lunedì, dicembre 22, 2008
ONE STARVING DAY
Dopo un debutto folgorante come Brokeng Wings Lead Arms to the Sun, stanno per tornare sulla lunga distanza gli One Starving Day; abbiamo contattato Pasquale per fare il punto della situazione, il quale ci propone anche interessanti anticipazioni riguardo al prossimo disco : Atlas Coelestis.
Ciao ragazzi! Nonostante il vostro primo album risalga a più di due anni fa la storia della band è abbastanza datata, quindi presentate ai nostri lettori come è nato questo progetto.
(Pasquale) Il progetto nasce nel 1997. Per alcuni anni avevo fatto parte di alcune band di matrice HC, tutte con certe velleità innovative. Ciononostante ero sempre profondamente insoddisfatto del risultato finale, così decisi di avviare un progetto tutto mio per realizzare ciò che avevo in mente. Il gruppo è stato poi formato aggregando persone che in termini di attitudine e ascolti potessero essere vicini alla mia. Tra questi ovviamente alcuni dei miei più cari amici dell'epoca (Francesco, Andrea e Marco) e mio fratello (Dario). Il processo di evoluzione è stato lento, ma ad oggi credo che abbiamo sviluppato un certo modus operandi che caratterizza lo stile del gruppo.
“Broken Wings..” è stato pubblicato per Planaria Recordings (Extra Life, Dead Meadow, Shining Path tra gli altri). Come siete entrati in contatto con la label e come vi siete trovati con questa?
Dopo aver registrato il nostro primo album, abbiamo spedito ill promo ad alcune etichette. La Planaria ci ha subito affascinati perché si presentava come un'etichetta eclettica, che non seguiva nessun principio di tipo aziendalista. Una volta entrati in contatto con Nick (Pimentel, il titolare della Planaria) abbiamo riscontrato una certa affinità in termini di attitudine. Nessun compromesso, produrre solo ciò che piace senza pensare a quante copie potrà vendere il disco e, soprattutto, Nick si è dimostrato una persona alla mano, mossa solo dalla passione per la musica. Non è il classico tipo a cui bisogna leccare il culo per farti produrre un cd. Ovviamente non tutto è andato liscio come l'olio dato che ci ha fatto aspettare quasi due anni prima che il disco uscisse. In fin dei conti, a posteriori, siamo contenti di aver pubblicato il primo disco per la Planaria.
Vi è stata poi una versione in vinile del disco sotto KNVBI Records. Amore per questo genere di formato o cos’altro?Come mai questa scelta?
Credo che chiunque suoni musica rock abbia un amore atavico per tale formato, che è praticamente il supporto per eccellenza della musica che suoniamo ed ascoltiamo. La KNVBI per certi versi è assimilabile alla Planaria. Shawn (il titolare dell'etichetta) ci ha dato carta bianca e non ci ha posto alcun limite in termini di budget per la realizzazione del vinile. Abbiamo deciso di aggiungere due brani rispetto alla versione in cd e credo che il risultato finale si stato davvero eccellente, l'artwork rende benissimo in relazione al packaging del doppio lp ed il vinile argento e nero è davvero molto bello. Tra l'altro la risposta in termini di vendite è stata ottima, credo infatti che tra non molto sarà sold out .
Alla luce della domanda precedente, si può notare come il packaging sia davvero curato e l’aspetto visuale emerge prepotentemente anche dal cd, dal vostro sito, dalla pagina myspace. Quanta importanza ha per voi questa parte del lavoro?
Ovviamente tantissima. Credo che la componente visuale sia parte integrante della musica perché, se concepita con cura e perizia, è in grado di aggiungere potenza comunicativa ad un disco.
Le vostre origini sono nell’hardcore, ma il vostro suono si è evoluto, inglobando frammenti post-rock, folk e doom. Come riuscite a convogliare tutte queste influenze nel vostro suono senza snaturarlo, e quanto c’è ancora dell’originaria passione hc?
Io credo che non c'è alcun pericolo di snaturare il nostro suono in quanto la sua natura è proprio la somma di tutte queste influenze che combattono tra di loro. Il prevalere di alcuni elementi rispetto ad altri cambia e cambierà da disco a disco ma il tutto avviene in maniera totalmente naturale e spontanea. In più credo che i generi da te citati siano sicuramente presenti nel nostro suono, ma non sono gli unici. Credo ci siano anche influenze cosmiche , prog e kraut, e sebbene tali elementi siano un po' in secondo piano in BWLAttS saranno molto più presenti e distinguibili nel prossimo disco (che abbiamo già registrato ormai più di un anno fa).
Per ciò che concerne l'originaria passione HC, beh quella non passa mai. Io credo che più che una forma espressiva, essa risieda maggiormente nell'attitudine e da questo punto di vista cedo che sin dalle origini non sia cambiato nulla.
Fate Drainer presenta numerosi rimandi al suono settantiano? E’ questo una vostra influenza?
Sicuramente. La maggior parte dei membri della band è composta da onnivori musicali. Io ascolto di tutto e sicuramente se penso agli anni '70 mi vengono in mente band che definire gloriose è quasi riduttivo (Tangerine Dream, Ash Ra Tempel, Heldon e Pink Floyd tra gli altri). Queste band, come tante altre a seguire negli anni, sono state una vera e propria scuola per alcuni di noi.
Silver Star Domain è la traccia di chiusura dell’album e si distacca abbastanza da quanto proposto nelle precedenti canzoni. Come è nata e cosa vi siete ispirati per comporla?
L'idea era quella di chiudere il disco con un brano che si contrapponesse a quelli precedenti. Anche il titolo è in completa antitesi a quello della canzone che apre il disco (Black Star Aeon), L'argento è l'elemento purificatore e il suo dominio è come una redenzione contrapposta all'oscurità assoluta ed estremamente longeva a cui fa riferimento Black Star Aeon.
In generale il mood del disco è crepuscolare..
Certamente. Diciamo che musicalmente il disco è costruito su semplici pattern ridondanti che cercano di accumulare una certa tensione emotiva che deflagra nelle aperture più propriamente rock delle nostre canzoni. Se ripenso a tutte le band che maggiormente ho apprezzato nella mia vita, posso constatare che il tratto che accomuna tutte queste è proprio questa vena crepuscolare e decadente di cui parli. Credo quindi che per certi questa è rimasta come influenza principale del mood di tutti i brani che componiamo.
Ormai tutti sanno dell’origine del vostro nome, ovvero la poesia “E’ ora famelica” di Ungaretti. Quanto è importante la poesia a livello personale e quanto influisce nell’esito finale dei componimenti?
Io sono appassionato di poesia. Sono sempre stato affascinato dalla similitudine tra una canzone ed una poesia. Entrambe possono essere riascoltate/rilette in momenti diversi e darti sensazioni molto diverse in base al tuo stato d'animo, proprio la loro capacità di essere legate al momento e all'emotività mi ha sempre affascinato. Ovviamente ci tengo a precisare che non ho mai pensato ai miei testi come a delle poesie in quanto i primi sono solo delle fotografie di emozioni e pensieri, mentre le seconde richiedono una disciplina ed un livello di elaborazione che io non credo di avere.
Sul vostro sito, sotto la biografia vi è un trafiletto riguardante il Logo della band. Potete spiegarcene il significato?
Onestamente quel logo risale ai primissimi periodi della band. Lo usammo nella press sheet del nostro primo e unico demo, ma poi con l'evoluzione della band (e soprattutto con la crescita delle persone in essa) ha perso di significato. E' tuttora presente sul sito perché ci ricorda da dove veniamo e chi eravamo, in modo da capire meglio chi siamo oggi. Credo molto che si cresca sommando le proprie identità che cambiano nel corso degli anni piuttosto che cancellare, rinnegare e ricominciare da capo ogni volta.
Il vostro secondo album doveva essere registrato nella prima metà del 2007 ma poi non si è saputo più niente; cosa è successo al riguardo?
In effetti abbiamo registrato e mixato il nostro secondo album (Atlas Coelestis) con David Lenci al Redhouse studio in due tornate nella primavera/estate del 2007. Usciti dallo studio ci siamo guardati un po' intorno con la nostra proverbiale flemma. Ci sono stati vari tira e molla con diverse etichette (di cui alcune davvero importanti), ma poi per vari motivi non si è riusciti a mettere su la cosa. Adesso (dopo ormai più di un anno e mezzo) sembra che le cose si stiano sistemando,. Il lavoro verrà masterizzato a breve presso il Chicago Mastering Service (Bob Weston e Jason Ward) e abbiamo degli accordi di massima con alcune etichette per ciò che concerne la release digitale ed il vinile. Il tutto però è ancora in evoluzione e magari speriamo di riuscire ad inserire qualche altro partner per la realizzazione del cd.
Potete darci qualche anticipazione al riguardo e soprattutto verso coordinate sonore intraprese?
Ci sono due medley sul nostro myspace che riassumono un po' le coordinate sonore del nuovo disco. Tutto sommato direi che i pezzi sono più articolati, e la componente elettronica è più presente oltre che più variegata. In Broken Wings Lead Arms to the Sun l'elettronica era tutta rigorosamente vintage, per Atlas Coelestis oltre ad ampliare l'arsenale di macchine vintage ne abbiamo anche adoperate altre più moderne (anche se sempre rigorosamente analogiche). Abbiamo poi mantenuto la presenza del violoncello (suonato stavolta da Andy Nice, che ci è sembrato subito la persona adatta anche i virtù delle sue passate collaborazioni con i Cradle of Filth) e aggiunto l'harmonium in quattro brani e il sassofono in uno. Per ciò che concerne la componente più propriamente rock del gruppo devo dire che stavolta il maggior tempo a disposizione in studio ha dato i suoi frutti, nel senso che i suoni e la resa generale sono nettamente migliorati. Più di ogni altra cosa però credo che il miglioramento decisivo stia nella scrittura e nell'arrangiamento dei pezzi. Sostanzialmente Atlas Coelestis è a mio avviso un album più maturo e molto più “complesso” del precedente.
Siete originari di Napoli; come è la realtà musicale della zona? E per quanto riguarda il supporto alle band?
In tutta onestà da quando alcuni centri sociali hanno chiuso (e parlo di tanti tanti anni fa ormai) la situazione è molto grigia. Per di più non credo che in città ci siano gruppi di valore superiore alla media. Di tutto questo però a noi non è che interessi più di tanto dato che abbiamo sempre avuto poco in comune con le realtà musicali della nostra città. Noi abbiamo un'attitudine completamente diversa rispetto alle persone che girano negli ambienti musicali napoletani. Rispettiamo tutti, ma abbiamo una serie di codici e valori che per noi sono tutto, nella musica come nella vita in generale. Se le cose si possono fare alle nostre condizioni va bene altrimenti passiamo la mano, siamo sempre stati autosufficienti e abbiamo sempre fatto tutto da soli, non abbiamo bisogno di nessun altro che noi stessi per portare avanti il nostro progetto, fino ad ora in città non abbiamo mai incontrato persone con un certo tipo di attitudine e quindi abbiamo sempre preferito restare ai margini di certe realtà che benché stilisticamente possano sembrare a noi affini sono lontane anni luce in termini di attitudine.
Bene ragazzi, è tutto per ora!Grazie mille per la disponibilità, a voi la chiusura dell’intervista.
Vorremmo ringraziarvi per questa intervista e per l'interesse mostrato nei nostri confronti. E' grazie a persone come voi che la musica è viva; la passione per la musica di persone come voi la rende viva. Grazie Simone e grazie a tutti gli altri ragazzi di NeuroPrison.
Neuros
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