sabato, luglio 26, 2008

STALKER



Dopo aver recensito l'ottimo debut album della band, abbiamo contattato Luca e Alberto, che fanno il punto della situazione per gli Stalker...


Ciao ragazzi, innanzitutto parlateci di come sono nati gli Stalker; quali erano le vostre esperienze musicali precedenti?

Gli Stalker sono nati nell’estate del 2006. Il gruppo, di 5 persone, è composto da 4 membri dei Kafka (Michele P., Mauro S., Luca V. e Luca G. ) ed 1 membro degli Ex-Otago (Alberto) alla voce.
Tutti noi abbiamo poi avuto altre esperienze precedenti, ma probabilmente queste sono meno significative rispetto ai Kafka.
Inoltre alcuni di noi suonano in altri gruppi attualmente in attività, come Ex-Otago, Ur, Downright….
Tanto per dare qualche informazione meno nozionistica spendo una parola nello spiegare quali sono le motivazioni che ci hanno spinto a terminare un progetto, parlo ovviamente dell’esperienza Kafkiana, per creare questo nuovo gruppo.
Dopo circa 12 anni di attività molti di noi si erano “stancati” di suonare quel genere di musica, per le nostre orecchie ormai solito e quasi routinario. Parlo ovviamente da un punto di vista prettamente “estetico” non dell’entourage nel quale questa musica prende forma.
Un nuovo progetto ci da la possibilità di costruire da zero qualcosa di nuovo dedicandoci nuovamente alla ricerca musicale e dandoci nuovi stimoli.
Inoltre le realtà personali dei componenti del gruppo sono mutate radicalmente: in pratica abbiamo iniziato a suonare insieme che eravamo 5 ragazzini, mentre ora siamo 5 adulti con figli,lavori,impegni.
In poche parole abbiamo terminato un’esperienza per iniziarne una nuova più congrua alla nostra situazione attuale e che ravviva il nostro interesse per la musica

Il vostro album di debutto è stato pubblicato dalla Produzioni Sante Records (Cibo, Go Down Moses, Santantonio). Come siete entratti in contatto con la label e qual’è il vostro rapporto con questa?

Il tutto è successo all’ AntiMtvDay dello scorso anno. La serata è stata bellissima sia per i gruppi che suonavano che per la partecipazione delle persone venute al concerto.
Siamo ancora grati a Nico dei Laghetto per l’invito. Di quella sera ricordo molti gruppi interessantissimi, tra cui GiJoe, Laghetto, SiNonSedesIs, Ovo... Quella sera c’era anche Luca di Produzioni Sante che si è appassionato alla nostra musica, e da li è nato tutto.

Il vostro suono è molto potente e allo stesso tempo secco, d’impatto. Come si è svolta la fase di produzione e mixing del disco; siete soddisfatti di come suoni?

La fase di registrazione è stata lunga e complicata: le canzoni non erano ancora nella fase definitiva, quindi abbiamo scelto una situazione di compromesso: abbiamo registrato la batteria al Green Fog Studio di Genova e tutto il resto per conto nostro. In questo modo abbiamo avuto la possibilità di registrare con calma scegliendo i campioni e le sovra-incisioni più opportune. Per quanto riguarda i suoni ho cercato di mantenere la timbrica propria dei nostri strumenti che erano già adatti per il genere, cercando di dare più tiro possibile ad ognuno mantenendo la naturalezza del timbro. Questo perché i suoni moderni e digitali da nu-metal non ci piacciono gran che (vedi line6 e compagnia bella).
In fine abbiamo portato il risultato del mixing di nuovo al Green Fog, dove Mattia (chitarrista Meganoidi) ha fatto il mastering finale rifinendo l’insieme.
Il risultato del tutto mi sembra buono, soprattutto considerando il budget che abbiamo investito (ovviamente in questi conteggi le decine di ore che sono state necessarie per arrivare alla fine non si contano mai!!!)

Wave Your Hand Goodbye è la traccia d’apertura dell’album, introdotta da un citazione tratta da “Un Borghese Piccolo Piccolo”; cosa vi ha spinto a questa scelta ?

In realtà la scelta è molto meno studiata di quel che si potrebbe immaginare, anche perché testo e campione sono stati realizzati separatamente, quindi non c’è un’integrità concettuale piena tra i due.
Più che altro ci sembrava molto azzeccato l’abbinamento tra il tono apocalittico del Sacerdote che, autoinvestitosi di un’autorità morale, sentenzia ed addirittura augura la “Morte Generale” all’umanità, e le atmosfere create dalla musica.
Poi, ma qui parlo personalmente, mi piace dare dei contenuti ai pezzi che riguardino la vita reale delle persone. A volte i pezzi metallosi apocalittici vertono un po’ troppo al fantasy, mentre nel film viene riportata una situazione di disagio sociale reale (vedi i patetici e disperati tentativi di fare avere al figlio un posto nel pubblico impiego arrivando addirittura ad assecondare dei ridicoli riti massonici, le morti che avvengono, la pazzia che giunge per la non accettazione di una situazione così tragica...insomma le tragedie che possono riguardarti quotidianamente )

Una carattestica del vostro suono è quella di alternare poderosi muri a sonori con parentesi di più ampio respiro; come avviene il processo compositivo in questo senso e chi si occupa del songwriting?

La composizione avviene sempre in modo corale in saletta, per quanto il maggior contributo creativo è quello di Mauro (Chitarra).
Io da parte mia sto orientando la mia ricerca in direzioni differenti dalla composizione dei riff, infatti sto cercando di costruire degli effetti (vedi DIY), ma penso che i risultati di questo lavoro si vedranno solo tra un po’.
La struttura delle canzoni non è definita a priori, ci piace per l’appunto alternare riff molto pesanti dove cerchiamo di creare un ritmo molto scandito ed un tiro sempre presente a parti più minimaliste o psichedeliche, dove ovviamente la portanza va a perdersi in favore di parti più “rilassate”.
Inoltre cerchiamo di avere una dinamica molto più ampia di quanto non facessimo con i Kafka dove tutti i pezzi erano lanciati e fracassoni dall’inizio alla fine.

L’artwork è cupo, austero, urbano; pare riflettere fedelmente la musica.

In effetti per trovare quello più adatto c’è voluto un bel po’. Ci siamo avvalsi per la parte grafica dell’aiuto di un nostro amico Alessandro Falcone (http://www.flickr.com/photos/zena011/) e per le fotografie di un altro caro amico e collaboratore, Davide Pambianchi (http://www.freaklance.net/) che ci ha gentilmente concesso l’utilizzo delle fotografie del cementificio, dell’ ospedale psichiatrico e di tutto l’altro materiale contenuto nel libretto.
Alla fine siamo arrivati a questo bellissimo risultato.
A me è piaciuto moltissimo la reinterpretazione apocalittica dei paesaggi urbani della nostra città.
Di per se i soggetti usati sono parecchio inquietanti, infatti sia l’ospedale psichiatrico che il cementificio non sono proprio i posti migliori dove passare la domenica pomeriggio.
In qualche modo le pareti di queste strutture, abbandonate già da anni, trasudano ancora la drammaticità delle vite che si sono consumate al loro interno. Ovviamente se siete appassionati di fotografia e di “archeologia della decadenza” (quindi di costruzioni abbandonate, archeologia industriale...) allora si che vi divertireste a fare un giretto in questi edifici. La nostra città ne è piena.

Da dove traggono ispirazione i vostri testi? Alla luce della citazione di cui parlavamo prima pare che cinema e letteratura siano molto importanti, o sbaglio?

(Alberto) : Cinema e letteratura sono molto importanti anche per gli altri componenti del gruppo… per i testi mi ispiro parecchio alle situazioni,agli eventi,ai fatti che incontro nel quotidiano... successivamente le emozioni rimaste (un po’ come 1 un colino) vengono portate all'esasperazione...apocalittica.

Siete compaesani dei Vanessa Van Basten, con i quali avete anche condiviso il palco più di una volta. Loro hanno dedicato una canzone, “Il Faro” , alla città di Genova. Come sono i vostri rapporti con essa, e quanto influisce sulla vostra musica?

Vivo nella mia città con grande piacere. Penso sia evidente a tutti come questa sia particolare: tra mare e monti, piena di gente proveniente da tutto il mondo (e non alludo ai turisti), così singolare ad ogni colpo d’occhio.
E’ l’unico posto al mondo che ho visto dove ogni strada, angolo, vicolo è diverso dagli altri: le strade si adattano al paesaggio e non viceversa e le case si arrampicano sulle pareti scoscese delle colline semiaride. Inoltre il centro storico è per molti aspetti decadente, sia per l’incuria degli occupanti che per l’architettura in se, ed il fatto che sia chiuso al traffico lo rende come un paesino perso nel tempo all’interno della metropoli. E poi il porto, il mare...

Quale suono ricercate in una vostra canzone? Potreste illustrarci sulla vostra strumentazione?

Il set dei nostri strumenti è abbastanza classico, batteria Pearl, testate Peavy, basso Ampeg. Poi abbiamo in dotazione alcuni effetti (delay e riverberi), i campioni realizzati al pc, ed ultimamente stiamo cercando di inserire qualche traccia di sax. Infatti ci piacerebbe arricchire le canzoni con parti suonate da altri musicisti (come nel caso del sax, vedi David Avanzini degli UPON http://www.myspace.com/unsolvedproblemsofnoise ) in modo tale che gli Stalker diventino un progetto aperto e non un gruppo come normalmente viene inteso. Dal momento poi che muoversi in tanti è sempre difficile abbiamo pensato che registrare le tracce delle persone che suonano con noi e usare come campioni sia la soluzione più facile da usare.

Se doveste dirmi una band e una figura fondamentali per la vostra crescita musicale e nella vita, chi scegliereste?

Tanti: Black Sabbath, Isis, Aphex Twin, WithLove, Botch, Pink Floyd, Ministry ed un’infinità di altri. Per quanto riguarda la figura non ho particolari riferimenti, non mi piace il divismo ne tantomeno idealizzare le persone, vedo solo tante singole idee.
Questo potrebbe aprire un discorso molto interessante sul fatto che le creazioni artistiche o in generale le cose prodotte dagli uomini siano una conseguenza naturale del tempo e che in qualche modo, al momento giusto, debbano necessariamente essere scoperte, rilegando ad un ruolo secondario l’importanza soggettiva delle persone. C’è una bellissima canzone di Bjork , "The Modern Things"che dice:

“all the modern things
like cars and such
have always existed

they've just been waiting in a mountain
for the right moment...”

Probabilmente Bjork alludeva ad altre cose e pensieri, ma il testo viene a pennello per questa riflessione. In altre parole è come se l’importanza individuale venisse in qualche modo ridimensionata. Come dire: “ E’ vero che Einstein era un genio e solo lui poteva fare tutto quel che ha fatto, ma non si è inventato tutto da solo, ha solo applicato la meccanica razionale al relativismo galileiano ovvero ha applicato uno strumento innovativo del suo tempo e l’ha applicato ad un concetto vecchissimo. Penso che su questo argomento si potrebbero scrivere dei trattati e non ho ne il tempo ne le competenze per farlo, quindi mi fermo.

L’album sta ricevendo i primi positivi responsi da stampa cartacea e virtuale. Vi aspettavate questo interesse nei vostri confronti? E come è l’accoglienza in fase live?

Quando abbiamo iniziato questo progetto non sapevamo cosa aspettarci, per diversi motivi: è infatti vero che con i Kafka abbiamo girato per largo e per lungo conoscendo moltissime persone, ma il cambio di genere è stato veramente totale. Come detto le canzoni dei Kafka erano tutte tirate, e la gente veniva ai concerti per dimenarsi e fare stage diving. Insomma era una musica assolutamente d’impatto, quasi come la technazza sebbene ovviamente da un punto di vista contestuale il panorama, il mood e le idee delle persone che venivano ai concerti erano completamente differenti. Con il nuovo gruppo invece la musica è divenuta molto più “meditativa e celebrale”, ovvero pur essendoci parti sostenute la maggior parte dei pezzi è molto lenta ed ossessiva.
Inoltre mentre prima i pezzi erano composti da un’insieme di riffs in rapida successione adesso privilegiamo sviluppare un’idea inserendo molte più variazioni all’ interno di un unico riff, assecondando un po’ di più l’idea della modularità e del campionamento tipico del mondo della musica elettronica e del sampling. In pratica la ripetizione esasperante di una stessa base sulla quale però si alternano linee strumentali o suoni diversi nel tentativo di creare crescendi dinamici.
In realtà la risposta che abbiamo avuto è stata entusiasta. La cosa che mi ha sorpreso di più è che la nostra musica sembra piacere non solo alle persone che ci ascoltavano prima (vedi a sottovalutare l’apertura mentale delle persone!!!) ma anche ai fonici. A volte scappano frasi del tipo : “figo, roba alla Neurosis”, e tu silenziosamente gioisci nel di dentro.

Cosa pensate riguardano la scena musicale della vostra città e dell’Italia in generale? E riguardo i locali nei quali suonare?

Negatività!!! Purtroppo la situazione non è assolutamente rosea. I locali scarseggiano, anzi sono praticamente scomparsi. Vige infatti nella nostra città una volontà nefasta da parte delle istituzioni di voler chiudere tutti i locali ed i club musicali “underground” in favore di quegli splendidi ed asettici wine bar da 7 euro al bicchiere dove oltre i soliti cd di finissima musica lounge non c’è mai nulla di interessane.
R.I.P.: Madeleine Café (con la gestione precedente che organizzava i concerti), il Fitzcarraldo, il Mascherona…... Fortunatamente gli organizzatori (vedi Matteo Casari di Disorderdrama http://www.disorderdrama.org/, la Claudia di 2ndskin http://www.myspace.com/2ndskininc, i 2Novembre con il Santo Rock http://www.myspace.com/2novembre .....) non si lasciano demoralizzare e riescono a trovare i pochi spazi rimasti disponibili come La Buridda, (www.buridda.org/) , il Milk club (www.myspace.com/milkclub) , il Checkmate (http://www.myspace.com/checkmateclub) , lo Zapata ....
In Italia poi non saprei , gli eventi ai quali abbiamo partecipato ultimamente (vedi: AntiMTVDay, Leoncavallo, FeelTheirPainFest…) sono stati tutti molto belli, ma purtroppo rari a trovarsi. In generale sono convinto che la musica dal vivo sia ormai un tipo di entertainment inflazionato e pure fuori moda, quindi..

Quali sono i vostri progetti nell’immediato futuro?

E’ appena uscito il cd, quinto vorremmo fare un po’ di date in giro, e nel frattempo continuiamo a comporre pezzi nuovi…

Grazie per la disponibilità ragazzi e ancora complimenti. A voi uno spazio personale per concludere a vostro piacimento!

Grazie a voi dello spazio dedicatoci, keep on doing!

Neuros

lunedì, luglio 21, 2008

PUTIFERIO



Putiferio, ovvero la nuova (e destabilizzante) creatura noise nostrana, ha pubblicato quest'anno via Robot Radio il proprio debut album "Ate Ate Ate"; dopo la nostra recensione abbiamo sentito Mirco, Giulio, Walter e Panda per saperne di più...


Ciao ragazzi, innanzitutto parlateci di quando si è formata la band e cosa vi ha spinto a dar vita a questo progetto…

Mirco- Guarda, pare che tutto sia iniziato a fine 2003-2004, io sinceramente non me lo ricordo, so che al tempo io e Giulio ci frequentavamo abbastanza, ma non avevamo mai suonato assieme così abbiamo iniziato con qualche prova, presto si è aggiunto Walter, anche lui amico di vecchia data. Fin dall’inizio si è trattato di un progetto abbastanza discontinuo, e questo spiega l’enorme lasso di tempo per la prima uscita, ma con l’arrivo di Panda alla voce e i primi concerti ci siamo dati un pò una regolata. Direi che alla base del progetto ci stanno i rapporti di amicizia e la voglia di dire la nostra sulla musica che amiamo.
Walter- Ricordo che ero in macchina con Giulio, ascoltavamo vari dischi nell’autoradio e giungevamo alla conclusione che in quei dischi c’era povertà d’idee e che davano pochi stimoli. Dovevamo dire qualcosa di forte , fare qualcosa che scuotesse. Giulio aveva ripreso in mano le bacchette da poco e si lanciava con Mirco in improvvisazioni con metriche forsennate. Un pomeriggio sono passato di lì e mi sono attaccato a un’amplificatore , la cosa si è dimostrata molto intrigante …. l’arrivo del Panda alla voce è stato fondamentale, è così difficile trovare un cantante che sia interessante e che porti i calzini intonati alle scarpe.

Le ragioni delle scelta del monicker Putiferio, se ce ne sono?

Panda- Non è che ci siano ragioni particolari alla base, come tanti gruppi abbiamo fatto sedute lunghe e divertenti per scegliere il nome… anzi, forse ne avevamo partoriti di più divertenti, sfrontati, geniali, qualcuno suonava pure meglio di putiferio… ma putiferio, che ci è piombato dal cielo via SMS, da un’idea di Giulio e, leggenda vuole, con l’imprimatur di King Buzzo, è proprio quello che ci calza a pennello…
Walter- Definisce molto bene ciò che siamo. E sta sotto la decina di lettere….ottimo.

Dall’ascolto del disco si percepisce una innata voglia di sperimentare, partendo da radici comuni e ben consolidate nel noise rock e nel post-hardcore, ma aprendo a soluzioni finora mai o solo marginalmente abbozzate in tutti i vostri gruppi precedenti; nel processo compositivo sono uscite fuori con prepotenza le vostre affinità oppure alla fine il risultato rispecchia l’incontro di menti simili ma dissociate?

Mirco- Penso che in questo disco siano ben rappresentate sia le nostre affinità che le nostre divergenze, e questo è un bene perché nonostante qualche attrito ciò a portato a diversificare il risultato finale. Era comunque una prerogativa e un ambizione comune quella di cercare di avere una nostra personalità e di sfuggire per quanto possibile a etichette e catalogazioni.
Giulio- C’è anche da dire che stiamo invecchiando, inesorabilmente, e visto l’inarrestabilità del processo, cerchiamo di vagare in tutte le direzioni possibili, per cui rallentiamo, ci calmiamo e diventiamo quasi appena percettibili…poi di colpo qualcosa ci fa incazzare, e ci scateniamo di nuovo…stiamo suonando le nostre vite, raccontando le nostre vite.

La decostruzione è ciò, insieme naturalmente alla ricerca di nuovi spunti sonori, che caratterizza maggiormente i vostri brani; ciò è da imputare alla voglia di improvvisare senza lasciarsi condizionare da qualsiasi schema di genere, oppure vi siete fatti prendere totalmente la mano per poi dire “ok lasciamo tutto come sta….e putiferio sia!”?

Mirco- Come dicevo prima, l’approccio è stato abbastanza istintivo e volontariamente sganciato, per quanto possibile, da schemi e generi. I brani si sono sviluppati così, senza seguire un particolare disegno, facendo venire a galla le sonorità che più ci coinvolgono e senza porci limiti di sorta.
Qualcosa poi è stato aggiunto o cambiato in studio durante le registrazioni, grazie anche al contributo degli amici che hanno accettato di suonare nel disco. “Hate Ate 8” ad esempio è stata composta durante le registrazioni.

Sbaglio o in “Hate Ate 8” avete dato ampio spazio a sonorità elettro-wave?

Mirco- Si in effetti volevamo un pezzo con più respiro e un atmosfera diversa dal resto del disco. Tutto è partito da un loop di batteria di giulio, poi abbiamo giocato con un pò di effetti e aggiunto voce e tromba.
Giulio- …sai com’è..il bello di un disco è anche questo: lavoro sodo e sudi sette camicie per mesi per creare cinque pezzi, e poi in tre ore, ne fai uno stupendo che apre mille possibilità…

Giulio, con i Putiferio sei tornato ad un vecchio amore, la batteria; nel farti i complimenti per la bella prova ti voglio chiedere come ti sei trovato nello stare di nuovi dietro le pelli?

Giulio- Guarda, ti dirò, ho messo su qualche chilo di troppo, e nonostante cerchi di suonarla il più possibile, mi sa che mi sono inguaiato da solo! Mi piace molto la ritmica, nella musica, credo sia la parte fondamentale di questa..il battito del nostro cuore. Cerco di esplorarla in tutte le sue forme, senza purtroppo magari dedicarci il tempo necessario, però cerco di capire dove stà il trucco.. nel frattempo, nascono dischi e canzoni..direi che non avevo mai smesso di suonarla, dentro di me, ma semplicemente non avevo attorno le persone giuste con cui farlo. Adesso si.

Credo che gli arrangiamenti e la scelta dei suoni non siano in gran parte studiati in funzione dell’aspetto live anzi, tutt’altro direi; come avete pensato di rendere i pezzi dal vivo? Puntando sull’impatto frontale innanzitutto?

Mirco- Nel fare il disco ci siamo concentrati più su come farlo che non su come renderlo live, non necessariamente le due dimensioni devono coincidere. Nel registrare ci siamo presi delle libertà e magari live ce ne prendiamo delle altre. Detto questo, non è che ci sia poi molto di diverso, sicuramente l’inserto elettronico su cui comunque stiamo lavorando, tempo permettendo, e ovviamente le collaborazioni.
Giulio-Fare un disco non è fare un concerto. Nel disco è giusto metterci quello che mai riuscirai a fare dal vivo, perché il fruitore dev’essere affascinato da quello che ascolta. Se ne deve innamorare, a tutti gli effetti. A gente come nick drake bastano una chitarra e la sua voce, noi abbiamo bisogno di più orpelli e soluzioni che ci permettano di spaziare all’interno dei nostri eghi. Dal vivo devo dire che non è sempre facile cercare di catalizzare l’attenzione, perché comunque i pezzi sono parecchio difficili da suonare, e comunque l’adrenalina e l’emozione non ci aiutano. Però ti posso garantire che tutto quello che suonato da noi quattro nel disco, è riproposto nella stessa chiave durante il concerto, semplicemente è di un colore diverso…(mi son spiegato?..mah….)

Parlateci del titolo dell’album ed in particolare dei contenuti lirici….disagio sociale o anche disagio interiore?

Panda- Sicuramente il disagio è interiore, anche se si fa uso di metafore e analogie che guardano al sociale, come nel continuo ricorrere ai termini di pace e guerra. I testi raccontano una storia, o meglio sono una riflessione (dis)articolata sull’odio come rimedio alla sofferenza… ecco perché “ate ate ate”, è l’odio senza l’acca, una specie di odio incompiuto perché manca la radice della malvagità.. allo stesso modo nel titolo c’è una allusione al mangiare, perché questa particolare forma d’odio, di antagonismo salvifico, raramente fa bene, anzi tende a consumare, a mangiarsi chi a quel sentimento si aggrappa. Quindi, il titolo, i disegni, l’album intero li puoi forse interpretare in questo senso…

La vostra è musica fuori dagli schemi ma immagino che siate aperti a qualunque tipo di influenza, anche la meno ipotizzabile; quanto è importante l’apertura mentale ed assorbire qualcosa da tutto ciò che ci circonda (e non mi riferisco solo al lato strettamente musicale)?

Mirco- Secondo me è inevitabile che in una manifestazione così personale come il fare musica, ma chiaramente lo stesso vale per qualunque altra forma di espressione, vengano convogliati i più svariati imput cui ciasuno di noi è sottoposto, siano i dischi o i concerti che ascolti, i libri o i film che ti hanno colpito, le emozioni, le incazzature, etc, chiaramente tutto viene poi frullato e filtrato attraverso le sensibilità di 4 persone che inevitabilmente differiscono. Se il tuo approccio nel far questo è di apertura può essere che scavi in più direzoni, non so se trovi prima o dopo il tesoro, però rendi il terreno più dissestato.

Ci sarà un secondo capitolo in futuro, ed in tal caso, cosa possiamo aspettarci?

Mirco- Me lo auguro, magari neanche troppo in là nel tempo, ma sinceramente non so neanche io cosa aspettarmi.
Giulio- Voglio rincuorare tutti, compresi i compagni di viaggio, che personalmente spero che quanto prima si arrivi a mettere in cantiere qualcosa di nuovo, di sicuro con l’anno venturo, e magari qualcosa che sorprenderà di nuovo. Reinventarsi è la sorgente della voglia di vivere, se non ci si reinventa e mette in gioco di continuo, si muore. E per adesso, siamo ancora giovani per pensare alla morte.
Walter- Spero a presto un secondo capitolo, salterei anche direttamente al terzo…

Cosa c’è nei vostri imminenti programmi? Porterete in giro live il più possibile la vostra musica?

Mirco- Magari!
Giulio- Diciamo che da ottobre ci impegneremo in questo senso: cercheremo di fare tutti i concerti che non siamo riusciti a fare in questi mesi
Walter- Con tanto sudore.

Cosa avete ascoltato ultimamente? C’è per caso qualche nome che volete segnalare o che avete scoperto di recente e che merita attenzione?

Mirco- Jealousy Party “Again”, Thank You “Terrible Two”, Butcher Mind Collapse “Sick Sex and Meat Disasters ……..”, 7K Oaks, Burial “Untrue”
Giulio- il vento, le sirene della polizia, l’aspirapolvere della vicina e il suo modo “pesante” di scendere le scale. C’è talmente tanto di buono e di cattivo nella musica di oggi, che personalmente faccio una fatica boia ad ascoltare musica nuova..mi fido di mirco, che è il più ferrato sull’argomento. Al momento ascolto la PFM e l’ultimo disco di un gruppo Americano che si chiama Ween, e ancora steve winwood e Gerard grisey…
Walter- Ten Volt Shock “Ten Volt Shock “, Chesterpolio “Chesterpolio”, Lucertulas “Tragol de rova”, Smart cops 7”.

Grazie per il tempo che ci avete dedicato e nel salutarvi vi lascio lo spazio per un ultimo sfogo…a voi!

Mirco- Grazie a voi e in bocca al lupo per Neuroprison, ci si vede tutti il 23 agostoooooooooooooo!
Giulio- Non perdete quel concerto per nulla al mondo. Perché è uno di quei concerti che ti può cambiare la vita. Per sempre.

-Edvard-

lunedì, luglio 14, 2008

PUTIFERIO - Ate Ate Ate


Tracklist:
1.Give Peace a Cancer
2.Aristocatastrophism
3.Carnival Corpse For Servers
4.Putiferio Goes to War
5.Hate Ate 8
6.Where Have All the Razors Gone?
7.HOLES Holes HOLES


Non è più una novità il fermento dell’underground musicale italiano, al quale ora vanno ad aggiungersi anche i Putiferio.
Non stiamo però parlando degli ultimi arrivati, visto che dietro questo progetto si celano nomi noti agli ascoltatori più attenti: Giulio Favero (One Dimensiona Man, Il Teatro Degli Orrori) dietro le pelli, Woolter (Kelvin) e Mirco (ex Bluid) alle chitarre, Panda (ex Huck) al basso e voce. Non è giusto parlare di all-star band per pochi ma importanti motivi: non vogliono essere delle star, non si atteggiano da star, hanno una dedizione verso la musica maggiore di una qualsiasi “star”. Sono un gruppo di amici, solo (e non è poco) questo.
La band nasce nel 2003, ma solo quest’anno dà alle stampe il suo album di debutto, “Ate Ate Ate”, distribuito da RobotRadio Records, come sempre attentissima a valorizzare le realtà più interessanti di casa nostra.
E come da tradizione per l’etichetta, i Putiferio vanno a collocarsi tra Lucertulas e Dead Elephant, formazioni che hanno saputo scomporre le formule più canoniche del rock con un gusto tipicamente italiano.
Una formula spigolosa ma allo stesso tempo pregna di melodia, che risente della lezione del noise-rock a cavallo tra ’80 e ’90, fatta propria e proposta con originalità e frenetica goliardia.
Il terzetto che apre l’album è letale, un assalto frontale senza compromessi che si sbatte in faccia (e nelle orecchie) dell’ascoltatore; “Give peace a cancer” è snella e fluida, scorre via "leggera" fino alla sua metà, dove le chitarre si inspessiscono in riff tellurici. “Aristocatastrophism” non vuole essere da meno e presenta intrecci chitarristici da brivido, capaci di stamparsi subito in testa; “Carnival corpse for servers” è nevrosi allo stato puro, sorretta dal drumming serrato e quadrato di Giulio, che fa da tappeto e chitarre ubriache e taglienti, sulle quali si poggia l’urlo di Panda. Sono passati poco più di sette minuti, troppo poco per comprendere da quale parte arrivino le bordate, e allora la band ci viene in soccorso con la marziale “Putiferio Goes To War”. E’ palese che ci si trovi dinanzi ad una traccia particolare, prima di tutto per la durata, circa il doppio rispetto alle prime tre del lotto, e poi l'apertura : pochi arpeggi ben presto intrecciati dall’elettronica, scelta inusuale per una band del genere. Tutta la canzone è un altalena di suoni ed emozioni, sfuriate memori dell’hardcore secondo i Jesus lizard si alternano a parentesi ambientali pregne di psichedelia, seguite da ipnotiche percussioni. Il finale rialza i toni ma è una rabbia controllata, pronta a sfumare di lì a poco.
“Hate Ate 8” comincia da dove si era chiusa la precedente canzone, rivelandosi a sua volta come un’autentica sorpresa, ovvero il loro modo di intendere la new wave, con l'ottimo lavoro di Panda dietro il microfono.”Where Have All The Razors Gone?” torna a picchiare duro, arricchita da un prezioso cameo di Luca Mai (Zu), che pare averci preso gusto con questo genere di collaborazioni, non ultimi i Dead Elephant. Il finale dell'album è affidato a “HOLES holes HOLES”, capace di richiamare i Neurosis di Cleanse, con roboanti percussioni coadiuvate da efferatezze musicali varie ed assortite.
Per concludere, il lato visivo non è da meno rispetto a quello musicale, e come ogni uscita RobotRadio artwork e booklet risultano curatissimi e di sicuro fascino, con i testi presenti anche in italiano. Nient’altro da aggiungere su di un disco che ad oggi è una delle migliori uscite in ambito italiano (e non), un acquisto consigliato, e per gli amanti di certe sonorità assolutamente obbligatorio.

Neuros

Puriferio @Myspace

sabato, luglio 12, 2008

SEIZURE - S/t


Anno: 2008

Line-up:

Jacopo Dell'Unto – guitar
Daniele Petrini – vocals
Andrea Bonomi Savignon – drums
Giovanni Pallotti – bass

Tracklist:
01. Backwards
02. Feverish
03. This One
04. Coward


I Seizure sono un quartetto romano di recente formazione e che debutta con questo interessante demo di 4 tracce, registrato ai Magic Box Studio con l’aiuto di Maurizio Lollobrigida.
Il cd si fa notare per la buona resa sonora e per un amalgama stilisticamente descrivibile come un rock/metal alternativo con influssi post-core ultima tendenza.
Backwards apre il lavoro con riff che richiamano gli Isis di Panopticon, per poi lasciare spazio a nervose ritmiche di chiaro stampo Tool; sono proprio Tool e Isis le influenze più evidenti, ciononostante la band cerca ed in parte riesce nell’intento di tessere brani con un certa personalità.
In quest’ottica Feverish si delinea come episodio decisamente riuscito, combinando alla perfezione le due influenze per una cavalcata di 7 minuti mai scontati o banali. This One parte in modo soffuso per poi esplodere in quello che si rivela come il brano più diretto ed accattivante del lotto, merito anche di un azzeccato refrain.
Coward è caratterizzata da atmosfere più liquide, ed è impreziosita da un bella progressione finale che strizza l’occhio agli ultimi Isis.
E’ bene far notare che il quartetto romano mette le proprie capacità al servizio di brani che, nonostante si attestino intorno ai 6-7 minuti, non perdono mai di vista melodia ed impatto, anche grazie alla buona prova del cantante Daniele Petrini, dalla voce calda ma sempre pronta ad impennate ruvide quando è necessario.
Pregevole il lavoro della sezione ritmica, con l'ottima prova del drummer Andrea, fortemente debitore dei pattern caratteristici di Danny Carey, ed interessanti linee di basso, dai suoni a tratti molto vicini a certa fusion; un bel contrasto rispetto al ruvido rock di base che, oltre a donare una certa dinamicità ai brani, evidenzia le atmosfere ed i passaggi più riflessivi e velatamente psichedelici.
In conclusione un lavoro senza dubbio interessante, che mette in luce una band probabilmente ancora troppo legata stilisticamente ai nomi precedentemente citati, ma in possesso di una buona dose di maturità ed innegabili potenzialità, che si spera portino in futuro ad una ricerca ancor più personale della loro espressione artistica.

-Edvard-

Seizure @Myspace

martedì, luglio 01, 2008

VIBRATACORE - Behind This Rapture



Anno: 2008

Etichetta:
AudioZero Records

Line-up:
Andrea (voce)
Fango (chitarra)
Ivano (basso)
Kote (batteria)

Tracklist:
01. Behind this rapture
02. The battle with myself
03. Candy
04. Rosaries to the civilization
05. Unexploded attitude
06. Reflect
07. Urlo la mia rabbia
08. Sennoun
09. De-human love
10. Ready to fight


I Vibratacore, band abruzzese in attività dal 2002, arrivano finalmente al debutto sulla lunga distanza dopo due lodevoli demo (“Trust away” e “Empty Box”) ed una serie di positive partecipazioni ad importanti concorsi e manifestazioni nazionali quali “Piceno on the rock”, “Sotterranea”, “Rock TV Tour”, “Altri suoni” e “Arezzo Wave Abruzzo”.
Il loro nome è un gioco di parole che indica il luogo di provenienza (Val Vibrata, Teramo), ma anche “cuore” ("core" nel dialetto locale) e “vibrazione hardcore”.
“Behind this rapture” si rivela tappa fondamentale nell’attività del quartetto in quanto, oltre ad essere il loro primo album, segna una decisa svolta stilistica, anticipata tra l’altro nel 2005 dall’entrata in formazione di un nuovo cantante (Andrea).
Il disco, registrato alla Baia dei Porci Recording Studio di Nereto (TE) da Stefano Lelii e mixato da quest'ultimo insieme alla band, esce sotto AudioZero, etichetta personale ed autogestita, creata dal chitarrista Fango con l’obbiettivo di portare alla luce gruppi del panorama hardcore italiano.
Dicevamo del cambiamento stilistico: se prima la loro musica si reggeva su un dinamico crossover incorporando elementi hardcore e nu-metal, ora il sound si è fatto decisamente più compatto e pesante, per un risultato accostabile al lavoro di Coalesce, Botch e Norma Jean, con indovinati ed accattivanti influssi alternative.
La title-track apre il platter e fin dal primo riff mette in chiaro cosa ci aspetta lungo questi 30 minuti (poco più): furia e groove da sperimentare tutti d’un fiato; il pezzo, di cui è stato realizzato anche un video, unisce alla perfezione le caratteristiche del post-hardcore a quelle del post-thrash, il tutto esaltato dall’intensa prova vocale di Andrea, che si rivela importante aggiunta nell’economia dei nuovi brani e sugli scudi per tutta la durata di essi.
La resa sonora è di ottimo livello ed esalta il pregevole lavoro chitarristico da parte di Fango, elemento principale dell’amalgama sonoro, sorretto dal preciso e potente drumming di Kote.
The battle with myself parte e si sviluppa di nuovo in modo impetuoso per poi lasciare il posto ad una lunga coda di grande intensità emozionale, mentre Candy si rivela episodio di totale impatto frontale, servendosi del possente contributo vocale di Ivan dei Straight Opposition.
In Rosaries to the civilization gli influssi alternative rivestono un certo peso, con soluzioni che spaziano da corpose ritmiche portanti ad aperture di maggior respiro.
Unexploded Attitude e Reflect rivedono in maniera assolutamente personale la lezione dei maestri Coalesce, mentre Urla la mia rabbia è l’unico episodio ove fa capolino l’italiano, per il resto totalmente soppiantato dall’inglese, e che si rivela tra i momenti più coinvolgenti del platter, un classico istantaneo in sede live.
Sennoun, breve intermezzo strumentale contraddistinto dalla presenza di due Didjeridoo suonati da Kote e Fango, introduce la conclusiva De-human love, brano liricamente ispirato dalla storia del serial killer Jeffrey Dahmer ed in cui torna preponderante la componente post-thrash.
L’outro Ready to fight, dalle fosche tinte industrial ambientali, chiude enigmaticamente l’album e ci consegna una band dal potenziale veramente notevole, anche a livello internazionale, nonché già in possesso di una maturità compositiva non indifferente. Non perdeteveli.

-Edvard-

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