sabato, giugno 14, 2008
TODAY IS THE DAY Live @ Magnolia-Segrate (MI)
11 giugno 2008
Il Magnolia di Segrate, alle porte di Milano, è stato il teatro di un bel minifestival ieri sera, data la presenza, oltre ovviamente al piatto forte Today is the day di Austin, anche dei Four question Marks, giovani francesi sotto contratto per Trendkill, dei complete Failure, pupilli della Supernova Records e del più conosciuto duo Jucifer. La particolarità dell'evento sta nella divisione delle quattro band su due palchi distinti, rispettivamente all'interno del locale per le già citate prime due band emergenti e uno stage più grande per il combo sotto contratto per Relapse e la band del reverendo.
Ad aprire le danze sono proprio i Four Question Marks, Trio dedito a sonorità estremamente molto vicine al sound dei Meshuggah che risulta davvero troppo monocorde; Certo, per gli amanti delle sonorità in questione è comunque un piacere sentire pezzi come "Red Pragmatic Walls" o "Hedonistic Capitivity", entrambi tratti dal primo full della band, quell'Aleph oramai datato 2006, oppure "Cyclopean Dementia" del recente Titan, ma la band non smuove di una virgola le proprie coordinate musicali per invogliarmi ad approfondire ulteriormente la loro conoscenza. In ogni caso è stato un peccato vederli in preda a problemi col microfono che hanno penalizzato la voce del singer nonchè bassista Francis Passini per diversi minuti nel bel mezzo dell'esibizione.
Poco dopo ci assaltano i Complete Failure, tra i quali si nota l'assenza del bassista Elliot Leslie. Imperterriti, il rimaneggiato trio attacca con un Grind Core pieno di stop e momenti fluttuanti dalla carica devastante. Il mastodontico Mike Rosswog, drummer del combo, è il protagonista assoluto con la sua stazza e il suo devasto sonico dietro le pelli, anche se non manca di coraggio il singer Joemack che salta su due spettatori per uno stage diving davvero al cardiopalma. Macigni sonori tra Cripple Bastards, Converge e Zao ci aggrediscono senza pietà per un mezz'ora di divertimento assicurato.
Si esce e si cambia palco, all'esterno, dove gli spazi si fanno più ampi e si avviccina al clou della serata: Ci intrattengono questa volta i Jucifer, duo davvero strambo e dall'attitudine che non lascia indifferenti. La singer e chitarrista ci ammalia con i sui saltelli, il suo rantolarsi per terra mentre il batterista si dispera e cade dalla sedia, rovescia parte della batteria e la suona coi pugni. Un' atmosfera da trip settantiano in mezzo al marasma sulfureo dello sludge doom e di certo grind/black metal, un flusso incontrollato di movimenti, suoni e battiti forsennati che a volte fanno solo sorridere e in altri momenti ipnotizzano e catalizzano l'attenzione. Si fa fatica a cogliere la fine e l'inizio di ogni canzone, il tutto ci arriva no-stop per una quarantina di minuti che non possiamo che promuvore quanto meno per l'intesità sprigionata dai protagonisti.
Gli Headliner della serata, i Today is the Day, con alle pelli quel Mike Rosswog già gustato con i Complete Failure, dominano la serata e annichiliscono i presenti senza ombra di dubbio. Steve Austin è in stato di grazia, chitarra in mano comincia a devastarci le orecchie con "IED"; il muro di suono del trio è davvero spietato e senza pause di sorta, giusto il tempo di piazzare le intro al punto giusto che lo stesso reverendo con un computer vicino a lui fa partire, canzone dopo canzone non perde un decimo della sua potenza vocale e tritura note su note: si prosegue con una "Kiss the Pig" deflagrante ma è un susseguirsi di tanta energia e carica, con i suoni del basso che via via si faranno sempre più potenti (!!) per un vortice maligno che impressiona per davvero. Non si può non citare il momento in cui Austin rimane solo sul palco per il finale di "No Lung Baby", il tutto davvero intenso e "vero", si capisce come per il singer la canzone abbia una valenza particolare. Cè il tempo anche per Gianni degli Orange Man Theory che sale sul palco per contribuire alla buona riuscita della serata con un cameo anche se sinceramnte non lascia il segno, anzi il ragazzo sembrava visibilmente preoccupato o più stranamente non a suo agio, in più della sua voce non si è sentito molto, causa microfono deficitario. La serata finisce tardissimo (intorno all'1.40) ma data la performance di Austin e dei precedenti gruppi che hanno fatto da corollario alla serata e agli ottimi suoni regalati dal Magnolia, non possiamo che alzare il pollice e dire di esserci goduti un concerto davvero positivo.
Sephiroth.
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