lunedì, marzo 08, 2010

AT THE SOUNDAWN

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Ciao Andrea, iniziamo tracciando un sunto dei passi che vi hanno portati dalla pubblicazione di "Red Square: We Come In Waves" ad oggi....


Per prima cosa, subito dopo l'uscita di “Red Square”, ci siamo messi alla ricerca di concerti. L'esito non sempre è stato fruttuoso, comunque ci siamo tolti qualche bella soddisfazione come l'Asymmetry Festival a Wroclaw dove abbiamo aperto il concerto dei 65daysofstatic. Poi abbiamo fatto qualche altra, data muovendoci sempre tra Polonia, Germania, Svezia, Danimarca e ovviamente Italia. Nel frattempo la promozione del disco è andata avanti e, tra recensioni e interviste, ci siamo fatti una idea di cosa funzionava in “Red Square” e cosa no. Quindi, con una buona dose di autocritica, ci siamo rimessi in gioco, cercando una strada più personale, dato che l'opinione diffusa era che il debutto fosse troppo derivativo. In questo senso, possiamo dire di essere stati fortunati a ritrovarci senza cantante a neanche un anno dall'uscita Lifeforce. Infatti l'entrata in formazione di Luca è stata un po' la chiave di volta della nostra evoluzione. E' lui che ha coronato il percorso compositivo, portandoci o per lo meno mostrandoci strade per noi completamente nuove.

Come vanno le cose con la LifeForce, penso che siate molto fiduciosi ed ansiosi di vedere il responso di questo nuovo disco visto che si tratta del primo vero album per questa importante label internazionale?

Lifeforce è una grande etichetta e non una etichetta grande, proprio come il famoso Pennello Cinghiale! Nel senso che la sua grandezza, al di là di aver lanciato band come Trivium, Between The Buried And Me, Caliban e altri, sta nelle persone che la gestiscono, nella loro professionalità e nella loro “umanità”, per dirla alla Fantozzi. Infatti, nonostante occupi una importante fetta di mercato tra le indie, il focus della label è sempre quello di promuovere la musica. Nessuno ci ha mai parlato di business, di obiettivi da raggiungere, di dischi da vendere, di ritornelli da aggiungere... Questo aiuta non poco nel gestire la nostra attività con la calma e la cura necessaria a portare avanti un progetto di questo tipo. Ciononostante, Lifeforce rimane comunque una label di riferimento nella scena, in quanto fa sostanzialmente da anticamera alle major. La copertura promozionale che possono garantire è davvero ampia e noi siamo molto fiduciosi nel disco, crediamo nella sua bontà e pensiamo di aver fatto un bel salto qualitativo da “Red Square” ad oggi. Quindi, se già il debutto aveva avuto un feedback tutto sommato buono, siamo molto-ansiosissimi (giusto per rendere un po' meglio l'idea!) di vedere dove potrà portarci questo “Shifting”!

ll titolo "Shifting" riassume perfettamente la natura dell'album, credo sia da considerarsi come simbolo e manifesto della vostra evoluzione personale in questi ultimi anni vero?

In un certo senso, ogni disco si fa manifesto dell'evoluzione della band che lo ha concepito. Certo, se proponi una musica eccessivamente standardizzata, si fa un po' fatica ad intuirne il percorso creativo personale. Ad ogni modo, diciamo che noi, ancora una volta, abbiamo messo le carte in tavola e dichiarato apertamente le nostre intenzioni. La notra musica difatti è immersa in uno “Shifting” continuo, è un flusso in movimento, una storia che si evolve. Ed è questa natura cangiante che ci ha permesso di imprimere al suo interno le emozioni che ci hanno accompagnato in questi anni. Detta così sembra molto pretenziosa, ma in realtà è un processo assolutamente lineare: le canzoni vengono composte e arrangiate in determinati periodi che portano con sé determinate emozioni, pensieri, paure; avere una forma musicale aperta e senza uno schema predeterminato ci ha permesso di dire veramente quello che volevamo, fregandocene se suoniamo troppo sdolcinati, se le chitarre non sono abbastanza distorte o altro. Potrà anche non piacere agli ascoltatori più estremi, ma se non altro è un prodotto genuino, onesto.

"Shifting" abbraccia differenti ambiti sonori e molteplici influenze, credo che queste contaminazioni si siano rivelate fondamentali nel donare ai brani quella profondità espressiva e quel dinamismo che sono la chiave per poter proporre un lavoro artistico degno di nota anche se, soprattutto al giorno d'oggi, non è difficile imbattersi in accostamenti sonori pretenziosi e di dubbio gusto...quanto è stato difficile trovare il giusto equilibrio?

Onestamente, non troppo difficile. Il fatto è che come ascoltatori siamo il cosiddetto “dito ar culo caa sabbia”! E' davvero difficile entrare nelle nostre grazie! Ultimamente ho sentito pochi lavori che mi hanno veramente colpito e, con molto rammarico, devo dire che nessuno di essi sta sul versante della musica heavy. Non penso che sia una questione legata unicamente ai miei gusti, è che sento sempre gli stessi stilemi, le stesse emozioni, le stesse derive, gli stessi riff. Questo grande ritorno del grind, ad esempio, mi lascia onestamente perplesso. “Slaughter of the soul” l'ho comprato nel 1996, l'ho ascoltato allo sfinimento e l'ho fatto mio, ma già due anni più tardi era stato archiviato dall'enorme debutto del progetto The Haunted (che a tutti gli appassionati di At The Gates consiglio vivamente di ascoltare!). Non so, mi pare che ci sia un sostanziale stagnamento della creatività nella musica pesante e per questo si vanno a ripescare i grandi classici. Tornando a noi, è stato il nostro stronzo, stronzissimo orecchio a tenere il timone nel percorso compositivo. Accantonata definitivamente ogni mania di protagonismo/psichedelismo/virtuosismo, del resto inutile dato che tecnicamente siamo piuttosto ridicoli, abbiamo messo la musica davanti a tutto e ci siamo lasciati guidare dal nostro gusto. Spesso questo significa provare e riprovare lo stesso pezzo per mesi, cercando di capire cos'è che non funziona e cosa può essere migliorato. Un percorso che può facilmente diventare estenuante, ma con un po' di tenacia garantisce ottimi frutti!

Quanto ha invece influito l'entrata in formazione di un nuovo cantante? A mio avviso la sua prova è stata fondamentale per la perfetta riuscita del disco.....

Sono d'accordo con te. Credo che Luca sia la chiave di volta del disco. Senza di lui, non so cosa ne sarebbe venuto fuori. E non parlo solo della prova in studio, parlo soprattutto del processo compositivo a monte. Luca ha degli ascolti molto particolari e molto diversi dai nostri, totalmente improntati alla performance vocale, capaci di spaziare dai Lamb of God a Peter Gabriel. All'interno della band ha portato con sé la sua storia di ascoltatore e ci ha mostrato soluzioni ed espressioni musicali di cui sostanzialmente ignoravamo l'esistenza. Il punto è che Luca è un cantante a tutti gli effetti: pensa come un cantante, si esprime come un cantante, scrive come un cantante; ovvero il predominio totale della voce, con l'onere e l'onore di guidare tutta la composizione. Questo pensiero, all'interno di una formazione come noi molto sbilanciata sul fronte strumentale, ha creato un nuovo equilibrio. Noi ci siamo resi conto della bellezza e della potenza che una voce, con tutta la sua umanità, ha rispetto agli altri, che sono appunto strumenti. Lui, invece, si è reso conto di quanto sia importante avere una solida base strumentale che possa guidarti, fino quasi a creare, tra le sue maglie, un percorso obbligato da seguire.

Dal punto di vista della produzione avete dedicato molta attenzione alla scelta dei suoni, in particolare i processi di registrazione, mix e mastering sono stati realizzati con l'obbiettivo di non intaccarne le dinamiche, in modo da ottenere una resa potente, pulita ma allo stesso rispettosa delle tonalità cromatiche....non proprio quello che si sente in fin troppi dischi vero?

Ah, come mi sai stuzzicare... dai, cercherò di contenere il mio animo polemico. Questa scelta la dobbiamo prima di tutto al nostro produttore, il solito Riccardo “Paso” Pasini dello Studio73 (Ravenna). E' lui infatti che ci ha fatto capire, già col precedente Red Square, quanto fosse bassa la qualità di tante produzioni che noi reputiamo comunque superbe. In particolare è nella fase di mastering che si tende ad alzare il volume, perchè il disco che suona alto fa figo, applicando delle compressioni che uccidono ogni tipo di espressione e dinamica apportata dal musicista. Se penso a certe produzioni... Ad ogni modo, essendo Paso, quanto noi, un fanatico del metodo Albini, abbiamo lavorato per ottenere gli stessi obiettivi: un disco che suonasse spontaneo, vero e soprattutto che preservasse il sound della band. Steve Albini, avendo a disposizione una enorme quantità di materiale, può permettersi di fare tutto live: studia a fondo il suono della sala e della band, posiziona i microfoni nella maniera giusta, poi sostanzialmente preme il tasto “Rec” e poco altro. Paso purtroppo non ha quaranta microfoni, né una sala che possa ospitare la band al completo, per cui ci si arrangia diversamente, registrando strumento per strumento e modificando le tecniche secondo i nostri bisogni e le nostre possibilità. Grazie al genio che lo contraddistingue, Paso si è inventato di sana pianta alcuni metodi per far suonare il tutto a dovere ed il risultato, almeno secondo noi, è superlativo. Il disco ha una dinamica enorme, si passa da suoni piccoli e lontani a vere mazzate nei denti. Il tutto con una pulizia e nitidezza incredibile! Sì, magari non suonerà alto come i Mastodon, ma so che ultimamente hanno aggiunto nei lettori una comoda manopola denominata “Volume” atta proprio a questo uso...

Anche stavolta non manca l'uso dei fiati, senza dubbio una delle vostre caratteristiche distintive, a tal proposito so che state cercando un trombettista/sassofonista che vi segua nel live....ci sarà quindi la possibilità in futuro di espanderne l'utilizzo e di inserire stabilmente nella band questa tipologia di musicista?

L'intento è proprio quello. Al momento abbiamo un trombettista che si sta preparando per aiutarci nell'aspetto live. Ancora però non è stato ufficializzato niente, per cui non sappiamo se entrerà in pianta stabile nella band o se ci aiuterà soltanto in determinate occasioni. In realtà c'è la possibilità di inserire anche altri strumentisti nella band, però al momento ci stiamo preparando esclusivamente per l'attività concertistica, per cui non sappiamo ancora come ci muoveremo per il prossimo disco. Tutto può ancora succedere!

Dal punto di vista lirico l'album è molto interessante, puoi illustrarci a grandi linee il significato che si cela dietro ogni brano e da dove avete tratto ispirazione?

Con molto piacere. Procedo un po' schematicamente, cercando di non essere troppo noioso...
Mudra: in acceptance and regret. I mudra sono gesti o movimenti simbolici usati nella meditazione o in altre pratiche religiose, ma anche nello yoga, per attivare processi benefici tanto per il corpo, quanto per lo spirito. Una delle espressioni artistiche in cui vengono usati è la danza ed è proprio ad una danzatrice che è dedicata questa canzone. La danza nella tradizione orientale è spesso un mezzo per raggiungere o quantomeno per adorare il divino, attraverso anche l'osservazione dei mudra appunto. Noi abbiamo voluto raccontare la storia di una donna, incatenata in questo ruolo di veicolo per il divino, a cui è riservata la stessa dignità di uno strumento.
7th moon. La settima luna è un periodo del calendario orientale che cade solitamente in Agosto. In quei giorni si tiene ad Hong Kong un festival che si chiama Yuee Lan, che tradotto significa più o meno “spirito famelico”. Si crede che in questo periodo gli spiriti che non hanno trovato pace tornino sulla terra per saziare la loro fame. Noi ci siamo calati nei panni di uno di questi spiriti, che circondato da persone festanti, luci, colori e suoni, ne è terrificato. E' sostanzialmente un modo per cercare di ribaltare il punto di vista e calarsi nell'altro, sforzandosi di capirlo, per disinnescare la paura che istintivamente provoca in noi.
Caofedian è il nome di una metropoli progettata da un team cinese, concepita per essere la città del terzo millennio. Il suo fulcro è la torre dell'energia, una sorta di enorme montagna di vetro e acciaio capace di soddisfare l'intero fabbisogno energetico della città, rendendola completamente autosufficiente. La canzone è il racconto in prima persona di un uomo intento nella realizzazione di questa enorme torre. Il problema è che più la torre cresce, più lui sale, più gli manca l'aria; fino a quando, senza più ossigeno, perde i sensi e il suo istinto, mentre lo sguardo si offusca, lo spinge a buttarsi di sotto. Noi lo seguiamo nella sua caduta, mentre si ripete: “Fin qui tutto bene, fin qui tutto bene, fin qui tutto bene”.
Black Waves è tematicamente la canzone che cerca di dare una lettura complessiva del fenomeno dello “shifting”, paragonando il movimento delle culture a delle enormi onde nere, che si muovono e ci trasportano sostanzialmente dove vogliono. Noi non possiamo nulla contro di loro e non ci rimane che lasciarci trasportare per vedere dove andremo a finire.
Hades. Questa canzone rappresenta più o meno un dittico tematico con l'opener Mudra. Anche in questo caso infatti la protagonista è una donna, nonstante il titolo. Però non si parla qui di oriente, ma della Grecia Classica, la culla della civiltà occidentale. Il brano racconta il mito di Ade e Persefone, dal punto di vista di quest'ultima e ponendo particolare attenzione al carattere menzognero e sostanzialmente strumentale del rapporto uomo-donna.
Anche con Prometheus bring us the fire il focus è puntato sull'antica Grecia. In questo caso è stato il mito di Prometeo ad attirare la nostra attenzione. E' col furto del fuoco, infatti, che inizia in occidente la sfida agli Dei, la sfida alla natura, quindi sostanzialmente la sfida alla mortalità e ai propri limiti; un atteggiamento arrogante ed antropocentrico, capace di fagocitare e trasportare con sé ogni altra diversa manifestazione culturale e umana; un atteggiamento che ci ha instradato lungo un percorso che mostra oggi le sue nefaste conseguenze. Tra l'altro questo è un carattere propriamente occidentale, che ci contraddistingue e ci differenzia in maniera profonda dall'Oriente, dove invece per storia e tradizione vi è una sorta di reverenza verso la natura e l'ordine delle cose, con cui si cerca sempre di stabilire un rapporto armonico e mai antitetico.

L'artwork da chi è stato realizzato? Anche questa volta la copertina è votata all'essenzialità e l'estremo rigore estetico....

Infatti entrambi gli artwork sono stati realizzati da Federico Antonini, un giovane grafico romano, il cui stile essenziale e geometrico è sicuramente fuori dagli schemi del genere. La scelta in contro-tendenza può essere rischiosa, però ancora una volta ci siamo affidati solo al nostro gusto, senza preoccuparci troppo di quello che ci sta attorno. Inoltre, l'effetto optic-psichedelico-cangiante (molto anni '70), fa riecheggiare il concetto dello “Shifting”, per cui ci è sembrato proprio azzeccato.

In Maggio partirete per un tour europeo che state ancora programmando ma penso sia solo l'inizio di un'attività live e promozionale il più intensa possibile vero? Ci sarà anche la possibilità di un tour oltreoceano?

Questa è la teoria. Da maggio inizieremo a fare un po' di concerti sparsi in tutta Europa, cercando di mantenere una certa costanza. Poi vediamo cosa succede... Per gli Stati Uniti il discorso mi sembra ancora molto prematuro. Purtroppo non abbiamo la possibilità di investire grosse somme di denaro in un tour, per cui o ci viene garantito il rientro delle spese oppure restiamo ancorati al vecchio continente, che comunque ci regala non poche emozioni!

E' tutto, vi rinnovo i complimenti per l'ottimo lavoro realizzato e vi ringrazio del tempo a noi dedicato.....alla prossima!

Grazie a voi! Ci vediamo sul forum e corna altissime!


-Edvard-

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