sabato, aprile 26, 2008

DEFLORE



Dopo la recensione del recente e stupendo disco di ritorno dei Deflore, Egodrive, non potevamo non contattare Christian Ceccarelli (bass, programming, machines, loops & samples, sinths and radio noises) per fare il quadro della situazione...a voi!

Ciao Christian, innanzitutto parlaci di quando e come è nato il progetto Deflore; quali erano le vostre esperienze musicali all’epoca?

Il progetto DEFLORE è nato durante l’estate del 2000, in seguito ad un week end di improvvisazione tra due amici.
All’epoca Io (Christian) avevo concluso un esperienza di 5 anni con una band cross-over e iniziavo ad affacciarmi alla sperimentazione con strumenti elettronici, mentre Emiliano proveniva da esperienze con una band noise post rock, dedita principalmente all’improvvisazione.
Ci siamo incontrati per passare due giorni immersi nella musica, ci siamo portati due grandi ampli, una valigia di effetti, una drum machine, “sostanze” varie ed un fantastico 4 piste a cassette Tascam (chi lo conosce sa come suona) per registrare tutto ciò che non avremmo ricordato il giorno dopo.... ed uscito fuori il suond DEFLORE.
Ci siamo subito convinti di voler fare a meno di un terzo elemento (il batterista) ed abbiamo deciso di supportare ritmicamente i nostri brani con apparecchiature elettroniche; da principio unicamente con una piccola drum machine (che usavo per esercitarmi a casa), poi, con il passare degli anni abbiamo ampliato l’organico elettronico, scoprendo nuovi strumenti e possibilità e inserendo sempre piu elementi nella nostra musica. Ora possiamo dire che la parte “umana” e quella “elettronica” siano in una situazione di parità.

Siete soddisfatti del responso ottenuto dal vostro debut, Human Indu[B]strial ?

Partendo dal presupposto che il nostro debut album è stato anche la prima produzione della Subsound Records, e quindi anche il disco che ha presentato l’etichetta al mondo discografico..possiamo dire di Si!
La stampa e le webzine internazionali ne hanno parlato benissimo, il responso è stato ottimo a livello promozionale. Ancora stanno uscendo delle recensioni di “Human Indu[b]strial” mentre è già partita la promozione per “Egodrive” !


Come è stato accolto invece per ora il nuovo disco, Egodrive?

Al momento stanno iniziando ad uscire le prime recensioni su carta stampata e le prime webzine italiane che a quanto pare hanno apprezzato questa nostra seconda fatica.
Sinceramente penso che sia ancora presto per tirare le somme.


Parliamo appunto ora di Egodrive, da poco uscito sempre per la Subsound Records; al primo ascolto devo dire che sono rimasto spiazzato, nel senso che il marchio di fabbrica Deflore è sempre ben riconoscibile ma le differenze rispetto al debut sono piuttosto marcate: brani più diretti ed elettronici , oltre ad una ricerca sonora più personale e maggior cura negli arrangiamenti….

Si è vero, “Egodrive” al primo ascolto risulta molto differente da “Human Indu[b]strial”, in fondo è quello che volevamo. Fare un disco diverso, ma sempre portando avanti la nostra personale idea di musica.
Durante questi anni abbiamo cambiato pelle, la nostra padronanza dei mezzi elettronici si è ampliata ed abbiamo sentito la necessità di inserire parti melodiche nella nostra musica, elemento quasi assente in “Human Ind[b]strial”.
Il fatto che i brani siano più concisi e diretti non deriva da una scelta fatta “a tavolino” ma da una naturale evoluzione del nostro metodo compositivo. Siamo riusciti a “sintetizzare” più idee in brani di pochi minuti.
La nostra ricerca ora è orientata in altre direzioni, come l’utilizzo dell’elettronica, dei sintetizzatori analogici e dei campionatori.


Altra cosa che si nota è che nonostante i brani ora vadano più al sodo l’album non è immediatamente fruibile, in quanto vi sono diversi substrati sonori che emergono piano piano solo dopo diversi ascolti….

Verissimo, c’è un grande lavoro dietro ad ogni brano, ogni cosa anche se “nascosta” da suoni più invadenti, è curata nel minimo particolare, niente viene lasciato al caso.
Questo porta ad una stratificazione dei brani e ad una sovrapposizione sonora che può essere “decriptata” solo dopo qualche ascolto. La nostra non è certo musica “semplice” o facilmente assimilabile, questo è un dato di fatto, e ne siamo coscienti, ma a noi piace così!
Daltro canto questo aspetto della nostra musica le permette di essere fruibile su più livelli, e di suscitare diverse emozioni o stati d’animo.

C’è anche più melodia forse in Egodrive, sebbene appunto il sound è più sintetico e d’impatto; su tutto poi emerge anche il lato psichedelico della vostra musica, tutt’altro che lasciato in secondo piano rispetto al debut….

Come gia accennato in precedenza, abbiamo sentito la necessità (forse la prima da quando facciamo musica insieme) di inserire più melodia nella nostra musica, per renderla più “emozionale” anche nelle parti più furiose.
La psichedelia è una passione, ogni volta che improvvisiamo non si possiamo non ricadere nella psichedelia più lisergica, ce l’abbiamo nel sangue. Siamo due “tipi psichedelici”.
La componente psichedelica in “Egodrive” ha sicuramente un aspetto differente rispetto a “Human Ind[b]strial, le vengono relegate parti brevi ma molto efficaci. Ci sono brani come No Air o Servo che hanno come genesi proprio una jam session di pura psichedelia.

I campionamenti rivestono un ruolo molto importante nell’economia dei vostri pezzi, nell’atmosfera creata; come vengono scelti?

A volte vengono scelti in base all’atmosfera che il brano ci fa percepire, invece a volte la scelta dei campionamenti dipende da quello che mi capita tra le mani....Amo campionare frasi da vecchi film sci-fi e horror anni 60/70 o da tg internazionali in diverse lingue o ancora girare con la radio su onde corte e medie e prendere tutto ciò che mi piace. Dai dibattiti elettorali a sermoni di predicatori americani che sembrano posseduti dal demonio!!! (vedi il campione su “No Air”)

Consigliamo a tutti Radio Maria verso le 18, ci sono le messe cantate in latino trasmesse in presa diretta dalla chiesa, con cardinali centenari che recitano già con un piede nella fossa..! Comunque i campioni utilizzati nei nostri brani sono tutti creati da noi. Dai loop ai rullanti, dai suoni del metallo dalle nostre voci campionate alle radio...Tutto insomma.
C’è anche una citazione da Eraserhead di David Lynch nel brano di chiusura “Ferox”...
Chi ha visto quel film non potrà non ricordare quel lamento...a buon intenditor poche parole...

La dualità uomo/macchina è ancora alla base del vostro sound, oppure Egodrive intende esplorare anche nuove tematiche, mi riferisco in particolare al titolo del nuovo disco e dei brani in esso contenuti?

La dualità uomo-macchina continua ad essere il perno attorno a cui gira il nostro suond e direi che “Egodrive” mette ancor di più in primo piano questo nostro aspetto.
Come dicevo, abbiamo ampliato tutto ciò che riguarda la nostra parte elettronica, mettendola sullo stesso piano della parte “Human”, ovvero degli strumenti.
Per quanto riguarda il titolo, se per il primo album avevamo scelto un titolo come “Human Indu[b]strial” per definire la nostra musica (non facilmente catalogabile in un solo genere) coniandone un definizione ad hoc, con “Egodrive” volevamo rendere omaggio a cioè che continua a darci la forza di continuare in quest’impresa: il nostro Ego.
“Egodrive” può essere interpretato come “l’ego che ci guida” o “Ego+Overdrive=EGODRIVE”. Ognuno potrà segliere quello che preferisce, noi li consideriamo entrambi perfetti.

Parlando del processo creativo, come nascono i vostri brani? I titoli dei pezzi vengono in seguito al sound creato oppure esso è in conseguenza di un titolo, un concetto già prestabilito?

Nessun concetto prestabilito! Tutti i nostri brani nascono dall’improvvisazione. Ci piace perderci in lunghe session d’improvvisazione, durante le quali suoniamo per ore lavorando su un singoli loop.
Di solito si improvvisa fino allo sfinimento, cercando sempre di registrare tutto, una volta individuato il giusto groove, si ricomincia a suonare e improvvisare su quello, e così via. Improvvisazione, riascolto, lavorazione e improvvisazione, una situazione che potrebbe durare all’infinito. Solo dopo aver composto la maggior parte della song affiniamo i particolari e curiamo maggiormente l’arrangiamento inserendo ulteriori elementi come sample e synth.
I titoli non vengono decisi “a tavolino”... la maggior parte delle volte vengono fuori così, a metà strada, quando il brano è ancora grezzo...di solito è il nome con cui salviamo il progetto su laptop.... dopo 3-4 ore che suoni lo stesso groove, scrivi la prima parola che ti viene in mente e di solito è quella più adatta. 
In alcuni casi abbiamo scelto dei titoli in base alle sensazioni o alle immagini che quei brani ci suscitavano una volta completati

Dal punto di vista artistico quali sono gli input che influiscono maggiormente sulla vostra musica? Immagino che oltre ad esperienze personali per lo meno cinema e letteraura rivestano un certa importanza….

Certo, Cinema e letteratura costituiscono una sorta di carburante per la nostra “arte”.
La nostra musica è fortemente orientata a trasmettere immagni. Ognuno potrà farne la colonna sonora (inquietante o meno) della propria vita.
Personalmente sono un seguace dell’opera di David Lynch. Con film come Eraserhead, Lost Highways e Inland Empire, ha sconvolto la mia visione del cinema, e mi ha trasmesso un tale senso d’angoscia che ho sempre cercato di ritrasmettere attraverso la musica dei DEFLORE.
Siamo molto interessati a lavorare partendo dalle immagini, vorremo sperimentare di più in questa direzione, magari lavorare per qualche colonna sonora. Forse proveremo a sonorizzare qualche film muto ’30....direi un horror.

Per l’artwork, per altro bellissimo, stavolta vi siede avvalsi della collaborazione di Petulia Mattioli; le avete lasciato carta bianca sul lavoro da seguire? Come è nata l’idea di affidarsi a lei?

L’artwork di “Egodrive” è stato comletamente concepito e realizzato da Petulia Mattioli. Le abbiamo dato carta bianca proprio perchè avevamo fiducia in Lei. Dopo aver visto i suoi lavori realizzati per gli album di Sigillum S e Black Engine, e la sua carriera artistica, non ci siamo voluti mettere tra lei e la sua arte...ad ognuno il suo.
Come preventivato non ha deluso le nostre aspettative, realizzando un lavoro, a mio avviso, spettacolare e che rappresenta in pieno la poetica di “Egodrive”. Petulia è una persona fantastica, ci siamo conosciuti sulla rete, scambiandoci complimeti a vicenda per i rispettivi lavori...e cosi ne è nata una collaborazione!

Nel brano “Argento 930” vi è la partecipazione di Erol Unala, ex Celtic Frost ed Apollyon Sun, autore di linee aggiuntive di chitarra; come siete entrati in contatto con lui? Siete soddisfatti del suo piccolo ma a mio parere ottimo intervento?

Anche con Erol ci siamo conosciuti grazie a Myspace!
Un semplice scambio di commenti e complimeti da parte sua per la nostra musica e mia per i suoi mitici Apollyon Sun! Gli ho semplicemente chiesto se voleva partecipare con delle linee aggiuntive di chitarra su un nostro brano, e abbiamo scelto “Argento 930” perchè a nostro avviso, più adatto a Erol! Siamo più che soddisfatti del suo contributo..ma a dire la verità non avevamo dubbi...Erol Unala è un grandissimo musicista e sapevamo che non ci avrebbe mai deluso.
Abbiamo lavorato a distanza scambiandoci files e opinioni via e-mail, è stata un’ottima esperienza e soprattutto un onore sapere che chi stimavi ora stima te!

Per quanto riguarda il mastering stavolta vi siete affidati a John Golden (Neurosis, Primus); c’è stato un motivo particolare legato a questa scelta?

Il mastering è un processo troppo importante per il risultato finale di un album e dopo tanto lavoro in studio sui suoni, volevamo che a fosse solo Lui a metterci le mani. John Golden ha masterizzato dischi che negli ultimi anni hanno segnato la nostra vita e il nostro modo di percepire la musica (Neurosis “A Sun that never sets”, “The eye of every Storm”, per fare un paio di esempi). Il suo lavoro con noi è stato magistrale, il suond è rimasto “gonfio” e imponente, non ha sacrificato le basse frequenze (su cui si regge il nostro sound) nonostante sia riuscito a dargli ancor più potenza. Ha ascoltato e seguito gli andamenti dei singoli brani rendendoli perfetti! Non potevamo scegliere meglio!
Grande John!

La vostra musica non è certo delle più facili da riproporre dal vivo, come vi regolate in tale senso, vi servite dell’aiuto di musicisti esterni?

Assolutamente no. Siamo in due e cosi ci presentiamo dal vivo. Gestiamo contemporaneamente basso, chitarra , loop recorders, sintetizzatori, multieffetti e radio. Una bella fatica! Non sentiamo l’esigenza di allargare la line-up proprio perché vogliamo dimostrare la possibilità di suonare e gestire musica di una certa complessità senza elementi "umani" esterni, e a quanto pare funziona!

Siete soliti usare delle proiezioni visuali durante le vostre esibizioni?

Si, solitamente i nostri live sono accompagnati da proiezioni visuali create ad hoc per la nostra musica. Anzi diciamo che musica e video dovrebbero essere sempre accoppiati ma purtroppo spesso i locali hanno la possibilità di fare proiezioni.

Parlando appunto di concerti come vi state muovendo per promuovere in giro il nuovo materiale?

Si fa quel che si può!
Purtroppo non abbiamo al momento un agenzia di booking che curi i nostri interessi, e per una band di due elementi divisa fra musica e lavoro, non è sempre facile.
Comunque dopo il release party per l’uscita di “Egodrive” del 16 febbraio al INIT di Roma (una grande serata!) abbiamo fatto qualche data in centro Italia e ora stiamo cercando di muoverci il più possibile per andare all’estero. Vedremo cosa ci riserverà il futuro.

Anche voi avete partecipato alla nostra compilation NeuroSounds Vol.1 con il brano Home (tratto del debut album); vi chiedo se il progetto è stato di vostro gradimento ed in conseguenza che ne pensate della scena underground italiana legata a questo tipo di filosofia/ sonorità?

NeuroSounds è un ottima compilation, è stato un piacere poter partecipare con un brano. Inoltre ci ha dato la possibilità di scoprire molte ottime band Italiche, amanti come noi delle sonorità “neurotiche” (noi siamo due fan sfegatati dei Neurosis e di tutto ciò che esce dalla Neurot!!!!!)
Iniziative come le vostre sono molto importanti per la musica underground, creano reti di contatti dove la musica (diciamo..la buona musica) si diffonde a massima velocità. Gran bel lavoro Ragazzi!

Bene, per concludere non mi resta che chiedervi quali sono i vostri progetti per il futuro e ringraziarvi per la vostra disponibilità…..alla prossima!

Prossimamente realizzeremo il primo video tratto da Egodrive, stiamo elaborando la sceneggiatura, ed a breve inizieranno le riprese.
In questi mesi abbiamo “raccolto” ben tre remix realizzati per noi da Eraldo Bernocchi, Andrea Lai e Iceone, inoltre c’è ancora un brano inedito registrato durante le sessioni di “Egodrive” che verrà pubblicato insieme ai remix, sull’edizione in doppio vinile di “Egodrive”.
Per il momento è tutto!
Grazie a Voi!

-Edvard-

mercoledì, aprile 23, 2008

DEFLORE - Egodrive



Anno: 2008

Etichetta: Subsound Records

Tracklist:
01. Evil Whales
02. Egodrive
03. Servo
04. Saturazione
05. Il Techno Re
06. Contesto
07. No Air
08. Megaphono
09. Signal
10. Tracktotank
11. Argento 930
12. Ferox


Il duo industrial romano dei Deflore torna a tre anni di distanza dal debut “Human Indu[b]strial” e possiamo tranquillamente dire che l’attesa è stata ben ripagata.
La maturazione avvenuta durante questi anni è davvero sorprendente, sia a livello compositivo che di cura dei suoni e degli arrangiamenti, con la band ora pienamente consapevole delle proprie capacità ed in grado di ampliare l’uso dalla strumentazione a disposizione e sfruttarla in pieno.
Quel che balza subito all’orecchio è una maggiore immediatezza, brani quindi più diretti e snelli, ma allo stesso tempo ricchi di nuove e sorprendenti sfaccettature in grado di rendere il sound stratificato, a diversi piani di lettura, e con sfumature non immediatamente recepibili.
Egodrive è stato di nuovo registrato ai Subsound Studio di Roma, ma questa volta la band si è avvalsa del contributo e dell’esperienza di John Golden (già al lavoro con Neurosis e Primis tra gli altri) in fase di mastering; il sound rispetto al passato è ora decisamente più elettronico, sintetico ed alieno, ma anche più deciso e raffinato rispetto ad un industrial metal più canonico e terreno del passato.
L’intro ipnotico di Evil Whales ci introduce al mondo cupo ed onirico del dinamico duo romano, e fa da preambolo alla title-track che subito mette in chiaro la potenza e l’impatto del rinnovato sound della band; lungo i 47 minuti del platter si passa da momenti avvolgenti e pregni di liquida atmosfera (Servo, Tracktotank), all’urgenza ritmica di brani come Saturazione e Signal, sempre senza comunque perdere di vista una certa componente psichedelica che è sempre stata alla base del loro filosofia musicale.
Impeccabile e degno di nota è pure lo studio ed il lavoro svolto sulle costruzioni ritmiche, che in alcuni casi (Il Techno Re, Megaphono) sfocia in brani di maggiore complessità senza però perdere di vista quello che deve essere il piacere dell’ascolto, con melodie in generale decisamente più in primo piano rispetto al passato; a tal proposito irresistibile si rivela il refrain ed il relativo sottofondo percussivo di Contesto, uno degli highlights assoluti del platter.
Con No Air si tira un pò il fiato in quanto i ritmi rallentano, ponendo l’accento su un incidere cupo ed introspettivo, mentre Argento 930 vede la collaborazione di Erol Unala (ex Celtic Frost e Apollyon Sun) in grado di contribuire con l’aggiunta di particolari ed interessanti linee di chitarra.
Spetta a Ferox chiudere il discorso con uno svolgimento strutturale decisamente progressivo, fatto di una prima parte (ove compare anche una chitarra acustica) lenta ed atmosferica a cui si sostituisce una impennata che, citando l’ossessivo spoken, sfocia in un finale da lasciare senza fiato e che all’inferno si decompone.
Non resta che sottolineare il bellissimo ed enigmatico artwork a cura di Petulia Mattioli e consigliare caldamente questo disco a tutti coloro che amano l’arte a 360 gradi e sono in perenne ricerca ed indagine personale, perché è questo che fanno i Deflore, e come loro davvero in pochi oggi.

-Edvard-

Deflore@Myspace

giovedì, aprile 17, 2008

D.U.N.E. - L'Ipotesi Della Stipsi



Anno: 2008

Etichette: Donnabavosa / Holydays / Concubine / Tumorati Di Dio

Tracklist:
01. L'Ipotesi Della Stipsi I
02. L'Ipotesi Della Stipsi II
03. L'Ipotesi Della Stipsi III
04. Il Fiume
05. Trattenere Il Respiro


I D.U.N.E. sono un project che nasce dall’unione di membri di tre bands già molto attive e conosciute dell’underground nazionale: Laghetto, Revolution Summer e Summer League.
Iniziamo con il dire che per questo loro debut la scelta è ricaduta su una edizione particolare, ovvero quella del 12” one sided picture disc, con l’agginta di un CD-r con le stesse tracce ma in formato digitale.
Dal punto di vista stilistico il loro sound si fonda sull’unione di elementi post-rock e post-core, ma sintetizzando il discorso entro brani decisamente più brevi (attorno ai 3/4 minuti) rispetto agli standard comuni; cinque tracce di cui le prime tre legate tra loro, andando a formare il cuore del disco, nonché la title-track di esso.
I Breach del rivoluzionario Kollapse ed il lavoro dei grandiosi June of 44 sono sicuramente i modelli di riferimento principali per il sound della band, fatto di pezzi dalle molteplici sfumature: rocciosi ma al tempo stesso dilatati, evocativi ma glaciali, terreni e spaziali, cristallizzati nell’assenza di tempo. A tal proposito altra influenza rintracciabile, anche per l’approccio vocale e l’uso di campionamenti (seppur minimali), è quella dei Neurosis di "A Sun That Never Sets", lavoro fondamentale per tutti coloro che oggi in tale scena decidono di confrontarsi con una ricerca sonora lisergica ed in continua evoluzione.
Se questo è il biglietto da visita non resta che augurarsi il proseguio dell’attività della band, da cui nel futuro è lecito attendersi cose decisanente interessanti.

-Edvard-

D.U.N.E.@Myspace

lunedì, aprile 14, 2008

GERDA - Cosa Dico Quando Non Parlo



Anno: 2007

Etichette: Donnabavosa / Wallace Records / Sons Of Vesta / Concubine / Shove

Tracklist:
01. Cosa Devo Fare
02. Vedersi
03. Dominio Della Mia Lotta
04. Un Fiume Giusto
05. Il Mese Dell’Iceberg
06. Vendicare Questo Orrore
07. 25 Aprile


Quattro anni dopo l’omonimo debut torna il quartetto di Jesi, e lo fa con un lavoro che trasuda rabbia, dolore, ma anche speranza da ogni accordo. Diciamo subito che si tratta di un disco non facile, le cui radici si ritrovano nel noise-rock degli Unsane, nel sound sporco e corrosivo dei primi Breach, nell’urgenza del post-hardcore più violento ed ai margini della scena.
Cosa Dico Quando Non Parlo è titolo profetico, in quanto la band nel corso di questi sette brani scaraventa al volto dell’ascoltatore tutto l’urto insostenibile che spesso porta con sé il silenzio. L’opener Cosa Devo Fare apre il discorso con due minuti di puro impatto, alla maniera dei Converge, per poi lasciare il passo ai sei minuti di Vedersi, senza dubbio il pezzo più visionario del platter: arpeggi dissonanti, un basso pulsante e slabbrato, brevi aperture che danno un minimo di respiro e che si alternano a sfuriate noise….insomma un piccolo capolavoro.
Dominio Della Mia Lotta è furia controllata, ma spietata e deflagrante come poche, mentre Il Mese Dell’Iceberg è breve ma intensa cavalcata noise che anticipa i due pezzi di chiusura, tra le cose migliori ascoltate ultimamente se si parla di rumore.
Vendicare Questo Orrore si apre senza compromessi, con un riffing veloce e punkeggiante, poi nel mezzo un break dove tornano a farla da padrone noise ed arpeggi dissonanti. 25 Aprile chiude il discorso con una partitura obliqua, intrecci ostici tra momenti degni della quiete prima della tempesta e lo scatenarsi della furia senza compromessi. Ottima per tutta la durata del disco la performance vocale di Alessandro, un urlo di rabbia e dolore che lascia il segno sull’ascoltatore.
Da rimarcare inoltre la produzione, d’impatto e chiaramente di confine, con suoni abrasivi e votati al concetto di rumore in musica, ma sempre comunque ben udibili e distinguibili tra loro.

-Edvard-

Gerda @Myspace

venerdì, aprile 11, 2008

BY THE GRIEF




Abbiamo fatto quattro chiachere con i By the Grief, giovane band toscana che tra live con band blasonate, mix sonori interessanti e sopratutto sei anni dopo il debut "As One", ritorna col mini "Progressive Downfall", i suoi retroscena e altre curiosità:


Ciao ragazzi vi ringrazio per il tempo che mi concedete. Chi è cosa cèdietro al monicker "By the Grief"? spiegate a me e i lettori di Neuro Prison chi siete, cosa fate e perchè lo fate.

Prima di tutto ciao a tutti, io sono Andrea, il drummer. Che dire? BY THE GRIEF è un insieme di persone che ormai suona insieme da circa 10 anni (a parte il cantante, Riccardo dei Bleed Someone Dry, che suona con noi da settembre 2007). la musica è influenzata da tanti generi e nessuno, nel senso che ascoltiamo musica da vent'anni per cui è un pò difficile dire un'influenza precisa. Il genere che facciamo adesso è un Math Post-core con influenze Converge/Meshuggah ma anche rock'roll (l'avevo detto detto che era facile.)


Dalla vostra biografia salta all'occhio un "particoalre" non da poco che corredate con tanti punti esclamativi e mettete giustamente in risalto : avete suonato di spalla a Zao, Poison the well, The Dillinger Escape Plan e Burst: cosa vi è rimasto di quei live e di quelle esaltanti esperienze?

Che meraviglia! Ottime esperienze anche solo per il fatto che suoni davanti a un sacco di gente nel vero senso della parola, poi di spalla a gruppi che hai sempre ascoltato anche se devo dire che gli Zao hanno avuto per noi qualcosa di più, un gran bel gruppo su tutto oltre al fatto che era la prima volta che venivano in italia...da rifare!.


Ne è passato di tempo dal vostro primo vero album, quel "As One" targato 2001. Quali sono le differenze fra la band di oramai sette anni orsono e i By the Grief attuali di "Progressive Downfall"?

La musica è più istintiva, spontanea. Abbiamo anche un rapporto più solido naturalmente.


Nel mezzo avete anche contribuito alla stesura di un tributo a Dimebag Darrel, con la cover di Strenght Beyond Strenght. Cosa ha significato per voi coverizzare i Pantera in un' occasione così particolare?

Avremmo preferito non farla detto sinceramente. Uno dei migliori chitarristi di sempre che se ne va e che ancora è con tutti noi!!! Di conseguenza abbiamo cercato di rendere Strenght Beyond Strenght ancora più cattiva se possibile, quasi a rappresentare un urlo di rabbia e disperazione...una vera perdita. Eterno!


Vorrei cominciare a parlare di "Progressive Downfall", il vostro ultimo mini; ci ho sentito tanti Dillinger e inoltre una esplosione di tempi dispari e furia hardcore mescolata a varie radici musicali diverse, in particolre "Dead Man's Breath" ha un tiro davvero micidiale. Quali sono state le vostre principali influenze durante la stesura dell' EP?

Non ci sono influenze particolari durante il periodo della stesura del cd. Come dicevo prima è un percorso maturato negli anni. Nella tua domanda hai già dato sostanzialmente la spiegazione dell'essere BY THE GRIEF, l'unica cosa che ci eravamo prefissi era di intrecciare quattro cose diverse, come metrica intendo, che divenissero una sola cosa "pari" e credo che con DEAD MAN'S BREATH ci siamo molto avvicinati alla meta.


A proposito di stesura, quanto tempo ci avete impiegato per le registazioni? Ci sono particolari episodi che potete raccontarci a riguardo?

Le registrazioni le abbiamo fatte tra Ravenna (studio 73, grande Paso!) e Firenze (da Fefo, chitarrista dei Malfunk). Abbiamo avuto l'idea di non fare una "tirata" registrando e mixando tutto insieme tipo in 10 giorni, abbiamo optato per fare con calma, batteria e basso dopo 5 gorni etc... questo per avere sempre lucidità e tra le altre cose non avevamo una scadenza particolare per cui l'abbiamo presa davvero comoda. Abbiamo effettivamente lavorato meglio, più rilassati.


Di cosa trattano i testi delle canzoni di Progressive Downfall?

Basta accendere la tv per capirlo!!!! l'idea sostanziale è che ci prendono per il culo (può bastare?)


Interessante anche L'artwork del voltro lavoro. Ha un significato particolare per voi? Chi l'ha disegnato?

Forse è proprio il fatto che sia così distante dal genere che facciamo che lo rende così valido e particolare per noi! Ricorda più una band psichedelica o stoner ma ha un impatto visivo che ci ha lasciati .................................................proprio così, senza parole. Il creatore è Giulio, un nostro amico di viareggio.


Che mi dite invece della strumentazione che avete usato per raggiungere il risultato ottenuto sull'ultimo EP?Potete illustrarci nel dettaglio cosa avete utilizzato?

Ale ha una Les Paul gothic più testa Engl e cassa Marshall, io ho usato una drum sound, il mio rullo Yamaha 2,5" del 1989 e i miei piatti UFIP, mentre Mirko ha un ibanez musician '75 più testa cassa Marshall. Naturalmente abbiamo optato per la masterizzazione in analogico.



Ragazzi avete date imminenti che vi porteranno in giro per la nostra penisola?

Guarda purtroppo ne abbiamo dovute cancellare un pò per problemi nostri, saremo il 30 maggio a Firenze con i "So Called Celeste", un gruppo olandese in tour europeo. Comunque da giugno ripartiamo, aspettando conferme.


Ora vi lascio andare, lasciate un ultimo messaggio ai lettori di Neuro Prison che volessere sentire il vostro materiale o contattarvi. A risentirci, magari dal vivo!

Ragazzi per qualsiasi informazione e per ascoltare pezzi dell'ep visitate myspace.com/bygrief o scrivete a bythegrief@gmail.com se volete ordinarlo.
Ci vediamo in giro!!!!

Sephiroth.

By The Grief @Myspace

mercoledì, aprile 09, 2008

ROTTEN SOUND + THE OCEAN + VICTIMS + TRAP THEM





LIVE REPORT 05/04/08 @ Feirwerk - Monaco di Baviera

Sabato pomeriggio, ore 4:30 partenza per Monaco; dopo la cancellazzione della data milanese del tour rotten sound + the ocean + victims + trap them non mi sono dato per vinto, la voglia di vedere i trap them e rivedere (la terza volta per me) i the ocean è troppa. 337km non sono pochi ma nemmeno così tanti come potrebbe apparire. Arrivo al locale verso le 7:00, posto veramente bello, palco ad altezza buona (al ginocchio), nessun tipo di transenna ne security; chiaramente la maggior parte del pubblico è la per victims e rotten sound, almeno così pare ad un primo colpo d'occhio: ci sono parecchi crust e grinders.

Ore 7:40 circa: inizia il primo gruppo, i Trap Them. Un incrocio tra hardcore/grind 'n'roll e qualcosa di più "crustoso"; grande carica, tengono ottimamente il palco e suonano veramente bene, sia pezzi dell'ultimo ep sotto deathwish che del primo album. Si può dire che fossi la quasi esclusivamente per loro, sono rimasto più che soddisfatto, set corto ma feroce, da rivedere al più presto!

Ore 8:15 e tocca ai Victims, via cul crust signori. Dopo averli visti l'estate scorsa in Belgio sapevo gia cosa aspettarmi e sinceramente non ero molto allettato all'idea di rivederli; invece questa volta mi hanno colpito positivamente, pezzi quasi tutti uguali tra loro, belli veloci e sporchi come si addice ad una band così. Sporchi anche i capelli del chitarrista (ahah) ma promossi insomma questa volta, merito forse della mia maggior attenzione.

Ore 9:00, è la volta dei The Ocean. Mmm, giudizio difficile questa volta, forse dovuto al fatto che precambrian, dopo un iniziale entusiasmo, mi ha davvero stufato. Ovviamente suonano per la maggior parte pezzi tratti dall'ultimo lavoro, alcuni davvero pesanti, che colpiscono e sono ben suonati, altri invece lasciano molto a desiderare. Mi viene quasi da dire che siano troppo esosi, troppo ricercati e finiscono quindi per perdere il loro vero scopo, spaccare! Una pezza ce la mettono sicuramente le luci stroboscopiche che per tutta la durata dello show non fanno altro che ammazzare la retina con colori che passano dal blu, al rosso, al verde. Visivamente come impatto è veramente bello. Per fortuna a farmi tornare il sorriso ci pensano le ultime due canzoni tratte da eolian, the city in the sea e the queen of food-chain, poste in chiusura.
Promossi per il finale, promossi per for the blue cold now reigns, per il resto diciamo che sono rimasto un pò interdetto, forse anche per la presenza di 2 cantanti che sinceramente non mi convincono del tutto.

Ore 10:00 e salgono sul palco i Rotten Sound. Ammetto di aver seguito lo show in disparte e senza far foto, non è proprio il mio genere. E' innegabile il fatto però che abbiano tritato qualsiasi cosa li passasse a tiro, pur suonando senza basso in quanto il bassista era infortunato.

Era l'ultima data del tour, quindi goliardia a livelli esorbitanti, in tutti e 4 i set comparivano sul palco per far cazzate, cantare etc, membri dei the ocean, victims e trap them. Il tutto è culminato nel finale, quando durante l'ultimo pezzo dei rotten sound ci saranno state sul palco altre 4-5 persone oltre alla band. Ahah, tutti a pettonudo, stage diving selvaggio e ignoranza a mille.

Salvation.

venerdì, aprile 04, 2008

TOMYDEEPESTEGO




Dopo aver recensito il loro ottimo debut album "Odyssea", abbiamo contattato Edoardo Lucà, chitarrista dei ToMyDeepestEgo per fare il punto della situazione. Ecco cosa ci racconta:


Ciao ragazzi, innanzitutto complimenti per il vostro debut album "Odyssea", una delle migliori uscite in Italia per quanto riguarda certe sonorità…L’album è uscito ormai da qualche mese, quali sono stati i primi riscontri dalla stampa specializzata?

Edoardo: Ciao a te e a tutti i lettori. Ti ringraziamo innanzitutto per le tue parole. Siamo molto soddisfatti dei riscontri ricevuti finora dalla stampa (cartacea o meno). Ovviamente il nostro lavoro non e' piaciuto a tutti allo stesso modo, ma e' piu' che normale come cosa. In fondo il nostro scopo e' di far provare certe sensazioni all'ascoltatore. Poi il gusto musicale e' tutt'altra storia. Siamo rimasti piacevolmente impressionati da molte recensioni che hanno veramente afferrato cio' che c'era oltre alle semplici note scritte su disco.

Come vi trovate sotto Subsound Records?

E: Al momento non potremmo chiedere di meglio. Ottima promozione, ma soprattutto c'e' un rapporto fraterno. Veniamo trattati come amici, e non come un prodotto da vendere. Cosa assai rara al giorno d'oggi.

Prima di “Odyssea” ci sono stati alcuni avvicendamenti nella line-up, quanto hanno influito questi nella stesura dell’album?

E: Le cose sono cambiate parecchio, ma piu' nella forma. La sostanza e' rimasta sempre la stessa. I concetti, e l'idea, dietro alla creatura TMDE sono gli stessi di quando e' cominciato il tutto. Ora e' certamente tutto piu' stabile, piu' facile. Ma i TMDE sono un modo di pensare, di vivere, prima ancora di essere una band.

Nella recensione dell’album ho parlato di “flusso sonoro” riferito alla vostra musica, alla luce della mancanza di un vocalist nella vostra formazione. Come vi trovate in questa dimensione?

E: Siamo perfettamente a nostro agio con la mancanza di un cantante. Anzi, a dir la verita', pensare ai nostri pezzi con un cantato sopra mi fa storcere il naso. Siamo consapevoli che la cosa puo' non essere apprezzata da tutti, ma la nostra scelta ci appaga pienamente. Vogliamo che chi ascolti il disco venga trasportato dai suoi stessi pensieri, e non dalla voce di un estraneo.

Un punto di forza dell’album è la partizione tra riff possenti e aperture acustiche più delicate. Come riuscite a coniugare efficacemente questi due aspetti?

E: Non abbiamo uno schema a riguardo. Cerchiamo di seguire le nostre emozioni nello scrivere i pezzi. Ci sono momenti in cui abbiamo necessita' di sonorita' piu' pesanti, altri in cui preferiamo allentare la tensione. Poi una volta scritto lo scheletro del pezzo cerchiamo di bilanciare le cose, o comunque di fare in modo che non ci siano troppi picchi, per permettere all'ascoltatore di assorbire tutto cio' che gli abbiamo proposto nella maniera piu' diretta possibile.

Gli utenti di NeuroPrison sono molto interessati riguardo la strumentazione utilizzata dalle bands…potete in sintesi parlarci della vostra, di cosa cercate e come ottenete il vostro sound?

E: Io (uno dei due chitarristi) utilizzo una Mesa Boogie Triple Rectifier su cassa Marshall 1960, ed una Gibson Les Paul Custom, mentre Valerio utilizza una Marshall JCM900 sempre su cassa Marshall 1960, e una Fender Telecaster. Daniele, il nostro bassista utilizza un’ Ampeg SVT3pro e un Ibanez Soundgear.

Il disco è stato prodotto da Valerio Fisik e mixato da Alan Douches a West West Side Music (NY). Siete soddisfatti di come suona il disco?

E: Assolutamente si. Valerio ci conosce da tanto tempo, sia come persone che come gruppo (a dire il vero fondai i TMDE proprio con lui), quindi sapeva esattamente cosa volevamo, e come renderlo al meglio su disco. Ci e' stato di grande aiuto, sia come impostazione dei suoni veri e propri, sia come arrangiamento. La masterizzazione ha poi esaltato il suo lavoro, senza modificarne il suono impresso da Valerio.

Mizar, Crepuscolo, Mediterraneo. Sono solo alcuni dei titoli delle vostre canzoni, sicuramente molto evocativi. Da dove derivano, come vengono scelti?

E: Cerchiamo sempre di utilizzare nomi che non siano lunghi in quanto proprio come la nostra musica, molte cose non possono essere spiegate in poche parole, o con poche note. Diamo quindi a ogni pezzo un nome che evochi molte altre cose al suo interno. I significati sono pero' molto personali, sia per noi, che per chi li ascolta. Preferiamo che sia chi ascolta Odyssea a dare il proprio significato ad un semplice sostantivo. Una sola parola puo' dire molto piu' di un testo intero, dal nostro punto di vista.

L’artwork è stato creato niente meno che da Seldon Hunt (Neurosis, Five Star Prison Cell, Nadja e altri). Come siete entrati in contatto con lui, e come si è sviluppato l’aspetto visivo di “Odyssea”?

E: Sono stato sempre un fan dei lavori di Seldon, copertine e poster. Un giorno quindi ho provato a contattarlo chiedendogli la sua disponibilta' nel dare un “volto” alla nostra creatura. Ha subito accettato molto volentieri, e dopo aver ricevuto il disco, ha avuto carta bianca. Ovviamente poi ci sono stati dei ritocchi, ma abbiamo lasciato che fosse lui stesso a creare l'artwork, senza bisogno di nostre linee guida. Il lavoro finale rispecchia perfettamente l'anima di Odyssea, e gli siamo grati per questo.

Quali sono state le vostre influenze principali? Quali sono invece i vostri ascolti attuali?

E: Le influenze musicali sono sicuramente i pilastri del genere come Neurosis, Pelican, Isis, Cult of Luna, ecc.. Ma non sono i soli, sono semplicemente i piu' famosi. La lista di cose che ascoltiamo sarebbe davvero troppo lunga, anche perche' non posso dire che abbiamo tutti gli stessi gusti musicali. Ognuno di noi porta qualcosa di suoi nei TMDE, ma non si tratta solo di musica. C'e' molto altro al suo interno. Personalmente l'unica influenza che sento di poter menzionare al momento sono le esperienza di vita stessa. Non c'e' pezzo dei TMDE che non sia nato da qualcosa di personale, da qualche pensiero, da qualche fatto.

Siete ancora in tour in Italia ed Europa per la promozione di “Odyssea”. Come sta andando? Ci sono progetti per varcare l’oceano?

E: Al momento siamo riusciti ad organizzare qualcosa in giro per l'Europa (Italia compresa ovvio) ma ancora non abbiamo nulla in progetto riguardo l'oltreoceano. Sarebbe un grosso passo avanti, considerando soprattutto quanto il nostro “genere” viene seguito (molto piu' che in Italia purtroppo).

State già lavorando al prossimo album, e quali sono i progetti futuri?

E: Certamente. Non ci siamo mai fermati. Stavamo scrivendo pezzi nuovi gia' quando l'album era venuto alla luce. Siamo una creatura in continua evoluzione e siamo assolutamente soddisfatti di ogni suo singolo cambiamento. Sentirete sempre qualcosa di diverso in futuro da noi. Al momento siamo incentrati sulla promozione del disco, e sulla scrittura di nuovi pezzi. Per il futuro non abbiamo ancora niente di certo tra le mani.

Questo è quanto ragazzi, grazie mille per la vostra disponibilità e in bocca al lupo per il futuro. Spero di vedervi live il prima possibile...

E: Grazie mille a te Simone e a tutti i ragazzi di NeuroPrison. Speriamo anche noi di poter far viaggiare tutti voi dal vivo al piu' presto. TMDE.

Neuros

giovedì, aprile 03, 2008

AT THE SOUNDAWN




Dopo aver recensito il loro ottimo debut album Red Square : We Come in Waves abbiamo contattato la band per dire la sua. Andrea, chitarrista, ci aiuta a fare il punto della situazione:


Ciao ragazzi, ci sono davvero tante cose su cui discutere. Io inizierei facendovi i complimenti per aver recentemente firmato un contratto con la Lifeforce Records (Heaven Shall Burn, Raunchy, War From A Harlots Mouth, Naehmah ecc..). Sarete sicuramente entusiasti di ciò, come siete entrati in contatto con l’etichetta?

Si, siamo felicissimi. Effettivamente le aspettative per questo disco erano alte, ma non così alte da sperare in un contratto come quello che abbiamo ora!
Siamo arrivati a Lifeforce tramite la sede americana della label, gestita da un ragazzo che lavora anche con Translation Loss Records (Rosetta, Mare, Mouth of the Architect...). Infatti è proprio alla TLR che abbiamo spedito il disco. Da loro è arrivata una risposta positiva, anche se nel senso di un semplice apprezzamento, nessuna proposta concreta. Nel frattempo la vita della band è andata avanti, abbiamo trovato una label, abbiamo fatto un tour, scritto pezzi nuovi...
Siamo comunque rimasti in contatto con il nostro contatto e un anno e mezzo dopo la prima mail ci è arrivata la proposta vera e propria da parte di Lifeforce.

Il vostro disco di esordio è stato pubblicato per UK Division Records. Cosa accadrà ora al riguardo?

Niente di particolare. Il disco è stato ritirato dal mercato e mandato al macero. Ringrazio ancora una volta i ragazzi alla UKDR per la correttezza e la disponibilità dimostrataci.

Suonare oltre Oceano è il sogno di parecchie band europee; pare che per voi ora questa opportunità sia più vicina, cosa ne pensate?

Proprio in questi giorni stanno iniziando ad arrivare i primi sintomi, anche da oltreoceano, della massiccia promozione che Lifeforce sta facendo.
Alla fine avendo promozione e distribuzione in USA, non dovrebbe essere troppo difficile fare qualche data anche lì. Per ora niente di ufficiale però, quindi continuiamo con la nostra attività standard (prove, prove, prove!).

Dall’Italia emergono sempre più band di valore e il panorama internazionale pare finalmente accorgersi di ciò, il vostro recente contratto ne è un esempio. Come vedete la scena italiana in questo momento?

Ricca e attiva, basta dare un’occhiata alla sezione Italian Post Community del forum.
Purtroppo, in parte ce la suoniamo, ce la cantiamo e ce la balliamo da soli! Nel senso che tutti noi siamo sia la scena che il pubblico, per cui diventa difficile arruolare nuovi fans. D’altra parte sono convinto che l’attenzione che molte bands (Lento, Dead Elephant, Three Steps To The Ocean, Tomydeepestego...) stanno catalizzando su di sé possa aiutare anche in questo senso.

I vostri passati tour hanno toccato anche l’estero. Come è stata l’accoglienza, e quali differenze avete riscontrato rispetto al nostro paese?

In realtà abbiamo fatto un solo tour all’estero, in Svezia, ma è stata un’esperienza indescrivibile.
La sensazione è molto simile a quando sei in gita con la scuola: sei in un furgone (o in un camper) con i tuoi amici, ti guardi un sacco di posti (anche se molti dal finestrino) e la sera suoni... non puoi chiedere di meglio!
L’accoglienza è stata caldissima, nonostante la terra scandinava sia spesso ritenuta fredda non solo nel clima ma anche negli animi. Ci sono stati fatti tanti complimenti, soprattutto perché questo sound sembra essere poco conosciuto in Svezia.
Le differenze sono parecchie rispetto all’Italia, il pubblico sembra essere più preparato, più attento durante le esibizioni e di certo meno critico. Nel senso che al di là di tutte le varie seghe mentali, si tende ad andare al sodo: ti piace o non ti piace, fine. Niente pippe su gruppi venduti, svenduti, falsi, veri... quello che conta è la musica. E questo a me piace molto.

Cosa ne pensate del mercato musicale odierno?

Domanda difficile. Anzi, domanda facile, risposta difficile.
Credo che tu ti riferisca alla famigerata lotta tra dischi e mp3. Il primo termine che mi viene in mente è anacronistico. Nel senso che tutte le misure che si cercano di prendere contro il file-sharing sembrano veramente l’ultimo spasmo di un corpo morto.
Il file-sharing c’è e non accenna a diminuire. La soluzione secondo me non sta nel bloccarlo, ma nell’offrire un prodotto alternativo e di alta qualità.
E’ vero che si vende meno, ma comunque si vende (addirittura mi pare che ci sia stato un incremento negli ultimi anni). La vera differenza credo che stia nei canali distributivi. Sono rimasti pochissimi quelli che comprano i dischi in negozio, soprattutto in Italia dove i prezzi sono tutt’altro che competitivi rispetto a quelli dei canali alternativi.
Comunque ripeto, secondo me una cartella di mp3 sul tuo lettore non potrà mai competere con un prodotto di alta qualità, magari con un packaging particolare, che puoi toccare con mano, che puoi fruire in mille modi diversi, che puoi archiviare nella tua discoteca, ecc. Anche per questo sta tornando molta in voga il vinile, perché il vinile c’è, lo puoi toccare, guardare, conservare...

Passiamo ora alla musica. Il vostro sound è stato spesso associato a sonorità che gravitano intorno al post-hardcore di derivazione psichedelica. Io penso che voi riusciate però a distinguervi dalle altre band, ad esempio a livello di riff mi è venuto in mente addirittura un certo stoner...

Sono d’accordo con te. Il post-core è probabilmente la nostra influenza più evidente: un po’ perché da esso abbiamo attinto per la ricerca delle sonorità e delle armonie di molti pezzi per Red Square, un po’ perché ora va di moda questo sound e lo si riesce a sentire un po’ dappertutto.
In realtà spingendosi ad un livello più profondo si possono notare le tante influenze e derivazioni della nostra musica, soprattutto per quanto riguarda le strutture dei pezzi che sono tutt’altro che post-core. I gruppi che ci influenzano e ci hanno influenzato sono tanti e disparati: oltre ai soliti Isis e Cult Of Luna, anche Porcupine Tree, Aerogramme, Jaga Jazzist, At The Drive In, Minus The Bear, ma anche altri molto lontani dal nostro genere come Weather Report, Erik Satie o Kaki King. Di sicuro non sono influenze che sentirai direttamente nella nostra musica, ma ti assicuro che anche questi ultimi artisti hanno lasciato un segno profondo nel nostro modo di intendere la musica.

Anche a livello vocale gli spunti rilevanti sono molteplici, si passa da un cantato spesso “rauco” a timbriche più delicate e melodiche davvero emozionanti. Come siete arrivati a questo abbinamento?

Non c’è stato un preciso disegno dietro questa scelta. Alcune parti delle canzoni letteralmente ci chiedevano delle parti cantate delicate e leggere, altre invece lasciavano lo spazio perfetto per una linea più decisa e potente. Da parte nostra non abbiamo pregiudizi, ci piacciono tanto i cantati puliti, quanto quelli sporchi, per cui abbiamo deciso di usarli entrambi senza porci troppi problemi.

Una sfumatura davvero avvincente del vostro sound è risultata dall’utilizzo di una sezione di fiati in più canzoni (Slight Variations ,Phone Will, One Day Before). Da cosa è scaturita questa scelta? Potremo risentirla in futuro?

Già da molto prima di registrare avevamo in mente di arricchire i pezzi in studio con qualche altro strumento. La scelta è ricaduta quasi subito sulla tromba, che, come gli altri ottoni, si presta molto bene ad affiancare o sostituire le linee vocali per la sua timbrica.
Successivamente la nostra scelta è stata confermata anche dall’ascolto dei Callisto, che abbiamo scoperto usare un sax in Cold Stare, terza traccia del loro True Nature Unfolds.
Sicuramente potrete risentirla in futuro, sul prossimo disco non mancherà!
Una delle idee era anche di inserire un trombettista nella line-up. Per ora la cosa si è rivelata piuttosto sconveniente: le linee di fiati sono troppo poche per pensare ad una soluzione di questo genere. In futuro però le cose potrebbero cambiare…

L’artwork del disco pare ispirato a al “Quadrato Nero su Sfondo Bianco” di Malevic. Cosa potete dirci al riguardo?

In realtà non so rispondere con precisione alla domanda, in quanto la proposta per quella grafica ci è arrivata dal grafico cui ci siamo rivolti (Studio Icaro – myspace.com/icarowillfall). A noi è piaciuta immediatamente e l’abbamo adottata. Devo precisare che la ristampa per Lifeforce avrà un art work diverso: il quadrato non sarà più in copertina, ma comunque ci sarà...
Sicuramente l’accostamento al suprematismo russo è una delle interpretazione che ci piace di più. Effettivamente, ora che ce lo hanno fatto notare, ci sentiamo vicini alla poetica di Malevic, secondo cui l’artista deve liberarsi dei fini pratici ed estetici dell’arte per abbracciare completamente la sensibilità plastica.

Da cosa traggono ispirazione i testi delle vostre canzoni?

Principalmente da quello che ci accade attorno. Non ci sono fini ideologici nei testi, semplicemente offriamo un punto di vista personale su quello che accade e che ci accade.
Ad ogni modo i testi sono spesso astratti o addirittura criptici e quindi difficilmente ricollegabili ad un referente concreto.

Quali sono i vostri attuali ascolti?

Ti riporto alcuni ascolti dal mio profilo su Last.fm: Kaki King, Callisto, Weather Report, Thomas Newman, Khoma, Ulver, Irepress, Oceansize, Baroness, Elio E Le Storie Tese, Kongh, Minus The Bear, Battles, Battiato, Dalla, Bobby McFerrin… di tutto un po’!

Gli utenti di NeuroPrison sono molto interessati riguardo la strumentazione utilizzata dalle bands…potete in sintesi parlarci della vostra, di cosa cercate e come ottenete il vostro sound?

Certo! Ecco un elenco della nostra strumentazione.
Andrea (io): Gibson Les Paul Studio, testata Mark III Blue Stripe del 1989, cassa Mesa 4x12”, Boss TU-2, Boss CS-3, Boss DD-5, Boss RC-20XL, Big Muff (BM3), Holy Grail, Line6 DL4, Line6 MM4, Seymour Duncan Lava Box.
Matteo: Aria Pro simil-strato di cui non sappiamo praticamente nulla, Gibson Explorer Gothic, testata Fender Band Master del 1964, cassa Mesa 4x12”, Boss TU-2, Line6 DL4, Small Clone, Small Stone, Holy Stain, pedale volume Dunlop.
Alessio: Fender Jazz Bass USA, testata Ampeg SVT del 1975 completamente valvolare, cassa Hartke 215XL 2x15” con coni in alluminio, Boss MT-2.
Queste scelte sono state dettate dalla volontà prima di tutto di distinguerci dalla massa con un suono personale e in secondo luogo per cercare di ricreare al meglio il sound del disco.
Infatti, la ricerca sonora per Red Square è stata fatta direttamente in studio con Riccardo “Paso” Pasini (Studio73, myspace.com/studio73). Con lui c’è stata una grande intesa da subito: a volte non c’era neppure bisogno di parlare, con grande naturalezza abbiamo costruito piano piano il sound degli ATS.
Attualmente, lavorando ai pezzi nuovi, cerchiamo di evolvere il sound piegando gli strumenti alle neccesità delle canzoni o, viceversa, costruendo le canzoni su determinati suoni, come fa la musica elettronica o certa musica classica (Satie, appunto).


State già lavorando al nuovo album? Quali sono i progetti futuri?

Si, stiamo lavorando al nuovo disco, che dovremmo andare a registrare nei primi mesi del 2009, ma è ancora presto per parlarne, dato che abbiamo solo due pezzi pronti al momento.
Per il resto puntiamo a partire al più presto in tour, ovunque sia possibile portare la nostra musica!

Lasciateci pure tutti i vostri contatti ragazzi e grazie mille davvero per la disponibilità. A nome di Neuroprison vi faccio i migliori auguri per il futuro, con la speranza di vedervi un giorno on stage!


Vi lascio il nostro myspace che è www.myspace.com/atthesoundawn e il nostro sito www.atthesoundawn.com. Quest’ultimo non è aggiornato, ma è carino da visitare, fateci un giro!
Grazie di tutto, il disco esce il 28 aprile su Lifeforce Records, con un succoso video extra!!!

Neuros.

AT THE SOUNDAWN - Red Square: We Come in Waves



Line-up:
Mirco - vocals
Andrea - guitar
Matteo - guitar
Alessio - bass
Enrico - drums

Tracklist:
1. Slight Variations
2. Submerged
3. One Day Before
4. Phone Will
5. Sundown In Rome
6. Rain Falls
7. Frames Of You


Si muovono all’interno di un quadrato rosso gli At The Soundawn. Un quadrato rosso visibile nell’artwork e nel titolo; dentro quel quadrato sono loro i padroni del suono.
Pubblicato per UKDivision (ma tra poco ristampato da LifeForce Records, nuova etichetta della band), Red Square è l’album di debutto della band modenese.
Già il monicker da un indicazione dei lidi sonori nei quali si muove la band: un tributo al debut “At The Soundless Dawn” dei Red Sparowes. Un suono liquido e ricco di sfumature, atte a lavorare più sul piano emozionale che su quello fisico.
L’apertura dell’album è affidata a Slight Variations, che si presenta con vocals aggressive accompagnate da un’ ottima melodia di sottofondo, mettendo subito in risalto le capacità della band di destreggiarsi tra differenti sfumature sonore. Vengono in mente gli ultimi Cult Of Luna visti i suoni roboanti e melliflui allo stesso tempo, ma le vere sorprese arrivano nel finale : vocals pulite che ricordando addirittura i Coldplay e l’inserito di una tromba che serve a tessere deliziosi ricami.
Saltano alla luce riff fuzzosi che richiamano lo stoner come nella successiva Submerged o in Frames Of You, canzone finale dell’album; entrambe sono poi caratterizzate da ritmi abbastanza sostenuti, inusuali per il genere. I suoni sono ottimi e si incastrano ottimamente tra loro, segno di una band affiatata.
One Day Before è isterica nel suo incedere, con clean vocals che questa volta ricordano i Dredg di “Catch Without Arms”.
La qualità è davvero elevata pur trattandosi di un debutto e la band si concede una parentesi strumentale: Sundown in Rome. Sorretta da una linea di basso delicata, è canzone in punta di piedi, perfetta per il tramonto dichiarato nel titolo; azzeccato il lavoro di batteria, mai invasiva.
Rain Falls è l’unica canzone del lotto a non possedere il carattere vivace delle altre, cupa e potente.
Il vero highlight dell’album è però Phone Will, aperta da chitarre lontane, con un attacco elettrico memore degli ultimi Neurosis; le linee di basso di Alessio sono ottime e sorreggono l’intera struttura del pezzo. Il ritornello vede poi alternarsi vocals graffianti e pulite in un climax emotivo crescente; il finale è un’esplosione di solare melodia che cattura sicuramente grazie anche al ritorno della tromba, arma in più della band.
In conclusione, un disco validissimo, forse ancora acerbo in qualche passaggio ma di sicuro fascino, che non deluderà i fan di queste sonorità. Ora poi che è imminente la pubblicazione tramite LifeForce Records è sicuramente un’acquisto consigliato.

Neuros.

At the Soundawn @Myspace