lunedì, febbraio 23, 2009

SHANK

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A qualche settimana dall'uscita dell'ottimo Create/Devour abbiamo contattato Andrea e Piernicola degli Shank, per parlarci della loro "rinascita":



Ciao ragazzi, è finalmente uscito Create/Devour, vostro secondo album sulla lunga distanza. Iniziamo con il presentare la band e la sua (lunga) storia ai nostri lettori.

A: Ciao Simo, intanto grazie per lo spazio che ci stai dando su Neuroprison! Allora, gli Shank sono una band nata nel Salento, in provincia di Lecce, circa dieci anni fa. L’attuale formazione ha circa un anno e mezzo di vita e vede me (Andrea) alla voce e chitarra, Gianni all’altra chitarra e ai samples, Piernicola al basso e Max alla batteria. Io e Max siamo i due fondatori del gruppo e gli unici rimasti della line-up originaria. Dal ’98 a oggi nella band sono passati di qui altri due cantanti (io inizialmente suonavo soltanto la sei corde), tre bassisti e un chitarrista.
Anche a causa di tutti questi cambi di organico (e di una caterva di altre cose che non sto a raccontarti), siamo stati un gruppo poco prolifico dal punto di vista delle uscite discografiche. Prima di “Create / Devour” infatti abbiamo realizzato un unico altro album, uscito nel gennaio 2005 e intitolato “Sounds Of The Infected”.
Nell’ottobre 2006 registrammo col nostro primo cantante cinque pezzi che dovevano uscire come EP intitolato “Frail”, ma subito dopo le registrazioni lui fu “licenziato”; subentrò il nuovo cantante che dopo un periodo di ambientamento registrò le proprie parti di voce, e infine qualche mese dopo ci fu l’ultimo cambio di line-up e quei pezzi sono stati in parte riarrangiati e completamente ri-registrati dall’attuale formazione nel 2008 e sono confluiti, assieme a tre tracce nuove, in “Create...”.
La nostra attività live è stata abbastanza fitta invece, ormai ci stiamo avvicinando al traguardo dei 200 concerti, principalmente in Puglia. Con l’uscita di “C/D” però è nostra intenzione uscire dai confini del tacco d’Italia e proporci un po’ dappertutto: si spera che a Maggio ad esempio riusciamo a recuperare le date del mini-tour calabro-siculo saltate a fine Dicembre scorso.

Addentrandoci nell’analisi dell’album, nella recensione del disco ho voluto conferirgli un’immagine dualistica, questo dovuto a numerosi fattori. Inizierei innanzitutto dalla suddivisione in due parti, da cosa è nata questa scelta?

A: Come dicevo prima, alcuni dei pezzi di “Create...” sono stati scritti un bel po’ di tempo fa: un paio di essi hanno anche più di 5 anni. In quell’arco di tempo e fino al primo cambio di cantante la vena “melodica” della band era molto spiccata, tra i nostri punti di riferimento collettivi c’erano Faith No More, Deftones e Incubus (brrrr), che convivevano con l’anima più casinara rappresentata fondamentalmente da me e quella più sperimentale di Max.
Quando ho preso in cura anche il reparto vocale le cose sono cambiate di parecchio: i quattro pezzi rimasti più fedeli alle versioni originali sono stati messi in coda a “Create...” come testamento delle vecchie formazioni (“Frail Memories Fading” - fragili ricordi che scompaiono - è il sottotitolo “very very emo” di questa sezione del disco). “The Fallen” invece, che ha ricevuto il rimaneggiamento più radicale, è stata accorpata ai tre pezzi nuovi nel quartetto di testa di “Longing For The Dawn” - nell’attesa dell’alba, più o meno - a significare un momento di rinascita della band dopo un periodo francamente disastroso sotto molti punti di vista.
A separare le due sezioni è stato messo un interludio elettronico ad opera di Max scelto tra quelli che usiamo anche dal vivo ogni tre o quattro pezzi per dare un secondo di respiro a noi e al pubblico.
Fondamentalmente, i quattro pezzi iniziali del CD sono quelli che più si avvicinano all’attuale visione musicale degli Shank, che nel frattempo si è ulteriormente evoluta dato che dal vivo eseguiamo già da un po’ quattro pezzi nuovi, e ne abbiamo già altri in cantiere con la speranza di registrarli prima dell’estate.

Visionando più da vicino il lato musicale, si può notare come la vostra proposta recente sia la sintesi di quanto nato dal superamento dell’hardcore all’inizio dei ‘90 e di ciò che si è sviluppato nella seconda metà del decennio. Come si è arrivati a questo risultato?


A: Sono abbastanza d’accordo con te. Tieni conto che quando abbiamo iniziato il nostro presupposto era di non porci degli steccati stilistici entro i quali rinchiuderci: anche la nostra prima maglietta recitava minacciosa lo slogan “100% unlimited crossover”. Tra le nostre influenze iniziali ti posso citare l’avanguardia post-metal newyorchese di Prong e Helmet, così come l’hardcore evoluto che all’epoca trovava casa su Victory records (Snapcase, i Refused di “Songs To Fan The Flame...”, gli Earth Crisis di “Gomorrah’s...”) o fino a pochi anni prima su Revelation (Quicksand, Orange 9mm), così come i Deftones di “Around The Fur” o gli Earthtone9 (che non mi va di definire nu-metal), e ancora i già citati FNM, i Voivod, i Primus, i Joy Division, i Fear Factory di “Soul of a New Machine” e “Demanufacture”, i Sepultura di “Chaos AD”... Insomma, il primo disco è nato sotto questo segno dell’eclettismo a tutti i costi, e devo dire poi che i primi pezzi che abbiamo scritto nascevano principalmente da idee del nostro primo bassista su cui io poi “ricamavo” con la chitarra.
Quando ho iniziato a essere il principale compositore e anche a scrivere molti dei testi, sicuramente abbiamo iniziato anche a spostare i nostri orizzonti verso altre direzioni a me più consone, più strettamente legate all’hardcore di fine anni ’90/inizio 2000, stemperate dalla sempre preponderante componente melodica. In questa fase intermedia i miei punti di riferimento principali sono stati indubbiamente Poison The Well, Time In Malta, e in seguito, in misura inizialmente minore ma sempre crescente Botch e Converge, ma tieni presente che sempre per lo stesso discorso della vocazione melodica ero io stesso a pormi dei freni compositivi per evitare di scrivere dei pezzi troppo aggressivi. Chiaramente da quando canto io questi freni li ho del tutto buttati nel cesso e mi permetto praticamente di tutto, anche se una certa vena melodica rimane sempre perchè comunque sotto la mia felpa dei Suffocation c’è sempre un cuore hahaha!

Nel vostro suono vi è anche una notevole influenza riconducibile al metal estremo; è una passione datata? Quanto ha contribuito a formarvi musicalmente e soprattutto come si relaziona con la vostra anima hardcore?


A: Ecco, a proposito di Suffocation... No, scherzi a parte, tutti noi in misura diversa abbiamo un passato o un presente da metallari e qualcuno di noi addirittura non so se direbbe di avere propriamente una qualche “anima hardcore”. Per quanto mi riguarda la passione per il metal è più datata di quella per l’hardcore, e non ho mai avuto troppi problemi a farle convivere. Nel CD questo elemento come dici anche tu spicca abbastanza, tra growls, occasionali blast-beats e riff tipicamente metal di scuola americana.

A dividere le due parti del disco vi è un interludio strumentale affidato all’elettronica. Pensate in futuro di integrare questo elemento alla composizione dei brani o si è trattato unicamente di un esperimento dovuto all’urgenza del caso?

A: Come ho detto prima, durante i nostri live i pezzi sono intervallati da interventi elettronici, samples, droni, chiamali-come-vuoi, e non appena Gianni troverà il tempo di dedicarsi al manuale della sua Loop Station probabilmente questo aspetto verrà integrato in maniera molto più decisa nella nostra musica.

L’artwork dell’album è opera di Piernicola; anche esso pare essere strettamente legato al “fil rouge” che unisce i fattori che hanno portato alla realizzazione dell’album. Che idea si cela dietro? Con quali tecniche è stato realizzato?

P: Il layout grafico è incentrato sul concetto di verità, di come possa essere soggettiva, relativa, di come ci appare e di come possa essere manipolata. Vuole rappresentare una riflessione circa il culto dell’apparenza e sulla propensione che noi tutti abbiamo a giudicare le cose anche quando non siamo in possesso di elementi per farlo. Ma probabilmente rispondere “Non ne ho idea” deve sembrare frustrante a molti, per cui ci si avventura spesso in giudizi e commenti giusto per il gusto di farlo. Questo si evince osservando la creatura in copertina, che appare quasi fragile, ma una volta aperto l’interno viene contestualizzata in uno scenario urbano e qui si apprezzano le reali dimensioni della pianta che terrorizza alcuni personaggi. La creatura, in realtà, non ha alcuna intenzione minacciosa nei confronti degli esseri umani perché si appresta solo a cibarsi dalla mano che si intravede sulla sinistra e dunque ci si ricollega al concetto di apparenza (se la pianta è gigante la mano che le porge il fiore appartiene ad un essere ancora più grande) ma le persone fuggono dalla pianta in quanto diversa, e non dall’essere umano ciclopico percepito invece come simile. Tutto ciò riferito anche alle voci sul nostro conto che ci davano per finiti e senza futuro, nel momento in cui eravamo chiusi in sala prove a scrivere i pezzi del disco, alle prese con innumerevoli cambi di formazioni e casini vari. Per quanto riguarda la realizzazione tecnica l’immancabile Photoshop (ho usato la CS2) per la quasi totalità del lavoro, Freehand per i montaggi da spedire in tipografia. Il lavoro è stato realizzato su piattaforma PC con alcune incursioni su un sistema Apple G5 e monitor Lacie 321 32 pollici per il controllo finale della resa dei colori.

Create/Devour è stato prodotto da Fabrizio Giannone; personalmente il risultato mi pare ottimo, voi siete soddisfatti di come suoni il disco?

A: Grazie e assolutamente sì, soprattutto in rapporto ai mezzi e ai soldi che avevamo a disposizione. Le riprese sono state effettuate nella sala prove in cui suonavamo fino a pochi mesi fa, una stanzetta iper-insonorizzata e assolutamente NON ottimale per questo tipo di cose, con un numero di tracce simultanee limitato, che ci ha costretti a dei compromessi soprattutto per la ripresa della batteria. Le chitarre sono state registrate una prima volta e poi completamente rifatte perchè non eravamo soddisfatti del risultato iniziale. Registrare il basso forse è stata la parte più semplice, mentre le voci al contrario sono state un’odissea! Tieni presente che io non cantavo da 6 o 7 anni, ho praticamente ri-imparato a cantare mentre registravo, quindi il processo è stato lungo e laborioso e con molte pause di riflessione.
Sul CD compaiono come ospiti alcuni nostri amici: Chris dei Cast Thy Eyes, Danilo degli Stonecutters e Antonio Mele, che hanno contribuito alle backing vocals su alcuni dei pezzi. Ci sono anche un paio di cori “da stadio” su due pezzi in cui abbiamo cantato tutti assieme noi Shank, i suddetti ospiti e gli altri C.T.E.
Fabrizio ha dato il meglio di se nel mixaggio, sfruttando al 110% le potenzialità di Protools LE e di vari plug-in, poi lavorare con lui è molto piacevole perché è una persona che non ha problemi a mettere in discussione le sue scelte e a provare soluzioni nuove ma sempre con un occhio al progetto finale, per evitare di perdersi per strada pensando alle cazzate. È chiaro che dopo ripetuti ascolti del disco senti sempre qualcosa che a posteriori avresti deciso di fare diversamente, ma un mixaggio è sempre potenzialmente migliorabile, ma arrivi a un punto in cui entrano in gioco il gusto e il buon senso, e dici “beh, siamo qui di fronte a questo computer da una vita, va bene così!”

Liricamente emerge spesso la tematica del dissidio interiore e della frustrazione. A cosa si ispirano i testi e quale è la loro connessione al lato musicale?

A: I testi che scrivo sono un tentativo di trasporre su carta e in maniera spesso metaforica e/o allegorica esperienze o situazioni personali e riflessioni sulle cose che succedono attorno a me. Capita a volte che il testo preceda la canzone, nel senso che adatto la scrittura dei riff e l’arrangiamento alle parole e alla metrica, e devo dire che in questo modo alle mie orecchie un pezzo suona spesso più organico e meno vincolato agli schemi classici di strofa-ritornello-bridge eccetera.
Pezzi come “At War With The Self” e “A Turn For The Worst” hanno anche un sottile significato “politico” ante litteram, perchè il dissidio interiore e l’incapacità di comunicare si riflettono ovviamente nella nostra incapacità di riempire lo spazio vuoto tra noi e gli altri, là dove è il vero luogo e senso della Politica come collante tra le diverse individualità e singolarità che compongono il genere umano. Un pezzo come “Create / Devour” invece, è una canzone sul male di vivere quotidiano, sulla speranza o l’illusione di lenirlo tramite i rapporti e le relazioni con i nostri consimili, sugli strumenti che usiamo come appiglio contro l’incertezza della condizione umana, e sulla pervasività che tali strumenti finiscono per avere, nostro malgrado, nelle nostre vite. La religione è uno di questi, ma non l’unico.

Le vostre origini sono salentine, una zona che musicalmente negli ultimi anni pare in fermento; da veterani della scena cosa potete dirci al riguardo?


A: Ti risparmio ovvie battute su Negramaro, Sud Sound System o la Notte della Taranta e dico che sicuramente in ambito “post” o comunque di “musica heavy rock non convenzionale”, il Salento ha sfornato negli ultimi tempi molte band di valore assoluto dopo un periodo in cui gli unici portabandiera di un certo tipo di suono o di una certa maniera di suonare metal/hardcore eravamo unicamente noi e i compianti NonToccateMiranda. Gruppi come Cast Thy Eyes, Sunward, Stonecutters, Reveries o !Gato De Marmo! possono dire tranquillamente la loro in ambito nazionale, soprattutto ora che grazie a gente come il nostro Fabrizio Giannone si sta appianando anche la differenza di qualità tra le produzioni “del Nord” e le nostre. È chiaro che l’handicap di suonare in una striscia di terra circondata dal mare e lunga 300 km rimane, e fa sì che andare in giro per proporsi sia logisticamente molto più complicato di quanto possa essere per una band dell’entroterra.

Quali sono i problemi maggiori che deve affrontare una band proveniente dal sud-Italia? Vi è una situazione di svantaggio rispetto ai gruppi del centro-nord?

A: Oltre ai punti sollevati nella precedente risposta direi che qui da noi ci sono meno soldi sia nelle tasche nostre che del pubblico, quindi riuscire a prodursi un disco o anche pagare l’affitto della sala prove o cambiare corde e pelli diventano piccole e sudate conquiste...

Da qualche seettimana è on-line il vostro sito, dalla grafica davvero intrigante; potete parlarci un po’ di ciò?

P: Mi è costato una vita di lavoro, non è ancora finito e quando sarà completo dovrò già lavorare al prossimo! Comunque si tratta semplicemente della trasposizione su web del paesaggio che fa da cornice alla copertina del disco, quì animato e completato da altri particolari, come le condizioni atmosferiche che cambiano e si alternano e influenzano lo scenario e l’esperienza di navigazione. Non si tratta di un sito standard, se così possiamo dire, perché ci sono molti dettagli nascosti ed il visitatore deve andare a scovarli controllando per bene ogni dettaglio, anche quelli all’apparenza “passivi” che possono sembrare semplice contorno. Il sito è realizzato tutto in Flash, tranne le pagine per ordinare il disco e il guest che sono realizzate in php.
A: Aggiungo solo che il sito è all’indirizzo www.shank.it

Rimanendo in tema, avete anche una pagina myspace; quali sono i vostri pensieri riguardo la rete come elemento di diffusione della musica?

A: È chiaro ormai da tempo che fenomeni come Myspace e in maniera diversa il file sharing hanno cambiato per sempre i metodi di circolazione e fruizione della musica, portando con se conseguenze positive e negative. Myspace, in particolare, se usato bene ha la capacità di far girare il nome di una band molto più velocemente e diffusamente che qualunque altro mezzo del passato, ma d’altra parte è tutto fuorché un mezzo meritocratico, perchè avvantaggia chi ha semplicemente un sacco di tempo da spendere davanti al pc per fare add e spam a manetta, oppure le pseudo boy- e girl-band che vanno avanti grazie a faccine carine più che alla sostanza musicale...

Avete già programmato alcune date, quali sono gli altri progetti per il futuro?

A: I concerti in zona per fortuna non mancano mai, ma in realtà vorremmo che i week-end spesi fuori a suonare in giro fossero più frequenti. Purtroppo siamo tutti nati negli anni ’70, non siamo più giovincelli con un mucchio di tempo da perdere e spesso e volentieri ci troviamo a dover privilegiare gli impegni lavorativi. Come dicevo all’inizio, avevamo programmato tre date consecutive tra Sicilia e Calabria per metà Dicembre, ma due su tre sono saltate per vari motivi e stiamo provando a fissarle nuovamente per Maggio. È chiaro che siamo aperti a (quasi) ogni tipo di proposta riguardante offerte di date fuori zona, quindi se qualcuno tra chi legge può darci una mano si faccia avanti!

Bene ragazzi, con questo abbiamo finito; grazie per la disponibilità, a voi l’onore di chiudere l’intervista.

A: Neuroprison è stata una scoperta piacevolissima, finalmente un forum musicale su internet dove si parla con competenza di buona musica anziché litigare come ragazzini su chi è meglio tra Manowar e Orchidectomy! (e dove ho scoperto un’infinità di gruppi, italiani e non, di qualità assoluta!)
Grazie veramente Simo, a nome di tutti gli Shank. Se chi legge ne volesse sapere di più su di noi può trovarci su www.shank.it, www.myspace.com/shank555 o scriverci su info@shank.it


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