giovedì, novembre 26, 2009

VULTURUM - Vineta

image

Tracklist:
1. Mantide
2. Blckhlsfrys
3. R.Y.E.
4. We Own The Stars


Se mai fosse necessaria una -ennesima- conferma del periodo di grazia vissuto di recente dai terzetti, i Vulturum si inseriscono egregiamente negli “argomenti a favore della tesi”.
Nato dalle ceneri dei Go Down Moses, il trio fa il suo ingresso in scena con Vineta, 12” che ha visto la luce grazie alla co-produzione Produzioni Sante (Stalker, Santantonio e Cibo tra gli altri) e Sangue Dischi. Due batterie e una non-batteria (chitarra-voce) per plasmare un suono caldo e avvolgente, a tratti sanguigno e inquieto, peculiarità che ben si adattano alle tonalità di blu e cenere dell’artwork: una fiammata blu, questo è Vineta.
In Mantide è possibile ammirare il volto più fisico della loro proposta, una colata di riff che saltano a piedi uniti tra sonorità sature, in una terra di nessuno che a volte si tinge di stoner e un attimo dopo è post-core, e sotto l’incedere delle note una benefica vena melodica che preme in cerca della superficie.
Con tre paia di braccia i Vulturum riescono a modellare sonorità dalla radici datate ed editarle in una versione moderna e personale che in Blckhlsfrys trova compiutezza, memore degli arpeggi soffusi retaggio dei Go Down Moses, imbrattati per l’occasione di frammenti desertici e asciutti, sabbia che si poggia sulle note ed esplode in mille contrastanti sentimenti, in una maniera che ricorda l’occhio del ciclone dei Neurosis. Le parti vocali rappresentano sicuramente il punto di rottura con gli stereotipi di queste sonorità, e al fianco di vocalizzi al vetriolo si fanno spazio parentesi pregne di enfasi e apprensione, portando alla mente quelle di Francis Mark dei From Autumn to Ashes, diverso contesto ma esito ugualmente sopra le righe.
L’andamento ordinato di R.Y.E.non fa che esaltare questo particolare, con il suo crescendo affranto che si perde tra le distorsioni, per poi trovare parvenze di tranquillità solo nel finale di canzone.
Nonostante il minutaggio corposo di ogni brano, l’impressione del poco tempo trascorso è palpabile, e pare funzionale a ciò la sfuriata finale di We Own the Stars: nessun rimorso o velo di amarezza, i Vulturum alzano la mano e i loro strumenti a testimoniare la loro presenza; per cominciare basta un antipasto di quattro brani, il tempo è infatti dalla loro parte, e se queste sono le premesse non resta che attendere quanto il futuro riserva per questo esaltante trio.

Neuros

Vulturum @Myspace

sabato, novembre 21, 2009

BURIED INSIDE + TOMBS @ Ritmo Y Compàs - Madrid




Lunedì 16: secondo appuntamento, stesso posto, stessa ora. Senza sgarrare di un minuto partono gli spagnoli AS MY WORLD BURNS, una sorta di metalcore con accenti math e post, niente di eccezionale, forse troppa scena (della serie “tanto fumo niente arrosto”), dopo qualche pezzo iniziano ad annoiare. Dopo poco ecco salire i TOMBS: si parte! Ritmi blast beat, basso marcione, chitarra graffiante e voce del demonio! Cosa volere di più? Sembrano un incrocio tra i Today Is The Day e il black metal, i rallentamenti sludge non lasciano respiro. Grandissimi sia sopra che sotto al palco (sono riuscito a scambiare due parole con il bassista ed il chitarrista/cantante, veramente ottime persone).



La stanza è piena, il fumo delle sigarette crea quella surreale atmosfera di nebbia e aria pesante (in Spagna si può fumare nei locali), i BURIED INSIDE iniziano. Tutti ci accorgiamo che hanno alzato drasticamente i volumi degli amplificatori, quasi per fare male. Sentire brani come I e V è un'esperienza incredibile, le parti cantate con tre voci scuotono le pareti del locale. Il pubblico apprezza vistosamente ed il gruppo si diverte nel contraccambiare con sonore colate di magma. Pure qua alle 24 finisce tutto, il condotto di ventilazione riprende a funzionare, di nuovo ci svegliamo tutti.




James Ford

A STORM OF LIGHT + MINSK @ Ritmo Y Compàs - Madrid.



Venerdì 13: arriviamo puntualmente alle 21 pensando ovviamente di essere in anticipo, senza tenere conto che siamo in territorio estero, infatti, il gruppo in apertura attacca con grande stupore secondo gli orari in cartellone; sono i LOUDED: band madrilena, un incrocio tra Kylesa e Knut, ottimo impatto, mi colpiscono subito i suoni caldi e potenti, degni di un vero impianto. La voce è presente, il basso si sente, la chitarra non è impastata e la batteria è ''equalizzata'' a dovere... finalmente dei suoni decenti! Cambio di palco velocissimo, iniziano quasi 15 minuti dopo i MINSK (belle facce!). 45 minuti, prevalentemente pezzi nuovi (ricordo solo una White Wings pescata dal vecchio album). La resa è ottima, anche se le parti di chitarra risultano vuote in alcuni punti, ciò è forse dovuto al fatto che su disco sia veramente troppo curata (piccola nota per i fissati: il bassista è salito sul palco con un basso Kramer con manico fretless in alluminio, potete immaginarvi il suono? NO).



Ancora un cambio di palco ultra-veloce ed ecco in piedi davanti a noi i tre A STORM OF LIGHT con un nuovo membro alla seconda chitarra: nientepopòdimeno che Will Lindsay dei WOLVES IN THE THRONE ROOM. Una montagna di sassi e roccia che lentamente crolla in faccia a tutti, nessuno può salvarsi, nemmeno quelli seduti al bar in fondo alla stanza. Immaginatevi il buio, le video proiezioni sullo sfondo (animali prevalentemente), volumi alti e definiti, ogni colpo sulla batteria percuote il cervello senza tregua. Una sensazione frastornante. Alle 24 magicamente tutto finisce, le luci si riaccendono e tutti torniamo alla realtà.



James Ford

HELLFEST 2009



PARTE I - Venerdì 19
Appuntamento gustoso quest'anno a Clisson (situato nella Loira, Francia), per la quarta edizione dell'HELLFEST, festival imperdibile per appassionati di metal e dintorni di tutta Europa. Troppi sono i gruppi che parteciperanno a queste tre giornate durante il solstizio d'estate, così tanti da perdere il conto.
Dopo una notte passata in bianco nel campeggio (a causa degli ubriachi che urlano e cantano e della pioggia notturna) ci dirigiamo verso i cancelli e ci accorgiamo di quanta gente già è sul posto: orde di blackster, nu-metallari, rocker, capelloni, barboni, tutti i tipi di tutti i generi, che affollano le zone adiacenti il fest.
I tre Karma to Burn sono il primo gruppo che seguiamo, l'aria si sta scaldando con i primi raggi del sole che trapassano le nere nuvole, e la loro musica si miscela bene con l'atmosfera. Di seguito passiamo agli August Burn Red, deathcore come va di moda adesso, nulla di particolare, loro sono inguardabili, tutti fighetti, polo azzurre, facce dolci, frangette: niente da fare, non passano. Alle 13,40 tocca ai Taake, gruppo blackmetal che conoscevo solo di nome, pure loro molto insoddisfacenti, face painting con linguacce... molto fumo e niente arrosto. Il sole esce del tutto allo scoperto con gli Eyehategod, forse la band che aspettavo di più, e forse la band più pesante di tutto il fest: riff marci, rallentamenti, i pezzi scorrono fluidamente facendo soffrire, 45 minuti di puro sludge; qua ci sarebbe da soffermarsi molto (la partecipazione di Anselmo alla chitarra, la bottiglia di vino sgolata da Mike Williams, gli inni contro la polizia del batterista Joey LaCaze, ecc ecc) ma non posso dilungarmi troppo, sappiate solo che sono e resteranno per sempre la band Sludge per eccellenza. Ancora un po' frastornati corriamo dai Soilent Green (con Brian Patton degli Eyehategod), grindcore con sfumature sludge/southern, il tutto incorniciato da un frontman imponente e carismatico; rimaniamo molto colpiti anche se la stanchezza inizia a dare i primi dolori. E' proprio qua che vengo a sapere della brutta notizia che i Pentagram non suoneranno, allora decido di godermi tutto il set dei Misery Index, band death per niente scontata, che trita tutto ma non riesce a prendermi completamente, colpa forse dei suoni mai precisi del tendone Rock Hard. Senza perdere fiato mi butto sotto al palco dei Torche che, con la loro chitarra graffiante, non sbagliano un colpo, ma non riesco ad arrivare in fondo al set, così decido di andarmi a sdraiare fuori per un piccolo sonnellino. Ancora assonnato mi dirigo al Mainstage per i Voivod, e forse proprio per colpa delle mie condizioni fisiche, non mi prendono per niente facendomi sbadigliare: grande dispiacere, mi aspettavo una band piuttosto in gamba e invece niente; da rivedere assolutamente per un'altra possibilità. Ne approfitto così per prendermi un bel posto in prima fila sotto al palco degli attesissimi Kylesa, due batterie che macinano tempi strambi di scuola Melvins, riff energici, voci che si incrociano senza mai perdere ritmo, il pubblico è in delirio, tutti cantano e pogano, tutti si divertono anche senza uno dei chitarristi (che non ha potuto seguire la band in tour per problemi personali). Pacatamente ci dirigiamo tutti nell'altro tendone, già strapieno, per gli Entombed, pure loro caricatissimi ma la mia attenzione cala sempre di più; prima della fine della loro esibizione mi sposto davanti all'enorme palco dei Down che, a causa di un set molto più lungo dei WASP, attaccano in ritardo. Per me questa era la prima volta davanti a Phil Anselmo e soci, gruppo davvero immenso che incanta e rapisce. Dopo mezzora di live riesco a togliere gli occhi dal palco e dirigermi poco distante per i Pig Destroyer, ma arrivo praticamente alla fine, giusto per vedermi l'ultimo pezzo (incomprensibile). La rabbia è tanta, rabbia contro il ritardo dei Down e contro la band di Scott Hull che terminano circa venti minuti prima del previsto. Grande delusione per un gruppo che seguo moltissimo e che suona pochissimo in giro. Con una creap e una bibita in mano, mi seguo da lontano gli Anthrax, molto distrattamente seduto sull'erba, sembrano essere in forma ma lascio la parola ai veri fan non pronunciandomi troppo. Chiudo la serata (23.50) con Jarboe, cantante degli Swans: atmosfera buia, fumi, luci cupissime, paura. Lei è una presenza spettrale, non si fa mai vedere in viso (capelli biondi lunghi), le parti ritmiche ricordano moltissimo i Neurosis. Mentre ascolto il set composto da 5 lunghe canzoni, mi addormento in piedi, gli occhi mi si chiudono di prepotenza. Con le ultime forze decido di tornare in tenda (dopo bel 16ore in piedi tra palchi e stand) dimenticandomi purtroppo così dei Saint Vitus e degli Heaven And Hell.

Eyehategod


Down


James Ford

DYSKINESIA



Il nuovo nato in casa Dyskinesia si candida ad essere una delle migliori uscite dell'anno, abbiamo quindi contattato Komesar per fare il punto della situazione.


Ciao ragazzi, innanzitutto complimenti per il disco, una sorpresa davvero gradita per chi ha seguito in diretta i vostri passi. E’ passato molto tempo dall’uscita di “Live in Prypiat” e la formazione è cambiata; quali sono state le dinamiche all’interno della band in questo periodo?

(k) Il cambio di formazione che c'è stato tra “Live in Prypiat” e “Dyskinesia” è stato conseguenza della volontà mia e di Sisto di dare concretezza a tutto ciò che con il primo disco non era stato possibile fare. Sicuramente anche ora, con una formazione a cinque e un sound decisamente più complesso di Live In Prypiat, la strada da fare è tanta ma quantomeno abbiamo i mezzi per “gestire” le nostre idee. Non escludo che in futuro si possano aggiungere altri strumenti e magari anche altri strumentisti ma sicuramente tra noi cinque si è raggiunto un' equilibrio tale da permetterci una totale autonomia di composizione e questo è quello che si andava cercando sin dagli inizi.


Il nuovo disco era pronto da tempo, ma l’attesa per la pubblicazione si è prolungata più del previsto, cosa è accaduto di preciso?

(k) Il disco è pronto dall'estate del 2008. La ricerca delle Label ha sicuramente occupato un bel po di tempo e anche una volta determinata la "cordata" si è perso tempo. E' inutile scadere nel gossip e puntare il dito ma una cosa è certa, ci sono stati dei ritardi e ci sono stati dei problemi che potevano essere evitati e se da una parte ci assumiamo le nostre colpe non abbiamo alcuna intenzione di dimenticare gli errori degli altri.


Nonostante “Dyskinesia” abbia attraversato periodi così travagliati e un periodo di due anni dal disco precedente, ci sono punti di collegamento tra i due album; allo stesso tempo pare anche che vi siate liberati da certe cime che legassero il vostro suono alla forma-canzone, arrivando a concepire il suono quasi come un flusso continuo...

(k) Mi fa piacere che tu l'abbia notato e mi fa ancora più piacere se la cosa è evidente a tutti e non solo a chi ci segue sin dagli inizi. I punti di collegamento con Live in Prypiat sono tanti, nonostante sia un'album impreciso, grezzo e privo di una qualsiasi razionalità negli arrangiamenti non ne cambierei una sola nota. Le atmosfere di "Dyskinesia" sono in evoluzione rispetto a Live in Prypiat e non in sostituzione.


A un ascolto superficiale potrebbe quindi sembrare un disco omogeneo, in realtà nasconde sfumature varie e ben assortite, tra intenzioni di scuola Neurosis e ritmi marziali, ombre rumoriste e momenti di silenzio, addirittura inaspettati passaggi dal sapore new-wave. In che maniera riuscite ad armonizzare tutte queste componenti?

(k) E' molto semplice, almeno per quanto riguarda il nostro modo di comporre. Non c'è nessuna scaletta o struttura da seguire, il pezzo vien da sè in funzione di quello che suoniamo. Solo una volta che il pezzo raggiunge stati già embrionali si ragiona sulla struttura e sul prodotto finale.


Chiedere a questo punto quali siano le vostre influenze potrebbe sminuire il vostro ottimo lavoro, quindi sarebbe molto più interessante conoscere quale sia l’ispirazione -o quali siano- per i vostri componimenti-...

(k) personalmente sono molto legato ad artisti come Atrax Morgue, Lustmord, Mono, Coil, Genocide Oragn, Brighter Death Now, GodSpeed You Black Emperor e molti altri che ora non mi vengono in mente. Contando però che la composizione dei pezzi avviene solo durante le prove e mai da una persona soltanto non mi ispiro direttamente ai miei gruppi preferiti, è tutto molto più diretto e naturale.


Addirittura nella traccia “Il secondo giorno” compare una inattesa vena melodica, celata sotto strati di chitarra, ma comunque ben riconoscibile. Essendo anche la traccia più lunga e, per chi scrive, affascinante, del disco, potreste dirci come è nata?

(k) Esattamente come gli altri pezzi per quanto riguarda la nascita, la composizione e l'arrangiamento. Le assonanze con il post rock che l'alleggeriscono un poco e la struttura leggermente più definita sono state però per noi un punto di partenza e una svolta , i pezzi per il nuovo disco di fatto sono molto più sulla linea de " Il secondo Giorno".


Proprio la vena melodica della traccia sopraccitata non sarebbe emersa senza un suono adeguato, sicuramente uno dei punti di forza del disco. Quanto ci avete lavorato e quanto è importante per voi questo aspetto? Avete usato sperimentato nuove apparecchiature al riguardo?

(k) Abbiamo registrato in presa diretta all'Elfo Studio, sfruttando l'acustica della sala e il riverbero della hall. Non abbiamo sovrainciso nulla se non la voce per motivi tecnici e anche in fase di mixaggio ci siamo limitati a una pulitura generale del suono senza alterare significativamente nessun strumento. Il grosso del lavoro è stato fatto quindi prima della registrazione, nella scelta degli ampli, degli strumenti e del modo migliore per conciliarli.
Al momento, rispetto a "Dyskinesia", abbiamo già una sturmentazione differente e settaggi differenti quindi la ricerca dei suoni e del sound complessivo continua e non ho alcun idea di dove andremo a sbattere la testa. Personalmente credo che nonostante l'aggiunta di strumenti o anche solo di rumori, stiamo andando verso un suono più semplice e diretto, meno effetti e molta più sostanza. Ma è un mio punto di vista, nulla di più.


Il lato visuale è strettamente collegato con quello sonoro. Il formato scelto è quello di un 7” con all’interno il cd. L’artwork del disco e il cartoncino all’interno rispecchiano fedelmente i suoni e le atmosfere dell’album: sono venuti dopo la creazione della musica? Che tecnica è stata utilizzata per realizzarli?

(k) l'artwork è stato realizzato da Luca successivamente alla registrazione dell'album, l'idea del formato, se non ricordo male, era venuta da una delle Label. Su come sia stato realizzato e affini non so nulla


Leggendo i titoli delle canzoni pare che vi sia un concepì dietro “Dyskinesia” o comunque un filo conduttore tra i componimenti. Di cosa si tratta, e in particolare quale è la “materia” a cui fate riferimento?

(k) Il disco vorrebbe essere un concept su un disastro nucleare. L'idea è di un' ipotetico continuo con Live in Prypiat che prende appunto ispirazione dal disastro di Chernobyl che costrinse all'evacuazione di varie città, tra le quali Prypiat. Le stesse foto presenti all'interno dell'artwork di "Dyskinesia" sono di Prypiat. Quindi c'è si un continuo con il primo disco anche se in entrambi i casi abbiamo solo voluto rispecchiare momenti e atmosfere che ci affascinano e che ci sono cari ma l'idea stessa del concept segue alla realizzazione dei pezzi quindi, a mio parere, non è da prendere cosi sul serio.


Potrebbe essere un ipotetico ponte verso il prossimo album?

(k) Potrebbe, per il momento però ancora non ci siamo posti il problema. Il degrado, il distacco e l'annichilimento ci sono, vedremo che veste dargli.


Pensate di aver raggiunto a livello musicale, le caratteristiche che il vostro nome porta?

(k) Forse, ma personalmente spero che si arriverà oltre i semplici spasmi.


Dalle vostre parti sono emerse negli ultimi tempi molte band dall’indubbio valore. Vi è una “scena” a livello locale? Come vedete la questione a livello nazionale invece?

(k) No no nulla di simile a una scena. A Piacenza, ora come ora, non ci sono locali per suonare, nel senso vero e proprio che non ce ne è neanche uno. Cremona anche naviga in mari disperati e sicuramente la provincia Parma-Cremona-Piacenza non offre tanto di più delle città. I gruppi validi ci sono ma non si suona, quindi come se non ci fossero.


Recentemente avete partecipato a una delle compilation Droning Earth e al secondo volume della compilation NeuroSounds. Qual è il vostro pensiero riguardo a queste iniziative? Pensate che possano realmente contribuire a scardinare certi luoghi comuni sull’underground e permettere di riconoscerne il valore?

(k) Sono sicuramente delle buone iniziative e aiutano molto la conoscenza gruppo-gruppo.Personalmente mi hanno colpito molto i Donkey Breeder, non li conoscevo e sono stati un ottima sorpresa. Per quanto riguarda l'effttiva utilità che queste compilation possano avere nel far girare il nome del gruppo non saprei, bisognerebbe capire quanti e da quali canali scaricano questi pezzi. Non credo insomma che possa fare la differenza una compilation online, come neanche una compilation su disco ma sicuramente sono ottime iniziative che muovono nella direzione giusta.


Siamo quasi arrivati alla fine, quali sono i progetti futuri?

(k) con l'inverno usciranno due split, " Dyskinesia - Gioventu Suicida Studentesca " (Tape - Deserted Factory ) e "Dyskinesia - Corpoparassita " ( cd - Frohike Rec. ). In primavera contiamo di registrare il nuovo disco.


Grazie per la disponibilità ragazzi, a voi l’ultima parola. A nome di NeuroPrison un grande ringraziamento e un sentito “in bocca al lupo”.

(k) grazie a voi di neuroprison per la compilation, l'intervista e la recensione.Saluti!


Neuros

venerdì, novembre 13, 2009

PASSO UNO - Tartüff




Tracklist:
1. Head titles
2.Get out, I say!
3.The grand touring cinema
4.The carriage is in sight
5.A saintly man
6.Go - All of you!
7.Sinful frivolity
8.Where is this Tartüff?
9.About the vanity of earthly things
10.Heaven sent me to you
11.Dear mr. Tartüff
12.Masquerade
13.Under the spell of your personality
14.Alone
15.I - a Saint?
16.Who is sitting beside you?


Più di una voltà si è sentito l’adagio per cui bastino poche mani per dare vita a opere complesse e funzionanti, purchè lavorino in sintonia e passione verso il risultato finale. I Passo Uno non fanno eccezione, quattro paia di mani e un flusso continuo di note intese in maniera inscindibile dalle immagini, da quel lato visivo che nel panorama musicale non ha mai vissuto momenti di vera crisi, ma in questi ultimi anni pare stia vivendo un periodo di riscoperta e applicazione maggiore rispetto al passato più prossimo. All’interno della discografia del gruppo, Tartüff rappresenta la terza colonna sonora, preceduta da Il Passato Riemerso e Presenze, entrambi documentari; con questa nuova release il gruppo si è spinto oltre, scegliendo per l’occasione la musicazione del film muto di Friedrich Wilhelm Murnau del 1925.
Ancora una volta dietro tanto impegno è presenta la trazeroeuno, label che ha sempre dimostrato di tenere ai sensi che non siano solo quello dell’udito, proponendo un cofanetto contenente l’audio cd e il dvd del film adattato con la colonna sonora. L’artwork, a opera del team Diramazioni composto da Tryfar (già dietro la trazeroeuno) e Vocisconnesse, è cornice ideale per il clima decadente e uggioso creato dalla musica e dal film, valorizzando al massimo l’opera di Molière a cui esso si ispira.
L’ambito nel quale si muovono i Passo Uno pone le radici nel post-rock e nell’elettronica, capace però di arricchire la tavolozza sonora di numerose altre sfumature. In Get Out, I Say e I - a Saint? appare lo spettro solenne e ipnotico degli Earth di HEX, senza che ciò risulti fuori luogo rispetto al clima di inganno che pervade il film;in Go - All of You fanno capolino gli ultimi Ulver, quelli più distesi di Shadows of the Sun, disegnando crepuscoli freddi e plumbei, circondati tutt’intorno da minimali rintocchi elettronici e aperture jazz che si collocano tra gli Jaga Jazzist e i Kilimanjaro Darkjazz Ensemble, con chitarre il più delle volte soffuse, che procedono incessantemente sulle punte dei piedi, a non disturbare.
Per chi abbia apprezzato di recente l’operato simile dei Giardini di Mirò con Il Fuoco, questa realizzazione dei Passo Uno merita certamente non solo l’ascolto, ma anche un’attenta visione che permetta di cogliere al massimo le potenzialità di questo talentuoso lavoro.

Neuros