lunedì, luglio 21, 2008
PUTIFERIO
Putiferio, ovvero la nuova (e destabilizzante) creatura noise nostrana, ha pubblicato quest'anno via Robot Radio il proprio debut album "Ate Ate Ate"; dopo la nostra recensione abbiamo sentito Mirco, Giulio, Walter e Panda per saperne di più...
Ciao ragazzi, innanzitutto parlateci di quando si è formata la band e cosa vi ha spinto a dar vita a questo progetto…
Mirco- Guarda, pare che tutto sia iniziato a fine 2003-2004, io sinceramente non me lo ricordo, so che al tempo io e Giulio ci frequentavamo abbastanza, ma non avevamo mai suonato assieme così abbiamo iniziato con qualche prova, presto si è aggiunto Walter, anche lui amico di vecchia data. Fin dall’inizio si è trattato di un progetto abbastanza discontinuo, e questo spiega l’enorme lasso di tempo per la prima uscita, ma con l’arrivo di Panda alla voce e i primi concerti ci siamo dati un pò una regolata. Direi che alla base del progetto ci stanno i rapporti di amicizia e la voglia di dire la nostra sulla musica che amiamo.
Walter- Ricordo che ero in macchina con Giulio, ascoltavamo vari dischi nell’autoradio e giungevamo alla conclusione che in quei dischi c’era povertà d’idee e che davano pochi stimoli. Dovevamo dire qualcosa di forte , fare qualcosa che scuotesse. Giulio aveva ripreso in mano le bacchette da poco e si lanciava con Mirco in improvvisazioni con metriche forsennate. Un pomeriggio sono passato di lì e mi sono attaccato a un’amplificatore , la cosa si è dimostrata molto intrigante …. l’arrivo del Panda alla voce è stato fondamentale, è così difficile trovare un cantante che sia interessante e che porti i calzini intonati alle scarpe.
Le ragioni delle scelta del monicker Putiferio, se ce ne sono?
Panda- Non è che ci siano ragioni particolari alla base, come tanti gruppi abbiamo fatto sedute lunghe e divertenti per scegliere il nome… anzi, forse ne avevamo partoriti di più divertenti, sfrontati, geniali, qualcuno suonava pure meglio di putiferio… ma putiferio, che ci è piombato dal cielo via SMS, da un’idea di Giulio e, leggenda vuole, con l’imprimatur di King Buzzo, è proprio quello che ci calza a pennello…
Walter- Definisce molto bene ciò che siamo. E sta sotto la decina di lettere….ottimo.
Dall’ascolto del disco si percepisce una innata voglia di sperimentare, partendo da radici comuni e ben consolidate nel noise rock e nel post-hardcore, ma aprendo a soluzioni finora mai o solo marginalmente abbozzate in tutti i vostri gruppi precedenti; nel processo compositivo sono uscite fuori con prepotenza le vostre affinità oppure alla fine il risultato rispecchia l’incontro di menti simili ma dissociate?
Mirco- Penso che in questo disco siano ben rappresentate sia le nostre affinità che le nostre divergenze, e questo è un bene perché nonostante qualche attrito ciò a portato a diversificare il risultato finale. Era comunque una prerogativa e un ambizione comune quella di cercare di avere una nostra personalità e di sfuggire per quanto possibile a etichette e catalogazioni.
Giulio- C’è anche da dire che stiamo invecchiando, inesorabilmente, e visto l’inarrestabilità del processo, cerchiamo di vagare in tutte le direzioni possibili, per cui rallentiamo, ci calmiamo e diventiamo quasi appena percettibili…poi di colpo qualcosa ci fa incazzare, e ci scateniamo di nuovo…stiamo suonando le nostre vite, raccontando le nostre vite.
La decostruzione è ciò, insieme naturalmente alla ricerca di nuovi spunti sonori, che caratterizza maggiormente i vostri brani; ciò è da imputare alla voglia di improvvisare senza lasciarsi condizionare da qualsiasi schema di genere, oppure vi siete fatti prendere totalmente la mano per poi dire “ok lasciamo tutto come sta….e putiferio sia!”?
Mirco- Come dicevo prima, l’approccio è stato abbastanza istintivo e volontariamente sganciato, per quanto possibile, da schemi e generi. I brani si sono sviluppati così, senza seguire un particolare disegno, facendo venire a galla le sonorità che più ci coinvolgono e senza porci limiti di sorta.
Qualcosa poi è stato aggiunto o cambiato in studio durante le registrazioni, grazie anche al contributo degli amici che hanno accettato di suonare nel disco. “Hate Ate 8” ad esempio è stata composta durante le registrazioni.
Sbaglio o in “Hate Ate 8” avete dato ampio spazio a sonorità elettro-wave?
Mirco- Si in effetti volevamo un pezzo con più respiro e un atmosfera diversa dal resto del disco. Tutto è partito da un loop di batteria di giulio, poi abbiamo giocato con un pò di effetti e aggiunto voce e tromba.
Giulio- …sai com’è..il bello di un disco è anche questo: lavoro sodo e sudi sette camicie per mesi per creare cinque pezzi, e poi in tre ore, ne fai uno stupendo che apre mille possibilità…
Giulio, con i Putiferio sei tornato ad un vecchio amore, la batteria; nel farti i complimenti per la bella prova ti voglio chiedere come ti sei trovato nello stare di nuovi dietro le pelli?
Giulio- Guarda, ti dirò, ho messo su qualche chilo di troppo, e nonostante cerchi di suonarla il più possibile, mi sa che mi sono inguaiato da solo! Mi piace molto la ritmica, nella musica, credo sia la parte fondamentale di questa..il battito del nostro cuore. Cerco di esplorarla in tutte le sue forme, senza purtroppo magari dedicarci il tempo necessario, però cerco di capire dove stà il trucco.. nel frattempo, nascono dischi e canzoni..direi che non avevo mai smesso di suonarla, dentro di me, ma semplicemente non avevo attorno le persone giuste con cui farlo. Adesso si.
Credo che gli arrangiamenti e la scelta dei suoni non siano in gran parte studiati in funzione dell’aspetto live anzi, tutt’altro direi; come avete pensato di rendere i pezzi dal vivo? Puntando sull’impatto frontale innanzitutto?
Mirco- Nel fare il disco ci siamo concentrati più su come farlo che non su come renderlo live, non necessariamente le due dimensioni devono coincidere. Nel registrare ci siamo presi delle libertà e magari live ce ne prendiamo delle altre. Detto questo, non è che ci sia poi molto di diverso, sicuramente l’inserto elettronico su cui comunque stiamo lavorando, tempo permettendo, e ovviamente le collaborazioni.
Giulio-Fare un disco non è fare un concerto. Nel disco è giusto metterci quello che mai riuscirai a fare dal vivo, perché il fruitore dev’essere affascinato da quello che ascolta. Se ne deve innamorare, a tutti gli effetti. A gente come nick drake bastano una chitarra e la sua voce, noi abbiamo bisogno di più orpelli e soluzioni che ci permettano di spaziare all’interno dei nostri eghi. Dal vivo devo dire che non è sempre facile cercare di catalizzare l’attenzione, perché comunque i pezzi sono parecchio difficili da suonare, e comunque l’adrenalina e l’emozione non ci aiutano. Però ti posso garantire che tutto quello che suonato da noi quattro nel disco, è riproposto nella stessa chiave durante il concerto, semplicemente è di un colore diverso…(mi son spiegato?..mah….)
Parlateci del titolo dell’album ed in particolare dei contenuti lirici….disagio sociale o anche disagio interiore?
Panda- Sicuramente il disagio è interiore, anche se si fa uso di metafore e analogie che guardano al sociale, come nel continuo ricorrere ai termini di pace e guerra. I testi raccontano una storia, o meglio sono una riflessione (dis)articolata sull’odio come rimedio alla sofferenza… ecco perché “ate ate ate”, è l’odio senza l’acca, una specie di odio incompiuto perché manca la radice della malvagità.. allo stesso modo nel titolo c’è una allusione al mangiare, perché questa particolare forma d’odio, di antagonismo salvifico, raramente fa bene, anzi tende a consumare, a mangiarsi chi a quel sentimento si aggrappa. Quindi, il titolo, i disegni, l’album intero li puoi forse interpretare in questo senso…
La vostra è musica fuori dagli schemi ma immagino che siate aperti a qualunque tipo di influenza, anche la meno ipotizzabile; quanto è importante l’apertura mentale ed assorbire qualcosa da tutto ciò che ci circonda (e non mi riferisco solo al lato strettamente musicale)?
Mirco- Secondo me è inevitabile che in una manifestazione così personale come il fare musica, ma chiaramente lo stesso vale per qualunque altra forma di espressione, vengano convogliati i più svariati imput cui ciasuno di noi è sottoposto, siano i dischi o i concerti che ascolti, i libri o i film che ti hanno colpito, le emozioni, le incazzature, etc, chiaramente tutto viene poi frullato e filtrato attraverso le sensibilità di 4 persone che inevitabilmente differiscono. Se il tuo approccio nel far questo è di apertura può essere che scavi in più direzoni, non so se trovi prima o dopo il tesoro, però rendi il terreno più dissestato.
Ci sarà un secondo capitolo in futuro, ed in tal caso, cosa possiamo aspettarci?
Mirco- Me lo auguro, magari neanche troppo in là nel tempo, ma sinceramente non so neanche io cosa aspettarmi.
Giulio- Voglio rincuorare tutti, compresi i compagni di viaggio, che personalmente spero che quanto prima si arrivi a mettere in cantiere qualcosa di nuovo, di sicuro con l’anno venturo, e magari qualcosa che sorprenderà di nuovo. Reinventarsi è la sorgente della voglia di vivere, se non ci si reinventa e mette in gioco di continuo, si muore. E per adesso, siamo ancora giovani per pensare alla morte.
Walter- Spero a presto un secondo capitolo, salterei anche direttamente al terzo…
Cosa c’è nei vostri imminenti programmi? Porterete in giro live il più possibile la vostra musica?
Mirco- Magari!
Giulio- Diciamo che da ottobre ci impegneremo in questo senso: cercheremo di fare tutti i concerti che non siamo riusciti a fare in questi mesi
Walter- Con tanto sudore.
Cosa avete ascoltato ultimamente? C’è per caso qualche nome che volete segnalare o che avete scoperto di recente e che merita attenzione?
Mirco- Jealousy Party “Again”, Thank You “Terrible Two”, Butcher Mind Collapse “Sick Sex and Meat Disasters ……..”, 7K Oaks, Burial “Untrue”
Giulio- il vento, le sirene della polizia, l’aspirapolvere della vicina e il suo modo “pesante” di scendere le scale. C’è talmente tanto di buono e di cattivo nella musica di oggi, che personalmente faccio una fatica boia ad ascoltare musica nuova..mi fido di mirco, che è il più ferrato sull’argomento. Al momento ascolto la PFM e l’ultimo disco di un gruppo Americano che si chiama Ween, e ancora steve winwood e Gerard grisey…
Walter- Ten Volt Shock “Ten Volt Shock “, Chesterpolio “Chesterpolio”, Lucertulas “Tragol de rova”, Smart cops 7”.
Grazie per il tempo che ci avete dedicato e nel salutarvi vi lascio lo spazio per un ultimo sfogo…a voi!
Mirco- Grazie a voi e in bocca al lupo per Neuroprison, ci si vede tutti il 23 agostoooooooooooooo!
Giulio- Non perdete quel concerto per nulla al mondo. Perché è uno di quei concerti che ti può cambiare la vita. Per sempre.
-Edvard-
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento