sabato, novembre 29, 2008

THE CONFLITTO - Kids Die, Music and Protest don't Kill



Anno: 2008

Tracklist:
1.Kids Die, Music and Protest don't Kill
2.Your Distance is My Disease
3.Inside the Night
4.Residuale of a Dream



A due anni dalla demo Burning Karma gli spezzini The Conflitto arrivano alla pubblicazione del loro primo ep “Kids Die, Music and Protest don't Kill”, rigorosamente autoprodotto.
Partiti da territori hardcore debitori verso pesi massimi nostrani come Negazione e Indigesti, i quattro giovani hanno nel tempo limato l’irruenza primigenia, avvicinandosi a lidi musicali più intricati e ricercati nei particolari.
Il suono che li caratterizza è urbano, rabbioso, originato da quella stessa protesta nominata nel titolo. L’apertura affidata alla titletrack è il biglietto da visita migliore che la band potesse mostrare, isterica e veloce, dove si susseguono cambi di tempo e atmosfere alla maniera dei maestri Botch, mentre nel finale trapela una sofferta melodia, supportata da ritmi meno frenetici ma sempre sugli scudi, con un prezioso lavoro di basso da parte di Omar. Your Distance is My Disease mantiene alta la tensione, con una più marcata influenza hardcore, memore del troppo dimenticato Songs To Fan The Flames Of Discontent dei Refused, mirino puntato quindi verso l’aggressione piuttosto che a differenti contaminazioni sonore, grazie anche a non troppo velate incursioni tipicamente rock’n’roll.
I The Conflitto però vogliono stupire e ci riescono, poiché senza snaturare troppo le proprie coordinate cambiano le carte in tavola rispetto a quanto proposto una canzone prima, Inside the Night infatti si mostra variegata, atta a districarsi tra rocciosi mid-tempo e frenetiche accelerazioni; possono venire in mente gli ultimi Converge, e il carattere riottoso del combo ligure pare davvero vicino agli intenti di Ballou&Co.
Per confermare quanto appena detto ci pensa la conclusiva Residual of a Dream, dall’inizio dissonante e dal crescendo che non fa prigionieri; i tempi si fanno più lenti e il quartetto dimostra di portare differenti tipologie di aggressione sonora, in questo particolare caso infatti è tirata allo spasmo, con la chitarra di Luca che si muove tra differenti strati sonori, a volte corposi, altre più striscianti, con un risultato davvero avvincente.
Un giovane gruppo sicuramente da tenere d’occhio, un ep che con una migliore resa sonora avrebbe potuto rendere di più, ma i margini di miglioramento sono ampi, si può solo sperare quindi di attendere buone notizie in futuro da questi ragazzi.

Neuros

The Conflitto@Myspace

martedì, novembre 25, 2008

THREE SECOND KISS - Long Distance



Anno: 2008

Label:
African Tape

Line-up:
Massimo Mosca: Bass,voice
Sacha Tilotta: drums
Sergio Carlini: guitar


Tracklist:
1. You Are The Music
2. I'm Wind
3. This Building Is Loud
4. Inexorable Sky
5. V Season
6. Dead Horse Swimming
7. Deviationism
8. Tarues
9. Guess You Bless This Mess



Quindici anni di carriera e cinque album all’attivo. Basterebbe questo per affermare l’importanza rivestita dai Three Second Kiss per la musica indie italiana; se poi ci aggiungiamo il rispetto nutrito da Mr.Steve Albini nei loro confronti, tanto da portarlo a produrre gli ultimi due album del gruppo, allora il cerchio si chiude.
Per inquadrare in maniera più approfondita la band basti sapere che dopo l’uscita dal gruppo di Lorenzo Fortini, il ruolo di batterista fu affidato a Sacha Tilotta, figlio di Agostino Tilotta e Giovanna Bellini, ovvero il nucleo degli Uzeda. Proprio da queste informazioni si può cominciare ad immaginare il suono nel quale i TSK si gettano a capofitto, asciutto, essenziale e nervoso, strettamente imparentato con Shellac e Don Caballero, differenti stili ma medesima attitudine, in un turbinìo sonoro perrenemente in bilico tra Chicago e Lousville. Ciò che i Three Second Kiss propongono non è però emulazione, in quanto contemporanei all’esplosione di determinate sonorità, e soprattutto caratterizzati da una perenne ricerca sonora, quasi maniacale per i piccoli dettagli, e in questo contesto è sicuramente ciò che fa la differenza.
Long Distance procede sui territori lambiti dal precedente Music Out Of Music, limando ancora più il suono dove possibile, arrivando a componimenti più brevi ma sicuramente non meno intensi, e come manifesto di questo labor limae ecco l’inizio quadrato di You Are the Music, con il drumming essenziale e preciso di Sacha, intorno al quale si sviluppano le trame chitarristiche di Sergio Carlini, capaci di scorticare, loro stesse sanguinanti e dalle mai nascoste reminiscenze blueseggianti.
Si ha l’impressione di essere incanalati in un vortice irresistibile, frastornati dalle trame oblique di I’m a Wind, caratterizzata da efficaci stop’n’go sopra i quali si erige la voce di Massimo Mosca, perennemente in bilico tra rassegnata narrazione e isterico menefreghismo.
Non mancano le parentesi più pacate, contenute principalmente nella parte centrale dell’album, piccoli anfratti di quiete dove è il basso a fare la differenza, in particolare in V Season e Dead Horse Swimming, dove è presente anche un serafico canto corale all’inizio della canzone.
L’attacco lounge di Tarues è un ulteriore tocco di classe, perfetto per introdurre una canzone dal carattere così introverso, notturno, tra fumo di sigarette e note sbilenche.
Guess You Bless This Mess chiude l’album in maniera ottimale, incanalando tutte le sfumature della band in soli quattro minuti, ricca di dissonanze e riff liberatori, che mantengono alta la tensione e non accennano graffiare se non nel finale, sussurrato e singhiozzante.
Ancora una volta i Three Second Kiss dimostrano di essere maestri in ciò che fanno, donando un carattere vitale a componimenti di per se spigolosi e severi, mostrando come la bellezza risieda nella semplicità e nelle piccole cose.

Neuros

Three Second Kiss @Myspace

lunedì, novembre 10, 2008

NEUROFEST 2



NEUROFEST 2008

NeuroFest nasce nel 2007 da un' idea della community NeuroPrison, forum ufficiale italiano dei Neurosis e della scena 'post 'nazionale, ed in collaborazione con il centro culturale Ekidna e Cyniclab DIY Label. L'iniziativa, come tutta l'attività di NeuroPrison, si prefigge di supportare e valorizzare l'ottima ma purtroppo poco conosciuta schiera di band underground made in italy. Il debutto si è svolto all'Ekidna di Carpi (MO) l'8 Dicembre 2007, riscuotendo ampi consensi ed un buon successo a livello di audience, potendo contare su di un bill di tutto rispetto tra cui VANESSA VANBASTEN, AT THE SOUNDAWN e THREE STEPS TO THE OCEAN. Quest'anno, in data SABATO 15 NOVEMBRE 2008, si svolgerà l'attesa seconda edizione con un bill estremamente importante e di grande impatto sonoro...vi attendiamo numerosi!


Sabato 15 Novembre / Ekidna
S.Martino Secchia - Carpi (MO), Via Livorno 9


Orario Concerti:
17:30 - 00:30


Line Up:


THE SECRET
(Hardcore/Psichedelia/Grindcore)
Disintoxication


PUTIFERIO (Alternative/Sperimentale/Punk)
Ate Ate Ate


LAST MINUTE TO JAFFNA (Hardcore/Psichedelia/Ambient)
Volume I


VISCERA /// (Metal/Sperimentale/Psichedelia)
Cyclops

INCOMING CEREBRAL OVERDRIVE (Metal/Hardcore)
Cerebral Heart

ICON OF HYEMES (Hardcore/Sperimentale)


DONKEY BREEDER (Alternative/Progressive/Rock)


Ingresso: 6 Euro


Informazioni: www.myspace.com/neurofest

sabato, novembre 08, 2008

A FLOWER KOLLAPSED - Brown Recluse



Anno: 2008

Etichette:
Sons Of Vesta, Holidays Records, Shove Records

Tracklist:
Shelter
Battle
Ghost Chorus
Natural Size
Seconds Go Slowly
Buio
Sewer


Nuovo 10” per i veneti A Flower Kollapsed, band nata nel 2004 e che nel giro di pochi anni ha saputo con pieno merito ritagliarsi un importante spazio nella scena hardcore/punk italiana e non, in particolare quella francese.
Dopo due split con Esicastic ed Afraid! registrano il loro primo album “Orsago”, pubblicato in Italia da Holidays Records in collaborazione con Shove Records ed in Francia dalla Gaffer Records, beneficiando della sapiente mano di Giulio Favero (One Dimensional Man, Il Teatro degli Orrori. Putiferio) in fase di produzione.
“Brown Recluse” segue appunto l’ottimo debut continuando sulla via da esso tracciata, fatta di pezzi brevi ed intensi, a metà strada tra screamo, noise e math-core.
Sette tracce per un totale di 19 minuti, comunque più che sufficienti a delineare una band in costante evoluzione e sempre alla ricerca di nuovi spunti; rispetto al recente passato infatti la componente screamo gioca un ruolo minore nell’economia generale dei brani, stavolta maggiormente orientati sul versante math e su un potente, rumoroso post hardcore/punk sulla scia di nomi quali Converge e Daughters, supportato da una sezione ritmica davvero micidiale.
Si parte senza fronzoli ed in pieno stile Converge con il trittico Shelter/Battle/Ghost Chorus, lasciando poi il campo ad episodi più ragionati e meno diretti quali Natural Size, Seconds go slowly e soprattutto l’acidissima Buio; in chiusura viene concesso ampio spazio alla sperimentazione (già presente in forme diverse in “Orsago”) con il suggestivo noise ambientale di Sewer, brano che potrebbe indicare una futura linea evolutiva particolarmente interessante.
Se il 12” precedente vi aveva (giustamente) conquistato l’acquisto di questo “Brown Recluse” è caldamente consigliato…ascoltateli in coppia ed andate in pace.

-Edvard-

A Flower Kollapsed @Myspace

martedì, novembre 04, 2008

SLAIVER - Why Brothers?



Line-up
Enrico Grosso : voice-guitar
Fabio Oliva : bass-voice
Andrea Peracchia : drums
Paolo Oliva :guitar


Tracklist:
1.I'd Like to Pay
2.Nola
3.Spit
4.Lover Tell Me it's Over
5.Shut Up Now (demo)

Una storia lunga e travagliata quella dei piemontesi Slaiver, la cui origine risale alla metà degli anni ’90 dall’amicizia tra Enrico Grosso e Andrea Peracchia, i quali costituiscono ancora oggi lo zoccolo duro della band. Una lunga lista di ep e demo in più di dieci anni di carriera e una fama sempre maggiore perseguita nell’underground italico, ma pare che solo nel 2007 il combo sia riuscito finalmente a squarciare il velo che li nascondeva ai più e sicuramente il merito di questo risiede nei venti minuti di “Why Brothers?”.
Sì, perché se il precedente “L'Indifferenza Di Me Verso Le Cose” si presentava come un buon disco ma con ancora ampi margini di miglioramento, questo nuovo ep cancella ogni insicurezza e ogni dubbio sullo status della band; in sole cinque canzoni la band mette sul tavolo le sue carte migliori e il risultato è quanto di più avvincente si possa sentire al giorno d’oggi, in Italia e non.
Gli Slaiver non hanno mai nascosto la paternità del loro suono, figlio dell’hardcore degli ’80, ma non paghi di ciò sono andati oltre, ricoprendo le solide pareti musicali di arabeschi moderni. I’d Like to Pay è una chiara manifestazione di intenti e sorretta da ritmiche punk/hc riesce a innestare chitarre metalliche, riportando alla mente quanto fatto anni fa dai mai troppo compianti Deadguy; notevole la prestazione di Andrea, con un drumming serrato e preciso sicuramente sugli scudi. Nola non ha la minima intenzione di far calare la tensione e dopo un attacco che potrebbe ricordare i Mastodon si assesta su binari veloci e sconnessi, dove le due chitarre si inseguono e si mordono vicendevolmente; una fuoriosa scorribanda tinta di noise-rock e metal che non lascia prigionieri.
La produzione del disco affidata a Giulio Favero mette in risalto tutta la bontà del prodotto e permette di assaporare ogni sfumatura sonora, senza che ciò intacchi minimamente la violenza sprigionata dalla band. Spit è summa di questo, dove sopra un tappeto Breach-iano si inseriscono gli angoli cari a Duane Denison, il tutto sotto il severo controllo degli Slaiver, capaci anche in quest’ambito di donare la giusta dose di melodia a ogni componimento rendendolo un prodotto di pregiata fattura.
Non vi è un attimo di stanca, ciò dovuto anche anche al pochissimo tempo che intercorre tra una canzone e l’altra, donando l’effetto di un macigno che rotola verso le orecchie dell’ascoltatore, macigno che a questo giro prende il nome di Lover Tell Me It's Over; in questo caso all’assalto tipico della band si affiancano sinistre dissonanze, conferendo un’aura malsana al tutto, con il basso di Fabio in evidenza a scandire i tempi.
Il finale della canzone è impreziosito da frequenze radio in sequenza, disturbate come giusto che sia nel loro caso, portando alla traccia di chiusura del disco, l’asfissiante Shut Up Now, dai suoni saturi, dalla rabbia incontrollata e come da titolo non si può far altro che rimanere silenziosi e annichiliti davanti a cotanta urgenza espressiva.
Si è già arrivati alla fine, e allora non rimane che augurarsi un immediato seguito a questo lavoro, davvero fresco ed esaltante, perché se questi sono i presupposti allora si può pensare davvero in grande.
In copertina anche Edith Piaf pare sconvolta, forse perché convintasi a premere per l'ennesima volta il tasto play.

Neuros

Slaiver @Myspace