giovedì, marzo 27, 2008

DEAD ELEPHANT




Eccoci qui, dopo la recensione del bellissimo Lowest Shared Descent era doveroso dare la parola alla band di Fossano, una delle rivelazioni assolute in campo rock made in italy degli ultimi anni...


Ciao ragazzi, innanzitutto complimenti per il vostro recente full-lenght, uno dei migliori debut che mi sia mai capitato di ascoltare, e non solo a livello nazionale; quali sono stati gli eventi trascorsi nel lungo periodo di tempo tra le registrazioni del disco e la sua pubblicazione?

Grazie mille per i tuoi complimenti.
La fase di mixaggio del disco è stato l’aspetto più difficile da affrontare. Anche per la nostra inesperienza nel rapportarci verso uno studio di registrazione. Volevamo che il disco suonasse molto diretto e naturale. Rock, in altri termini.
Non è stato affatto facile comprendere come muoverci ma alla fine abbiamo affidato il lavoro a David Lenci e siamo contenti della scelta che abbiamo fatto…Già durante la fase di mixaggio abbiamo iniziato a muovere i primi passi per trovare etichette interessate al lavoro ma soprattutto delle persone con cui ci faceva piacere collaborare. Tutto questo ha richiesto il suo tempo.

Come è nata la band e quali erano le vostre influenze agli esordi?

Dead Elephant è la naturale evoluzione di un altro gruppo chiamato Elephant Man attivo fin dal 2000. Tutto si è sempre sviluppato attorno alla nostra sala prove a fossano (CN).
Le nostre influenze musicali erano soprattutto noise: Unsane, Melvins, Cherubs, Jesus Lizard su tutti.
Successivamente in modo molto istintivo abbiamo iniziato ad introiettare all’interno del suono della band altri elementi. E’ stato un processo molto naturale avvenuto molto gradatamente.
Non ci abbiamo pensato di proposito, è accaduto perché né avevamo bisogno.

State attualmente cercando un nuovo batterista anche se fino alla fine del tour Sandro Serra dovrebbe rimanere con voi; quali caratteristiche deve avere il nuovo membro per poter essere parte integrante della band?

Innanzitutto deve essere umile, onesto e responsabile. Tre caratteristiche fondamentali per fare qualcosa insieme ad altre persone…

Lowest Shared Descent è stato pubblicato sotto varie etichette a seconda dei mercati e del formato, immagino sia stata una scelta obbligata per poter usufruire di un certo tipo di distribuzione….

Direi di si. E’ stato un lavoro che mi ha preso molto tempo ma sono contento del fatto che in questo modo riusciamo a far arrivare la nostra musica più lontano.

Come è stato accolto finora dalla stampa specializzata?

In modo assolutamente inaspettato per noi stanno trattando tutti il nostro disco in modo entusiastico. Come musicista credo che faccia piacere quando vedi che molte persone spendono buone parole per la tua musica, anche se non è quello il nocciolo della faccenda. La cosa più importante sono sempre i concerti, quando ti confronti con un pubblico.
Ci ha fatto piacere sicuramente di più il fatto che il tour in francia a gennaio è andato molto bene. Abbiamo ricevuto un ottima risposta alla nostra musica ai concerti e non vediamo l’ora di tornarci. Lowest Shared Descent ha ricevuto ottime recensioni anche li. Sul numero di aprile di Noise (un giornale musicale francese) sarà presente una nostra intervista perché una loro giornalista era presente al nostro concerto di Parigi. Questi sono tutti aspetti che non avevamo assolutamente previsto e c’è li viviamo più come un regalo. Cioè non ci aspettiamo nulla da nessuno. Non suoniamo affinché qualcuno ci dica “siete bravi” ma perché ci piace farlo…

Le influenze che stanno alla base del vostro sound sono molteplici: si va dal noise-rock di bands quali Unsane, Today Is The Day, Melvins e Jesus Lizard al post-core dei Neurosis, passando per il kraut-rock e la psichedelia dei 70’s, l’ambient e l’industrial; come riuscite a far convivere tutti questi elementi ed in particolare, qual è la filosofia del vosrtro sound ed in che modo si è evoluto nel corso degli anni?

Credo che sia un processo di apprendimento basato prima di tutto sugli ascolti e sulla pratica in sala prove.
La musica è un linguaggio e dopo più di 50 anni di rock di cose se né sono già dette, basta solo avere il tempo e la voglia di ascoltarle.
Credo che non abbiamo una filosofia ma quando scriviamo un pezzo la mia prerogativa è quella di non precludermi nessuna soluzione a priori, cercando di rimanere fedele al fatto che quello che eseguo deve prima di tutto emozionare me. E’ questo il momento che mi appaga di più come musicista. E’ stato sempre così già dagli elephant man.

Verso quale tipo di strumentazione vi siete orientati per ottenere al meglio il sound che cercate?

Abbiamo lavorato molto sul nostro suono e siamo contenti del risultato che abbiamo ottenuto.
Siamo molto affascinati dalla tecnologia musicale analogica e valvolare perché è quella che preferiamo di più in termini di suono.
Io suono una chitarra travis bean in una testata hiwatt da 100 w del ‘71. Utilizzo una cassa 4x12” della matchless + alcuni pedali analogici di vario tipo. Soprattutto distorsori.
Fulvio di solito suona con un fender Jazzbass e una testata costruita da un nostro amico che utilizza valvole per i televisori degli anni 50/60. Oltre ad una cassa ampeg 8x10” e ha volte una cassa hiwatt 4x10”.

Eugene Robinson degli Oxbow e Luca Mai degli Zu hanno dato il loro contributo rispettivamente su The Same Breath e Post Crucifixion; come sono nate queste collaborazioni e quale è stato il loro peso dal punto compositivo?

Queste collaborazioni sono nate prima di tutto perché siamo fan sia di Zu che di Oxbow da molti anni. Quando abbiamo terminato la scrittura del disco ci siamo resi conto che su post crucifixion sarebbe stato un esperimento interessante inserire un fiato e abbiamo pensato subito a Luca. Per The Same Breath invece avevo scritto il testo ma non mi convinceva molto ne la mia linea vocale né quello che dicevo. Allora ho mandato un email a Eugene chiedendogli se gli sarebbe piaciuto collaborare con noi cantando su quello che poi è diventata the same breath. Entrambi hanno accettato con piacere e hanno dato un ottimo contributo al pezzo. Siamo molto fieri del risultato di queste collaborazioni. Dal punto di vista compositivo tutti i pezzi di Lowest Shared Descent sono nati in modo indipendente da esse perché sono stati scritti prima.

Come siete invece entrati in contatto con Marco Corona, autore del bellissimo artwork?

Marco è un nostro amico da anni ed è davvero un grande disegnatore e scrittore di fumetti.
Abita anche lui in provincia di Cuneo, quando non è a Bogotà, e visto che viene volentieri ai concerti non è stato difficile conoscerlo. Senza contare che ha anche un suo progetto musicale i Nazigay.

All’interno del digipack è stato inserito un estratto dal Qohelet, libro ebraico contenuto nella Bibbia ove viene esposto un contradditorio tra il bene ed il male; quali sono quindi le tematiche di base dei pezzi e quanto l’artwork è legato ad esse?

Più che vederla legata alle tematiche dei brani la citazione di ecclesiaste (Qohelet ) ci piaceva molto perché identificava bene il punto di vista dalla quale credo sia stato scritto l’intero disco.
Il libro di Qohelet è molto controverso e affascinante ed è percorso dalla necessità di capire, di comprendere la realtà che vivono gli esseri umani per dargli un senso. E’ lo stesso bisogno con il quale abbiamo scritto le canzoni. L’artwork è assolutamente legato alle tematiche del disco ma non credo che sia così importante spiegare perché lo sono secondo me.
I pezzi parlano di solitudine, morti accidentali, malattie psichiatriche, amori andati a male.
Sono canzoni per i morti.

Come stanno procedendo queste prime date live successive alla pubblicazione dell’album?

Molto bene direi. Il tour in francia a gennaio come ti dicevo è stato molto positivo e le date in italia stanno andando altrettanto bene. Ci piacerebbe solo poter suonare di più…

Immagino che il clou del tour saranno delle future date negli USA, che rappresentano forse il vostro maggior bacino d’utenza…

Vedremo. Ci stiamo lavorando ma non c’è ancora nulla di sicuro…

Quali sono le vostre impressioni sulla scena italiana, sia per quanto riguarda le bands che l’audience, la stampa, i locali ed i promoters?

Noi venendo dalla provincia di cuneo abbiamo osservato sempre ciò che accadeva nelle città più grandi dall’esterno. Anche in città più vicine a noi come torino non è stato semplice integrarsi.
Il tutto poi si è complicato rispetto al fatto che la nostra musica non è facilmente assimilabile neppure nella scena hardcore legata al DIY.
Comunque ovunque ci sono persone appassionate e interessanti da conoscere se le cerchi.
Un esempio concreto sono i lucertulas. Un gruppo che sta portando avanti un discorso molto personale e interessante a livello musicale lontano da tutte le mode e i filoni facilmente classificabili. Però siccome non vengono da Providence ma da Vittorio Veneto c’è molto meno hype attorno alla loro musica. Di musiche interessanti c’è né basta cercarle.

Avete già in cantiere dei pezzi nuovi o cmq avete intenzione di iniziare a lavorarci il prima possibile appena finito il tour? In tal caso vi sono particolari novità stilistiche in vista?

Stiamo già lavorando su pezzi nuovi. Però non siamo in grado ancora di prevedere nulla su quale sarà il risultato finale. Inoltre l’ingresso di un altro componente nella band può cambiare molte cose.

Ok ragazzi abbiamo concluso, spero di vedervi presto dal vivo ed in bocca al lupo per tutto!

Grazie mille del supporto, ci si vede presto.


-Edvard-

venerdì, marzo 21, 2008

INCOMING CEREBRAL OVERDRIVE




Dopo la recensione di Cerebral Heart, loro debut sulla lunga distanza per la Myphonic Records, ecco l'intervista a quella che si può tranquillamente considerare come una delle più interessanti nuove realtà del panorama nazionale in campo metal/hardcore...


Ciao ragazzi, innanzitutto potete tracciarci una breve biografia della band, dalla prima incarnazione per arrivare alla pubblicazione di Cerebral Heart?

Ciao a tutti! Il progetto iniziale si chiamava EON, suonavamo death-core. In seguito, dopo vari cambi di line-up, decidemmo di cambiare stile e monicker nell’attuale IncomingCerebralOverdrive . Nel 2003 registrammo ai Fear Studio 3 dei primi 4 pezzi composti; questo ep ci permise di farci conoscere un minimo grazie a recensioni e qualche live, uno su tutti quello a Roma di supporto agli UNSANE. Il 2005 fu segnato da un altro cambio di line-up con l’arrivo di Alessio al basso e l’estate dell’anno successivo tornammo ai Fear Studio per le prese del nostro debut CEREBRAL heART. Nel frattempo la collaborazione con Alkemist Fanatix ci permise di prendere contatti con Kurt Ballou ed Alan Douches per il mixaggio e il mastering.

Come avete ottenuto il contratto con la Myphonic records?

A distanza di qualche mese dal termine del master durante un festival cui prendemmo parte in quel di Torino conoscemmo Andrea di Myphonic Records, il quale si propose di pubblicare il lavoro. Le prime impressioni furono ottime e stanno via via migliorando con il procedere del progetto anche grazie alla dedizione e la fiducia che Andrea ha nei nostri confronti, una fiducia sicuramente ricambiata visto il rapporto e la voglia di lavorare che c’è da entrambe le parti.

La prima cosa che colpisce all’ascolto del disco è la qualità e la potenza dei suoni; quanto ha influito sul risultato finale il lavoro di Kurt Ballou e Alan Douches?

Sicuramente lavorare con tali personaggi è una garanzia sul prodotto finale. Secondo noi il risultato abbraccia a piene mani lo stile e la potenza che avevamo in mente per questo album. Kurt ed Alan sono riusciti a comprendere le nostre richieste e a confermare le nostre aspettative. Ovviamente, come è giusto che sia, entrambi hanno aggiunto quel qualcosa in più grazie alla loro esperienza e stile personale.

Come è stato recepito finora l’album a livello mediatico?

L’attività promozionale sta partendo in questi giorni, quindi non abbiamo ancora ricevuto feedback se non da singole persone che hanno acquistato il cd ai live o sul web. La prima recensione di CEREBRAL heART è stata fatta proprio da Neuroprison, fatto, questo che dimostra che è una bella realtà che segue con attenzione il panorama Post HC italiano.

Voi suonate post-hardcore ma con uno stile piuttosto originale e fresco rispetto a quelle che sono le coordinate usuali del genere; mi riferisco in particolare alle melodie e alle aperture atmosferiche che spezzano e si integrano splendidamente con l’impatto noise di base, chiaramente debitore di bands come Botch e Norma Jean. Come siete giunti a sviluppare questo mix sonoro e con questi risultati?

Se leggi la nostra prima biografia trovi scritto che uno degli scopi di questo progetto è cercare di fare coesistere “rumore e melodia”, quindi direi che sicuramente questo mix di noise e aperture atmosferiche era in qualche modo voluto e cercato fin dall’inizio. Ovviamente se ascolti il vecchio promo, capisci che molto è cambiato in questo senso, d’accordo il mix di questi due aspetti, ma studiato e strutturato in maniera diversa dai primi pezzi composti. Man mano che andiamo avanti con la composizione di nuovo materiale cerchiamo, sempre di più, di studiare in maniera sempre nuova questa coesistenza, in modo da ottenere atmosfere e sensazioni sempre nuove e instabili.

Parlateci delle vostre influenze e dei principali ascolti musicali, immagino piuttosto ampi..

Unendo gli ascolti musicali di tutti e 5 i componenti si va ad abbracciare una quantità tale di generi diversi impossibili da riassumere qui. Posso però cercare di cogliere gli estremi entro i quali racchiudere tutte le nostre influenze: il primo occhio lo getterei sul passato, mi riferisco al rock, al prog anni 70 e alla sperimentazione psichedelica ideata e portata avanti in quegli anni. Guardando ai giorni nostri invece andrei dalle “evoluzioni” più estreme dell’hc e del metal, fino alla psichedelia odierna.

Vibrated, l’outro dub-step del disco, è da considerare come un esperimento o invece può essere visto come parte integrante del vostro sound in futuro?

Vibrated è per noi un pezzo particolare perché è stato composto con un nostro grande amico Kote dei VIBRATACORE. Direi che è parte integrante di CEREBRAL heART più che del nostro futuro sound, ma possiamo anticipare che abbiamo in cantiere altri “esperimenti sonori” per il nostro prossimo album che si discosteranno sicuramente dalle aspettative che si potrebbero avere nel nostro genere di riferimento. Per Vibrated cercavamo qualcosa di conciso ed espressivo che fosse in grado di racchiudere in se, le sensazioni che l’album voleva dare nel suo complesso. In questo è stato bravissimo Kote che è riuscito attraverso campionamenti vari ad ottenere atmosfere inquietanti e apprensive, noi poi abbiamo ristrutturato e “condito” il tutto con una spruzzatina di synth.

Sia il titolo dell’album che i testi richiamano la duplice matrice del vostro sound, quella più cerebrale, ricercata e tecnica contrapposta ad una più viscerale, passionale e dall’urgente impatto espressivo; avevate già ben chiare questa coordinate o il tutto è venuto in conseguenza delle vostre influenze?

Diciamo che siamo riusciti a portare avanti in maniera coerente le aspettative che avevamo all’inizio. Ci eravamo preposti di realizzare un lavoro in cui si sentisse sia un aspetto “meccanico” (passami il termine), intendo con ciò la strutturazione di parti tecniche studiate e costruite quasi a tavolino, sia un aspetto piu “genuino, spontaneo”, improntato su orme un pochino piu noise e messo assieme in modo più immediato, cercando di farlo risultare più accessibile anche a un primo ascolto, per non appensantire troppo l’album, pur mantenendo tuttavia, al di sotto di questo impianto, armonie instabili e dissonanti. A questo aggiungi comunque che i nostri ascolti, com’è normale, influenzano tanto il modo di comporre e arrangiare i pezzi.

Riguardo proprio i testi, tra l’altro tra i più interessanti che abbia mai letto nel genere, quali sono le fonti di ispirazione?

I testi vengono composti sulla base di sensazioni, impressioni e stati d’animo di un momento particolare. Rapportano il nostro essere con il mondo ma, come si può capire leggendoli, non toccano aspetti materiali, vagano, in cerca di una stabilità nella nostra parte irrazionale, estraniandosi comunque dalla quotidianità e dalla concretezza della vita. Fluttuano nella ricerca dell’astrattezza di inquietudini e paure, sensazioni che di solito sono invece riferite a qualcosa di tangibile e concreto.

Come stanno andando le vostre prime esibizioni live?

Diciamo che da qualche mese le cose ai live stanno migliorando. Prima, nella maggior parte delle date, la gente non ci conosceva, magari non aveva nemmeno mai sentito nominare il gruppo. Ultimamente notiamo con piacere che qualcuno inizia a conoscerci magari solo di nome o avendo ascoltato qualcosa su internet, questo ovviamente non puo che farci piacere.

Avete già in programma o cmq siete intenzionati a suonare molto al di fuori dei confini nazionali?

Vista l’attività di promozione che sta partendo, stiamo cercando di indirizzarla, oltre all’Italia, anche verso alcuni paesi nei queli abbiamo in progetto di andare a suonare. Per ora stiamo valutando varie ipotesi, ma niente di concreto, speriamo si riesca a materializzare qualche tour all’estero, stiamo lavorando in questa direzione.

Come giudicate a livello generale la scena italiana e quali sono le bands che più vi hanno colpito in questi ultimi anni?

Non ci mettiamo a far nomi di una band piuttosto che un’altra, in generale comunque la scena italiana negli ultimi anni sta tirando fuori nomi che a livello internazionale potrebbero tranquillamente competere con chiunque. La cosa più piacevole comunque a parer nostro è che realtà validissime le possiam trovare sia a nord che a sud Italia, almeno in questo ambito i preconcetti sui dislivelli culturali si annullano.

Dopo l’animation video di Slave avete pensato per il futuro di realizzare un vero videoclip?

Mah, guarda, onestamente siamo rimasti così soddisfatti dal lavoro realizzato da Alberto (colui che ha fatto il video) che molto probabilmente continueremo su questa strada. Riteniamo che lavori di animazione come quello di Slave si adatti alla perfezione con ciò che volevamo trasmettere scrivendo quella canzone. Secondo noi un effetto del genere con riprese “dal vivo” sarebbe stato molto più difficile da ottenere.

E’ tutto ragazzi, avete qualcos’altro da aggiungere? Ad ogni modo spero di vedervi live il prima possibile…

Direi che abbiam detto tutto quello che c’era da dire. Mandiamo un grazie immenso a tutto lo staff di Neuroprison per il lavoro fantastico che sta facendo e per lo spazio concessoci. Siamo orgogliosi di farne parte!
Date un occhio a:

www.incomingcerebraloverdrive.com
www.myspace.com/incomingcerebraloverdrive
www.myphonic.com
www.myspace.com/myphonic_records

-Edvard-

giovedì, marzo 20, 2008

DEFLORE - Human Indu[B]strial



Anno: 2005
Etichetta: SubSound Records

Line-up:
Emiliano Di Lodovico: chitarra, chitarra cello, loops, metalli amplificati, radio ad onde corte, suoni d’ambiente.
Christian Ceccarelli: basso, programmazione e campioni, loops, metalli amplificati, rumori radio, grooves.

Tracklist:
01. Emostatico
02. Connect
03. Experiment C-Low
04. More Gods Than Devils
05. Emilionero
06. Lexodub
07. Home
08. Orto D-Ossa
09. S-Zwein
10. La Settima Industria
11. Subsound Corporation


I Deflore sono un duo romano nato nel 1999 dedito all’industrial; il loro sound è un esplosivo mix di inserti elettronici, potenti riff di chitarra, campionamenti vari ed atmosfere in bilico tra noise e psichedelia.
Dopo un contratto firmato nel 2004 con la Subsound Records, ottenuto grazie all’attenzione generata intorno a loro per via di intensi live show, la band è pronta per il debutto sulla lunga distanza: Human Indu[b]strial.
Un titolo che è anche una dichiarazione d’intenti, unire al freddo incidere dell’industrial di bands quali Godflesh, Ministry e Prong, una componente più introspettiva e criptica.
L’opener Emostatico è forse la simbol track dell’intero lavoro e del suo concetto sonoro, dove ad una prima parte violenta ed imperiosa si sostituisce una seconda più soffusa e riflessiva, passando con sorprendente maestria dai Godflesh ai Massive Attack.
Ma è tutto l’album che vive su questa contrapposizione, uomo-macchina, noise-psichedelia, industrial-dub; ogni brano è una piccola gemma a sé stante, da scoprire lentamente e vivere sulla propria pelle. Dal groove industrial-metal di Connect all’incidere complesso e congiante di Experiment C-Low, dall’andamento marziale e decadente di Emilionero (perfetta colonna sonora della crisi della società contemporanea) alle suggestioni al limite del dub e del trip-hop di Lexodub e Subsound Corporation, passando per inserti noise e post-metal (La Settima Industria), substrati intinti di nera e malata psichedelia industriale (S-Zwein), rintocchi doom (Home) e gothic (Orto D-Ossa).
Da rimarcare, oltre al magistrale uso dell’elettronica e dei campionamenti, la qualità della produzione e la potente resa sonora (mastering effettuato ai Finnvox Studios), di raro livello anche nel panorama internazionale.
Un viaggio di 55 minuti, corredato da un pregevole e quanto mai appropiato artwork, lungo i più impervi e bui meandri della psiche umana, dedicato a coloro che continuano a cercare.
In attesa di poter ascoltare il successivo e da poco dato alle stampe Egodrive mettetevi alla prova, ma attenzione…play it loud.

-Edvard-

Deflore @Myspace

lunedì, marzo 10, 2008

DEAD ELEPHANT - Lowest Shared Descent



Anno: 2008
Etichetta: Donna Bavosa/Robot Radio

Tracklist:
1. Introducing My Eye, In Flames
2. Another Fuckin’ Word to Say We Miss You
3. Post Crucifixion
4. Black Coffee Breakfast
5. Abyss Heart
6. Clopixol
7. The Same Breath
8. The Worst & The Best

Nato nel 2004, il power-trio di Fossano (Cuneo) esordisce l’anno successivo con l’ep “Sing the Separation”, quattro pezzi penalizzati da una registrazione deficitaria ma che già mettevano in mostra un potenziale davvero elevato, fatto di brani capaci di mischiare noise-rock, post-hardcore, ambient e psichedelia.
Numerosi concerti, come apertura di bands quali Capricorns, Zu, Lair of the Minotaur portano la band a costruirsi una certa fama ed apprezzamento nel panorama underground, in particolar modo all’estero più che in Italia.
Il debut sulla lunga distanza in questione ha avuto una gestazione particolarmente travagliata, già che esce solamente ora dopo essere stato registrato nel 2006, ma ci regala una band in forma smagliante, incisiva e compatta, micidiale nel proporre un visionario noise-rock ad alto voltaggio, figlio bastardo di Unsane, Jesus Lizard, Today is the Day e Rapeman tra gli altri.
Brani come l’opener Introducing My Eye, In Flanes e la successiva Another Fuckin’ Word to Say ‘We Miss You', sono esplicite ed esemplificative in questo senso.
Con Post Crucifixion il sound si apre ad altre suggestioni sonore, come il free jazz sugellato dal sax di Luca Mai (Zu).
Black Coffee Breakfast è con ogni probabilità il capolavoro dell’album, ove ambient e psichedelia, accostabili ai recenti lavori di Neurosis ed Ufomammut, si fondono a sfuriate noise e stoner.
Abyss Heart sono sette acidi minuti di puro noise/industrial/ambient, assolutamente ipnotici, ove Cluster e Lustmord si sposano agli Swans, per poi sfociare nei meandri strumentali post-core ( vengono in memte Neurosis e Isis) di Clopixol.
Eugene Robinson presta la sua voce (e le liriche) per The Same Breath, accostabile chiaramente al lavoro degli Oxbow, ma “in potenza”.
La conclusiva The Worst & The Best pone fine alle ostilità tirando in ballo i migliori Today is the Day e musicando alla perfezione un testo di Bukowski.
La produzione grezza ma incisiva (con un basso davvero "spesso") si adatta alla perfezione al sound della band, senza per altro coprire o celare tutte le sue sfumature.
In definitiva ci troviamo di fronte ad un disco noise che, almeno in Italia, non teme confronti; chiaramente sono meno appetibili e facilmente fruibili rispetto agli ottimi Il Teatro Degli Orrori, ma se ben supportati possono ottenere grandi riscontri con questo debut, per altro condito da un pregevole digipack e dall’artwork a cura di Marco Corona. Non fateveli sfuggire.

-Edvard-

Dead Elephant @Myspace

venerdì, marzo 07, 2008

DYSKINESIA - Live In Prypiat



Anno: 2007 Etichetta: Varjot Production

Tracklist:
1.Imao
2.Napoleone Sottovuoto
3.Welby
4.Live In Prypiat
5.La Vita è Una Merda, La Speranza è Per i Disperati
6.Nano Agoraphobico a Piazza Tien An Men

Arrivano al debutto discografico anche i Dyskinesia, multiforme combo piacentino, in questa prova che li vede ancora come trio mentre ora la band consta di cinque elementi.
Una parte d’Italia che vede emergere dall’underground tante piccole realtà che meritano sicuramente maggiore visibilità, poiché le capacità di comporre ottima musica sono evidenti, e con una migliore produzione e distribuzione non sarebbe azzardato porle sullo stesso piano di più blasonate band internazionali.
I Dyskinesia quindi ci mettono l’anima per erigere un muro sonoro granitico, squarciato in numerosi frangenti da tessiture ambientali come nell’iniziale Imao, preludio per i quindici minuti di Napoleone Sottovuoto : doom sulfureo e opprimente, come in Italia ci hanno abituato i primi Ufomammut, capace di sfilacciarsi con il passare dei minuti e prendere movenze simil-stoner.
Riff di impetuosi si susseguono uno dietro l’altro, ed ecco allora l’assalto frontale di Welby, dove le chitarre sature e graffianti prendono si avvicinano a quelle di Remission dei Mastodon. Sporche, epiche, sofferte. Da sottolineare in un contesto tanto ferale il preciso lavoro della batteria.
La titletrack è un breve intermezzo rumorista che spezza l’incedere pesantissimo dell’album, ma non fa altro che ritardare di poco l’assalto di La Vita è Una Merda, La Speranza è Per i Disperati, titolo che non lascia spazio a compromessi, come la canzone. Andamenti stoned-doom che nella parte centrali sanno aprirsi alla melodia, per poi rimostrare i muscoli in un vorticoso finale.
Il finale dell’album è affidato alla visionaria Nano Agoraphobico a Piazza Tien An Men, anche qua un stretto legame tra musica e titolo, una cascata di riff e ritmi serrati che in chiusura rallentano e si fanno dilatati e distorti, una discesa nel buio che stordisce, ottimo saluto di commiato. Le potenzialità ci sono tutte, attendiamo ora la conferma nell'immediato futuro.

Neuros

Dyskinesia @Myspace

JAGANNAH - Thedious



Anno: 2007

Line-up:
Peter Pitone - drums
Scott Mary - guitars + screams
Friederich Katzenjammer - bass

Tracklist:
1. Evil Whale
2. Prypiat
3. Earth
4. Soundsense
5. Pyl
6. Vaghina
7. Brisby The Rabid
8. Pianura Padana

"Jagannah" doesn't mean anything", Jagannah non significa niente.
E'la stessa band modenese a dirlo, presentando la loro prima fatica autoprodotta. Peter e Scott, dopo l'esperienza MyClit [*] decidono di decomporre la propria esperienza sonora, e con l'aiuto di Friederich Katzenjammer danno vita a Thedious, un mostro di marciume e psichedelia che si fa beffa dei trend, intento solamente a far sanguinare le orecchie dell'ascoltatore, oppure perfetta colonna sonora per una minaccia aliena. Otto tracce di furia sonica in slow-motion che si dirama per vari passaggi.
Lo sludge asfissiante della track d’apertura Evil Whale, condotta dallo scream infernale di Scott, e poi Soundsense che accelera i ritmi in 3 minuti di pura follia.
Gli andamenti vicini al noise di Prypiat e Pyl, entrambe caratterizzate da una parte inziale nervosa e zoppicante che sfociano poi in crescendo asfissianti, non lasciano scampo.
Earth è sicuramente una delle tracce più avvincenti del lotto con il suo incedere doom prima dilatato e poi pesantissimo che colpisce allo stomaco, come degli Electric Wizard sotto l’effetto di acidi.
Vaghina è compatta, con il basso di Friedrich in evidenza, seguita dalla parentesi rumorista di Brisby The Rabid.
La chiusura è affidata agli undecimi minuti abbondanti di Pianura Padana, una lunga e funerea marcia dentro le nebbie del loro luogo d’origine, un mantra di drone psichedelico che vede negli Earth i propri numi tutelari, con un finale malsano che sancisce la fine dell’album.
Le intenzioni iniziali erano quelle di far male e sono state rispettate, un’altra ottima rivelazione del panorama pesante italiano.

Neuros.

Jagannah @Myspace

domenica, marzo 02, 2008

VISCERA///



In seguito all'uscita (e alla nostra recensione) di Cyclops, nuovo parto della band cremonese/piacentina, abbiamo intervistato Mike e Komesar con l'intento di conoscere meglio quella che si può tranquillamente considerare come una delle migliori realtà del panorama musicale estremo italiano...a voi.


Ciao ragazzi, innanzitutto complimenti per il vostro nuovo album “Cyclops” recentemente pubblicato per l’etichetta russa Apocalypse Now!!! Music/Soulflesh Collector, a mio parere un lavoro davvero al passo coi tempi ma senza risultare derivativo, una delle cose migliori mai sentite in campo estremo in Italia.

[Mike] Grazie mille, così mi fai arrossire…

La prima incarnazione della band risale al 2000 sotto il monicker Chaosphere con una formazione totalmente diversa da quella attuale, e lo stesso vale per il tipo di sonorità proposta; fateci una breve disamina dei passi principali che vi hanno portato allo stato di forma attuale…

[Mike] Dal 2000 ad oggi è successo di tutto.
Dopo un paio d'anni di gestazione e di iniziazione ai live incidiamo le demo tapes "Entrails Defecation" (2003) e "Manifestaciòn de Execrable Violencia" (2004) col nuovo monicker VISCERA.
Grazie a questi due lavori il nostro nome inizia a circolare, riuscendo a procurarci partecipazioni a serate d'eccezione (festival e date con bands di lusso) e anche ad attirare l'attenzione di qualche label.
Infatti nel 2006 l'etichetta russa Soulflesh Collector inserisce i cinque pezzi di "Manifestaciòn de..." in un 6way split intitolato "Killing by the Sound".
Dopodichè giungiamo al 2007, dove, per motivi legali, siamo costretti a modificare leggermente il nostro nome da VISCERA a VISCERA///, per pubblicare nel giro di tre mesi due nuovi dischi: lo split
"Self Human Combustion vs Viscera///" per Hypershape Records e il nostro primo full lenght "Cyclops" per Apocalypse Now!!! Music/Soulflesh Collector.

Lo split con i Self Human Combustion ha rappresentato certamente un vero e proprio nuovo inizio per voi, un gettare le basi per il nuovo full-lenght; i richiami al brutalcore ed al grind sono rimasti ma ora è decisamente la parte più psichedelica e, consentitemi il termine, “post” del vostro sound a prendere il sopravvento. Come è avvenuta questa significativa evoluzione? Immagino che l’ascolto di bands quali Isis, Pelican e Jesu abbia avuto il suo peso o sbaglio?


[Mike] In realtà non è stata un’evoluzione del tutto cercata e razionale.
Nel corso della nostra storia non abbiamo mai deciso in modo sistematico lo stile dei pezzi, anzi, ci siamo sempre basati sull’istinto e, a volte, sull’improvvisazione. Sicuramente l’aver incrociato bands come quelle da te citate ci ha fortemente influenzati e indirizzati verso ciò che siamo ora. Self Human Combustion vs Viscera/// è emblematico per intendere il passaggio dai “vecchi” VISCERA agli attuali VISCERA///.

Il vostro mix sonoro attuale è davvero molto particolare….penso che dietro ciò ci sia uno studio ed una cura dellla strumentazione e dei suoni non indifferente; so che avete optato per un cambio radicale rispetto al passato da questo punto di vista, puntando sul versante vintage vero?

[Mike] All’inizio nacque tutto quasi come un vezzo stilistico, ma poi la questione si è evoluta al limite del feticismo…ormai siamo schiavi del vintage.
C’è da dire che la differenza c’è e si sente; un tempo strumenti e amplificazione erano fabbricati veramente “col cuore”, oggetti costruiti per durare tutta la vita, ad un costo onesto. Ora il consumismo ha infettato totalmente anche l’ambito musicale: prodotti seriali di qualità scadente, orpelli inutili aggiunti per alzare il prezzo, strumenti signature osceni spacciati per esclusive meraviglie (vedi caso speculazione morte Dimebag, che pena…), etc…prima almeno un’etica esisteva…

A tal proposito è facile immaginare il vostro amore per la psichedelia, il doom ed il prog di stampo 70’s…..

[Mike] Assolutamente si, infatti credo che, per quanto riguarda Cyclops, i 70’s siano il serbatoio dal quale abbiamo maggiormente attinto, ancora di più che dal “post” di stampo moderno.
Le bands di quel periodo che ci hanno maggiormente ispirato sono senz’altro i King Crimson (dei quali prima o poi proporremo la cover di In the Court of the Crimson King), i Pink Floyd e gli Hawkwind.

“Cyclops” si apre con una citazione dal film “Videodrome” di Cronenberg, volevo sapere innanzitutto se siete dai fan del regista canadese ed in generale di un certo tipo di cinema e se i vostri testi sono influenzati da questo tipo di input vista la presenza di vari campionamenti all’interno del disco…

[Mike] Nel nostro ambito musica e cinema sono praticamente inscindibili, due identità che condividono segni e tematiche, che si supportano a vicenda. Il cinema ci influenza attraverso i suoi mood, tramite l’oggetto visivo che la nostra musica vorrebbe rappresentare. Cronenberg è il simbolo della trasformazione, il sommo filosofo del cambiamento talvolta controproducente e autodistruttivo. Ci sentiamo fortemente legati alla sua ideologia artistica e crediamo in parte di condividerla nelle parole e nei suoni.

E’ possibile considerare dal punto di vista lirico “Cyclops” come una sorta di concept oppure i temi dei vari pezzi sono slegati tra loro?

[Mike] Cyclops è a tutti gli effetti un concept, un percorso interiore che nasce dalla sopravvalutazione dell’ io per terminare nella rassegnazione, nella presa di coscienza della propria impotenza ed inutilità. Ci fa piacere che tu l’abbia notato.

Parlateci della Hypershape Records, etichetta che voi stessi avete fondato per dare spazio a progetti paralleli ma non solo, l’idea era anche quella di dare una mano a realtà sonore della zona che non riescono a ricevere attenzioni vero?

[Mike] Giusto, Hypershape Records nasce proprio per questo.
Nonostante l’avvio tutto casalingo di Self Human Combustion vs Viscera///, ci stiamo già aprendo a lavori esterni e a progetti anche abbastanza ambiziosi…i primissimi tempi sono stati molto duri, ma oggi ci siamo discretamente assestati, lavorando molto e imparando dai nostri stessi errori.
Comunque annunciamo ufficialmente le prossime uscite:
_HAEMOPHAGUS – AGATHOCLES (Grindcore, CO-HPS001 - split7")
_THE DROP MACHINE – QUIET IN THE CAVE (Postrock/Metal, HPS002 - splitCD)
Per info e ordinazioni, visitate il nostro catalogo/distro su myspace.com/hypershaperecords


Parlando di progetti paralleli, i Dyskinesia mi hanno particolarmente colpito; so che ci sono novità sul versante nuova formazione/nuovi pezzi…..

[Kom] Si ci sono stati parecchi cambiamenti da "Live in Prypiat" il nostro primo Ep uscito nel 2007, la formazione è passata da un trio ( 2 chitarre + batteria ) a una formazione di 5 elementi ( 2 chitarre - basso - batteria - voce ) mantenendo solo le due chitarre della line-up precedente. Insieme alla formazione di conseguenza si è arrivati anche a un nuovo sound orientato verso sonorità molto più ambient/noise con sempre però la sperimentazione come elemento unificatore tra le varie menti. Siamo quindi arrivati a definire il nostro suono con la formazione e i pezzi attuali a contrario di quanto si possa sentire in " Live in Prypiat " dove è ancora evidente una ricerca di stile e sonorità, un disco " immaturo" ancora . Al momento con Dyskinesia ci stiamo concentrando sul materiale nuovo che , penso , verrà registrato con il prossimo autunno. Per quanto riguarda i nuovi pezzi non ti do grandi anticipazioni ma perchè sono in continua evoluzione e rielaborazione.
Ti terremo comunque informato di tutto e già che ci sono ne approffito per complimentarmi con voi di Neuroprison, siete un ottima opportunità per le band emergenti come noi, grandi!
Prox date dyskinesia : 15 marzo con Viscera/// a Torino - 21 Marzo a Piacenza con Morkobot e Oracle.

Come si sta rivelando il nuovo materiale in versione live, come sta reagendo il pubblico sulla base di queste prime esibizioni dell’anno?

[Mike] Il nuovo materiale sembra essere ben accolto dal pubblico, anche perché essendo meno “pesanti” rispetto al passato possiamo proporci senza grossi problemi anche davanti ad un range di ascoltatori, diciamo, generalista…Oltretutto le divagazioni più pacate della nostra musica ci permettono di suonare set più lunghi senza sfiancarci e sfiancare eccessivamente; sembrerà un discorso stupido, ma è proprio così!

Nel corso della vostra attività avete suonato molto, anche facendo da opening-act a band di valore internazionale; avete ora l’opportunità o cmq in programma di fare della date “importanti” all’estero per supportare l’uscita del nuovo album?

[Mike] Abbiamo in progetto parecchie cose interessanti per quest’anno, ma preferiamo non anticipare quasi nulla dato che molte sono ancora in forse; l’unica praticamente certa è un mini-tour estivo in giro per l’Europa con i nostri carissimi amici Edenbeast.

Come giudicate la scena italiana in base alla vostra esperienza? Pensate che qualcosa si stia muovendo in positivo in questi ultimi anni?

[Mike] Sicuramente in questo ultimo periodo il nostro paese sembra essersi svegliato soprattutto in ambito post-indie, ma c’è da dire che questi fenomeni esplosivi sono sempre da prendere con le pinze: l’Italia è un paese fondamentalmente derivativo e modaiolo (es: ora tutti amano i Sunn 0))), band notoriamente popolarissima e semplice da ascoltare…per favore…), e non si può mai sapere quanto queste sensations possano in realtà essere genuine e durature. Sono molto scettico…

Abbiamo quasi finito, prima però una domanda che riguarda anche noi visto che avete partecipato alla compilation “NeuroSounds Vol.1”, la prima dedicata alla scena “post” dell’underground italiano; come giudicate l’iniziativa e soprattutto il livello medio delle bands facentene parte?

[Mike] Non prendetela come un’adulazione gratuita, ma Stones from the Sky ci voleva proprio... Tolta l’indiscutibile qualità delle bands presenti, quest’idea incarna soprattutto un simbolo, una vera e propria dichiarazione di intenti, un modo per suggellare una scena nascente che grida al mondo: “Eccoci, siamo italiani, ma esistiamo anche noi!”
E’ un onore averne fatto parte.

In conclusione, cosa vi aspettate con l’uscita di “Cyclops” e quali sono i vostri progetti per l’immediato futuro?

[Mike] Innanzitutto ci aspettiamo, come tutti, una maggiore visibilità.
“Artisticamente” parlando, speriamo di aver dato un’alternativa competitiva alla centinaia, se non migliaia, di proposte vicine al nostro genere.
Per ora al futuro chiediamo solo molti, tantissimi concerti, per promuovere al meglio il disco. Dopodiché si vedrà…comunque il processo compositivo non si ferma mai, se è questo che volevi sapere, così da non trovarci impreparati nel caso sopraggiungessero inaspettate proposte discografiche.

Ok ragazzi è tutto, in bocca al lupo e…..ci si vede on stage!

[Mike] Grazie ancora per l’attenzione. Cercateci su:

VISCERA///: www.viscera.it - myspace.com/detestatio
HYPERSHAPE RECORDS: myspace.com/hypershaperecords
SOULFLESH COLLECTOR: www.sfcollector.ru - myspace.com/sfcrecords
APOCALYPSE NOW!!! MUSIC: myspace.com/apocalypsenowmusic
distribution: www.ugstore.ru

Arrivederci a tutti...peace&psych.


-Edvard-