mercoledì, gennaio 21, 2009

DONKEY BREEDER - Ergot


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Tracklist:
1. Five Quarters Collapse
2. Yorkshire
3. Kala-azar
4. Incaged
5. Empty Cores
6. Unexpected Waterfalls Effects



Ascoltare Ergot è un pò come abbandonarsi a un flusso di coscienza, esserne rapiti e a disco concluso essere scaraventati nuovamente alla realtà, ma con il sentore di aver guadagnato qualcosa su diversi piani, emotivo e mentale.
Prima fatica dei Donkey Breeder, giovane quartetto modenese, l’album può essere senza remore annoverato tra i migliori lavori recenti di un certo rock strumentale, matematico, progressivo, psichedelico; insomma tante nomenclature si possono dare, alcune in contrasto l’una dall’altra, ma immergendosi in Ergot si può comprendere come convivino nel loro suono anime all’apparenza antitetiche, che la band riesce a rendere complementari e soprattutto avvincenti, incalzanti.
Entrando in maniera irruenta nell’album ci si imbatte immediatamente nella fisicità di Five Quarters Collapse, guidata dalla batteria possente e chirurgica di Tommy, impreziosendo il pezzo di funamboli patterns memori della lezione di Damon “Che” e i suoi Don Caballero, con le chitarre a richiamarsi, prendendo poi strade differenti, annullandosi a vicenda, con enfasi combattiva e spregiudicata, salvo poi riappacificarsi e intessere riff possenti e coloriti.
Yorkshire e Kala-azar sono il ponte ideale tra il passato a cui si rifanno i Donkey Breeder e il presente che li vede protagonisti, perfetto esempio di come i Led Zeppelin siano stati tra i padrini dei generi più disparati, riletti con l’aggiunta di steroidi, travolgenti e senza freni, frapponendo dove non guasta un gusto tipicamente liquido per certi arrangiamenti, fedele alla psichedelia a cavallo tra ’60 e ’70; quando la briglia è sciolta si è sfiorati dal ricordo dei primi Russian Circles, quelli travolgenti dell’esordio in particolar modo.
Incaged si erige imponente nel mezzo dell’album come ostacolo insormontabile, con una sezione ritmica in gran spolvero ed efficacissimi stop’n’go che non permettono alla tensione di calare, incalzando l’ascoltatore e portando al solare solo finale, un po’ come dei Keelhaul in chiave vintage.
Empty Cores si regge sopra il selvaggio inseguimento tra le chitarre di Alessio e Samu, veloci e taglienti in questo frangente, esatto contrario di ciò che accade negli abbondanti otto minuti finali di Unexpected Waterfall Effects, vero e proprio circo musicale, avanzata funambolica verso (purtroppo) la fine dell’album, chiuso in maniera egregia comunque, mostrando molte, e quasi sicuramente non tutte, le carte in mano del combo modenese, che si diverte come non mai in digressioni drogate, schegge rumoriste e parentesi dilatate, dimostrando ancora di avere potenzialità fuori dal comune.
In Ergot non c’è autocompiacimento e onanismo musicale, “cuore e cervello” vanno a braccetto in maniera elegante e al contempo arringante, come un equilibrista da strada, pronto a mettersi in gioco ogni istante.
Album consigliatissimo, sperando sia solo il primo di una lunga serie.

Neuros

Donkey Breeder@Myspace

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