venerdì, maggio 29, 2009

THE ORANGE MAN THEORY - Satan Told Me I'm Right

image


Tracklist:
1. Straight To Extinction
2. Gimme Some Goat
3. On The Dartboard
4. Satan Told Me I’m Right
5. Gavino Is Back In Town
6. Orange Is The Color Of The High Speed Season
7. Savage But Focused
8. Meet Uncle Terror
9. A Rational Mind
10. Psycho Poses To Fall Back On
11. El Poder Brutal



Dopo il positivo riscontro ottenuto con il debut "Riding A Cannibal Horse From Here To Clinton, MA", album che poteva contare sul contributo di un personaggio del calibro di Steve Austin (Today Is The Day), colpito da un loro demo e poi finito per essere loro produttore (ed infatti il titolo fa riferimento al luogo di residenza dell’ Austin Enterprise Studio), i quattro romani tornano a distanza di tre anni con questo “Satan Told Me I’m Right” con rinnovata energia e freschi di un nuovo contratto con la Subsound Records, label sempre più attiva in campo metal/hardcore e molto attenta alla scena romana (del roster fanno parte anche Inferno, Deflore, Tomydeepestego, oltre ai pescaresi Zippo).
Per quanto riguarda il mercato americano la label di riferimento rimane la Supernova di Steve Austin, anche stavolta presente in qualità di produttore di fiducia della band e mai come in questo caso autore di un ottimo lavoro, esaltando mirabilmente il sound dei nuovi pezzi.
I brani scorrono via molto meglio che in passato, l’esperienza accumulata nei live ha fatto fare il salto di qualità alla band, ora pienamente consapevole delle proprie capacità e centrata nella propria identità sonora, miscelando sapientemente hardcore, death metal, grind, stoner e southern rock, sempre con l’obbiettivo di scrivere canzoni potenti e trascinanti, evitando di perdersi in eccessive (ed il più delle volte solo dannose) divagazioni.
Accanto al furioso impianto di base, subito in bella mostra fin dall’opener Straight to Extinction ed in cui permangono riferimenti proprio ai Today Is The Day, si nota sia uno smussamento degli spigoli che un’ accentuazione dei contrasti e, seppur non manchino puntate estreme (di cui la strabordante On The Darthboard è il miglior esempio possibile), è invece il flavour blueseggiante e grind n’roll a caratterizzare maggiormente il songwriting, esaltando il groove dei brani (su tutti Gimme Some Goat, la Title-track e Savage But Focused) e rendendo particolarmente piacevole la loro proposta.
I testi, così come il concept grafico, sono opera del vocalist Gianni e vanno in direzione di una critica alle convenzioni sociali, ma allo stesso tempo sono carichi di una forte dose d’ironia che non fa mai male ed anzi si rende più che mai necessaria vista la notevole vena rock n’ roll dei brani. Gabbo, mente principale ed ispirato chitarrista, è un’ inarrestabile macchina di trascinanti riff ad alto tasso adrenalitico, mentre è davvero micidiale la prova della sezione ritmica formata da Tom (batteria) e Cinghio (basso), sugli scudi per tutta la durata del platter ed esaltata dalle scelte in fase di produzione.

Non solo il nuovo disco di una delle migliori band italiane del settore, ma un lavoro capace di rivaleggiare senza problemi anche con più blasonate band in campo internazionale.
Satana dice che hanno ragione…siete avvisati.

-Edvard-

The Orange Man Theory @Myspace

mercoledì, maggio 27, 2009

Plasma Expander + OvO @ Go Fish, Cagliari

image


21.05.2009


Per chi ha la sfortuna di essere circondati per quattro lati dal mare, la discesa degli OvO in terra sarda (la seconda per la precisione) è sicuramente un evento da accogliere in maniera entusiasta. Lontana dalle luci della ribalta e con le immani difficoltà logistiche, l’isola è ormai abituata a fare da fanalino di coda nel circuito musicale internazionale e italiano, per questo motivo aggiunto le parole rappresentano in maniera sfumata ciò che rappresenta la tappa di Stefania Pedretti e Bruno Dorella in quel di Cagliari. La serata comincia in ritardo di due ore abbondanti rispetto all’orario prestabilito, una prassi (pessima) da queste parti, dove spesso i gestori non permettono di suonare fino a che il locale non sia colmo: non è lecito sapere se anche questo è il caso, malignamente però ci piace pensare di sì, nella felicità di essere sempre smentiti. L’apertura della serata è affidata ai Plasma Expander guidati da Fabio Cerina (Bron Y Aur, Holy Carpenters tra i tanti), uno dei gruppi di punta della scena indie sarda, forte della pubblicazione del primo disco sotto Wallace Records, la label di Mirko Spino che è garanzia di qualità per quanto concerne il lato più sperimentale del rock-e non- italiano, quello lontano dagli sproloqui del business ma con l’arma della passione e della sincerità, qualità sempre più rare di questi tempi. Se su disco il terzetto ci delizia con un blues destrutturato, spesso in odore di Slint o This Heat, in sede live emerge un’irruenza punk strabordante, coniugata con una classe che nel mezzo del Mediterraneo ha sinceramente pochi rivali, in un turbinìo sonoro che va a lambire le scorribande degli At the Drive-In e le follie math-ematiche dei Don Caballero, sfociando più volte nel noise-rock figlio degli U.S. Maple. Le chitarre di Fabio Cerina e Marcello Pisanu rappresentano un toccasana per le orecchie, lanciate a folle corsa, si inseguono, si sfidano, si sfottono e nascondono per poi tornare nuovamente all’arringa, rumorosa più che mai, mentre Andrea Siddu combatte la sua persona battaglia contro la batteria, uscendone vincitore: precisione e furore tutti in uno. La scaletta è incentrata sull’unico (per ora) disco, dove emergono tra tutte Iodine-John Wayne e Solopad, ma c’è anche tempo per alcuni pezzi inediti, sicuramente contenuti nel prossimo disco di imminente registrazione. Il pubblico è coinvolto e apprezza, e non potrebbe essere altrimenti con tre funamoboli vestiti da chirurghi sul palco, la faccia più bella del rock isolano lontano dagli stereotipi.

image



Cambio di mago e gli sciamani sono tra noi. Un Dorella rigorosamente di tunica vestito e armato di campanellino va a richiamare l’attenzione del pubblico fuori e dentro il locale immediatamente seguito da Stefania, mentre in sottofondo già si odono sinistri campionamenti, e una volta che la platea si è raccolta, ecco l’inizio più ostico che ci si potesse essere: Via Crucis. Uno show imperniato in gran parte sull’ultimo arrivato in casa OvO, Crocevia, che rappresenta l’ennesimo tassello verso la sperimentazione più pura del duo lombardo-berlinese. I volumi elevati (purtroppo a volte poco chiari nella chitarra di Stefania) saturano ben presto il Go Fish rendendo l’atmosfera asfissiante ed esoterica, dove le luci perennemente puntate sul duo rendono il risultato ancora più sinistro. Ancora una volta Dorella richiama la folla a fare calca davanti a loro, mentre le lancette segnano le due passate e una buona fetta di pubblico è dovuta scappare, rendendo l’atmosfera una questione per pochi intimi. La chitarra di Stefania è un pugno allo stomaco, un refuso acido capace di turbare il più candido dei presenti, mentre il drum-set minimale di Dorella si divide tra tribalismi e assalti all’arma bianca. Ostkreuz è una serpe che si aggira tra i presenti e non fa prigionieri, mentre Crocevia presenta quanto di più vicino ci sia alla melodia in tutta la discografia degli OvO, in bilico tra Noxagt e Lightning Bolt, grazie all’abilità di Stefania di passare dalla chitarra al basso. Lo spettacolo va avanti e la presenza scenica emerge in tutto il suo splendore, Dorella che munito di basso si immerge per suonare tra il pubblico, la Pedretti che improvvisa un violino elettrico con i suoi lunghissimi dreadlocks e poi un breve stacco di danza, conducendo nel lungo martirio finale di Miastenia, vero e proprio mantra eseguito dai due, dove Dorella si incensa per la sua musa, la circonda, le stringe la mano, lo Yin e lo Yang. Inutile etichettare la proposta come noise, lo-fi, drone, doom, il suono OvO è tutto questo ma tanto di più, un’esperienza musicale senza barriere, libera, fatta di particolari sempre nuovi e di linguaggio del corpo come strumento musicale aggiunto, sperimentazione come via per la perdizione e come approccio alla vita, e poco importa se alcuni abbiano storto il naso, si è stati partecipi comunque di uno spettacolo unico nel suo genere.

image



(Un ringraziamento per le foto ad Alessandro Manca http://www.flickr.com/photos/captain_bis/)


Neuros

martedì, maggio 26, 2009

GERDA - S/t




Tracklist:
#1
#2
#3
#4
#5



Deve esserci qualche buon motivo se le Marche rumorose sfornano solo buoni dischi ultimamente. Dopo le buone prove dei noise rockers Lleroy e Bhava arriva, a due anni di distanza dall'ottimo Cosa Dico Quando Non Parlo, il terzo capitolo della saga Gerda a confermare questa impressione.
Diciamo subito che questa omonima release (joint venture tra Wallace, Shove e Fucking Clinica) colloca il quartetto jesino tra le migliori realta' post-hc, in grado di rivaleggiare alla pari con nomi ben piu' blasonati. Il suono è sempre claustrofobico, ossessivo e psicodrammatico, concepito come un inarrestabile assalto noise-core, tuttavia rispetto al predecessore notiamo una maggiore compattezza e fiducia nei propri mezzi.
L'apertura di #1 è un po' una sintesi delle puntate precedenti: clima asfissiante, senso di angoscia prolungata e cataclisma noisy finale. Micidiale.
#2 e #5 sono dolorose ferite mentali che si dipanano attraverso strati di rumore apocalittico, una sorta di jam tra Breach e Dazzling Killmen. L'ascoltatore avvezzo a certi estremismi sa che spesso il rischio è di riproporre stancamente il solito canovaccio noise-core con minime variazioni sul tema; ebbene, questi terroristi sonori hanno il dono di essere sinceri ed appassionati senza risultare calligrafici. Un brano devastante come # 3 è esemplificativo a tal proposito: giro di basso ipnotico su cui si innestano vortici dissonanti e uno scream "perso" a drammatizzare l'atmosfera. L'effetto di questo wall of noise è simile all'essere investiti in pieno da un treno ad alta velocita'.
Il clima generale, decisamente apocalittico (o meglio da odissea personale), è affine a band transalpine come Celeste e soprattutto Mihai Edrisch, a testimonianza di una certa fascinazione europea per le sonorita' piu' oscure.

Rimproveriamo ai Gerda solo una certa monodimensionalita' nelle soluzioni adottate e l'utilizzo di alcune lungaggini (gli undici minuti di # 4 ). Ma tutto sommato cosa chiedere di piu' da un disco che si propone solo di devastare i timpani e la psiche?

Strepitosi.

Marcello Semeraro

Gerda @Myspace

sabato, maggio 23, 2009

COALESCE CONTEST

Neuroprison in collaborazione con HellfireBooking mette in palio due biglietti per l’imperdibile ritorno dei seminali Coalesce, per questa occasione accompagnati da altre due band di indubbio valore, come i Torche ed i Kylesa. L’evento si terrà il 23 Giugno al Circolo Magnolia di Segrate (MI), in versione open air, e sarà aperto dai veneti Amia Venera Landscape.

Per partecipare al contest basta mandare una mail al nostro indirizzo di posta elettronica (neuroprison@hotmail.com) con le risposte, numerate, alle seguenti domande:

1) Quale nota etichetta si interessò per prima a loro e quali uscite discografiche ne risultarono?
2) I Coalesce realizzarono un tributo con cover di un importante gruppo dei 70's? Di quale band si tratta, come si intitola il disco e per quale etichetta uscì?
3) In quale band milita James DeWess, ex batterista della band, suonando le tastiere?

Bene, le prime due mail che ci arrivano contenenti tutte le risposte esatte decreteranno i vincitori del contest, che saranno a breve contattati per tutte le formalità del caso. ATTENZIONE: nella mail mettete in oggetto la dicitura “Coalesce contest”, in caso contrario tale mail verrà inesorabilmente cestinata!

mercoledì, maggio 20, 2009

RUGGINE - S/t (Ep)

image

Tracklist:
1.Tallium3
2.Mangio il Sole con gli Occhi
3.Gulasch
4.Succhio Latte
5.Excelsior



Se qualche tempo fa poteva apparire come un insieme di casualità, nel 2009 dovrebbe essere assodato che in Piemonte e in particolare nel cuneese circoli nell'aria una particolare alchimia di elementi, perchè la zona è divenuta una vera fucina di ottima musica, con un trademark ormai riconoscibile. Dead Elephant, Cani Sciorrì, Treehorn, Io Monade Stanca sono solo alcuni dei nomi che si possono citare, ma la scena è in costante espansione, quantitativa e soprattutto qualitativa.
I Ruggine si inseriscono con maestria tra questi act, e sotto le braccia della Canalese Noise Records (manco a dirlo, etichetta “madre” di molti gruppi sopraccitati) pubblicano un EP di cinque tracce, successore dello split con i Fuh a nome Fuliggine, dal connubio dei due monicker.
E’ un EP che vale oro quello sfornato dal quartetto, forte dell’utilizzo di due bassi, chitarra e batteria, si presenta come uno sfizioso antipasto, in attesa della pubblicazione prossima del full; per chi (pochi oramai) non seguano con attenzione quanto succeda a ridosso delle Alpi Marittime, un primo indizio del suono-Ruggine viene dalla discesa in quel di Senigallia per le registrazioni del nuovo materiale, ovviamente presso Red House Recordings di David Lenci.
Il secondo e più importante indizio, arriva direttamente dall’ascolto, come giusto che sia, ed ecco allora essere travolti dal magma sonoro sprigionato da Tallium3, quadrata e ruvida, in odore di Dazzling Killmen, trascinata dalla voce di Simone, sguaiata al punto giusto, dedita alla lingua nostrana che dona la giusta dose di riottosità che l’inglese avrebbe inficiato: è qui che risiede l’anima hardcore del gruppo, prima ancora delle sfuriate sonore.
Mangio il Sole con gli Occhi è il fiore all’occhiello del disco, tirata e strabordante scivola via tra gli spigoli della sezione ritmica, con un furia che farebbe impallidire gli Shora di Malval, ma con una vena melodica sempre in evidenza che impreziosisce il risultato finale. Il suono è crudo, affilato, subdolo nel modo in quale attacca l’ascoltatore che non può rimanere indifferente a una simile carica, coinvolgente e caldo quando si apre a momenti più rilassati come nella conclusiva Excelsior, sintomo di aver appreso con spirito critico quanto insegnato dagli Slint, più Tweez che Spiderland comunque in questo frangente.
Gulasch è un urlo verso il cielo, uno di quelli da vene gonfie sul collo, di liberazione, dove la chitarra prende tutti gli altri strumenti per mano, imperterrita e abrasiva.
Per chi custodisce un santino di Steve Albini questo EP può tranquillamente portare ad assuefazione, per tutti gli altri invece riserverà gradite sorprese, dovute a una freschezza compositiva superiore alla media, con ritmi da capogiro e inversioni inaspettate, quindi non si può far altro che attendere il prossimo disco per testare la caratura di quesi ragazzi, ma queste cinque canzoni fanno sperare assolutamente in positivo.

Neuros

Ruggine @Myspace

sabato, maggio 02, 2009

FUZZ ORCHESTRA - Comunicato n°2

image

Tracklist:
1. Il Terrorista
2.Amore Tossico
3. Hanno Cambiato Faccia
4. Focu D’Amuri
5. La Festa E’ Finita
6. Luglio 01
7. Volo Fuzz N.1
8. Marmo Rosso Sangue



“Avete cambiato faccia, ma continuate a succhiare il sangue alla gente”. La citazione, tratta da “Hanno cambiato Faccia” di Corrado Farina, può essere considerata il fulcro intorno al quale si snoda Comunicato n°2, seconda fatica sotto Wallace Records della Fuzz Orchestra, che a dispetto del nome, è sempre composta da tre elementi, ma come ci hanno abituato di recente altri act italiani (Morkobot, Lucertulas, Taras Bul’ba e tanti altri), non è necessaria la quantità per generare bella musica, e soprattutto volumi elevati.
A quasi due anni di distanza dall’esordio omonimo, la band torna più agguerrita che mai, evolvendo la propria proposta e il risultato finale pare dar ragione alle intenzioni. L’apertura del disco con Il Terrorista è lì a dimostrare ciò, perché se nel disco precedente le canzoni erano generalmente più fluide, ruotando a un nucleo di kraut-rock poi imbastardito di rumorismi e rock, quì la miscela è proposta al contrario, dove è il rock più furente a fare da padrone, chitarre sature in primo piano imbastardite dal piano assassino di Fabio Ferrarrio, a costruire scenari grotteschi e allo stesso di tempo di crescente protesta, come testimoniato dall’assalto all’arma bianca di Amore Tossico, un minuto e poco di più efferata esagerazione sonica, non lontana dagli ultimi lidi abbordati dagli Zu.
Hanno cambiato faccia si presenta come un idra, a ogni minuto spunta una nuova testa, un nuovo riff, un campionamento, in un concentrato dall’alto potenziale esplosivo, vigilato attentamente da Nosferatu. E’ una protesta che parte in sordina fino a traboccare quella dei tre, frasi e spezzoni di film fanno da cornice alla loro musica, funzionali ad esprimere il loro pensiero, e se le cose in questi ultimi non vanno bene ci tengono a rimarcarlo, e questi sono i risultati.
Nel mezzo del disco il golem di Focu D’Amauri prende la forma di fattezze doom, con lo spettro dei Black Sabbath sempre a fare capolino, ma con la tradizione popolare a fare da padrona, disegnando movimenti di disperazione e rassegnazione, la miccia che esplode in La Festa è Finita, dove gli spettri e i clangori del disco d’esordio tornano a fare visita, in un crescendo rabbioso e a denti stretti, con la chitarra di Luca Ciffo (Bron Y Aur tra i tanti) che si fa tagliente e maligna, sporcando di scorie radioattive l’assolo di sax suonato da Edoardo Ricci. I volumi esagerati del finale sono una liberazione momentanea, proseguendo nell’elefantiaca Luglio 01, asfissiante nel suo incedere, dilatata da risultare ostica, ricordando i Morkobot di Morto in veste jazz.
E come ci hanno abituati dall’esordio, non nascondo il tributo al rock italiano, quello in bianco e nero, datato, immagine di un’Italia ancora in formazione, quando le televisioni erano oggetto di culto e l’informazione faceva i suoi primi, innocenti passi. Non più Mina, questa volta l’omaggio è a Claudio Rocchi, dove il suo Volo Magico n°1 diventa Volo Fuzz n°1, dove la poesia e l’utopia (al giorno d’oggi) del bassista si scontrano con il drammatico realismo di Enrico Berlinguer sullo scopo del lavoro. Le tentazioni math-ematiche incontrano il suono di sarde launeddas e del malessere operaio nella conclusiva Marmo Rosso Sangue, in un finale nevrotico che chiude il disco così come era iniziato. Un approccio che ricorda i Melvins più invasati, quelli di Stag e Honky, che incontra la tradizione italiana e il suo presente dalle migliori speranze, musicali e non, è questo l’universo nel quale si muove la Fuzz Orchestra, e non ci si può che accodare alla loro frustrazione e alla loro protesta. Vampiri permettendo.

Neuros

Fuzz Orchestra @Myspace