutto rispetto: il Teatro Carignano a Genova, situato sotto un'enorme ed antica chiesa. La serata inizia con i 2 Novembre, trio genovese che si presenta con un set acustico e tante special guest (tra cui il cantante dei Gandhi's Gunn); niente da fare, il gruppo annoia a morte, pare tutto scontatissimo e già sentito. Altra nota dolente è la durata della scaletta, decisamente troppo lunga (visto anche il ritardo di quasi 45 minuti rispetto alla partenza prevista).
Dopo un piccolo cambio di palco ecco aprirsi di nuovo il sipario: in piedi con la sua chitarra acustica appare Scott Kelly, con il suo portamento possente e la sua serietà quasi agghiacciante. Inizia subito senza salutare o alzare almeno lo sguardo, il silenzio scende nella sala. La scaletta è composta da pezzi di entrambi i lavori ("Spirit Bound Flesh" del 2001 e "The Wake" del 2008), un pezzo lento nuovo dei Blood&Time, più una commovente I CAN SEE YOU (The Eye Of Every Storm, 2004), un set in parte acustico (malinconia ed accordi minimali) ed in parte elettrico (con valanghe di distorsioni e urla, come la tradizione vuole).
In platea ci sono poche persone sparse (sul centinaio, ma forse meno) e mentre lui suona tutti ascoltiamo e ci facciamo prendere dalla sua voce profonda e roca; tutti tranne due nella prima fila che continuano a chiaccherare, tanto da far smettere il povero Scott nel bel mezzo di una canzone: si scusa ma ''non può concentrarsi se qualcuno continua a far brusio di sottofondo, non sta qua a dire stronzate, ma sta cantando la sua vita, le sue esperienze, canzoni sulla sua famiglia e su i suoi amici'', si scusa di nuovo per l'interruzione e riparte da dove era rimasto. I due rimangono in silenzio fino alla fine. Viene proprio da pensare ''che bella figura all'italiana'', c'è gente che continua ad andare ai concerti solo perchè fa figo, solo perchè magari è il cantante dei Neurosis, mentre non prende nemmeno in considerazione la serietà della sua musica pura. L'Italia non ha dignità anche perchè esistono persone come queste.
A fine serata riesco ad incontrare Scott grazie all'aiuto del promoter, proprio questo si scusa a nome di tutte le persone presenti se durante lo show ci sono stati dei cretini che l'hanno disturbato. Scott fa un cenno con la testa alquanto sconsolato e triste, ma non dice nulla.
Appena mi presento e faccio il nome di NEUROPRISON ritorna immediatamente sereno e sembra veramente contento di sentire di nuovo il nome della nostra community. Ecco qua il seguito della breve conversazione:
Il nuovo disco dei Neurosis quando uscirà?
Lo stiamo scrivendo proprio in questi mesi, andremo molto per le lunghe penso. Uscirà molto probabilmente nel 2011, non lo sappiamo ancora.
Registrerete sempre da Steve Albini?
Probabilmente si, ma dobbiamo ancora decidere.
Quando tornerai in Italia con i Neurosis?
Nemmeno questo so con precisione, non prima del 2011. Avrò le idee più chiare dopo il tour europeo degli ShrineBuilder. Ritorneremo in Italia, amo il vostro paese e il vostro cibo!
E riguardo i Blood & Time?
La situazione qua è più complicata: ho molto materiale da parte, tipo 3 anni di lavoro, ma dobbiamo ancora decidere quando registrarli e farli uscire. Sono molto impegnato ultimamente.
Grazie mille, è tutto!
Grazie mille per le domande, state facendo un ottimo lavoro con Neuroprison!
James "Sawyer" Ford
TIM HECKER - An Imaginary Country
Tracklist:
1. 100 Years Ago
2. Sea Of Pulses
3. The Inner Shore
4. Pond Life
5. Borderlands
6. A Stop At The Chord Cascades
7. Utropics
8. Paragon Point
9. Her Black Horizon
10. Currents Of Electrostasy
11. Where Shadows Makes Shadows
12. 200 Years Ago
Era il Gennaio o Febbraio di un anno fa quando venivamo a contatto per la prima volta con An Imaginary Country, ultimo disco edito da Kranky firmato da Tim Hecker.
Un lavoro immenso sotto ogni punto di vista, onirico e psichedelico, un' immensa tavolozza di colori elettronici che ci vengono mischiati sotto gli occhi ad ogni traccia fino a formare paesi immaginari (mai titolo fu più azzeccato) sconosciuti e lontani.
Hecker è un ottimo pittore, se così possiamo definirlo, crea sfumature sonore capaci di trasformare in immagini il suono,
quasi fosse stato dove noi non possiamo pensare di andare, illustrandocelo in questo disco dolcissimo e drammatico al medesimo tempo. E' quasi impossibile parlare di questo lavoro senza far riferimento ad immagini, ogni suono è parte integrante di un quadro, e l’insieme di questi quadri forma una visione unica, globale, come una sorta di grande affresco rappresentante un sogno.
Noise, Drone, Ambient, tre generi che Hecker maneggia con cura maniacale senza lasciare nulla al caso. 100 Years Ago è la stazione di partenza verso cui si snoda questo viaggio mistico fatto di colori sonici e luci magiche.
C’è molta desolazione, ma questa non crea panico o angoscia, riesce a mescolarsi a luci morbide che accompagnano l’ascoltatore attraverso dodici paesaggi diversi, uno per traccia, uno per ogni sogno che ci viene dipinto con le note.
Traccia dopo traccia, rumore e droni si rincorrono mischiandosi e sovrapponendosi con un immenso riverbero che dona un' idea di apertura totale, come se le note fluissero libere nell’aria.
Ascoltare questo disco è una vera e propria esperienza sensoriale, chiudere gli occhi e farsi cullare non ha prezzo; un lavoro immenso, dolcissimo e solitario, definirlo eterno non credo risulti eccessivo, ciò che Hecker ci dice con questo album non ha data di scadenza, reggerà nel tempo ed ad ogni ascolto creerà paesaggi nuovi in cui sprofondare lentamente.
PostNero
sabato, gennaio 23, 2010
CELESTE - Misanthrope(s)
Tracklist:
1. Que des yeux vides et séchés
2. Comme pour leurrer les regards et cette odeur de cadavre
3. Toucher ce vide béant attise ma fascination
4. La gorge ouverte et décharnée
5. Il y aura des femmes à remercier et de la chair à embrocher
6. Mais quel plaisir de voir cette tête d’enfant rougir et suer
7. Une insomnie avec qui tout le monde voudrait baiser
8. A défaut de te jeter sur ta progéniture
9. …anesthésié vos membres dans une orgie d’enthousiasme
Misanthrope(s), questo il nome di battesimo del terzo capitolo prodotto dai Celeste, una sorta d’immondo schiaffo in pieno viso all’umanità, violentissimo sotto ogni aspetto, sonoro, emotivo e visivio. Un lavoro che nel 2009 si è guadagnato sicuramente un posto di riguardo nelle classifiche di molti fruitori di musica estrema, un susseguirsi di note drammatiche e riff più maligni del signore degli inferi, oscurità e disagio a palate.
I Celeste ci consegnano un più che degno successore dei precedenti Pessimiste(s) e Nihiliste(s), con la loro ormai classica miscela di post-core, black metal e sludge, confermandosi gruppo immenso e particolarmente prolifico. Misanthrope(s) si dimostra lavoro decisamente più maturo dei precedenti, con una crescita sia dal punto di vista del songwriting che della maturità espressiva.
Que des yeux vides et séchés apre il disco con agghiacciante irruenza: dolore, malvagità e disagio ad ogni angolo, la voce che urla in faccia incubi e fastidi nascosti; come al solito la loro musica non va gustata soffermandosi sulle singole tracce, l’album va ascoltato e compreso nella sua interezza, sprofondando e facendosi ingoiare nelle lugubri e desolate atmosfere che pervadono l'intera tracklist. Il punto di forza della loro musica è proprio l’atmosfera, pesantissima ma anche innovativa, soprattutto nel sempre più sterile panorama post-core di oggi.
La band ha già preannunciato l'uscita nel 2010 di un nuovo album, Morte(s) Nee(s) il quale, se confermeranno la costante crescita fin qui registrata, potrà definitivamente consacrarli tra gli act di musica estrema più validi in circolazione.
PostNero
Celeste @Myspace
giovedì, gennaio 21, 2010
sabato, gennaio 16, 2010
SUNN O))) - Monoliths & Dimensions
Tracklist
1. Aghartha
2. Big Church
3. Hunting & Gathering (Cydonia)
4. Alice
Sunn O))), questo nome solitamente rievoca in quasi noi tutti oscurità, malessere, desolazione, dolore, fastido, ansia, spazi chiusi e bui. Il loro nuovo disco, praticamente definibile capolavoro, è tutto questo.
Monoliths & Dimensions, uscito a metà 2009, racchiude in quattro tracce l’essenza malvagia dei sacerdoti rumorosi: feedbacks, ansia e senso di soffocamento, un disco che racconta immagini distorte e dolorose, piene di quel riverbero mistico e drogato che il Drone ha dato modo di esprimere.
Stephen O’Malley & soci non sbagliano un colpo, migrando da cupezze tipiche e perfettamente riconoscibili, come nell'opener Aghartha, per finire a mescolarsi in fluttuanti incubi lisergici.
Monoliths & Dimensions si sviluppa a mo di cascata, più si prosegue con l’ascolto più ci si addentra in un magma oscuro e desolato; la voce del buon Attila Csihar ci accompagna verso l’abisso, mentre continui drone lisergici ci sfilano addosso lasciando solchi incolmabili.
Tutto in questo disco fa male, l’idea stessa che i Sunn O))) producano ancora dischi studio fa male, perché ci mette dinnanzi ad una scelta a dir poco catastrofica, ovvero scendere o meno nell’abisso più oscuro dell’animo umano?
Nonostante ciò questo lavoro potrebbe piacere anche a chi i Sunn O))) non li ha mai presi sul serio; non è solo rumore su rumore, si nota uno studio sull’arrangiamento dei pezzi molto particolareggiato, la scelta dei suoni, pur rimanendo tipicamente legati al loro nome, non è per nulla scontata.
Voci angeliche si diramano per tutto il lavoro, Big Church ne è forse l’esempio più lampante. Enormi onde sonore che vengono contrastate da un coro semi-angelico, si ha la netta impressione di trovarsi in una cattedrale vuota nel pieno della notte.
Preghiere, respiri affannosi, suoni d’oltretomba rievocano spiriti maligni, ma non si può temere nulla, O’Malley sa dove ci sta portando e ci guida per mano in questo suo abisso personale; poi improvvisamente mentre ti senti completamente avvolto in un oscura coperta ecco un lampo di luce apparire e dare l’idea che non ti stiano prendendo in giro.
Alice, spettacolare traccia di chiusura, è ciò che non ti aspettavi in un disco dei Sunn O))), ti fa apprezzare l'evoluzione musicale di un gruppo che, per la scelta di genere fatta sin dagli albori, poteva tranquillamente finire ben presto nella monotonia più assoluta.
Disco dell’anno per moltissimi siti specializzati e non, articoli su giornali che non ti aspetteresti parlare dei Sunn O))), questa l’evoluzione dei sacerdoti, con suoni che sì sanno di malessere, ma che in fondo riescono perfettamente a far comprendere come sia possibile fare ricerca musicale anche nei generi più estremi.
Avreste mai mischiato il Drone al Jazz? Beh loro ci son riusciti.
I Sunn O))) hanno decisamente vinto nel 2009, riuscendo a dimostrarsi uno dei gruppi più innovativi e sperimentali all’interno di un panorama (quello del Drone/Doom) dove difficilmente l’innovazione non finisce per snaturare il radicalismo soffocante ed oscuro del genere stesso. Un monolite nero, un buco infinito dove immergersi, ma questa volta probabilmente c’è un uscita dall’altra parte....basta saperci arrivare.
PostNero
A COLD DEAD BODY - Promo 2009
Tracklist
1. Collapse
2. The Chosen Ones
3. Divinity pt.1
Il freddo corpo morto non si è mai adagiato sulla nuda terra, ha continuato a camminare e mutare sembianze, smentendo le leggi naturali che lo vorrebbero inerme sotto sei piedi di dolore. Il progetto A Cold Dead Body nacque come side-projects di Sten (Zune), inglobando con il tempo nuovi elementi, parallelamente all’evoluzione sonora sempre più ricercata, giungendo alla forma di collettivo che può anche vantare il violino di Lucia, ultima arrivata alla corte del morto.
La costante pubblicazione di singoli episodi ha contribuito a dare forma alla band, nonostante nessun album all’attivo, segno che dove ci sia passione e talento, il tempo è un fattore alquanto discutibile e relativo.
Il lieto epilogo è finalmente dietro l’angolo e questo promo è l’antipasto di quello che sarà il banchetto offerto dal livido ospitante. Tre sole canzoni, tanto basta per riporre le più rosee aspettative nel full; il dono della sintesi è sicuramente una delle carte vincenti estratte dal corpo morto, attento a non smarrirsi come accade a tante altre belle speranze. E’un’immagine in bianco e nero quella evocata dagli A Cold Dead Body, un bosco sfumato che si perde nella bruma e ha i suoi ponti con gli ultimi Neurosis quanto con i Jesu, un suono di chitarra grezzo come pietra affiancato da grigi arpeggi e violini d’atmosfera. Brilla su tutte The Chosen Ones, dove la prova del combo raggiunge picchi di qualità altissimi, con la prova di Sten a incorniciare frammenti di emozione e restituirli a volte con rabbia, altre con la dolcezza della rassegnazione. Emerge in alcuni frangenti la decadenza marchiata su legno dagli Agalloch e un gusto per la melodia tipicamente rock, entrambe anime dello stesso corpo.
L’involucro handmade per il disco è di sicuro impatto visivo e tattile, rifinito nei particolari ed ecologico nei materiali, a testimoniare la meticolosità di ogni scelta che racchiude ideali tipici da..corpo vivo.
Chi segue gli A Cold Dead Body (con o senza barre) dagli esordi ha sempre puntato molto su questo progetto ed è finalmente giunta l’ora che questa attesa sia ripagata, le premesse per un gran lavoro ci sono tutte.
Neuros
A Cold Dead Body @Myspace
mercoledì, gennaio 13, 2010
MONDRIAN OAK - Through Early Seed
Tracklist:
01. Clouds Collide
02. Harvest
03. Drift
04. Seed
05. Monolith
06. Through Haze
I marchigiani Mondrian Oak sono sono un bigino dei nostri tempi in ambito post- qualcosa. Il quartetto sul debutto “Trough Early Seed” difatti sprigiona una discreta elasticità musicale che agisce a ventaglio in territori -core quanto -rock non disdegnando ventate di un certo progressive metal. L'opportunità di avere visibilità anche al di fuori del nostro territorio nazionale è data dall'etichetta belga Consouling Sounds (la stessa che si è accorta anche di Last Minute to Jaffna e Vanessa Van Basten) e la fiducia è ripagata con sei tetre tracce di un ibrido che si esalta nei cambi di ritmo dell'opener “Clouds Collide”, valido biglietto da visita che ben sarà accolto dai fan di Mogwai ed Explosion in the Sky quanto di Buried Inside e Isis.
Ma non è tutto qui: è vero, cè una certa omogeneità di fondo che rende il tutto non sempre variegato e personale, pur muovendosi bene in questo territorio i ragazzi non osano elementi esterni alle radici dalle quali attingono e i più esigenti non grideranno né al miracolo né alla new sensation. Cogliendo i sussurri di questo disco totalmente strumentale però si nota come la chiusura affidata alle poche note di piano in “Harvest” ad esempio sia una sfumatura che mi auguro diventi la base per costruire un futuro ricco di sorprese. Limitando leziosità tipiche dei gruppi di genere (leggasi “Drift” e le sue ripetizioni) e marcando la mano sullo spirito di una desertica “Seed” e di una rinfrancante “Trough Haze” per esecuzione e velleità, promuovo con riserva Francesco, Diego, Stefano e Matteo per i buoni propositi e l'interessamento che susciteranno di certo tra i cultori di “scena”. A risentirci presto per un corso che sono certo si arricchirà di esperienza e particolari che potrebbero destare più di un orecchio al di fuori dei territori conosciuti.
Sephiroth
Mondrian Oak @Myspace
mercoledì, gennaio 06, 2010
NEUROPRISON AWARDS 2009
Disco Dell'Anno
01. Sunn O))) - Monoliths & Dimensions
02. Converge - Axe to Fall
03. Isis - Wavering Radiant
04. Grey Machine - Disconnected
05. Celeste - Misantrope(s)
06. Current 93 - Aleph at Hallucinatory Mountain
07. Kylesa - Static Tensions
08. Mastodon - Crack the Skye
09. Zu - Carboniferous
10. Fall of Efrafa - Inlè
11. Tim Hecker - An Imaginary Country
12. Khanate - Clean Hands Go Foul
13. Eagle Twin - The Unkindness of Crows
14. Minsk - With Echoes in the Movement of Stone
15. David Sylvian – Manafon
16. Harvestman - In a dark tongue
17. Altar of Plagues - White tomb
18. The Flaming Lips – Embryonic
19. Katatonia - Night Is the New Day
20. Buried Inside - Spoils Of Failure
Disco Italiano Dell'Anno
01. Zu - Carboniferous
02. Gerda - Gerda
03. Uochi Toki - Libro Audio
04. Si Non Sedes Is/Marnero - split
05. Fine Before You Came - Sfortuna
EP Dell'Anno
01. Wolves In The Throne Room - Malevolent Grain
02. Burial / Four Tet - Moth / Wolf Cub
03. Animal Collective – Fall be kind
04. Jesu - Opiate Sun
05. Portraits Of Past - Cypress Dust Witch
Esordio Dell'Anno
01. Grey Machine - Disconnected
02. Eagle Twin - The Unkindness of Crows
03. Soap&Skin - Lovetune for Vacuum
Canzone Dell'Anno
01. Isis - Threshold of Transformation
02. Sunn O))) - Alice
03. Bat for lashes - Pearl's Dream
04. Sunn O))) - Big Church
05. Si Non Sedes Is - Respekt Die Sheisse
Video Dell'Anno
01. Isis - 20 Minutes / 40 Years
02. Oxbow - Coalking
03. Bat For Lashes - Daniel
Delusione Dell'Anno
01. Shrinebuilder - S/t
02. Baroness - Blue Record
03. Dredg - The Pariah, the Parrot, the Delusion
Copertina Dell'Anno
01- Sunn O))) - Monoliths & Dimensions
02. Celeste - Misanthrope(s)
03. Harvestman - In a Dark Tongue
Concerto Dell'Anno
01. Isis @ Spaziale Festival - Torino
02. Sunn O))) @ Lokomotiv - Bologna
03. Supernaturalcatnight @ Flog - Firenze
Utente Dell'Anno
01. Er T. alias Uao!
02. Neuros
03. Birsa
JUGGERNAUT - ...Where Mountains Walk
Tracklist:
1. Of Snakes and Men
2. Flamingoes
3. Seven Companions and an Empty Chair
4. Ghostface
5. A Fish Called Atlantis
6. Nailscratched
7. Day of the Dances
8. Thank You for not Discussing the Outside World
9. The Bridge and the Shepherd
10. Diario
Li avevamo lasciati con un promo che lasciava intravedere ottime potenzialità, queste non sono state deluse. Il primo full dei Juggernaut ha radici ben salde in Ballads by the Fireplace, la fronda è comunque cresciuta fino a toccare cieli nuovi per il combo romano, tramutando una tavolozza di colori e suoni in un caleidoscopio dalle mille sfumature, un perenne gioco di luce che si infrange in ...Where Mountains Walk.
L’esordio della band, uscito per Subsound Records (Inferno, ToMyDeepestEgo e Zippo tra gli altri), è album difficilmente catalogabile, che può contare su alcuni punti focali poi deviati verso le più svariate direzioni. Provenienti da esperienze rincoducibili al panorama metal e hardcore, hanno filtrato il passato attraverso atmosfere doom e progressioni improvvise, avvalorando la dicitura “Neurosis meets Opeth” utilizzata dall’etichetta, lontana da proclami che spesso preferiscano spacciare una proposta per un’altra pur di portare a casa qualche surplus.
Il lavoro corale emerge dalla compattezza dei brani e dalla passione che traspare, una produzione curata dalla stessa band e valorizzata dal mixing dei “soliti” HombreLobo Studios; la cura per i particolari è quanto di più meticoloso si possa udire in questo periodo, senza necessariamente tracimare in un suono freddo e di plastica.
I Juggernaut ci narrano del mondo e dell’uomo, delle sue esperienze e dei suoi mille volti, un’attenzione che traspare da ogni componimento e trova linfa vitale nel quotidiano, nel Mediterraneo piuttosto che negli Isis o nei Cult of Luna, una ricerca che si fa concreta nello stacco acustico di Flamingoes e nei violini di A Fish Called Atlantis, un crescendo tanto orchestrale quanto gitano che deflagra come mare in tempesta.
Seven Companions and an Empty Chair è il sunto di ciò che sarebbero potuti essere i The Ocean senza lo smarrimento di un doppio disco, atmosfere plumbee e riffing tagliente, una drammaticità vischiosa e contagiosa, quasi si stesse assistendo a un film e ne fosse la colonna sonora.
Nonostante il minutaggio corposo di ogni traccia, non mancano le sorprese ristrette come Nailscratched e soprattutto Day of the Dances, una ghigliottina che cala rapida e si fa bella dei Death di Symbolic e dei Mastodon, morendo in un blast-beat inaspettato ma efficace.
La melodia sofferta che nasce nel finale di Thank You For Not Discussine the Outside World è un animo gentile nel corpo di un mostro, così come l’intro soffusa e la parentesi ambient di The Bridge and the Sheperd.
L’epitaffio del disco è affidato a Diario, un blocco di passione tinta di progressive non lontana dagli Intronaut, segnata da un cantato italiano inusuale per queste sonorità ma tremendamente coinvolgente e sofferto. Le parole recitano “cosa sono diventato”, nessuno può dirlo e probabilmente i Juggernaut stessi non hanno risposta a questa domanda: la fisicità del metal, la passione dell’hardcore, il nero del doom e i colori del progressive. Suoni di confine senza ulteriore pretesa, moderni nell’involucro e tradizionali nell’attitudine.
Parafrasando l’ultima traccia: “No, non potete ignorarlo”, non potete trascurare quest’opera dai Juggernaut, capace di mettere in riga manipoli di pretenziosi simili a gusci vuoti. E’ difficile imprigionare a parole un sentimento, i Juggernaut lo fanno con le note, l’anima è la chiave di volta, e qua potrete trovarne quanta ne cerchiate.
Neuros
Juggernaut@Myspace
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