sabato, novembre 21, 2009

HELLFEST 2009



PARTE I - Venerdì 19
Appuntamento gustoso quest'anno a Clisson (situato nella Loira, Francia), per la quarta edizione dell'HELLFEST, festival imperdibile per appassionati di metal e dintorni di tutta Europa. Troppi sono i gruppi che parteciperanno a queste tre giornate durante il solstizio d'estate, così tanti da perdere il conto.
Dopo una notte passata in bianco nel campeggio (a causa degli ubriachi che urlano e cantano e della pioggia notturna) ci dirigiamo verso i cancelli e ci accorgiamo di quanta gente già è sul posto: orde di blackster, nu-metallari, rocker, capelloni, barboni, tutti i tipi di tutti i generi, che affollano le zone adiacenti il fest.
I tre Karma to Burn sono il primo gruppo che seguiamo, l'aria si sta scaldando con i primi raggi del sole che trapassano le nere nuvole, e la loro musica si miscela bene con l'atmosfera. Di seguito passiamo agli August Burn Red, deathcore come va di moda adesso, nulla di particolare, loro sono inguardabili, tutti fighetti, polo azzurre, facce dolci, frangette: niente da fare, non passano. Alle 13,40 tocca ai Taake, gruppo blackmetal che conoscevo solo di nome, pure loro molto insoddisfacenti, face painting con linguacce... molto fumo e niente arrosto. Il sole esce del tutto allo scoperto con gli Eyehategod, forse la band che aspettavo di più, e forse la band più pesante di tutto il fest: riff marci, rallentamenti, i pezzi scorrono fluidamente facendo soffrire, 45 minuti di puro sludge; qua ci sarebbe da soffermarsi molto (la partecipazione di Anselmo alla chitarra, la bottiglia di vino sgolata da Mike Williams, gli inni contro la polizia del batterista Joey LaCaze, ecc ecc) ma non posso dilungarmi troppo, sappiate solo che sono e resteranno per sempre la band Sludge per eccellenza. Ancora un po' frastornati corriamo dai Soilent Green (con Brian Patton degli Eyehategod), grindcore con sfumature sludge/southern, il tutto incorniciato da un frontman imponente e carismatico; rimaniamo molto colpiti anche se la stanchezza inizia a dare i primi dolori. E' proprio qua che vengo a sapere della brutta notizia che i Pentagram non suoneranno, allora decido di godermi tutto il set dei Misery Index, band death per niente scontata, che trita tutto ma non riesce a prendermi completamente, colpa forse dei suoni mai precisi del tendone Rock Hard. Senza perdere fiato mi butto sotto al palco dei Torche che, con la loro chitarra graffiante, non sbagliano un colpo, ma non riesco ad arrivare in fondo al set, così decido di andarmi a sdraiare fuori per un piccolo sonnellino. Ancora assonnato mi dirigo al Mainstage per i Voivod, e forse proprio per colpa delle mie condizioni fisiche, non mi prendono per niente facendomi sbadigliare: grande dispiacere, mi aspettavo una band piuttosto in gamba e invece niente; da rivedere assolutamente per un'altra possibilità. Ne approfitto così per prendermi un bel posto in prima fila sotto al palco degli attesissimi Kylesa, due batterie che macinano tempi strambi di scuola Melvins, riff energici, voci che si incrociano senza mai perdere ritmo, il pubblico è in delirio, tutti cantano e pogano, tutti si divertono anche senza uno dei chitarristi (che non ha potuto seguire la band in tour per problemi personali). Pacatamente ci dirigiamo tutti nell'altro tendone, già strapieno, per gli Entombed, pure loro caricatissimi ma la mia attenzione cala sempre di più; prima della fine della loro esibizione mi sposto davanti all'enorme palco dei Down che, a causa di un set molto più lungo dei WASP, attaccano in ritardo. Per me questa era la prima volta davanti a Phil Anselmo e soci, gruppo davvero immenso che incanta e rapisce. Dopo mezzora di live riesco a togliere gli occhi dal palco e dirigermi poco distante per i Pig Destroyer, ma arrivo praticamente alla fine, giusto per vedermi l'ultimo pezzo (incomprensibile). La rabbia è tanta, rabbia contro il ritardo dei Down e contro la band di Scott Hull che terminano circa venti minuti prima del previsto. Grande delusione per un gruppo che seguo moltissimo e che suona pochissimo in giro. Con una creap e una bibita in mano, mi seguo da lontano gli Anthrax, molto distrattamente seduto sull'erba, sembrano essere in forma ma lascio la parola ai veri fan non pronunciandomi troppo. Chiudo la serata (23.50) con Jarboe, cantante degli Swans: atmosfera buia, fumi, luci cupissime, paura. Lei è una presenza spettrale, non si fa mai vedere in viso (capelli biondi lunghi), le parti ritmiche ricordano moltissimo i Neurosis. Mentre ascolto il set composto da 5 lunghe canzoni, mi addormento in piedi, gli occhi mi si chiudono di prepotenza. Con le ultime forze decido di tornare in tenda (dopo bel 16ore in piedi tra palchi e stand) dimenticandomi purtroppo così dei Saint Vitus e degli Heaven And Hell.

Eyehategod


Down


James Ford

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